Londra /Parigi Gennaio/Febbraio
1530 – Missing
“Volete passare da
Isabel?”
Caterina fulminò
con lo sguardo il marito e poi girò il viso, sdegnata.
“Caterina sono
quasi quattro settimane che non le date udienza, e rispedite indietro i suoi
messaggi. Fino a dove vorrete arrivare?” Chiese Enrico, cercando di mantenere
la calma e la pazienza. “Non ha nemmeno sedici anni ed ha peccato di
leggerezza.. Non posso davvero credere che la stiate cancellando dal vostro
cuore.” Provò a farla ragionare.
In realtà,
nonostante la situazione drammatica, gli veniva quasi da sorridere. In
genere, era lui quello fumantino e veloce alla reazione scomposta e lei aveva
il compito di ricomporre i cocci che lui rompeva. In questo caso, invece, era stata
lei ad aver perso la sua proverbiale calma e a sragionare.
“Quella
sgualdrinella deve capire dove ha sbagliato e recepire un po’ di disciplina..”
Fu la sua unica risposta, la sola in quelle quattro settimane che continuava a
ripetere in modo quasi ossessivo.
“Ancora un po’ di
disciplina, e rimarrà senza pelle sulla schiena, Caterina.” Commentò Enrico,
stupito da tanta durezza da parte sua, soprattutto nei confronti di Isabel.
“Dio non voglia vi dobbiate pentire di ciò che fate. Crescere senza madre è
innaturale, e Dio solo sa cosa ha già passato nostra figlia..”
Detto questo, la
lasciò sola, a preparare le ultime cose per il viaggio in Francia, dove si
sarebbe celebrato il fidanzamento di Maria con Francesco, il primogenito di Francesco
I e Claudia.
Praticamente tutta
la corte avrebbe partecipato, esclusi Thomas More, che avrebbe tenuto la
reggenza in vece di Enrico, sir Knivert e sir Hilliard, che sarebbero rimasti a
Londra assieme ad Isabel, e naturalmente la secondogenita di Enrico e Caterina,
che ancora soffriva il totale ostracismo materno.
La Regina guardò
uscire il marito e poi continuò a preparare l’occorrente per il viaggio. Da che
aveva scoperto il tradimento di Isabel, l’aveva praticamente bandita dalla
corte, aveva ignorato i suoi innumerevoli messaggi di scuse e richieste di
ricevimento, dedicandosi in pratica a Maria ed a tutto ciò che la riguardava.
Non aveva mai trattato Isabel in un modo tanto rigoroso e duro, ma il dolore e
la rabbia che provava erano talmente accesi che solo ripensare alla notte di
Natale le faceva venir voglia di gridare e fare a pezzi qualsiasi cosa.
“Mia signora,
vostra figlia..” Azzardò a dire Maria de Salinas. Caterina dapprima sorrise, ma
poi quando vide lo sguardo imbarazzato della dama, capì che Isabel aveva osato
contravvenire ai suoi ordini. Il viso le si contrasse in una smorfia di pura
rabbia.
“Cacciatela via!”
Ordinò a voce sufficientemente alta perché ‘quella svergognata’ sentisse.
“Ditele che la Regina non ha tempo né voglia di vederla e che se non vuole
finire alla Torre farebbe bene a eseguire alla lettera i suoi ordini, invece
che osare contraddirla.”
“Maestà..” Mormorò
lady Willoughby, implorando con lo sguardo Caterina. Come poteva pensare di
farle riferire una cosa del genere? Ad Isabel poi..
“Lady Willoughby,
vi consiglio di eseguire i miei ordini, ed alla svelta..” Sibilò furente
Caterina, con un tono di voce bassissimo, segno evidente che era davvero al
limite della sopportazione. La dama, chiuse gli occhi e deglutì a vuoto. Poi
dopo l’inchino consueto, si voltò per prendere l’uscita.
“Non vi preoccupate,
mia buona lady..” Mormorò Isabel. “Obbedisco. Vi prego, vogliate dare questo
messaggio alla Regina, e ditele che la affido ogni momento al Signore perché le
conceda la sapienza del cuore e la mantenga fedele al Suo servizio, donandole
tutta la salute possibile.”
La nobildonna
spagnola sorrise alla giovanissima principessa, prese il messaggio cartaceo che
Isabel le aveva consegnato e poi tornò indietro da Caterina.
L’espressione sul suo
volto era, se possibile, ancor più stravolta e turbata. Quando l’amica le diede
il biglietto, lo fece in un istante in mille pezzi, ma era impossibile non
avesse sentito le parole della figlia.
