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Autore: Ever Dream    26/11/2009    2 recensioni
“Cosa sono le fotografie se non frammenti di passato ,attimi rubati al tempo e alla storia della nostra vita?”
- un viaggio nel passato di Jared dall'infanzia ai giorni nostri.
Rating : verde (fino a cap. 5)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer:Non conosco Jared Leto nè Shannon, Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

A/N: non posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in cui non pubblicherò nulla, ma  la storia non verrà lasciata incompleta. promesso ;).



Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo XVI ~ In my dreams you're mine
( ...nei miei sogni tu sei mio)



...the past cannot be changed, the future is still in your power...

dicembre 2007

Sembrava passata un'eternità dall'ultima volta che aveva percorso quelle strade.

Tutto era più luminoso, i rumori più assordanti, i colori più vivaci, gli odori più penetranti. O forse faceva più caso a tutte queste cose perchè non aveva più il costante ronzio nelle sue orecchie, quel velo alcolico che gli annebbiava la vista?

Non beveva da quel pomeriggio e il suo corpo era di nuovo in quella sorta di limbo in cui la ragione si scontrava con il bisogno. Alternava squarci di lucidità  in cui  era abbastanza cosciente da poter capire dove fosse e cosa facesse a piccoli black-out mentali, dove i suoi pensieri erano l'unica cosa di cui si rendeva conto.

Shannon si fermò in mezzo al marciapiede. Le persone si muovevano troppo velocemente, scure macchie che sembravano puntare verso di lui. Risate, parole, sprazzi di conversazioni  lo circondavano confondendolo, facendolo sentire invisibile e al contempo oggetto dell'attenzione di quella folla notturna.

Non aveva corso eppure si rese conto di avere il fiato corto, portandosi la mano al petto  lo sentì muoversi freneticamente all'affannosa ricerca di ossigeno.

C'era troppa gente. Non aveva abbastanza spazio per respirare.

Barcollando si poggiò contro il muro di uno dei palazzi, il viso nascosto dal cappuccio della giacca.

Sentiva sotto le sue dita la ruvida ed umida superficie della parete, il leggero vento posare sul suo volto fredde carezze, il battito del suo cuore accellerare sempre di più mentre la sua pelle si velava di sudore.

Chiuse gli occhi concentrandosi sul respiro. Imponendo al suo corpo di rilassarsi.

1991

Jared spostò la vecchia poltrona verde e trascinò il fratello al centro del loro appartamento.

«Chiudi gli occhi e metti una mano sulla pancia.»

Shannon lo guardò scocciato ma fece come detto, sapeva che altrimenti lo avrebbe assillato tutta la sera.


«Inspira. Senti l'aria entrare nei polmoni?» 
Jared era difronte a lui. I suoi occhi serrati, il viso leggermente arrossato per la corsa che aveva fatto salendo le scale fino al quinto piano.

Un ragazzo dell'agenzia con il quale aveva stretto amicizia gli aveva insegnato la repirazione diaframmatica e ovviamente non poteva non condividere questa scoperta.


Shannon tentò di aprire un occhio per sbirciare ma venne subito rimproverato dal fratello «ho detto chiudi..»

«sono chiusi!» mentì sorpreso 

«non mi freghi .Cerca di concentrarti .»

«va bene va bene.. sento l'aria e bla bla bla ...cosa dovrebbe succedere?»

Jared roteò gli occhi seccato «dovresti sentire la pancia gonfiarsi»,
avvicinandoglisi gli posò la mano sull'addome «fai un bel respiro»

Shannon inspirò e l'altro gli afferrò le spalle «non le devi alzare.. spingi l'aria in basso!»


«...eh?!» 


Jared lo guardò sconsolato «stenditi a terra» 

«perchè?» 

