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Autore: Vale3    19/06/2005    1 recensioni
Freddo, buio, ombra…Ira, odio, sofferenza… Può, un’anima devastata, tornare alla luce? Può provare di nuovo quel calore che scioglie il cuore e rimargina le ferite più profonde? Gli è concesso assaporare almeno l’ombra di un affetto che lo ha sempre condannato?…Ma si sa, il destino non perdona e il passato non si può cambiare… lo si deve solo affrontare, radunando le proprie forze, e combattendo fino alla fine!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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V e r s u s

 

 

V e r s u s

Capitolo X

 

 

 

 

La luce del giorno venne offuscata nel momento in cui superò il largo portone per entrare nell’Orfanotrofio Grant.

Nuovamente venne accolto dal grande salone, che in quel particolare momento della giornata, quando è ancora presto per accendere le luci e quando si fa ormai fatica a vedere, appariva possibilmente ancora più lugubre.

Vi regnava un silenzio innaturale; Harry fece scivolare lo sguardo su tutta la sala, strinse gli occhi dietro le lenti nel tentativo di mettere a fuoco qualcosa o qualcuno di familiare.

Avvertì una presa salda sulla sua spalla destra e, lanciando appena un’occhiata dietro di lui, si accorse che la signora Grant lo squadrava con somma indifferenza, stringendo la sua spalla, come se la sua mano fosse stata l’artiglio di un’aquila.

La stretta gli indicava la via, invitandolo con falsa gentilezza a salire le scale, che come la prima volta che vi mise piede, lo avrebbero condotto di nuovo a quella stanza.

Poi un’idea gli balenò in mente… Dorian!

E’ vero: non aveva opposto resistenza nel farsi condurre di nuovo in quel posto, ma pensandoci, cominciava ad avvertire i primi rimorsi che gli procurarono un sfarfallio nello stomaco, la mascella contratta.

Che dannata situazione!

Inaspettatamente, un’ondata di tristezza lo avvolse, mentre percorreva lentamente e a passo cadenzato quel corridoio che pareva infinito, con la mano pronta della signora Grant come un uncino sulla spalla.

Gli eventi erano precipitati troppo velocemente per fare una stima dei danni. Era in ballo: ormai doveva ballare, altrimenti avrebbe perso la partita ancora una volta, e un altro sgarro dubitava fosse concesso.

Di tutto il tempo che era restato al San Mungo, ricordava ben pochi momenti, la maggioranza dei quali con Lupin; non credeva infatti di avere  passato molto tempo in solitudine. Soprattutto non dopo ciò che aveva fatto. Si vergognava da morire per il suo gesto senza senso. Cosa avrebbero pensato di lui tutti quanti? Tutti quelli che lo amavano?

Che era un debole…

Meglio così, si disse duramente mentre rallentava il passo per fermarsi davanti ad una porta, meglio così, almeno saranno salvi.

La stretta della donna dietro di lui lo costrinse a fermarsi.

Aprì con una mano la porta cigolante della stanza e si lasciò scivolare dentro.

La signora Grant lo fissò per un attimo: le sopracciglia congiunte le davano un cipiglio più oscuro del solito.

    “Ora mi ascolterai, ragazzo..pronunciò cercando di fare voce grossa, e puntando minacciosamente l’indice verso Harry. “Non voglio altre grane, intesi? Ma come diavolo ti è venuto in mente, eh? Non so con che miracolo sei fuori di lì, invece di essere da uno psichiatra!” disse, aumentando improvvisamente il tono di voce e avviandosi verso l’uscita dell’angusta camera.

Harry la fissò per qualche secondo, prima di realizzare di essere il solo ragazzo nella stanza.

    “Dorian…?” cercò di chiedere, ignorando le parole della donna, ma la sua domanda fu soffocata dal rumore della porta che sbatteva, chiudendosi dietro la signora Grant.

 

***

 

Si lasciò scivolare lungo la parete di pietra della stanza di Sirius.

Aveva commesso più di un errore. Doveva assolutamente fare qualcosa; non sapeva dove potesse trovare tanta voglia e determinazione dopo ciò che era accaduto. Ma doveva farlo; per Harry.

Trasse un profondo respiro, e prese a scrocchiarsi le nocche contro il palmo della mano.

