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Autore: samy88    04/12/2009    13 recensioni
Bella è una ragazza dall’animo semplice e gentile. Trascorre il suo tempo libero con i bambini dell’ospedale facendo volontariato. Non ha ancora conosciuto il vero amore, e il destino, affinché ciò accada, metterà il suo zampino svariate volte… finché, finalmente non incontrerà la sua metà perfetta in una circostanza effettivamente insolita dalle sue aspettative.
Genere: Romantico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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EXTTRA SONO IO? CERTO CHE SONO IO.
CHE CI FACCIO QUI?? BOH… ALZO LE SPALLE E I PALMI DELLE MANI CONTEMPORANEAMENTE.
CON UN EXTRA, MA PUR SEMPRE PRESENTE…
NON SONO DEL TUTTO CONSAPEVOLE DELLA RAGIONE DI QUESTA APPARIZIONE. COME UN FULMINE A CEL SERENO MI E’ BALENATA QUESTA SCENA, PER DARE UN PO’ DI COLORE E DI SPESSORE ALL’AMORE DI EDWARD E BELLA.
IL RATING CREDO CHE SIA PIU’ ALTO… PROBABILMENTE ARANCIONE.
NON HO MAI SCRITTO SCENE DI QUESTO GENERE… PERTANTO PERDONATE LA MIA INETTITUDINE IN MERITO (SPERO SOLO DI NON ESSERE STATA VOLGARE).
RINGRAZIO CHI CONTINUA A LEGGERE QUESTA MIA STORIA NONOSTANTE SIA GIA' TERMINATA... GRAZIE PER GLI ULTIMI COMMENTI. IL PIU' BEL REGALO DI NATALE.
GRAZIE MILLE

 
 

EXTRA
Regola deliberatamente infranta.
 
 
 