«tu stenditi!
»

come al solito Shannon lo accontentò e si allungò sul pavimento,

«ecco, piega le gambe» gli disse quindi posandogli una mano sulla pancia e una sul petto «metti le tue mani sulle mie »

«mi sento un idiota» 

«non è una sensazione bigbro» gli rispose Jared scherzosamente «ora inspira»

Shannon lo fulminò e, mandando gli occhi al cielo,  prese un grosso respiro.

«visto? Gonfi il torace! Questo significa che usi solo la parte alta dei polmoni»

«ed è un male?» Shannon lo guardò tra il preoccupato e il divertito.

«In teoria dovresti usare tutto il polmone» gli rispose l'altro « prova ad inspirare con il naso tenendo fermo il petto e poi espira lentamente con la bocca»

Shannon si concentrò e chiudendo gli occhi seguì le sue istruzioni.

«immagina di avere un palloncino nell'addome..qui» vedendo i vari tentativi a vuoto dell'altro Jared premette nel punto in cui doveva trovarsi il diaframma  «.. e di doverci convogliare tutta l'aria aspirata.. lo senti?»

«mhm... no.... sento solo le tue dita ossute»
Shannon si voltò verso di lui e cercò di rimanere serio il più possibile ma alla fine scoppiò a ridere.

Sbuffando Jared si alzò in piedi « ok ci rinuncio!»  quando gli veniva la ridarella era impossibile combinare qualcosa.

Shannon ridacchiando si tirò sui gomiti e lo guardò con aria  furbetta e maliziosa «questa sera cercherò di insegnare la respirazione "diaframmatica" anche a Janet» .

Solo lui poteva pensare di sfruttare il diaframma per provarci con una ragazza «sei un pervertito» gli rispose Jared fingendosi contrariato ma non potè evitare di sorridere immaginando la scena.

«voglio solo che impari a respirare correttamente! Non è colpa mia se per farlo devo assicurarmi che non gonfi il petto!..» ribattè l'altro con finta innocenza schivando un cuscino che il fratello gli aveva lanciato.

****

Dopo qualche minuto il respiro tornò normale. L'attacco di panico superato. Si guardò intorno sollevato di non aver attirato l'attenzione su di sè
.

Le gambe si mossero contro la sua volontà portandolo davanti all'entrata di un piccolo bar. Rimase li ,immobile, a fissare stupidamente il neon tentatore dibattendo internamente se varcare o meno la soglia , cercando di ignorare quella piccola voce nella sua testa.

Sapeva cosa pensava la gente di lui. Tutto ciò che aveva raggiunto nella sua vita non era che un pallido riflesso di conquiste più importanti fatte da Jared.

Spostò lo sguardo verso la colorata insegna ad intermittenza sopra la sua testa. Il chiarore violetto gli illuminava il volto facendo luccicare la sua pelle là dove era stata bagnata dalla leggera pioggia di qualche minuto prima.

Sapeva di uscire sconfitto ad ogni paragone ma non gli era mai importato, il confronto era qualcosa che bisognava accettare avendo un fratello come Jared. E Shannon l'aveva fatto, era riuscito a conviverci... o almeno fino a quel momento era riuscito a sopportarne il peso. Sostenuto dal fatto che c'era una persona per la quale lui veniva per primo.

Una persona che riusciva a fargli credere che valesse qualcosa.


«Cosa prende?» Shannon guardò il giovane barista confuso. Non si era reso conto di essere entrato nè di essersi seduto al bancone.


**1980

«e tuo fratello dov'è?» Constance si guardò intorno alla ricerca del figlio minore, i lunghi capelli biondi erano raccolti da una molletta ma alcune ciocche si erano liberate e seguivano i movimenti della sua testa.

«ha detto 'altri cinque minuti'» le rispose Shannon e, aggrappandosi alle sue gambe, guardò Jared dall'altra parte dell'ampio atrio continuare a giocare con alcuni bambini. Lui non ne aveva affatto voglia, le riunioni dei genitori erano una vera e propria tortura. 