Realizzò però all’istante, che non c’era un minuto da perdere. Doveva agire in fretta se non voleva che tutto il lavoro delle ultime settimane andasse perso. O forse non avrebbe avuto la forza di ricominciare dal principio.

Diede un inaspettato scatto di reni, e appoggiando le mani a terra, si sollevò in piedi.

Aggrottò la fronte nella semioscurità data dalla luce soffusa proveniente dalla piccola lampada sulla scrivania.

Sospirando ancora si diresse verso lo scrittoio disordinato e voltando il capo della lampada per illuminare il centro della scrivania, prese a frugare velocemente all’interno di un cassetto, finché non trovò una piccola boccetta di inchiostro di riserva e facendo presa, riuscì ad aprirla nonostante fosse arrugginita alle giunture. Dopodiché afferrò una piuma e raccolto il primo foglio bianco che gli capitava sottomano in tutto quel disordine, cominciò a scrivere.

Una messaggio breve e conciso, ma pieno di mille significati.

Un messaggio per Silente.

Per esprimere la propria decisione riguardo ai calamitosi eventi dei giorni passati.

Non avrebbe aspettato alcuna risposta. Quel messaggio era a puro titolo informativo, nessuno lo avrebbe distolto dai suoi ritrovati obiettivi.

Tutto ciò che ci voleva era una terapia d’urto.

 

***

 

Harry si guardò attorno, con sguardo desolato.

Era tutto finito.

La festa era finita. La pacchia era finita.

Ora doveva arrangiarsi. E quella volta, davvero.

Era quanto mai combattuto.

Una parte di sé era sollevato che la situazione avesse preso quella piega: forse quegli eventi che aveva così tanto maledetto, gli erano serviti di lezione; aveva imparato a conoscere chi in realtà si celava sotto quella maschera di indifferenza.

Ma l’altra parte del suo cuore reclamava giustizia; era combattiva, e non si sarebbe fermata.

Ardua scelta.

Quella metà di lui che tanto si affannava a nascondere, stava emergendo in superficie lentamente, come una bolla che affiora sul pelo dell’acqua.

Erano passati diversi giorni da quando era stato condotto nuovamente via dal Mondo Magico.

Erano diversi giorni e non aveva altro che lo stesso pensiero.

Come l’intera estate, dopotutto.

Solo una cosa era diversa: cominciava a vedere tutto sotto un’altra ottica; come se nei suoi panni ci fosse un’altra persona, e lui fosse solo uno spettatore esterno.

Poteva essere un miglioramento, ma dubitava; credeva piuttosto fosse la conferma della sua completa pazzia.

Eppure…

Eppure la voglia di ricominciare da zero stava facendo breccia nella sua mente come un fiume in piena.

Eppure gli mancava Remus. La sua presenza, anche se non voluta all’inizio, anche se respinta silenziosamente, si stava facendo sentire.

La solitudine lo avvolse, lasciando però la sua mente stranamente lucida, come non lo era da tempo.

Ma che diavolo stava facendo?

Che diavolo aveva fatto tutto quel tempo per ridursi così?

Tutto e tutti avevano cercato di aiutarlo in ogni modo…e lui cosa aveva fatto?

Aveva rifiutato la loro mano, allontanandola da sé, come fosse un cane ringhioso.

Ecco dove era stata la vera follia.

Sospirò, andando a sedersi sul letto vuoto. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si prese la testa fra le mani, guardando dritto in mezzo ai propri piedi.

I suoi occhi vedevano il freddo pavimento, senza in realtà guardarlo. Poco dopo, però, sbatté le palpebre, tornando a fissare coscientemente le opache piastrelle. L’angolo di un foglio spuntava da sotto il letto, era incastrato in mezzo ad uno dei quattro piedi.

Corrugò la fronte, e si abbassò quel tanto che bastava per afferrarlo e liberarlo dal tubo di ferro sotto il quale era stato messo.

Era un foglio di carta.

Un semplice foglio di carta babbano. Per un momento, aveva sperato…

Cosa?

Che fosse magari un foglio di pergamena?

Che lo avvisasse che tutto ciò che era accaduto non fosse stato altro che un incubo…e che era ora di svegliarsi?

Stava impazzendo sul serio.

E doveva darsi un regolata se voleva vivere in pace quella sua stupida vita.

Guardandolo scetticamente, aprì il pezzetto di carta che era stato accuratamente piegato in quattro.

