Eyes On Fire
Capitolo
08
Acchiappasogni
«Bella»,
mormorò Jacob, mentre ero ancora stretta nel suo caldo
abbraccio,
«sei fradicia. Forse è meglio se torniamo a
casa».
Non risposi, limitandomi a tenere il viso ancora affondato nel suo
petto.
Lui sondò la mia testardaggine, e sospirò.
«Okay, dato che
non vuoi collaborare, sarò costretto a riportarti indietro
di
peso», disse e, senza darmi il tempo di acconsentire o
semplicemente dire
qualcosa, mi prese da sotto le ginocchia e mi sollevò. Per
scaldarmi, mi
strinse forte al suo petto, coprendomi parzialmente con la giacca a
vento che
stava indossando.
Non mossi protesta, anche perché non ne avrei avuta la
forza:
improvvisamente, mi sentii stanchissima, e fui travolta da un piacevole
torpore, che rendeva ogni suono o movimento ovattati.
Infatti, mi accorsi appena che Jacob aveva iniziato a muoversi, anche
se
probabilmente stava correndo verso casa sua per non farmi prendere
freddo.
Rimasi inerme tra le sue braccia, muta, per tutto il tragitto.
Quando sentii una porta aprirsi e la serratura cigolare, pensai, pigra,
che
forse eravamo già arrivati a casa sua. Mi sistemò
sul divano,
vicino al termosifone bollente, e quel calore mi fece rinsavire appena.
Focalizzai bene il suo viso, cercando di riacquistare
lucidità: aveva i
capelli bagnati, incollati al viso, e mi sorrideva, dolce.
Si era seduto per terra, di fronte a me, e aveva preso a giocare con i
miei
capelli, ancora zeppi d’acqua.
«È meglio se ti dai un’asciugata, Bella.
Stai
tremando», constatò, assorto nel mio sguardo.
Tremavo? Non me
n’ero accorta. «Vuoi cambiarti?».
«Sì», sussurrai, posandogli una mano sul
viso. Lo attirai a
me per baciarlo.
Mi
restituì il bacio, ma poco dopo si staccò e si
mise in piedi, aiutandomi ad alzarmi. Lo fissai,
contrariata.
Capì al volo. «Bells, non guardarmi
così. Non voglio che tu
ti ammali, tutto qui. Quando ti sarai messa addosso qualcosa di
asciutto,
potremo continuare questo discorso», assicurò lui,
prendendomi per
mano e conducendomi in camera sua. Come qualche giorno prima, decise di
prestarmi una delle vecchie tute delle gemelle, e, una volta
passatamene una
– che accettai di buon grado: stavo morendo dal freddo
–,
uscì dalla stanza per lasciar che mi cambiassi.
Me la infilai in fretta, prendendo in mano i miei vestiti, e uscii
dalla
stanzetta. Una volta in salotto, trovai Jacob seduto sul divano: si
stava
asciugando i capelli, sfregandoseli con un asciugamano.
Improvvisamente, ebbi
una strana visione di lui trasformato in lupo, tutto bagnato, che
scuoteva il
pelo per levarsi l’acqua di dosso. Non riuscii a trattenere
una risata, e
lui si voltò verso di me.
«Che hai da ridere, Bells?», domandò
lui, arricciando le
labbra.
Era
troppo carino con i capelli arruffati. Risi di nuovo.
«Niente, niente», risposi, scuotendo la testa e
andando a sedermi
accanto a lui. Vidi che aveva tirato fuori una coperta quando me la
sistemò sulle spalle e mi strinse contro il suo petto caldo.
In poco
tempo, tutto il freddo che si era accumulato nel mio colpo si dissolse,
lasciando spazio ad una sensazione di piacevole calore.
Jacob non disse nulla, mi abbracciava e basta, e il silenziò
calò
improvvisamente. Con la coda dell’occhio, scrutai il suo
viso: fissava il
vuoto davanti a sé, meditabondo, ma aveva
un’espressione serena.
Chissà a cosa stava pensando…
Mentre seguitavo a fissarlo – attenta a non farmi vedere
–,
cominciai a ripescare ricordi miei e di Jacob. Dai nostri primissimi
mesi di
amicizia fino a quando si era trasformato; quando la nostra separazione
aveva
scatenato un dolore insopportabile, e quando poi ci eravamo
riavvicinati. Fino
a quell’istante stesso che stavo vivendo.
