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Autore: Blakie    22/11/2009    10 recensioni
"Il cuore iniziò a battere forte, e inizialmente non riuscii a capire il perché. Pensavo spesso a noi due, a quello che avevamo passato e a ciò che stavamo vivendo, ma non mi era mai successa una cosa del genere… Niente stomaco in subbuglio, niente cuore galoppante. Poi, sentii uno strano formicolio alla bocca dello stomaco, che mi risalì fino alla gola e mi mosse la lingua, come se stessi per dire qualche cosa. Nello stesso istante, il mio cervello produsse un pensiero che mai, prima di quel momento, avevo considerato. Una cosa che per mesi ero stata incapace di pensare, ma che in quel momento avrei voluto dire ad alta voce. Il mio cuore prese il volo.
Jacob, ti amo."

La vicenda è ambientata in New Moon: Bella è saltata dallo scoglio e, quando la storia inizia, è sul
pick-up con Jacob, indecisa se voltare la testa e baciarlo o no. Ma poi, qualcosa in lei cambia e, quando le labbra di Jacob incontrano le sue, prende la decisione sulla quale ha meditato per molto tempo: essere felice con Jake, il suo sole personale.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Un po' tutti | Coppie: Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: New Moon
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- Questa storia fa parte della serie '~ Juliet & Paris' Story' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Eyes On Fire

Eyes On Fire
Capitolo 08
Acchiappasogni

«Bella», mormorò Jacob, mentre ero ancora stretta nel suo caldo abbraccio, «sei fradicia. Forse è meglio se torniamo a casa».
Non risposi, limitandomi a tenere il viso ancora affondato nel suo petto.
Lui sondò la mia testardaggine, e sospirò. «Okay, dato che non vuoi collaborare, sarò costretto a riportarti indietro di peso», disse e, senza darmi il tempo di acconsentire o semplicemente dire qualcosa, mi prese da sotto le ginocchia e mi sollevò. Per scaldarmi, mi strinse forte al suo petto, coprendomi parzialmente con la giacca a vento che stava indossando.
Non mossi protesta, anche perché non ne avrei avuta la forza: improvvisamente, mi sentii stanchissima, e fui travolta da un piacevole torpore, che rendeva ogni suono o movimento ovattati.
Infatti, mi accorsi appena che Jacob aveva iniziato a muoversi, anche se probabilmente stava correndo verso casa sua per non farmi prendere freddo.
Rimasi inerme tra le sue braccia, muta, per tutto il tragitto.
Quando sentii una porta aprirsi e la serratura cigolare, pensai, pigra, che forse eravamo già arrivati a casa sua. Mi sistemò sul divano, vicino al termosifone bollente, e quel calore mi fece rinsavire appena. Focalizzai bene il suo viso, cercando di riacquistare lucidità: aveva i capelli bagnati, incollati al viso, e mi sorrideva, dolce.
Si era seduto per terra, di fronte a me, e aveva preso a giocare con i miei capelli, ancora zeppi d’acqua.
«È meglio se ti dai un’asciugata, Bella. Stai tremando», constatò, assorto nel mio sguardo. Tremavo? Non me n’ero accorta. «Vuoi cambiarti?».
«Sì», sussurrai, posandogli una mano sul viso. Lo attirai a me per baciarlo.

Mi restituì il bacio, ma poco dopo si staccò e si mise in piedi, aiutandomi ad alzarmi. Lo fissai, contrariata.
Capì al volo. «Bells, non guardarmi così. Non voglio che tu ti ammali, tutto qui. Quando ti sarai messa addosso qualcosa di asciutto, potremo continuare questo discorso», assicurò lui, prendendomi per mano e conducendomi in camera sua. Come qualche giorno prima, decise di prestarmi una delle vecchie tute delle gemelle, e, una volta passatamene una – che accettai di buon grado: stavo morendo dal freddo –, uscì dalla stanza per lasciar che mi cambiassi.
Me la infilai in fretta, prendendo in mano i miei vestiti, e uscii dalla stanzetta. Una volta in salotto, trovai Jacob seduto sul divano: si stava asciugando i capelli, sfregandoseli con un asciugamano. Improvvisamente, ebbi una strana visione di lui trasformato in lupo, tutto bagnato, che scuoteva il pelo per levarsi l’acqua di dosso. Non riuscii a trattenere una risata, e lui si voltò verso di me.
«Che hai da ridere, Bells?», domandò lui, arricciando le labbra.