Constance gli accarezzò i capelli e lo strinse di più a sè, sentiva che c'era qualcosa che lo preoccupava «ti senti poco bene?» gli domandò dopo un pò chinandosi per guardarlo negli occhi.

Il bambino abbassò lo sguardo e iniziò a giocherellare con l'orlo del suo maglioncino. Constance sospirò rassegnata, quando Shannon si chiudeva non c'era verso di farlo parlare, comunque era solo questione di tempo e avrebbe scoperto cosa lo stava turbando.

Gli stava baciando affettuosamene la testa quando con la coda dell'occhio notò l'altro figlio sfrecciarle pericolosamente davanti a tutta velocità.

«Jared Joseph!» 

Jared si fermò di colpo, le sue scarpe di ginnastica stridettero sul liscio pavimento del corridoio. Quando la mamma usava il secondo nome significava che era a corto di pazienza. Si voltò lentamente mettendo su la sua faccia più innocente ma Constance non si intenerì e gli fece cenno di andare da lei.

«tra un pò tocca a noi» gli disse cercando di ignorare il broncio del bambino che mestamente le si avvicinava, le dispiaceva fare la mamma cattiva ma non poteva permettere che si spalmasse lungo il corridoio.

Jared aveva una testolina abbastanza dura ma non voleva certo testare quanto .

«Loro devono essere i famosi nuovi bambini di cui i miei figli parlano tanto» Constance si guardò alle spalle, sorpresa che qualcuno le rivolgesse la parola. Una signora dall'improbabile pettinatura rossiccia le sorrise amichevolmente «io sono Nancy, la coordinatrice del comitato dei genitori degli alunni del 5° e 6° grado»

Constance ricambiò il sorriso e si presentò.

«siete qui da un mese se non sbaglio» continuò casualmente la signora alzando di poco la voce nel tentativo di farsi sentire al di sopra del vociare dei genitori e le risatine miste a gridolini dei bambini. Constance annuì e, prima che potesse aggiungere altro, Nancy le rivolse un'altra domanda «cosa vi ha portato in questa piccola e noiosa cittadina?..è per il lavoro di suo marito?»

Non era una domanda innocente. L'unico motivo per il quale la signora le aveva rivolto la parola era per saziare la sua sete di pettegolezzi e, nonostante non fosse la prima volta che le capitava, Constance non potè evitare di sentirsi delusa. Facendo finta di nulla scosse la testa « no. Sono divorziata, sono qui per via del mio lavoro»
 
«oh capisco...» la donna accennò un sorriso, poi calò il silenzio. 

Fortunatamente poco dopo arrivò il loro turno e i tre entrarono nella classe. 

Shannon si strinse ancora di più contro la madre mentre Jared sorridendo si avvicinò alla cattedra e guardò incuriosito la maestra Davis sfogliare il suo registro. 

«... non ho molto da dire su Jared. Nonostante sia arrivato a metà bimestre è riuscito a tenere il passo ed  ha passato le prove di verifica con ottimi voti»  sorridente prese alcuni fogli e li mostrò a Constance «ci sono bambini che frequentano le lezioni dall'inizio dell'anno che non hanno raggiunto nemmeno la metà del punteggio di suo figlio» continuò e Shannon guardò l'espressione orgogliosa sul volto della madre mentre la donna continuava ad elencare tutte le capacità ed abilità del figlio minore.

«..per Shannon il discorso è diverso» il bambino rivolse di nuovo la sua attenzione alla maestra «le sue sono sufficienze risicate»

Constance si poggiò contro uno dei banchetti e si portò la mano alla fronte massaggiandola.

«credo che il bambino abbia delle lacune dovute al continuo cambio di programmi e scuole» Shannon si sentì arrossire ed abbassò la testa mortificato « i suoi compiti sono pieni di errori ortografici», la mamma gli accarezzò i capelli per tranquillizzarlo ma Shannon sapeva che in realtà era delusa ed imbarazzata,

« se le può interessare c'è un programma di recupero nel doposcuola. Li seguiamo mentre fanno i compiti, organizziamo gare di spelling e molte altre attività didattiche ... » Constance annuì, avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutare il figlio, « devo fare domanda alla direttrice o..?»