Il cuore iniziò a battere forte, e inizialmente non riuscii
a capire il
perché. Pensavo spesso a noi due, a quello che avevamo
passato e a
ciò che stavamo vivendo, ma non mi era mai successa una cosa
del
genere… Niente stomaco in subbuglio, niente cuore galoppante.
Poi, sentii uno strano formicolio alla bocca dello stomaco, che mi
risalì fino alla gola e mi mosse la lingua, come se stessi
per dire
qualche cosa.
Nello stesso istante, il mio cervello produsse un pensiero che mai,
prima di
quel momento, avevo considerato. Una cosa che per mesi ero stata
incapace di
pensare, ma che in quel momento avrei voluto dire ad alta voce.
Il mio cuore
prese il volo.
Jacob,
ti amo.
Nel momento
esatto in cui quel pensiero, quelle parole
mute vennero a galla, mi sentii raggelare e mi irrigidii dalla
sorpresa. Ti
amo… Non l’avevo più detto a
nessuno, anche
perché ero scettica sul fatto che avrei potuto amare ancora
qualcuno di
quell’amore che avevo sempre e solo provato per lui.
Eppure, l’avevo fatto. L’avevo detto, in un certo
senso. A Jacob.
Jacob, il mio migliore amico, il mio ragazzo, il mio Sole, il mio porto
sicuro…
Già, il mio porto sicuro. Non riuscivo a stare senza di lui,
mi era
impossibile anche solo pensarla una cosa del genere. Ma era davvero
soltanto
per quello che continuavo a volerlo vicino a me? I miei sentimenti si
fermavano
davvero a quel punto? Non avevo mai provato niente di simile, era un
sentimento
che non avevo mai sperimentato prima. Non poteva essere
amore…
Eravamo entrambi consapevoli del fatto che ciò che provavo
per lui non
era paragonabile a ciò che provavo per l’altro. Ma
se non fosse
stato paragonabile proprio perché era qualcosa di totalmente
diverso? E
ugualmente forte? Dopotutto, avevo pensato ti amo,
non ti voglio bene.
La differenza era abissale.
Per una frazione di secondo, avevo desiderato dirgli quelle due
paroline con
tutta me stessa, era stato un desiderio bruciante che mi aveva
sopraffatto per
un istante breve ma infinito.
Una parte di me mi stava spingendo a vuotare il sacco, mentre
l’altra
parte di me la considerava una cosa totalmente sbagliata.
«Jake», lo chiamai senza pensarci e me ne pentii
all’istante.
Cosa gli avrei detto?
«Sì?», rispose, voltando il viso verso
il mio. Piantò
i suoi occhi neri nei miei e attese.
Ti amo. Quel pensiero mi riempì
improvvisamente la testa, ma non
riuscii ad emettere nemmeno il suono più insignificante. Era
come se le
parole mi morissero in gola, e allo stesso tempo lottassero per uscire
dalle
mie labbra.
«I-io…», fu il mio rovinoso inizio.
«Io…».
Niente da fare, non ci riuscivo. Mi limitai a fissarlo negli occhi, in
silenzio. Lui iniziò a studiare la mia espressione,
concentrato,
cercando di leggermi dentro. Dopo un poco sorrise, socchiudendo gli
occhi e
inclinando leggermente di lato la testa. Mi posò una mano
sul viso,
avvicinandosi con le labbra alle mie. Prima di annullare la distanza,
mormorò qualcosa in una lingua strana, probabilmente
Quileute.
«Kwop kilawtley».
«Cosa?»,
sussurrai, col fiato corto.
«Ti amo», rispose, facendo spallucce, e
appoggiò le labbra
calde sulle mie.
Mi sentii sciogliere.
Anche io, Jake. Ti amo anche io. Quelle parole che
rimbombavano nel mio
cuore e mi vibravano in tutto il corpo assieme al calore che mi stava
trasmettendo Jacob mi provocavano un dolore insopportabile,
perché non
riuscivo ad esternarle. Una lacrima, silenziosa come quella
dichiarazione muta,
scivolò dalla mia guancia, bagnando le nostre mani
intrecciate.
Ad un certo punto, quel bacio crebbe d’intensità,
e io mi ritrovai
stesa sul divano, il corpo enorme e caldo di Jake sopra il mio. Le sue
labbra,
che continuavano a cercare le mie con smania crescente, scesero sul
collo,
mentre le sue mani erano affondate tra i miei capelli. Strinsi le
braccia
attorno alle sue spalle, mentre il respiro cominciava a mancarmi.
