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Autore: keyra89    16/11/2009    2 recensioni
Passare 400 anni nel buio ti rende come lui, potente, affiliato e letale. Una lama a doppio taglio che può ferire anche colui che l’ha creato.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Memory of a Past Life

 

 

Il buio è assenza o scarsità di luce, oscurità che avvolge tutto, sfocando il mondo fino a farlo scomparire. Se chiedi ad un bambino cosa sia, la sua risposta sarà mancanza di luce. Se lo chiedi ad un fisico, ti dirà che è una qualità dello spazio.

Se lo chiedi ad Arleen ti dirà è la sua vita.

 

L’ultimo lampione ritardatario si accese, gettando una luce inquietante sul vicolo, mentre la nebbiolina autunnale si alzava, nascondendo i particolari di quel luogo.

Un gatto si mosse agile, incurante del senso di gelo che regnava in quel posto, saltando da un cartone all’altro, cercando di non bagnarsi nelle pozze d’acqua accumulatesi durante il temporale.

Un lampo solitario divise il cielo in due, distogliendo l’attenzione dell’uomo seduto su un gradino nel vicolo. Il suo sguardo seguì il fulmine, continuando a fissare la vastità della volta celeste sopra la sua testa. Con il diradarsi del temporale cominciavano a vedersi le stelle.

«Stai cercando il paradiso?» una voce alle sue spalle lo fece sussultare, mentre si girava di scatto, pronto a difendersi da eventuali pericoli, un lungo coltello da caccia spuntò tra le mani.

Scansionò ogni centimetro della via, scavando con gli occhi la nebbia ormai fitta, ma non individuò la fonte della voce, benché sapesse già a chi apparteneva.

«Con quello non faresti male nemmeno ad una persona normale, figurarti a me.» Lo canzonò la voce, facendolo voltare nuovamente. Un moto di stizza attraversò il suo volto. Possibile che ogni volta dovesse fare così?

Con accurata lentezza l’uomo si rilassò, rinfoderò l’arma e si vol di nuovo. Di fronte a lui ora stava un’altra figura, più bassa di almeno una decina di centimetri. Come aveva immaginato, era sempre la stessa storia.

«Di’ un po’, ti diverti vero? Non credi di essere un po’ cresciuta per questi giochetti?»

La figura alzò la testa, mostrando un sorrisetto infantile su quel volto così giovane e innocente. ‘Pensieri pericolosi’ pensò l’uomo, quella ragazza era tutto tranne innocua.

«Allora… ora posso sapere perché hai fatto uscire questo vecchio sacco d’ossa in una notte come questa? Dev’essere qualcosa di importante per averti fatto tornare qui.»

«Entriamo in casa, non vorrei ti prendesse un colpo mentre parliamo.» Detto questo Arleen estrasse una chiave e, saliti i gradini, la infilò nella toppa della vecchia porta.

Entrata accese una luce per il vecchio; a lei, creatura della notte, non serviva.

«Ho trovato le risposte che cercavo da tempo…» la voce le si incrinò, mentre una lacrima rossa le solcava il viso «e avrei bisogno di parlarne con qualcuno.»

 

Una ragazza correva, lontano dalle urla che sovrastavano qualsiasi rumore alle sue spalle. I capelli lunghi le ondeggiavano sulle spalle, mentre aumentava il ritmo per allontanarsi dall’inferno che si era scatenato. La camicia da notte sventolava, rischiando di farla inciampare ad ogni passo. Corse, e corse ancora, finché le gambe non la tennero più su e si accasciò al suolo, stremata per la corsa e per il terrore che ancora scorreva puro nelle sue vene.

Si portò le ginocchia al petto, mentre con la mente riviveva i minuti precedenti.

La tranquilla serata in famiglia si era trasformata in un orrore, la pace era stata travolta dalla paura, mentre quell’”essere” era comparso dal nulla. Le guardie non lo avevano fermato alla sua entrata nella cittadina, troppo pericoloso fermare uno straniero vestito di tutto punto, con le tasche piene di soldi; avrebbe potuto essere un signorotto locale, e si sa bene che è meglio non inimicarseli. Così era entrato indisturbato, proprio dopo il calare della notte, poco prima che i cancelli chiudessero i battenti. E dopo…

Il dopo è rimasta solo lei a raccontarlo. Ha visto i suoi genitori, le sue sorelle, i suoi vicini venir mangiati uno dopo l’altro, mentre cercava una via di fuga. Per fortuna il cancelletto usato per scendere al fiume si era rotto facilmente sotto la pressione dei suoi colpi, ed era riuscita a scappare, lasciando dietro di se i suoi cari. Si odiava per questo, ma prima di capire cosa aveva fatto si era ritrovata fuori casa, correndo alla ricerca di una via di fuga.