Giugno.
In quel periodo i raggi del sole divenivano più cocenti e l’aria maledettamente afosa. Un altro ennesimo esame universitario era alle porte. Studio e temperatura elevata: due elementi che non erano particolarmente fatti l’uno per l’altro. Un connubio tutt’altro che perfetto. Se giravo le pagine del mio libro di letteratura sulla filosofia di Oscar Wilde il polpastrello restava attaccato al foglio, come del resto l’avambraccio se lo poggiavo su di esso. Sventolavo costantemente la mano a mo’ di ventaglio. Risultato? Producevo aria tiepida che, ancor prima che potesse toccare il mio viso e donarmi almeno un briciolo di sollievo, diventava torrida facendomi inevitabilmente gocciolare. Percepivo quello strato sottile di sudore sulla mia pelle, che la rendeva appiccicaticcia e repellente al tatto. Avevo abbandonato l’idea di attivare il climatizzatore ormai da tempo, e non perché non ne sentissi l’impellente bisogno, perché semplicemente non funzionava, o meglio, l’aria condizionata usciva, ma era calda, tremendamente calda perfino alle temperature più basse. Avevo lottato -sino a raggiungere livelli di irritazione mai pervenuti prima di allora- armeggiando quei piccoli maledetti tasti verdi del telecomando per circa mezzora, ma ero uscita da quella battaglia sconfitta. Lo avevo lanciato con forza sul divano, trucidandolo di tanto in tanto con occhiate assassine sperando che da un momento all’altro potesse prendere fuoco. “La prima battaglia l’hai vinta tu. Ma la guerra non si è ancora conclusa.” E sapevo già chi fosse quel valoroso cavaliere apprestatosi a venir da lontano per mettere in salvo questa dolce donzella in pericolo, anche se in questo caso si trattava solo di un condizionatore mal funzionante. Lanciai un occhiata all’orologio: mancava poco più di mezzora all’arrivo del mio salvatore. Poggiai due polpastrelli sull’avambraccio: una smorfia di repulsione mi attraversò il viso. Ero appiccicosa. Sembrava mi avessero spalmato uno spesso strato di colla per poi attaccarmi al muro come semplice carta da parati. Urgeva una doccia rinfrescante. Non potevo assolutamente farmi trovare in quello stato da Edward. Entrai nel bagno spogliandomi e gettando sul pavimento tutti gli indumenti. Abbandonai totalmente i sensi godendo di quel getto fresco d’acqua per molto tempo, tanto che a stento percepii il suono stridulo del campanello di casa.
Accidenti! Ma quanto tempo avevo impiegato per una doccia?!
“Arrivo!” Urlai avvolgendo il mio corpo in un asciugamano. Da metà coscia in già ero nuda, comprese le spalle. Grondavo acqua dai capelli e mancò poco che scivolassi rovinosamente sul pavimento bagnato. A piedi nudi accorsi alla porta d’ingresso scrutando il pianerottolo tramite lo spioncino intravedendo solo in basso una chioma bronzea. Aprii piano la porta scorgendo Edward piegato sulle ginocchia intento a sistemarmi i lacci nella sue scarpe ginniche in modo tale da evitare che si vedessero all'esterno.
“Avevi per caso l'intenzione di lasciarmi fuori?” Chiese ancora con il capo chino. Pian piano lo sollevò mostrando un’espressione basita, di totale stupore: gli occhi totalmente sbarrati quasi fuori dalle orbite e la bocca completamente spalancata. Con lo sguardo accarezzò ogni curva del mio corpo dalle caviglie ai alle spalle e viceversa, per almeno un paio di volte. Una scossa potentissima lambì la mia schiena.
“Scusami. Ero sotto la doccia.” Mi giustificai fermando nel migliore dei modi il lembo dell’asciugamano sotto l’altro strato stesso all’altezza del seno.
Edward deglutì rumorosamente umettandosi le labbra. “Vedo.”
Lasciai la porta aperta così da permettergli di entrare; mi accinsi a recuperare il telecomando dell’impianto di condizionamento dal divano porgendoglielo. Lo prese avvicinandosi con un sorriso divertito in viso. “Questo è l’arnese malefico che ha oltraggiato la mia dolce pulzella?”
Si divertiva sempre a prendermi in giro. Incrociai le braccia sotto al seno sporgendo il labbro inferiore in avanti. Di sorpresa, lo lanciò di nuovo sul divano accorciando maggiormente la distanza tra i nostri corpi. Con il pollice mi sfiorò le labbra. “Lo sai che questo broncio mi fa capitolare.” Sospirò delineandone i contorni con il polpastrello. “Lo fai di proposito, vero?”
Le mie labbra sotto quelle delicate carezze, si incurvarono mostrando un sorriso colpevole.  “Un po’.” Sapevo che con quell’espressione presto avrei gustato il dolce sapore delle sue labbra. E così fu; quel bacio così tanto agognato dal suo arrivo non tardò ad arrivare.