Rabbrividii
quando sollevò un lembo della mia maglia, toccando la mia
pelle nuda.
Sulle prime lo lasciai fare, ma quando iniziò a tirarmi su
la felpa,
meccanicamente lo bloccai, stingendo il polso della sua mano bollente.
«Jake», sussurrai imbarazzata, con un filo di voce.
Lui capì
all’istante e si allontanò da me, sul viso
un’espressione di
scuse. Guardò altrove, imbarazzato, stringendo
però la mia mano
nella sua.
«Scusami, Bells. Non so che mi è preso».
Sorrisi, per nascondere il disagio. «Non fa niente,
tranquillo». È
solo colpa mia, pensai.
«È che a volte mi sembra ancora di perdere il
controllo»,
ammise, un lampo di dolore negli occhi. «Probabilmente
– mi
sorrise, mesto – anche il mio lato animale ti
desidera»,
sospirò.
Sorrisi, sfiorandogli una guancia. «Io Cappuccetto Rosso, tu
Lupo
Cattivo», sussurrai, scherzando. Lui rise,
trattenendo la mia mano
e stringendosela contro il viso. Rimanemmo in silenzio, a fissarci a
vicenda,
mentre le farfalle che avevo nello stomaco cominciavano a fare strane
giravolte. Gli occhi di Jake mi ipnotizzavano, non trovavo la forza di
staccare
lo sguardo da quei pozzi scuri, mentre altri ricordi di noi due
continuavano a
vorticarmi nella mente.
Dopo minuti interminabili di silenzio, vidi uno scintillio negli occhi
di Jake,
come si fosse ricordato qualcosa. Sorrise, poi disse:
«Aspettami
qui». Si alzò di scatto e sparì nella
sua stanza,
lasciandomi perplessa sul divano. Ritornò poco dopo,
sorridente, con un
braccio dietro alla schiena, come per nascondermi qualcosa. Quando in
me si
fece strada la consapevolezza che, probabilmente, ciò che
celava dietro
la schiena era un regalo, il mio volto si piegò in
un’espressione
terrorizzata.
«No!», esclamai, e Jacob
fermò la sua avanzata,
fissandomi basito.
«Che c’è, Bells?»,
domandò, squadrando la mia
espressione.
«Penso di sapere cosa stai pensando di fare… Beh,
scordatelo!
Niente regali! A maggior ragione dopo quello che ti ho fatto
oggi»,
dissi, mentre sentivo la mia voce spezzarsi sulle ultime parole.
Lui strinse le labbra, aggrottando le sopracciglia. «Oh, per
favore
Bella. Non dire stupidaggini. Sono il tuo ragazzo, e in quanto tale ho
il
diritto di farti dei regali», disse, sedendosi sul divano.
«Non è il mio compleanno», ribattei,
guardandolo acida.
«In
effetti hai ragione... Allora facciamo
così: questo è regalo di compleanno che non ti ho
fatto mesi fa,
va bene?», cercò di negoziare, alzando gli occhi
al cielo.
«Mi sembrava che avessimo deciso che erano le moto il nostro
regalo».
«Non sono un regalo molto sicuro, per te. Con questo non
rischi di
morire, se non altro. Anzi, potrà pure esserti
utile», disse, e
levò lentamente il braccio da dietro la schiena, per pormi
l’oggetto che teneva nel palmo della sua mano destra. Era un
cerchio di
paglia ramata intrecciata, al centro fili di pelle si incrociavano come
in una
ragnatela. Alle due estremità più esterne
pendevano delle piume,
mentre al centro un lungo laccio teneva sospeso un lupo intagliato nel
legno.
Era rossiccio, come il manto di Jacob quando si trasformava.
«Ma questo…».
«È un acchiappasogni. Hai presente, no? Se lo
appendi sopra il tuo
letto gli incubi rimarranno impigliati
nell’intreccio», disse,
mentre io me lo rigiravo tra le mani, sfiorando il piccolo lupo.
«Ho
pensato che ti sarebbe servito… per quando non ci
sarò io»,
disse, cupo, e capii che si riferiva alle notti nelle quali avrebbe
dovuto dare
la caccia a Victoria. Sul suo viso c’era un’ombra,
ma ero sicura
che non si trattasse di paura per la sua sorte, quanto del fastidio che
provava
quando non poteva starmi accanto mentre dormivo. Non seppi che dire.