Era troppo carino con i capelli arruffati. Risi di nuovo.
«Niente, niente», risposi, scuotendo la testa e andando a sedermi accanto a lui. Vidi che aveva tirato fuori una coperta quando me la sistemò sulle spalle e mi strinse contro il suo petto caldo. In poco tempo, tutto il freddo che si era accumulato nel mio colpo si dissolse, lasciando spazio ad una sensazione di piacevole calore.
Jacob non disse nulla, mi abbracciava e basta, e il silenziò calò improvvisamente. Con la coda dell’occhio, scrutai il suo viso: fissava il vuoto davanti a sé, meditabondo, ma aveva un’espressione serena. Chissà a cosa stava pensando…
Mentre seguitavo a fissarlo – attenta a non farmi vedere –, cominciai a ripescare ricordi miei e di Jacob. Dai nostri primissimi mesi di amicizia fino a quando si era trasformato; quando la nostra separazione aveva scatenato un dolore insopportabile, e quando poi ci eravamo riavvicinati. Fino a quell’istante stesso che stavo vivendo.
Il cuore iniziò a battere forte, e inizialmente non riuscii a capire il perché. Pensavo spesso a noi due, a quello che avevamo passato e a ciò che stavamo vivendo, ma non mi era mai successa una cosa del genere… Niente stomaco in subbuglio, niente cuore galoppante.
Poi, sentii uno strano formicolio alla bocca dello stomaco, che mi risalì fino alla gola e mi mosse la lingua, come se stessi per dire qualche cosa.
Nello stesso istante, il mio cervello produsse un pensiero che mai, prima di quel momento, avevo considerato. Una cosa che per mesi ero stata incapace di pensare, ma che in quel momento avrei voluto dire ad alta voce.

Il mio cuore prese il volo.

Jacob, ti amo.

Nel momento esatto in cui quel pensiero, quelle parole mute vennero a galla, mi sentii raggelare e mi irrigidii dalla sorpresa. Ti amo… Non l’avevo più detto a nessuno, anche perché ero scettica sul fatto che avrei potuto amare ancora qualcuno di quell’amore che avevo sempre e solo provato per lui.
Eppure, l’avevo fatto. L’avevo detto, in un certo senso. A Jacob.
Jacob, il mio migliore amico, il mio ragazzo, il mio Sole, il mio porto sicuro…
Già, il mio porto sicuro. Non riuscivo a stare senza di lui, mi era impossibile anche solo pensarla una cosa del genere. Ma era davvero soltanto per quello che continuavo a volerlo vicino a me? I miei sentimenti si fermavano davvero a quel punto? Non avevo mai provato niente di simile, era un sentimento che non avevo mai sperimentato prima. Non poteva essere amore…
Eravamo entrambi consapevoli del fatto che ciò che provavo per lui non era paragonabile a ciò che provavo per l’altro. Ma se non fosse stato paragonabile proprio perché era qualcosa di totalmente diverso? E ugualmente forte? Dopotutto, avevo pensato ti amo, non ti voglio bene. La differenza era abissale.
Per una frazione di secondo, avevo desiderato dirgli quelle due paroline con tutta me stessa, era stato un desiderio bruciante che mi aveva sopraffatto per un istante breve ma infinito.
Una parte di me mi stava spingendo a vuotare il sacco, mentre l’altra parte di me la considerava una cosa totalmente sbagliata.
«Jake», lo chiamai senza pensarci e me ne pentii all’istante. Cosa gli avrei detto?
«Sì?», rispose, voltando il viso verso il mio. Piantò i suoi occhi neri nei miei e attese.
Ti amo. Quel pensiero mi riempì improvvisamente la testa, ma non riuscii ad emettere nemmeno il suono più insignificante. Era come se le parole mi morissero in gola, e allo stesso tempo lottassero per uscire dalle mie labbra.
«I-io…», fu il mio rovinoso inizio. «Io…». Niente da fare, non ci riuscivo. Mi limitai a fissarlo negli occhi, in silenzio. Lui iniziò a studiare la mia espressione, concentrato, cercando di leggermi dentro. Dopo un poco sorrise, socchiudendo gli occhi e inclinando leggermente di lato la testa. Mi posò una mano sul viso, avvicinandosi con le labbra alle mie. Prima di annullare la distanza, mormorò qualcosa in una lingua strana, probabilmente Quileute.
«Kwop kilawtley».