A colpo d’occhio non riconobbe la scrittura che colorava di nero quel foglio un po’ sporco.

Schiudendo appena le labbra e socchiudendo gli occhi come per mettere a fuoco, lesse il breve messaggio.

 

Sono pazzo a scrivere ciò, perché tu non lo leggerai mai,

e probabilmente chi lo troverà, si farà una risata

prima di accartocciarlo.

Una semplice parola, ti prego. Grazie.

Può sembrare strano, perfino banale,

ma la tua presenza qui mi ha dato la forza di continuare.

Una settimana fa te ne sei andato, per non tornare mai più.

Grazie a quel poco che mi hai potuto dare,

sono riuscito a trovare la felicità,

anche in quel mondo di ombre che era la mia vita.

La tua venuta qui, come un glorioso  presagio,

mi ha fatto tornare a sperare, anche quando la speranza

sembrava essersi dimenticata di me.

Grazie per ciò che mi hai portato.

Ora credo sia il momento di ricambiare il favore.

Torna a vivere, Harry Potter, che non c’è cosa più bella al mondo.

E me l’hai insegnato proprio tu.

 

D.O.

 

 

Harry sbatté le palpebre vigorosamente, davanti a quel foglio che all’inizio appariva solo quello, un foglio.

Rilesse velocemente le ultime righe, accertandosi con grande sorpresa di aver letto correttamente.

Quel foglio era indirizzato a lui… a lui?

Doveva essere destino, si disse piuttosto sarcasticamente.

Ma su ancora una cosa non aveva riflettuto. Tornò a fissare il foglio, concentrandosi sulla firma lasciata dal suo misterioso autore.

Poi, un’idea gli balenò in testa, come fosse stata sempre lì.. Dorian?

Harry si portò una mano sulla bocca, non potendo nascondere più la sua crescente sorpresa davanti a quell’evidente dono del Cielo.

La vista gli si appannò leggermente, mentre una lacrima bagnava il foglio, sbiadendo qualche lettera di quel meraviglioso regalo.

Si passò una mano sulla guancia bagnata, asciugandola.

Tutto ciò che doveva fare era scritto a chiare lettere davanti a lui, e non solo su quel foglio.

Sapeva di doverlo fare, ma aveva paura di farlo.

Tornare a vivere, significava tornare ad amare, e nella sua giovane vita comprese che l’amore e l’affetto portano solo al dolore.

Ma non era questo che si era fatto anche non amando?

Ripiegò il foglio, lentamente, come a percepire il piacere di compiere quel così semplice gesto.

Tirò su con il naso e si alzò per raggiungere la piccola finestra della stanza.

Sorrise al cielo azzurro, i suoi occhi illuminati di gioia.

 

I giorni passavano adagio, sovrapponendosi l’un l’altro con estrema lentezza. Una nuova preoccupazione tornò ad invadere il cuore di Harry.

Da quel posto non se ne sarebbe mai andato.

Aveva tradito e deluso chiunque vedesse in lui una luce nel buio. La sua luce si era spenta, lasciandosi così assorbire dall’oscurità. Ora, un nuovo chiarore era tornato a brillare; forse non forte come prima, ma abbastanza da illuminare le sue giornate.

E mentre percorreva con gambe stanche quel corridoio che lo separava da un’altra giornata di perpetua monotonia, quella stessa fu bruscamente interrotta da un forte rumore; qualcosa o qualcuno si stava avvicinando, salendo le scale che portavano sul corridoio.

I passi pesanti come di una persona di corsa, si facevano più forti, mentre un’ombra cresceva dalle scale, avvicinandosi sempre si più.

Harry si bloccò. Sorpreso e intimorito al tempo stesso.

Le sue gambe si rifiutarono di muoversi, anche se il suo cervello gridava a gran voce di rientrare nella stanza, di allontanarsi.

Il timore svanì, lasciando posto alla confusione più totale.

La figura di Remus Lupin saliva l’ultimo gradino delle scale e si dirigeva a passo affrettato verso il lato opposto del corridoio, non dando segno di aver visto Harry.

Harry, dal canto suo, scosse la testa quasi violentemente, come a cercare di snebbiarsi la mente.

Remus era lì!

Ma andiamo… deve essere uno scherzo della mia mente! Come è possibile?! La mia voglia di andar via di qui sembra darmi alla testa!