«ho qui i moduli ma se vuole pensarci con calma può riportarli una volta deciso» la mamma sospirò e scosse la testa «no, va bene...» quindi, prendendo una delle penne sulla cattedra, iniziò a compilare la scheda.

«.» Jared, che aveva seguito tutto il discorso attentamente, le tirò la manica « voglio andare anche io!»

la maestra gli sorrise dolcemente  « ma Jay... tu non ne hai bisogno.» 

Il bambino la ignorò e ripetè la richiesta. Non voleva stare lontano da Shannon. Nemmeno  per un pomeriggio. Constance sentì la mano del figlio maggiore aumentare leggermente la stretta sulla sua, unendosi silenziosamente al fratellino. Guardandoli entrambi sospirò,
incapace di negare loro anche questo «c'è qualche problema se vuole partecipare?».

Jared sorrise vittorioso e incrociò lo sguardo del fratellino dall'altra parte della cattedra.


***

Shannon doveva capire il perchè di tutto questo, cercare un senso in quel turbinio di pensieri e sensazioni che l'avevano portato al baratro. E doveva farlo da solo.

Passò l'indice sul bordo del bicchiere e guardò lo scuro liquido al suo interno riflettere il suo volto, distorcendolo. Ogni centimetro del suo corpo gli pregava di prenderne un sorso.

Non era solo colpa di quegli scatti. Le foto avevano dato la spinta finale ma di sicuro il suo problema aveva origini ben più antiche. Origini che andavano ricercate in quel senso di inedeguatezza e inferiorità che aveva da sempre.

Passandosi una mano tra i corti capelli cercò di non cedere. Con mani tremanti prese il pacchetto di sigarette  nelle tasche del cappotto, ne estrasse una e l'accese al secondo tentativo inalando quanta più nicotina possibile.

Se Jared non aveva mai avuto bisogno di lui cosa gli era rimasto a cui aggrapparsi per non piegarsi sotto il peso di tutti quegli sguardi. Quelle risatine. Quei giudizi. L'eterno paragone?

Alzò il bicchiere e guardò il segno che si era formato sul bancone, il barista doveva aver versato un pò di whisky ed ora c'era un cerchio bagnato sul legno.

Concentrandosi cercò di disegnare due braccia per ricreare il secondo glyphic e sorrise al fatto di quanto quel simbolo fosse azzeccato in quel momento. Il tempo. Il passato e il futuro uniti in un eterno ciclo.

Quando rialzò la testa vide nel riflesso del vetro dietro ai liquori qualcosa che glielo fece svanire.
 

«ti ha mandato Jay?» chiese senza voltarsi.

L'altro si sedette di fianco a lui e fece segno al barista che non voleva ordinare nulla «no... » Brent si poggiò spalle al bancone e guardò verso l'entrata del bar «mi ha chiamato Tomo.»

Shannon lo guardò perplesso «Tomo?»

«a-ah... » annuì mentre prendeva il suo blackberry e digitava qualcosa velocemente «Jared l'ha chiamato un paio d'ore fa. Se non ti riportiamo subito a casa è la volta buona che gli viene un colpo.»

Shannon posò il bicchiere cercando di ignorare il senso di colpa «
so badare a me stesso..»

«dici?» gli rispose l'altro mandando un'occhiata al bancone.

Si. Era in un bar. E si. Stava per bere. Lo sapeva benissimo da solo di essere un fallito non aveva assolutissima voglia di sentire la sua ramanzina da sponsor della AA .

«non è come sembra» borbottò infastidito.