«Cosa?», sussurrai, col fiato corto.
«Ti amo», rispose, facendo spallucce, e appoggiò le labbra calde sulle mie.
Mi sentii sciogliere.
Anche io, Jake. Ti amo anche io. Quelle parole che rimbombavano nel mio cuore e mi vibravano in tutto il corpo assieme al calore che mi stava trasmettendo Jacob mi provocavano un dolore insopportabile, perché non riuscivo ad esternarle. Una lacrima, silenziosa come quella dichiarazione muta, scivolò dalla mia guancia, bagnando le nostre mani intrecciate.
Ad un certo punto, quel bacio crebbe d’intensità, e io mi ritrovai stesa sul divano, il corpo enorme e caldo di Jake sopra il mio. Le sue labbra, che continuavano a cercare le mie con smania crescente, scesero sul collo, mentre le sue mani erano affondate tra i miei capelli. Strinsi le braccia attorno alle sue spalle, mentre il respiro cominciava a mancarmi. Rabbrividii quando sollevò un lembo della mia maglia, toccando la mia pelle nuda. Sulle prime lo lasciai fare, ma quando iniziò a tirarmi su la felpa, meccanicamente lo bloccai, stingendo il polso della sua mano bollente.
«Jake», sussurrai imbarazzata, con un filo di voce. Lui capì all’istante e si allontanò da me, sul viso un’espressione di scuse. Guardò altrove, imbarazzato, stringendo però la mia mano nella sua.
«Scusami, Bells. Non so che mi è preso».
Sorrisi, per nascondere il disagio. «Non fa niente, tranquillo». È solo colpa mia, pensai.
«È che a volte mi sembra ancora di perdere il controllo», ammise, un lampo di dolore negli occhi. «Probabilmente – mi sorrise, mesto – anche il mio lato animale ti desidera», sospirò.
Sorrisi, sfiorandogli una guancia. «Io Cappuccetto Rosso, tu Lupo Cattivo»,  sussurrai, scherzando. Lui rise, trattenendo la mia mano e stringendosela contro il viso. Rimanemmo in silenzio, a fissarci a vicenda, mentre le farfalle che avevo nello stomaco cominciavano a fare strane giravolte. Gli occhi di Jake mi ipnotizzavano, non trovavo la forza di staccare lo sguardo da quei pozzi scuri, mentre altri ricordi di noi due continuavano a vorticarmi nella mente.
Dopo minuti interminabili di silenzio, vidi uno scintillio negli occhi di Jake, come si fosse ricordato qualcosa. Sorrise, poi disse: «Aspettami qui». Si alzò di scatto e sparì nella sua stanza, lasciandomi perplessa sul divano. Ritornò poco dopo, sorridente, con un braccio dietro alla schiena, come per nascondermi qualcosa. Quando in me si fece strada la consapevolezza che, probabilmente, ciò che celava dietro la schiena era un regalo, il mio volto si piegò in un’espressione terrorizzata.
«No!», esclamai, e Jacob fermò la sua avanzata, fissandomi basito.
«Che c’è, Bells?», domandò, squadrando la mia espressione.
«Penso di sapere cosa stai pensando di fare… Beh, scordatelo! Niente regali! A maggior ragione dopo quello che ti ho fatto oggi», dissi, mentre sentivo la mia voce spezzarsi sulle ultime parole.
Lui strinse le labbra, aggrottando le sopracciglia. «Oh, per favore Bella. Non dire stupidaggini. Sono il tuo ragazzo, e in quanto tale ho il diritto di farti dei regali», disse, sedendosi sul divano.
«Non è il mio compleanno», ribattei, guardandolo acida.