Ma quella parte di Harry che sognava un giorno così da molto tempo ormai, non si tirò certo indietro quando gliene si presentò l’occasione, sopraffacendo così la sensazione di profonda confusione davanti a quell’evento mattiniero così strano e impossibile.

    “Remus…?” sentì la sua bocca pronunciare e la sua voce in un sospiro.

Bastò.

Il tempo si fermò, mentre la figura di Lupin si voltava a quel così tanto desiderato richiamo.

Harry rimase lì impalato, mentre le braccia forti di Remus lo cingevano in un caldo abbraccio.

Harry chiuse gli occhi, assaporando quella meraviglia, non credendo ancora alla sua effettiva realtà, e temendo che potesse svanire da un momento all’altro, lasciando solo l’amaro ricordo e quel corridoio solitario.

    “Come…come è possibile?” mormorò, la sua voce soffocata nel mantello del mago.

Remus lo lasciò per guardarlo negli occhi.

    “Sono venuto a dirti buongiorno, Harry” disse con un sorriso, reso leggermente incrinato dal fiatone dell’uomo.

Harry assunse un’espressione confusa.

    “Ho capito ciò che dovevo fare” continuò Remus. “E ho capito anche che dovevo agire in fretta se volevo portarti indietro con me ancora una volta. Non abbiamo molto tempo per riflettere, sarà qui a momenti. Non ha gradito molto la mia visita…Credo si sia portata un arnese da cucina..finì ammiccando.

    “Cos-” pronunciò Harry, ma s’interrupe, quando dietro Lupin comparve la figura della signora Grant.

La donna era visibilmente sconvolta e furiosa.

    “NON LA PASSERA’ LISCIA QUESTA VOLTA!” esclamò irata, mentre macchie rosse le si allargavano lungo il collo.

Remus la guardò, ma non disse nulla.

    “NON PERMETTERO’ CHE SUCCEDA QUESTO NELLA MIA PROPRIETA’! NON LE PERMETTERO’ DI INFANGARE IL NOME DELLA MIA FAMIGLIA CHE PORTA AVANTI QUESTO ISTITUTO DA SECOLI!” urlò dannata, avvicinandosi a Remus minacciosamente, alzando le braccia verso di lui, rivelando un semplice coltello da cucina nella mano destra.

    “IL RAGAZZO RESTERA’ QUI, COME LA LEGGE HA DECISO!”.

Harry temette per Remus e si fece indietro, ma il mago si limitò a fissare la donna e ad alzare un sopracciglio, piuttosto perplesso.

Harry trattenne il fiato: ma che diavolo stava facendo...

Con velocità inaspettata, la signora Grant approfittò della distrazione di Remus per muovere il coltello minacciosamente, ferendo un braccio del mago, che si tirò indietro, incredulo e stupito che la donna non si fosse prima fatta male da sola nell’utilizzare quell’arnese.

La signora Grant emise un suono di frustrato divertimento.

A quel punto Remus, leggermente imbarazzato per essersi fatto ferire in una situazione così sciocca, da una donna ancora più sciocca, estrasse prontamente la bacchetta e la puntò esattamente in mezzo agli occhi della donna. Forse così avrebbe smesso di comportarsi da pazza.

   “E questo cos’è, uno scherzo?” chiese esasperata, come una crudele presa in giro.

    “Le assicuro che non lo è affatto..rispose Remus in tono inaspettatamente affabile.

    “La polizia sta arrivando…non ha via di scampo…” continuò la donna con il fiatone, mentre fissava Remus e la bacchetta come a sfidarla. Dopotutto era solo un bastoncino di legno.

Remus si guardò attorno velocemente, lanciando un’occhiata come a valutare le loro possibilità.

In quel momento, cogliendo nuovamente l’occasione di distrazione dell’uomo, la signora Grant si gettò piuttosto goffamente su Remus, il quale si vide in trappola, non sapendo proprio come reagire.

Perse la bacchetta di mano, la quale andò a rotolare vicino ai piedi di Harry.

L’intrepida lotta appena ingaggiata, sembrava andare sul pesante.

I due, nonostante la corporatura minuta della donna, che sembrava fragile come il gambo di un fiore, si rotolavano sul pavimento freddo, agitando le braccia, cercando di prevalere l’uno sull’altra.

Harry rimase lì a guardarli come un’idiota.