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“Dieci anni fa mi
avete atterrato.. Farete lo stesso anche oggi?” Sorrise Francesco, baciando
timidamente le guance della sua fidanzata. Maria gli sorrise, arrossendo.
“No, Vostra
Altezza..” Rispose, baciando a sua volta le guance fresche, e leggermente imporporate
di lui.
Tutto il seguito
esplose in un applauso entusiasta, e i due padri si levarono in piedi
sollevando i loro calici colmi di vino francese. Seguiti dalle mogli e poi dai
loro cortigiani, subito fecero un brindisi alla nuova coppia, mentre i due novelli
fidanzati si studiavano con discreta curiosità.
Mentre guardava la
primogenita, Caterina non riuscì a non estraniarsi ed a non pensare ad Isabel,
sola a Londra. La durezza ed il rigore che stava infliggendo alla figlia
cominciava a stancarla. Isabel aveva sbagliato, enormemente, e lei si sentiva
talmente ferita che ancora non riusciva a pensare a quanto avvenuto in maniera
serena e tranquilla. Lo smacco ricevuto era enorme, ma ora che il tempo
cominciava a fare il suo dovere ed a marcare la distanza da quanto successo, Caterina
cominciava a chiedersi se tutto quanto non avesse una spiegazione che fino ad
quel momento lei non aveva preso in considerazione perché troppo adirata e
troppo incollerita. La pervicacia con cui Isabel l’aveva cercata per tutto
gennaio la disturbava molto, ma nello stesso tempo la straniva. Possibile che
volesse solo scusarsi? Possibile che non ci fosse spiegazione per i suoi
continui tentativi di incontrarla? Possibile che la fedeltà che la figlia le
aveva mostrato fino a quel momento fosse una barzelletta, un imbroglio oppure
si fosse dissolta con un gioiello in regalo? Possibile che non ci fosse
nessun’altra spiegazione che l’improvvisa malafede di Isabel?
“Mamà, oggi è il mio giorno!!” Protestò
una voce, improvvisamente vicinissima. Maria stava reclamando la sua
attenzione, e non completamente a torto. “Nemmeno oggi riuscite a mettere da
parte mia sorella?!” Le disse, con poco tatto.
“Hai ragione,
tesoro..” Rispose Caterina, abbracciandola e tenendola stretta. Cercando di concentrare
la sua mente solo su Maria, affondò le labbra nei suoi capelli, ma il suo
cuore, lontano come era, non riuscì a gioire pienamente.
“Per ordine del Re
sono indetti solenni festeggiamenti, della durata di dieci giorni, in tutta
l’Inghilterra, a celebrazione del fidanzamento tra Maria, Principessa del
Galles, ed il Delfino di Francia, Francesco. Tali festeggiamenti termineranno
con una festa nella città di Londra, con musiche, balli cittadini e fuochi
d’artificio, nell’ultimo dei dieci giorni.”
Thomas More,
nominato reggente del Regno, sigillò il solenne bando e poi lo consegnò a
Thomas Cromwell, il segretario.
“Fatela entrare..”
Mormorò al suo usciere. Dopo pochi secondi Isabel, accompagnata da sir Knivert,
entrò nella sala. Il filosofo la guardò con occhi severi, ma bonari. Quella giovane
le piaceva, e non poco. Anche se aveva fatto una sciocchezza enorme, non la
riteneva capace di malafede, soprattutto nei confronti della madre, per cui era
risaputo aveva una vera e propria adorazione, ampiamente ricambiata peraltro. “Vostra
Altezza..” La salutò lui, chinando il capo. Isabel sorrise un pochino e rispose
educatamente al suo saluto.
“Sir More..”
“Principessa, è
precisa volontà del Sovrano che anche voi festeggiate il fidanzamento di vostra
sorella.. Egli desidera la vostra presenza a corte in questi giorni, e in
particolar modo nell’ultimo giorno, quando i Sovrani torneranno e vi saranno
festeggiamenti solenni in tutto il Paese.”
“Non credo di
essere benvoluta a corte, sir More.” Rispose Isabel cercando di tenere calma e
ferma la voce. “Mia madre non mi ha ancora perdonata, se mai lo farà. Fino a
che non sarò ben accetta anche da lei, non intendo imporre la mia presenza. Non
potrei mai farle un torto del genere. Non dubitate, festeggerò in modo appropriato
il fidanzamento di mia sorella e del Delfino, ma vi prego, non mi costringete a
disobbedire a mia madre.”