«Non ti piace?», domandò, dopo una breve
pausa. Continuavo a
fissare l’oggettino che tenevo in mano, perciò
capii solo dal suo
tono di voce che era preoccupato. Stupido.
«È bellissimo, Jake. Io non so davvero come
ringraziarti»,
mormorai, mentre le lacrime iniziavano a salire e sentivo la gola
gonfia.
«Ehi, Bells!», esclamò, scuotendomi
leggermente.
«Perché piangi?».
Mi gettai letteralmente tra le sue braccia, allacciandomi al suo collo.
«Perché mi sento uno schifo, Jake! Continuo a
ferirti e basta,
mentre tu continui a darmi più di quanto io
meriti», singhiozzai,
aumentando la stretta delle braccia, mentre provavo a soffocare il
dolore.
«Bells, ma cosa dici…»,
sussurrò, a voce bassa. Poi
però sentii le sue braccia stringersi attorno al mio corpo,
e lui
affondò il volto nell’incavo della mia spalla.
«Farti sorridere, starti vicino, curare le tue
ferite… È
ciò per cui sono nato, Bells», mormorò,
con la voce calda e
rauca, al mio orecchio. Sembrava che stesse per piangere. «So
che
può sembrare strano, ma è ciò che
sento. Come se io esistessi
solo per provare a farti felice. Me ne rendo conto solo ora».
Le sue
parole, così dolci, così sincere, non fecero che
aumentare la
crisi di pianto che mi aveva travolta, e mi strinsi a lui
più che potei.
Si scostò da me e mi prese il volto tra le mani,
asciugandomi le guance
con i pollici. «E vederti piangere mi uccide.
Perciò smettila di
preoccuparti e piantala di sparare tutte queste cazzate»,
aggiunse, con
una smorfia di dolore sul volto. Annuii, cercando di controllare il
respiro.
Provai a sorridere, e di nuovo mi colpii il forte desiderio di digli
che lo amavo.
Ma, incapace di dire ciò che volevo dire, mi limitai ad
abbracciarlo, e
gli mormorai un «grazie» all’orecchio. Ad
un certo punto, il
brontolio dello stomaco di Jake ruppe il silenzio, e io scoppiai a
ridere.
«Merda», sibilò a denti stretti, dandosi
un leggero colpo
sulla pancia.
«Povero cucciolo», esclamai, divertita,
«Non ti do abbastanza
da mangiare».
Gli sfiorai una guancia dandogli un bacio a fior di labbra, poi mi alzai dal divano, avviandomi verso il cucinotto.
Jacob si
alzò e incrociò le braccia al
petto. «Cosa vedo, vuoi cucinare per me?», disse,
sogghignando.
«Se nella tua dispensa non ritrovo il deserto del
Sahara!». Risi.
«Cosa ti va di mangiare?».
Alla fine optammo per una bella teglia di pasta al forno, della quale
Jake fece
fuori una buona parte, rinnovandomi i complimenti per la mia cucina.
Aggiunse altri
due anni, facendomi avvicinare alla sua
mezza età.
«Accidenti, da quando non facevamo più questo
stupido giochetto? Secoli?»,
disse Jake, ridendo, mentre sparecchiavamo la tavola.
Risi a mia volta. «Ammettilo che ti mancava farmi sentire
vecchia».
Lui fece una smorfia. «Mancava? Starai scherzando, spero!
Questa sfida la
vince chi è più vecchio, e non è stato
saggio da parte mia
regalarti due punti, ora che ci penso. Ti ho avvantaggiata».
«Tragedia!», esclamai in modo teatrale, e intanto
iniziai a lavare
i piatti.
«A parte gli scherzi… Non so, mi ha fatto piacere
giocarci di
nuovo. Mi ha ricordato i bei vecchi tempi, quando ero ancora umano.
Quando era
tutto più facile…». Lo sentii
sospirare, malinconico.
Già, era vero. Era passato tanto tempo da l’ultima
volta che avevamo
giocato al nostro gioco, e in un certo senso mi era mancato. Mi
ricordava quel
contesto di semplicità, di affetto e di calore, e di un
legame che stava
nascendo… Provavo una leggera nostalgia, e avvertii un tuffo
al cuore.
«Ehi Jake, tutto bene?», gli chiesi, quando notai
come guardava
assorto fuori dalla finestra.
«Sì, tutto bene», assicurò,
sorridendomi, e venne
verso di me, abbracciandomi da dietro mentre svuotavo il lavandino.