Ora, ferma in quel campo, a malapena nascosta da quel masso così freddo, ripensava all’accaduto e si malediceva. Ma nonostante ciò si sentiva viva, come non lo era mai stata.

Una mano fredda sulla spalla interruppe il flusso dei suoi pensieri. Si pietrificò mentre una voce sentita poco prima le diceva che l’aveva trovata, solo che ora era più dolce, non si sarebbe mai detto che quella voce apparteneva a qualcuno che poco prima aveva ucciso e bevuto il sangue di un intero villaggio.

Si costrinse a voltarsi, almeno se doveva morire l’avrebbe fatto vedendo il suo assassino in volto. Quest’ultimo parve sorpreso, mentre un sorriso divertito gli spuntò sul volto. Si ricordava perfettamente cosa le aveva detto, o quanto l’avevano tormentata quelle parole.

«E così non hai paura di me… ma che coraggiosa ragazzina abbiamo qui.»

E a quel punto aveva fatto un’altra cosa che non si sarebbe mai aspettata da se stessa. Gli aveva risposto.

«Non sono una ragazzina, ho già diciotto anni.» E questo l’aveva fatto ridere, una frase così stupida; ma aveva avuto quell’effetto.

«Così non mi temi, eh piccola?» una conferma. Era questo che voleva, la conferma ad un gioco che lei aveva iniziato. Ma se serviva a farla sopravvivere…

«No, so cosa mi aspetta, e so che non posso cambiarlo, perciò la risposta alla tua domanda è no. Non ti temo, non più ormai.» Lo sguardo fermo, deciso, i suoi occhi fissi sul suo viso, mentre scrutava le ombre che lo avvolgevano.

E poi era successo… chissà che era passato per la testa a quell’essere. Questione di una frazione di secondo e se lo era ritrovato sul collo, che le succhiava la vita. Il torpore cominciò a dilagare per il corpo, rendendolo insensibile. Chiuse gli occhi, almeno avrebbe rivisto i suoi cari.

 

«Questo è quello che ho scoperto. La sera dopo mi sono svegliata in un sotterraneo, e il resto è storia…»

La voce le tremava un po’, ma non le importava, conosceva quel vecchio da una vita, era stato il suo migliore amico, poi invecchiando era diventato una specie di padre.

«Capisco, mi spiace davvero Arleen... io… non so che altro dire, mi spiace.» Un colpo di tosse lo fece interrompere, mentre Arleen si alzava veloce e lo copriva con una vecchia coperta lì da chissà quanto.

«Non importa. Ormai non posso più fare niente. I morti sono morti, e tali devono restare. Sai.. sono andata a vedere com’è ora il paese… è sempre lo stesso, piccolo, con pochi abitanti, anche se sono passati quasi 400 anni. E… beh… ho fatto una visita in parrocchia... e al cimitero. Ci sono ancora le loro tombe... Ho lasciato dei fiori. Sono stati ignorati per troppo tempo, è ora che qualcuno si prenda cura di ciò che resta di loro.»

Lui la guarda, riesce a vedere il suo dolore, nonostante la maschera perfetta che indossa, la conosce troppo bene oramai.

«E così hai scoperto tutto, l’hai cercato per tutta la tua vita. Che intendi fare ora?» Ha un presentimento e vuole sapere se è così, ma allo stesso tempo ha paura di chiedere. Ha paura della risposta.

«Ora?» un sorriso maligno le increspa il visto giovanile, trasfigurandolo. «Ora inizia la caccia.»

 

Passare 400 anni nel buio ti rende come lui, potente, affiliato e letale. Una lama a doppio taglio che può ferire anche colui che l’ha creato.

 

 

Fine

 

Ok… puoi uccidermi per dedicarti una cosa del genere per il tuo compleanno… se vuoi posso rimediare con una fettina di torta, ti va?

Beh… il succo del discorso resta quello.. BUON COMPLEANNO VALE!!!!!!! *passa torta con le candeline

 

 

 

  
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