“Principessa, non
presenziando, disobbedirete a vostro padre.” Obiettò con delicatezza sir
Thomas, osservando il viso della giovane e ammirando la sua dignità in un
momento così difficile. Odiava metterla alle strette in quel modo, e di sicuro
Enrico non era stato un fior di delicatezza nell’imporre alla figlia una cosa
del genere. In realtà il messaggio di Enrico non era per Isabel, ma per la moglie.
Le stava imponendo di piegarsi al suo volere e di passar sopra una cosa
obiettivamente scandalosa.
“Lo so, sir Thomas,
ma non intendo disobbedire a mia madre. Sono certissima che anche mio padre, il
Sovrano, capirà ed apprezzerà.” Rispose lei, guardandolo negli occhi. Sapeva
che avrebbe recapitato il messaggio ad Enrico, e lui avrebbe capito al volo.
Isabel voleva stare fuori dai problemi dei genitori, che si erano
improvvisamente riacutizzati quasi subito dopo il litigio tra madre e figlia.
Sir More la guardò
sorridendo ed annuì.
“Siete coraggiosa,
mia giovane principessa..” Mormorò lui, non riuscendo a trattenersi. Lei scosse
la testa decisa, tenendo lo sguardo alto.
“E’ giustizia, sir
More. E mia madre merita da me almeno quella, visto che non ha potuto avere il
mio buonsenso..”
“Lizzie, sapete
cosa dovete fare, vero?” George Bolena sorrise, allungando una carezza lasciva
alla dama. Quella lo guardò con occhi maliziosi, e poi annuì.
“Non potrà non
fidarsi di me.” Rispose lei. “Abbiamo la stessa età, e una delle sue dame è
improvvisamente caduta ammalata..”
“Non deve solo
fidarsi di voi..” Rispose quello, con un cenno di intesa. “Dovete fare quello
che abbiamo deciso..”
“Fidatevi di me..
ed ora, datemi quello che mi avete promesso..” Esclamò lei, aprendo i bottoni
dei suoi calzoni.
“Quando arriverà?”
“Domani o dopo sarà
qui..” Rispose Thomas Bolena. “Il Re ha chiesto di nuovo di lei.” Aggiunse con
un’evidente nota soddisfatta nella voce.
“Bene. Benissimo
direi, Vostra Grazia. Sapete che questi sono attimi decisivi..” Commentò il suo
interlocutore. “Dopo aver sistemato la figlia, è il turno della madre. E
stavolta con lei vediamo di non fallire..”
“Sì, certo, Vostra
Grazia..” Replicò Bolena, la voce un po’ spazientita. “Ormai sappiamo come fare
e daremo il colpo di grazia.”
“Voglio sperarlo.
In fondo con la figlia siamo stati fortunati..”
“In che senso?”
Chiese Bolena. “Direi che non è stata solo fortuna..”
“Io dico di sì.”
Replicò l’uomo. “Nessuna madre è disposta a non credere alla figlia, e
soprattutto nessuna figlia accetta di non discolparsi e di non rivelar d’esser
stata raggirata, non credete? Dobbiamo ringraziare la nostra buona stella,
Vostra Grazia, che la Regina sia talmente ossessionata da vostra figlia che
basta una cosa del genere per farla arrivare quasi a disconoscere addirittura
sua figlia. Se Caterina dovesse scoprire che la Principessa è stata ingannata
da lady Anna, e che il ciondolo era tutt’altro che un disinteressato regalo
d’amicizia, si scatenerebbe l’inferno.. e tutti noi salteremmo in aria.”
Poco distante,
Caterina si appoggiò ad una colonna e cercò di riprendere fiato, totalmente
stordita da quelle parole. La sua mente non riuscì a formulare nessun altro
pensiero coerente se non quelli per Isabel. Quando sentì che le gambe la sorreggevano,
girò sui tacchi e fece a ritroso la strada che aveva fatto poco prima, in cerca
di aria fresca. Voleva lasciare la Francia, doveva lasciare quel posto e quella
situazione che ora per lei significava ben poco. Sapeva che la sua partenza per
Enrico, e soprattutto per Maria, sarebbe stato uno choc, ma confidava nel fatto
che tanto la figlia quanto il marito sarebbero stati presi dal disbrigo di
altre formalità con Francesco e Claudia, e, in minima parte, anche con il
Delfino.
Lei aveva solo
un’unica urgenza: tornar in Inghilterra da Isabel, e sapere da lei come erano
andate davvero le cose.