«So che non hai bevuto...ancora »  Brent alzò brevemente lo sguardo dal suo cellulare per osservare la reazione dell'amico «e so anche perchè lo fai... è un gioco pericoloso Shan»

Shannon gli lanciò un'occhiataccia di traverso e mormorò qualche cosa di incomprensibile in risposta.

«Lo faccio anche io a volte.
Arrivo persino a riempire il bicchiere e a tenerlo in mano, consapevole che anche se solo temporaneamente, anche se solo per un attimo quel bicchiere può farmi dimenticare tutto.» Brent vide l'espressione di sorpresa sul volto del batterista. Non era certo qualcosa che si aspettava di sentire. Almeno non da lui.

«rimango lì» continuò  rimettendosi in tasca il blackberry « alla ricerca di un motivo per non bere... e lo trovo proprio nel dolore al quale cerco di sfuggire».

Ora Shannon era confuso. Battè le palpebre perplesso dalle confessioni dell'amico. Non era sicuro che la sua mente fosse abbastanza lucida da poter seguire il discorso.

«Non sarei chi sono, non sarei dove sono senza il mio passato. Bello o brutto che sia è ciò che sono».

Shannon chiuse gli occhi e prese un respiro «è una frase alla Jared, la sua vicinanza ti sta contagiando»

«chi ti dice che lui non abbia preso ispirazione da me?» Brent accennò un sorriso e tirò di nuovo fuori il blackberry.

«Non è l'unica cosa che avete in comune vedo» gli fece notare Shannon indicando il cellulare e Brent rise leggermente. 

«il problema è che...» 
disse il batterista dopo un pò tornando serio « non voglio essere ciò che sono. Voglio ...voglio solo poter tornare a credere di essere quello che.. credevo di essere» .

«chi ..cosa credevi di essere?»

«.. il suo punto di riferimento,» rispose con un filo di voce senza alzare la testa « la sua famiglia ..tutto quello di cui aveva bisogno ».

Non c'era bisogno di specificare a chi si riferisse. Brent gli posò una mano sulla spalla e gli sorrise « e lo sei... lo sarai sempre!».

Shannon scosse vigorosamente la testa
«No. Non sono altro che ..che una zavorra per lui!» la sua voce si incrinò, unico segno del suo stato d'animo «lo sono sempre stato!».

Tomo scelse proprio quel momento per entrare nel locale «la macchina è qui fuori» disse non appena li raggiunse, «meglio sbrigarsi sta diventando alquanto affollato qui fuori ».

 
~·~

9 dicembre 1989 ore: 06.53 am


Rachel sentì il letto muoversi leggermente, poi dei soffici passi allontanarsi e il fruscio degli abiti indossati. Aprì gli occhi lentamente e cercò di abituarli alla luce del mattino.

Lo vide muoversi con attenzione per evitare di fare rumore, avvicinarsi alla scrivania e sistemarsi velocemente i capelli prima di prendere una penna e cercare un foglio da poter usare.

Chiuse gli occhi di nuovo e si limitò ad ascoltare la sua presenza nella stanza. Lo sentì scribacchiare velocemente e poteva figurarselo tirare indietro la testa per spostare la ciocca ribelle che gli ostruiva la vista o il suo labbro inferiore sparire dietro i candidi denti mentre si concentrava per trovare le parole. Per un attimo non ci fu che silenzio e Rachel dentro di se sperò che si fosse voltato verso di lei.

Poi di nuovo un rumore di passi e la porta che si apriva e chiudeva.

La ragazza quindi riaprì gli occhi e guardò le perline di vetro del divisorio luccicare ai raggi del sole e il loro riflesso creare piccoli diamanti di luce contro le pareti. Alzò lo sguardo verso la sveglia vicino al comodino. Erano le 7.00 am.

Sospirando si portò le mani alle labbra sfiorandole. Se si concentrava poteva quasi sentire la pressione, il sapore di quei baci.

Si infilò ancora di più sotto la coperta e affondò il volto nel cuscino che aveva diviso con Jared, aspirando il suo profumo.