«In effetti hai ragione... Allora facciamo così: questo è regalo di compleanno che non ti ho fatto mesi fa, va bene?», cercò di negoziare, alzando gli occhi al cielo.
«Mi sembrava che avessimo deciso che erano le moto il nostro regalo».
«Non sono un regalo molto sicuro, per te. Con questo non rischi di morire, se non altro. Anzi, potrà pure esserti utile», disse, e levò lentamente il braccio da dietro la schiena, per pormi l’oggetto che teneva nel palmo della sua mano destra. Era un cerchio di paglia ramata intrecciata, al centro fili di pelle si incrociavano come in una ragnatela. Alle due estremità più esterne pendevano delle piume, mentre al centro un lungo laccio teneva sospeso un lupo intagliato nel legno. Era rossiccio, come il manto di Jacob quando si trasformava.
«Ma questo…».
«È un acchiappasogni. Hai presente, no? Se lo appendi sopra il tuo letto gli incubi rimarranno impigliati nell’intreccio», disse, mentre io me lo rigiravo tra le mani, sfiorando il piccolo lupo. «Ho pensato che ti sarebbe servito… per quando non ci sarò io», disse, cupo, e capii che si riferiva alle notti nelle quali avrebbe dovuto dare la caccia a Victoria. Sul suo viso c’era un’ombra, ma ero sicura che non si trattasse di paura per la sua sorte, quanto del fastidio che provava quando non poteva starmi accanto mentre dormivo. Non seppi che dire.
«Non ti piace?», domandò, dopo una breve pausa. Continuavo a fissare l’oggettino che tenevo in mano, perciò capii solo dal suo tono di voce che era preoccupato. Stupido.
«È bellissimo, Jake. Io non so davvero come ringraziarti», mormorai, mentre le lacrime iniziavano a salire e sentivo la gola gonfia.
«Ehi, Bells!», esclamò, scuotendomi leggermente. «Perché piangi?».
Mi gettai letteralmente tra le sue braccia, allacciandomi al suo collo. «Perché mi sento uno schifo, Jake! Continuo a ferirti e basta, mentre tu continui a darmi più di quanto io meriti», singhiozzai, aumentando la stretta delle braccia, mentre provavo a soffocare il dolore.
«Bells, ma cosa dici…», sussurrò, a voce bassa. Poi però sentii le sue braccia stringersi attorno al mio corpo, e lui affondò il volto nell’incavo della mia spalla.
«Farti sorridere, starti vicino, curare le tue ferite… È ciò per cui sono nato, Bells», mormorò, con la voce calda e rauca, al mio orecchio. Sembrava che stesse per piangere. «So che può sembrare strano, ma è ciò che sento. Come se io esistessi solo per provare a farti felice. Me ne rendo conto solo ora». Le sue parole, così dolci, così sincere, non fecero che aumentare la crisi di pianto che mi aveva travolta, e mi strinsi a lui più che potei. Si scostò da me e mi prese il volto tra le mani, asciugandomi le guance con i pollici. «E vederti piangere mi uccide. Perciò smettila di preoccuparti e piantala di sparare tutte queste cazzate», aggiunse, con una smorfia di dolore sul volto. Annuii, cercando di controllare il respiro. Provai a sorridere, e di nuovo mi colpii il forte desiderio di digli che lo amavo. Ma, incapace di dire ciò che volevo dire, mi limitai ad abbracciarlo, e gli mormorai un «grazie» all’orecchio. Ad un certo punto, il brontolio dello stomaco di Jake ruppe il silenzio, e io scoppiai a ridere.
«Merda», sibilò a denti stretti, dandosi un leggero colpo sulla pancia.
«Povero cucciolo», esclamai, divertita, «Non ti do abbastanza da mangiare».

Gli sfiorai una guancia dandogli un bacio a fior di labbra, poi mi alzai dal divano, avviandomi verso il cucinotto. 

Jacob si alzò e incrociò le braccia al petto. «Cosa vedo, vuoi cucinare per me?», disse, sogghignando.
«Se nella tua dispensa non ritrovo il deserto del Sahara!». Risi. «Cosa ti va di mangiare?».
Alla fine optammo per una bella teglia di pasta al forno, della quale Jake fece fuori una buona parte, rinnovandomi i complimenti per la mia cucina. Aggiunse altri due anni, facendomi avvicinare alla sua mezza età.
«Accidenti, da quando non facevamo più questo stupido giochetto? Secoli?», disse Jake, ridendo, mentre sparecchiavamo la tavola.
Risi a mia volta. «Ammettilo che ti mancava farmi sentire vecchia».
Lui fece una smorfia. «Mancava? Starai scherzando, spero! Questa sfida la vince chi è più vecchio, e non è stato saggio da parte mia regalarti due punti, ora che ci penso. Ti ho avvantaggiata».
«Tragedia!», esclamai in modo teatrale, e intanto iniziai a lavare i piatti.
«A parte gli scherzi… Non so, mi ha fatto piacere giocarci di nuovo. Mi ha ricordato i bei vecchi tempi, quando ero ancora umano. Quando era tutto più facile…». Lo sentii sospirare, malinconico. Già, era vero. Era passato tanto tempo da l’ultima volta che avevamo giocato al nostro gioco, e in un certo senso mi era mancato. Mi ricordava quel contesto di semplicità, di affetto e di calore, e di un legame che stava nascendo… Provavo una leggera nostalgia, e avvertii un tuffo al cuore.
«Ehi Jake, tutto bene?», gli chiesi, quando notai come guardava assorto fuori dalla finestra.
«Sì, tutto bene», assicurò, sorridendomi, e venne verso di me, abbracciandomi da dietro mentre svuotavo il lavandino.
«Ti manca molto quel periodo?», dissi, sprofondando con la nuca contro il suo petto.
«Sì, un po’ mi manca. Però non tornerei mai indietro, se devo perdere quello che ho ora – mi baciò i capelli – Sono felice così, come sto adesso». Chiusi gli occhi, e, sorridendo, mi sfuggì un sospiro. Avevo capito benissimo quello che intendeva: non sarebbe mai tornato indietro a quel periodo, perché in quel periodo non poteva avermi. Invece ora c’ero. Mi aveva, ero sua. E se diceva di essere felice, non potevo pentirmi della scelta che avevo fatto, quella scelta che all’inizio reputavo persino sbagliata. Mi rincuorava il fatto che, in qualche modo, l’avevo ripagato di tutto ciò che lui aveva dato a me. Almeno in parte.
E, mi resi conto solo in quel momento, anche io ero felice della scelta che avevo fatto.