«Ti manca molto quel periodo?», dissi, sprofondando
con la nuca
contro il suo petto.
«Sì, un po’ mi manca. Però
non tornerei mai indietro,
se devo perdere quello che ho ora – mi baciò i
capelli – Sono
felice così, come sto adesso». Chiusi gli occhi,
e, sorridendo, mi
sfuggì un sospiro. Avevo capito benissimo quello che
intendeva: non
sarebbe mai tornato indietro a quel periodo, perché in quel
periodo non
poteva avermi. Invece ora c’ero. Mi aveva, ero sua. E se
diceva di essere
felice, non potevo pentirmi della scelta che avevo fatto, quella scelta
che all’inizio
reputavo persino sbagliata. Mi rincuorava il fatto che, in qualche
modo, l’avevo
ripagato di tutto ciò che lui aveva dato a me. Almeno in
parte.
E, mi resi conto solo in quel momento, anche io ero felice della scelta
che
avevo fatto.
Non sarebbe
stato facile dimenticare Edward, e
probabilmente non ci sarei mai riuscita, ma potevo comunque vivere una
vita
serena se Jacob fosse rimasto al mio fianco. Ma contavo troppo su di
lui, anche
io dovevo impegnarmi, aiutarlo ad aiutarmi: basta allucinazioni,
ricerca del
pericolo, cose insensate o stupide.
Da quel momento, avrei mantenuto la promessa che avevo fatto a Edward e
sarei
guarita, per me, per Jacob.
Per la mia
felicità. Per la nostra
felicità.
Note dell’autrice.
Okay, ringraziate New Moon per questo aggiornamento in tempo
record *__*
(per i miei standard, ovvio u_u)
Sono andata a vederlo ieri sera, e stamattina, già in crisi
d’astinenza
da Jacob-lupi-JacobBella me lo sono scaricato ed è tutto il
giorno che
lo guardo. Bellissimo, lo amooooooo <3
Però la fine mi ha fatto incazzare così tanto che
la mia reazione
è stata… questo capitolo. Proprio così
XD Sentendo tutte le
cazzate che ha detto Bella, mi è venuta voglia di farle dire
cose
più intelligenti… :3
Piccolo appunto: allora, presente le pare mentali che si fa Bella a
inizio capitolo?
Ecco, in quel momento sta cominciando a capire quanto sia realmente
innamorata
di Jacob, solo che la parte di lei che appartiene ancora ad Edward non
le
permette di prenderne pienamente coscienza, e quindi le 'vieta' anche
di
confessare i suoi veri sentimenti a Jacob.
Però, quello che nutre Bella per Edward sono ossessione e
dipendenza,
sentimenti che lei scambia per amore vero. Nella mia storia, Bella
è
innamorata di Jacob, ma per lui prova amore sano, quello che
normalmente
proverebbero due persone che stanno insieme (infatti è per
questo che
non lo capisce, dato che non l’ha mai provato). Ma
l'ossessione che ha
per Edward la rende cieca, e ci vorrà un bel po' per farla
guarire -_-'''
Fine appunto XD
Vi è piaciuta l’idea
dell’acchiappasogni? E quella del ‘ti
amo’ in lingua Quileute (Kukli
laule)?? *_* Tuuuutto
merito
del film, che mi ha ispirata un casino XD Mi sa che lo usero come
antidoto per
eventuali cali d’ispirazione futuri *_*
Devo dire che sono molto soddisfatta di questo capitolo,
perciò spero
che piacerà anche a voi!
E mi aspetto più recensioni stavolta, non due come quelle
dello scorso
capitolo, okay? u_u
Nooo davvero, mi farebbe piacere sentire che ne pensate, del capitolo
ma anche
del film!
Quindi, RECENSITE! XD
Un grazie immenso a marpy e mattiuzza che hanno recensito lo scorso
capitolo: scusate se non vi rispondo, ma è tardi e sono
stanchissima T_T
Al prossimo rispondo, giuro!
Grazie anche ai 31 che hanno
inserito questa storia ai preferiti e alle 23
persone che l’hanno aggiunta alle seguite. Spero che
l’apprezziate,
misteriosi lettori! XD
Ora tolgo il disturbo u_u
Buona notte e alla prossima!
Un mondo di baci e abbracci,
Bea <3
PS: TEAM JACOB ALL
THE WAY!
Scusate ma ci stava! Yeeeeeeh!
*.*