Era stata una stupida.

Tutto questo le si sarebbe ritorto contro. Lo sapeva. Sentiva che avrebbe pagato caro l'aver conosciuto la sensazione di essere stretta nel suo abbraccio.


9 dicembre 1989 ore: 02.20 am


Le luci erano spente ma Rachel riusciva a distinguere la sagoma di Jared dall'altra parte della stanza: steso sul letto , coperto solo da un piumone si rigirava in continuazione, rimaneva fermo per un paio di minuti e poi si voltava di nuovo.

Anche lei non riusciva a dormire, i pensieri di quello che avrebbe potuto essere la tormentavano. Una serie di se e di ma che non la portavano altro che a rimpiangere la sua indecisione, la mancanza di coraggio e... di egoismo.

Se non si fosse messa da parte, in attesa,  forse tutto sarebbe andato diversamente.

Mentre guardava il ragazzo cambiare per l'ennesima volta posizione realizzò che entrambi quella sera avevano perso qualcosa, la persona che amavano o la chance di amarla. 

Con il cuore che le batteva a mille ,conscia che la sua idea fosse una pazzia, scese dal letto e accorciò la distanza che li separava. Mai in tutta la sua vita si era sentita tanto audace e al contempo spaventata.

Con attenzione alzò la coperta e si stese accanto a lui. Jared , sorpreso, si irrigidì e lei lo abbracciò alla spalle. Dopo qualche secondo sentì il tepore di una mano avvolgere la sua.

Sorridendo sollevata affondò il viso contro la schiena del ragazzo. Il suo calore, il lento ritmo del suo respiro la rilassavano e sperò che, anche se solo minimamente, anche il suo abbraccio avesse lo stesso effetto sull'altro.

Rimasero in quella posizione per un pò poi Jared si mosse e si voltò verso di lei, un'espressione illeggibile sul volto.

Rachel notò che aveva gli occhi lucidi e sollevando il braccio gli accarezzò il viso. Cercando con questo piccolo gesto di alleviare la sofferenza che sapeva vi fosse nascosta. Quando l'altro chiuse gli occhi gli sfiorò le palpebre e le ciglia, inumidendosi le puntè delle dita con le lacrime che il ragazzo rifiutava di versare.

Jared sospirò. Un sospiro tremulo,carico di tensione e cingendole la vita la strinse a sè, premendo i loro corpi in un tenero abbraccio.  


Sollevando il volto Rachel si lasciò studiare da quegli occhi malinconici. Erano entrambi persi, bisognosi di un contatto umano. Bisognosi di sentire il cuore di un' altra persona battere all'unisono con il proprio.

Senza esitazione si sporse e le loro labbra si incontrarono.
Sapeva che questa volta non l'avrebbe allontanata. Non avevano niente se non l'altro.

Rachel avvertì la mano di Jared muoversi dalla sua vita, risalire lungo la curva della sua schiena e fermarsi sulla sua nuca, invitandola ad approfondire il contatto. La ragazza accolse quella delicata pressione e schiuse le sue labbra, sentendole fremere sotto quelle morbide, sfrontate e timorose del ragazzo. 

Si abbandonò completamente e lasciò che l'altro la guidasse in un bacio
senza urgenza, nè pretese. Un bacio calmo, delicato.

Non sapeva cosa significasse
tutto questo ma sentiva che era giusto così.

L'unica cosa di cui aveva coscienza mentre lentamente si addormentava era la sensazione della fronte del ragazzo contro la sua, il suo respiro che le solleticava la pelle, le braccia che la tenevano stretta, le sue mani che le accarezzavano i capelli e le loro gambe intrecciate.

***

ore: 07.20 am

Jared entrò nella piccola caffetteria, doveva aspettare che Ben uscisse di casa per poter entrare nell'appartamento e prendere le sue cose. Si sedette ad uno dei tavoli ed ordinò una cioccolata calda. 