Posò le sue labbra sulle mie con impazienza e desiderio. Le mie mani, ingorde esplorano ogni lineamento del suo viso: dapprima le guance, la mandibola, gli zigomi alti per poi insinuarsi e aggrapparsi ai suoi capelli con veemenza. Lo attirai a me con più forza cercando un contatto più profondo. Arpionò i miei fianchi con le sue mani e fece aderire i nostri corpi con possessività, ardore e desiderio. Le nostre lingue si coccolarono infervorate rincorrendosi desiderose di saggiare l’essenza dell’altro. Mi strinse a sé con foga carezzandomi sensualmente la base della schiena con una mano; con le dita dell’altra mano invece, disperse tra i miei capelli bagnati, mi solleticò delicatamente la nuca. Purtroppo quelle era una delle mie parti più sensibili e non riuscii a trattenere un gemito che fuoriuscì dalle mie labbra. Un brivido caldo d’eccitazione si propagò a pelo d’acqua sulla pelle.
Addio effetto rinfrescante dovuto alla doccia; bentornato calore.
Edward si staccò all'istante boccheggiante puntando i suoi occhi verdi -stranamente velati da una patina lucida che li rendeva inspiegabilmente più scuri del consueto- nei miei.
Avevamo entrambi il respiro corto. In quel momento percepii nettamente il caldo afoso, scaturito non solo dalla temperatura elevata, altresì da quell’attimo di pura frenesia.
Posò la sua fronte alla mia, viscosa dal caldo. “Devo assolutamente assestare il condizionatore.” Tirò un grosso respiro gonfiato appieno i polmoni. I suoi occhi vagarono, nuovamente sul mio corpo. “Ne ho assolutamente bisogno.”
Annuii portandomi una ciocca dietro i capelli. “Vado a vestirmi.”
Gli baciai fugacemente la mascella e mi allontanai da quell’angelo tentatore. Raggiunsi la mia stanza ancor ansante. Respiravo a fatica e ciò non era dovuto a qualche problema respiratorio ma, semplicemente, alla sua presenza.
Indossai degli short ed una camicetta sottile in lino. Osservai la mia immagine riflessa nello specchio: le mie guancia erano vermiglie e gli occhi lucidi. Edward mi faceva sempre uno strano effetto e la vicinanza del suo corpo, o il semplice contatto con le sue labbra, scatenava in me una voglia irrefrenabile di approfondire quel desiderio di pienezza e appagamento nei suoi confronti. Non ci eravamo mai spinti oltre; probabilmente frenati dal timore o dal desiderio che ciò accedesse nel momento confacente mossi totalmente dall’amore reciproco.
Ravvivai i capelli umidi con una mano abbandonando subito l’idea di dar loro una forma più che consona. Mi diressi nel soggiorno percependo già nel corridoio un ambiento più fresco. Affrettai il passo scoprendo Edward ad aspettarmi a braccia aperte con un sorriso vittorioso in viso. Le alette del condizionatore si muovevano su e giù emettendo aria fresca. Mi gettai di slancio tra le braccia di Edward aggrappandomi al collo. “Come hai fatto?”
“Sono stato bravo, eh?” Sorrise scaltro.
Ridacchiai. “Come ci sei riuscito?”
Alzò il mento austero. “Segreto professionale.”
Sì, proprio professionale! Quel ragazzo era troppo testardo ma sapevo come farlo cedere. Gli baciai il collo con le labbra leggermente dischiuse esalando flebili e sensuali soffi. “Me lo dici?”
Sospirò volgendo gli occhi al soffitto. “Avevi la modalità di funzionamento sul sole.”
“Sul sole?” Domandai arcuando un sopracciglio.
“Esatto, amore. Fungeva da termosifone.” Ridacchiò baciandomi la fronte. “Non sei proprio portata per la tecnologia.”
Lo spinsi via dal petto sbuffando indispettita. Non avevo colpa se la tecnologia mia odiava. Mi scompigliò i capelli in un gesto affettuoso. “Devi studiare, ancora?” mi chiese in tono gentile.
Sbuffai di nuovo. Un problema l’avevo risolto, il caldo, ma sfortunatamente l’altro, vale a dire l’esame,  gravava con maggiore pressione. Assentii col capo. Indicai con lo sguardo un tomo dalle dimensioni mastodontiche poggiato sul tavolino basso ai piedi del divano. “Tu, l’altro giorno hai dimenticato il tuo libro di medicina.”
“Allora sai cosa faccio?” Mi abbracciò immergendo il suo naso nei miei capelli aspirando profondamente. “Resto qui, e studio anch’io.”
Poggiai la testa sul suo petto ascoltando il battito cadenzato del suo cuore. “Ma non hai nessun esame incombente.”
Mi baciò il capo. “Non importa. Male non mi fa. E poi, voglio restare con te.”
Quell’ultima frase, sussurrata nel mio orecchio, scaturì un’ondata di brividi lungo tutto il mio corpo.
Non potevo che gioire di questa sua scelta. Studiare insieme non sarebbe stato affatto un problema.
 