Non sarebbe stato facile dimenticare Edward, e probabilmente non ci sarei mai riuscita, ma potevo comunque vivere una vita serena se Jacob fosse rimasto al mio fianco. Ma contavo troppo su di lui, anche io dovevo impegnarmi, aiutarlo ad aiutarmi: basta allucinazioni, ricerca del pericolo, cose insensate o stupide.
Da quel momento, avrei mantenuto la promessa che avevo fatto a Edward e sarei guarita, per me, per Jacob.

Per la mia felicità. Per la nostra felicità.

Note dell’autrice.
Okay, ringraziate New Moon per questo aggiornamento in tempo record *__* (per i miei standard, ovvio u_u)
Sono andata a vederlo ieri sera, e stamattina, già in crisi d’astinenza da Jacob-lupi-JacobBella me lo sono scaricato ed è tutto il giorno che lo guardo. Bellissimo, lo amooooooo <3
Però la fine mi ha fatto incazzare così tanto che la mia reazione è stata… questo capitolo. Proprio così XD Sentendo tutte le cazzate che ha detto Bella, mi è venuta voglia di farle dire cose più intelligenti… :3
Piccolo appunto: allora, presente le pare mentali che si fa Bella a inizio capitolo? Ecco, in quel momento sta cominciando a capire quanto sia realmente innamorata di Jacob, solo che la parte di lei che appartiene ancora ad Edward non le permette di prenderne pienamente coscienza, e quindi le 'vieta' anche di confessare i suoi veri sentimenti a Jacob.
Però, quello che nutre Bella per Edward sono ossessione e dipendenza, sentimenti che lei scambia per amore vero. Nella mia storia, Bella è innamorata di Jacob, ma per lui prova amore sano, quello che normalmente proverebbero due persone che stanno insieme (infatti è per questo che non lo capisce, dato che non l’ha mai provato). Ma l'ossessione che ha per Edward la rende cieca, e ci vorrà un bel po' per farla guarire -_-'''
Fine appunto XD
Vi è piaciuta l’idea dell’acchiappasogni? E quella del ‘ti amo’ in lingua Quileute (Kukli laule)?? *_*  Tuuuutto merito del film, che mi ha ispirata un casino XD Mi sa che lo usero come antidoto per eventuali cali d’ispirazione futuri *_*
Devo dire che sono molto soddisfatta di questo capitolo, perciò spero che piacerà anche a voi!
E mi aspetto più recensioni stavolta, non due come quelle dello scorso capitolo, okay? u_u
Nooo davvero, mi farebbe piacere sentire che ne pensate, del capitolo ma anche del film!
Quindi, RECENSITE! XD
Un grazie immenso a marpy e mattiuzza che hanno recensito lo scorso capitolo: scusate se non vi rispondo, ma è tardi e sono stanchissima T_T Al prossimo rispondo, giuro!
Grazie anche ai 31 che hanno inserito questa storia ai preferiti e alle 23 persone che l’hanno aggiunta alle seguite. Spero che l’apprezziate, misteriosi lettori! XD
Ora tolgo il disturbo u_u
Buona notte e alla prossima!
Un mondo di baci e abbracci,
Bea <3

PS:
TEAM JACOB ALL THE WAY!

Scusate ma ci stava! Yeeeeeeh! *.*

   
 
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