Voltandosi verso la vetrina addobbata per le feste natalizie fissò le vuote strade di Philadelphia. Tutto questo sarebbe presto diventato parte del suo passato e scenario di altri amori, altre vite, altri sogni.

Era arrivato in città mesi prima deciso a seguire quella voce dentro di sè che lo spingeva a credere che c'era qualcosa in serbo per lui. Che c'era dell'altro che la vita gli poteva offrire. Un sogno che aspettava di essere realizzato. E se ne andava con le stesse speranze di allora e qualche esperienza in più.

Mentre aspettava la sua ordinazione aprì la tracolla e prese la busta al suo interno. Non l'aveva ancora aperta da quella sera, sfilò la cartellina contenuta all'interno e prese un respiro.

La copertina sembrava essere diventata pesantissima mentre lentamente si alzava e scopriva mano mano le pagine al suo interno.

Jared si leccò le labbra nervoso, lesse l'intestazione in alto Harrison Police Department poi spostò 
lentamente lo sguardo sulla destra e lo vide.

La foto era recente. Lui invecchiato, dall'aria trasandata, che fissava annoiato l'obiettivo.
I capelli erano della stessa lunghezza dei suoi, il taglio simile. 

Jared rimase a fissarla a lungo. Inconsciamente si portò le mani alla bocca e cominciò a mangiucchiarsi le unghie, l'unico indizio della sua agitazione insieme al saltellare continuo della gamba destra.

La cameriera posò la tazza di cioccolata calda sul tavolo e Jared sussultando quasi rischiò l'infarto. Era troppo teso. Prese di nuovo un respiro e ricambiò il sorriso della ragazza prima di ringraziare e bere un sorso della calda bevanda.

Tornò a guardare il fascicolo e passò alla seconda pagina.

Precedenti.

Scosse la testa incredulo. Allegati c'erano i diversi rapporti di ogni singolo caso e Jared, deciso di non avere la forza di addentrarsi nei particolari, tornò alla prima pagina alla ricerca dell'indirizzo attuale.

Non c'era.

Rilesse più volte ma dell'indirizzo non c'era traccia. Sconsolato si passò la mano tra i capelli e scosse la testa. Un altro vicolo cieco.

Non che avesse intenzione di andare a trovarlo, era solo il fatto di sapere dove fosse, con chi fosse... no. Voleva vederlo. Guardarlo negli occhi e chiedergli perchè.

Quando riaprì gli occhi si trovò faccia a faccia con un cappotto. Perplesso alzò lo sguardo e si ritrovò a guardare i grandi occhi nocciola del fratello maggiore.

«Co-come mi hai trovato?» gli chiese incredulo, la gola chiusa dall'emozione, come era possibile che Shannon fosse sempre dove lui aveva bisogno?

«è l'unico caffè della zona» Shannon gli sorrise e sedendoglisi accanto lo strinse in un abbraccio «cos'è questo?» Jared alzò la testa dalla spalla del fratello e richiuse velocemente la cartellina

«documenti per l'università niente di importante».


tbc

A/N:

i. Jared dopo aver lasciato la  University of the Arts di philadelphia si è trasferito a new york alla School of Visual arts.

 
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shannonleto , grazie. Mi fa piacere che il capitolo non ti abbia deluso.. =)

BabyWitch , oh bene! mi fa piacere.. la mia paura più grande è proprio quella di andare "fuori personaggio". Grazie mille per la tua recensione .

Ginny_Potter , grazie a te per averlo letto!  ^^" misà che mi conviene creare una sorta di recap all'inizio dei capitoli..della serie "dove eravamo rimasti" XD. Sorry.

 princes_of_the_univers, che bello vedere che ancora ci sei =) 

candidalametta,  
condivido a pieno la tua visione di Tomo (: ... eh si, non ricordo neppure dove l'ho letto ma deve essere di sicuro una delle sue uscite "random" xD



  
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