Poi, come se qualcosa nel suo cervello gli avesse ordinato bruscamente di reagire, raccolse la bacchetta ai suoi piedi, e si avvicinò ai due velocemente.

Con uno scatto, premette la punta della bacchetta nuovamente in pieno viso della donna, la quale si trovava in posizione privilegiata rispetto a Remus, che era schiacciato contro la dura pietra del pavimento.

La signora Grant, pur non sospettando minimamente la loro vera natura e non immaginando neppure lontanamente quanto potesse essere pericolosa quella semplice asticella di legno, si ritrovò con gli occhi letteralmente incollati alla bacchetta che minacciosamente, premeva contro la sua fronte leggermente rugosa.

Harry portò la bacchetta più in alto, cominciando ad alzare il braccio, per riportarlo ad altezza normale. La signora Grant, lasciando completamente perdere la “lotta” ingaggiata con Remus, si alzò simultaneamente alla bacchetta, non scollando i suoi occhi.

Ora erano esattamente uno di fronte all’altra: Harry con la bacchetta puntata verso di lei, e tra loro Remus, che ancora per terra, cercava di rimettersi in piedi per riprendere il controllo di quella strana situazione.

Quando tutti e tre furono alla stessa altezza d’occhi, ci fu un momento di silenzio, nel quale si udivano solo i loro respiri gravi e si vedevano le loro palpebre che si chiudevano ogni tanto per riaprirsi subito dopo.

All’improvviso, la donna, con un ultimo scatto di rabbia, lanciò le braccia avanti per togliere di mano la famosa asticella di legno dalla mano di Harry.

Il ragazzo, con una prontezza sorprendente, abbassò il braccio tanto da toglierlo alle grinfie della donna e lanciò la bacchetta a Remus, il quale la puntò nuovamente contro la Direttrice esclamando parole apparentemente prive di senso alle sue orecchie babbane.

    Oblivion!” scandì le lettere, mentre un fascio di luce quasi accecante colpiva la signora Grant in pieno, facendola momentaneamente stramazzare al suolo.

Subito, i due maghi si guardarono negli occhi, quasi terrificati.

Harry non perse tempo.

    Che diavolo hai fatto?” chiese con voce poco più di un sospiro.

Remus si limitò a rimanere immobile un attimo, i suoi occhi guizzavano in tutte le direzioni; poi scosse la testa, con un sorrisino.

    “Legittima difesa” disse. “Guarda…” continuò quasi dolcemente, mentre si avvicinava alla donna che cominciava già a muoversi sul pavimento, cercando di ricomporsi, alzandosi.

Remus le mise un braccio attorno alla spalla, aiutandola.

Ora, Harry era davvero confuso.

Remus sorrise ancora, questa volta diretto alla donna, la quale, tenendosi la testa, rispose stranamente cordiale.

    “Deve essere caduta…” cominciò Remus, con una voce talmente finta, che Harry stentò quasi a riconoscerla, mentre faceva l’occhiolino al giovane mago stupito.

    “…Credo anch’io… chi…chi è lei?” continuò a farneticare la donna, massaggiandosi la tempia, mentre chiudeva a apriva gli occhi quasi convulsamente, cercando di ritrovare un equilibrio.

    “Nessuno d’importante… sono qui solo per prelevare il ragazzo…” rispose Remus, giocandosi il tutto per tutto.

    “Oh…chiaro, lei era dopo il ragazzo…lì, insomma, Dorian… sa, è riuscito ad andare via di qui… bravo ragazzo..continuò la donna, mentre il due maghi si scambiavano un’occhiata divertita.

    “La porto giù… se si vuole sedere… un bicchiere d’acqua…” si offrì Remus.

    “Non si preoccupi… la ringraziò, credo di avere una forte emicrania… niente di strano…” finì, avviandosi lentamente lungo le scale, ancora inebetita, poi si bloccò.

    “…E i documenti?” chiese stranulata.

Remus sorrise dalla cima delle scale.

    “Abbiamo già concluso…non si ricorda?” chiese.

La donna fece cenno affermativo mentre scendeva le scale, diretta probabilmente al suo ufficio.

Restarono un momento in silenzio: anche in quella occasione, gli eventi si era succeduti un po’ troppo velocemente… e quando accade, si perde facilmente il controllo…

Harry guardò Remus, che a sua volta lo fissava…

    “Voglio andare via” disse semplicemente il ragazzo.

Remus si stupì un momento del repentino cambiamento di idee, ma annuì.

    “Sono qui per questo… anche se di certo, mi sono fatto annunciare in grande stile… anche in modo superiore alle mie aspettative” rispose, strizzando nuovamente l’occhio sinistro.

Harry rimase comunque un po’ perplesso.

    “…Ma… per i documenti… voglio dire… veramente?” chiese un po’ imbarazzato. “Purtroppo senza di quelli non si va da nessuna parte temo”.

Remus sorrise raggiante.

    “Come credi che io e quella incantevole signora ci siamo incontrati…o meglio scontrati…?” chiese come se fosse stata la cosa più logica del mondo.

Harry fece segno di non averci capito nulla.

    “Harry…” disse Remus in tono canzonatorio. “Non dirmi che credi che sia così sciocco…è proprio questo il motivo per cui ci…- mi ha seguito come una furia per le scale… avevo fatto capolino nel suo ufficio… per prendere i documenti…”.

Si avvicinò ad Harry e gli batté una mano sulla spalla.

    “Quando ce ne andremo di qui… lei recupererà la memoria pian piano, ma di noi…” fece un segno davanti a sé, come a cancellare qualcosa, “…non avranno nessuna traccia… scomparsi…o mai esistiti…dici che la crederanno a ciò che è successo, semmai si dovesse ricordare di noi?”.

Harry scosse la testa, rincuorato.

Remus batté nuovamente sulla sua spalla, sorridendo.

La porta dello studio della signora Grant era chiusa. Probabilmente si era rintanata all’interno.

I due si avviarono giù per le scale, verso l’uscita. Tirarono dritto quando passarono davanti alla porta, e poi nel salone.

Harry sorrise non appena un raggio di sole mattutino gli scaldò il viso, come prova per quella così strana avventura.

La stretta di Remus si fece appena più marcata, come a voler attirare la sua attenzione.

Harry alzò lo sguardo, incrociando gli occhi castani del mago.

Remus si avvicinò di più al viso di Harry, per sussurrargli nell’orecchio.

    “Infondo te lo dovevo” disse in un soffio, prima di alzare la testa verso il sole di quella magnifica giornata.

Lentamente sarebbe guarito, sarebbe guarito dalle ferite nel cuore che la morte di Sirius aveva lasciato.

Con Remus al suo fianco, gli era stata concessa una seconda possibilità di tornare a vivere la vita di sempre; fondamentalmente strana anche per un mago… ma dopotutto era la sua vita, che doveva imparare ad apprezzare per quello che era.

Non si sarebbe giocato anche quell’occasione di ritrovare la felicità.

Non sapeva come, ma era profondamente cambiato nel giro di poche settimane.

Aveva attraversato periodi belli, brutti, orribili… ma ora le cose sarebbero andate meglio.

Dopotutto proprio quel piccolo concetto di Versus era ciò che gli era mancato in quel periodo così buio, e che tutti avevano provato a fargli comprendere.

Tutto ciò che aveva dimenticato, era stato il dolce suono della parola Ricominciare.

 

 

F i n e

 

Salve a tutti!

Scusate l’immenso ritardo ^///^’ , ma ho avuto un piccolo problema ad aggiornare questo capitolo, mi deformava la pagina, così avevo deciso di aspettare, magari era qualche piccolo problemino, come poi si è rivelato. ^___^

 

Spero vi sia piaciuto questo capitolo conclusivo… chiedo venia per la mediocrità delle ultime scene, in cui appare quella sottospecie di piccola lotta^^

 

Ringrazio Lady Hawke per aver commentato il capitolo scorso. Grasssie! ^///^ Per la volta scorsa, non so, doveva esserci un problemino sul sito per la mancata visualizzazione dei capitoli di alcune storie… ^__^

 

Dopo un anno di lavoro (anche se non sembra, data la schifezza^^), ho finito questa storia, e spero che possa essere stata di vostro gradimento, anche ovviamente riferito a chi non ha recensito.

Mi ha dato molta soddisfazione pubblicare questo orror.. ehm, fanfic. ^^’

 

Sarò ripetitiva^^, ma spero davvero che possa esservi piaciuta, perché è sempre stato questo il mio obiettivo. ^__-

 

Alla prossima^^

 

Valeria

 

  
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