***
 
No, in effetti non fu un problema. Fu un vero e proprio gigantesco problema. Da tempo ormai, mi ero posta altri limiti oltre a quelli già precedentemente stabiliti. Sì, purtroppo un’altra regola individuale da osservare: nel tempo in cui ero dedita allo studio dovevo evitare qualsivoglia distrazione. E purtroppo, Edward era una potentissima distrazione alla quale difficilmente resistivo. Inconsciamente mi distraeva. Distoglievo lo sguardo dal testo per posarlo poi sulla sua figura ed ammirare ogni sua piccola parte che mi aveva stregato sin dall’inizio. Sfogliava le pagine soffermandosi di tanto in tanto su una in particolare seguendo un rigo con il dito. Ero affascinata da ogni suo gesto e la maglietta bianca che indossava mi invogliava sfacciatamente di esplorare i muscoli dell’addome e del petto che si intravedevano. Percepii un calore anomalo divampare nel mio corpo come lava incandescente ed insediarsi nel basso ventre. Probabilmente Rosalie, data la circostanza, mi avrebbe consigliato di prendere l’iniziativa, gettare i libri sul pavimento con noncuranza, e mostrare le mie armi di seduzione trasformandomi in un’audacia e sexy pantera. Idea totalmente assurda.
Eppure… quel calore non accennò un minimo segno di diminuzione cosicché da raggiungere persino le mie guance colorandole di rosso. Edward alzò il capo arcuando un sopracciglio. “Amore, ti senti bene?” Annuii mordendomi il labbro inferiore con i denti; abbassai nuovamente il capo eludendo deliberatamente il suo sguardo curioso. Con la coda dell’occhio potei scorgere un sorriso sghembo formarsi sul suo viso; il miglior alleato dei miei ormoni in subbuglio. Agitai la mano all’altezza del mio volto facendo un po’ d’aria.
Faceva caldo? Effettivamente no, avevo il condizionate acceso e funzionava perfettamente. Concretamente, invece, ero io ad essere maledettamente rovente. Immagini poco caste mi attraversarono la mente scatenando un’altra ondata di calore. Tirai un grosso respiro e cercai di concentrarmi nuovamente sul testo. Un aforisma in particolare, di Oscar Wilde, mi colpì.
 
« L'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi. »
 
Dio! Anche i libri era divenuti improvvisamente miei nemici. Alternai lo sguardo dal libro a Edward; da Edward al libro. Quella fu la prima volta che indugiai meno del dovuto prendendo all’istante una folle decisione.
Al diavolo le mie regole, pensai. Chiusi il libro e lo poggiai sul bracciolo del divano. Ero tremendamente imbarazza da ciò che stavo per fare ma, abbandonai il raziocinio sulla scogliera, tuffandomi in un mare di irrazionale frenesia. Silenziosamente, camminando a gattoni sul quel divano latteo, mi avvinai; si accorse del mio spostamento solo una volta sopraggiunta al suo fianco estro. L’espressione del suo viso mi fece sogghignare divertita: era un misto tra lo stupore e la curiosità.
Allungai una mano ghermendo il suo tomo di medicina: lo lanciai alle mie spalle ai piedi del divano. Dove avevo trovato tutta quell’audacia? Speravo solo che fosse infinita
Aggrottò la fronte. “Bella, sei sicura di sentirti bene?”
Probabilmente ai suoi occhi sembravo un’ossessa –infatti, quello era un comportamento altamente insolito da parte mia- ma non me ne curai proseguendo con il mio intento.
Tuttavia, giunse il momento più imbarazzante. Alzai la gamba destra posizionandomi a cavalcioni su di lui. La mie guance raggiunsero una tonalità di rossore mai visto prima e dovetti abbassare il viso per far sì che non si accorgesse del mio evidente imbarazzo. Magari avevo esagerato e questa mia improvvisa intraprendenza era tutt’altro che gradita.
Ma mi stupì ancora -come sempre del resto. Posò la mano sinistra sulla mia gamba all’altezza del ginocchio; con l’altra invece mi carezzò una guancia rovente. “Impazzisco quando arrossisci, lo sai?”
Poggiai una mano sul suo petto delineandone i muscoli tonici. Le sue dita, scivolarono delicatamente dalle mie guance alle mie labbra umidi tracciandone i contorni. Gli baciai il polpastrello con delicatezza. Lui, di rimando, deglutì a fatica osservando con bramosia la mia bocca, come precedentemente accaduto. Possibile che scaturissi un tale effetto su di lui?
Una mia mano corse trai suoi fili bronzei godendo appieno della loro morbidezza. Con calcolata lentezza mi accostai al suo viso: gli baciai la fronte, le tempie, le palpebre, gli zigomi, le guance, la punta del naso… sicura che mai mi sarei stancata di farlo. Dalle sue labbra uscirono sospiri spettati, corti. Trascinai le mie labbra, ricoprendo ogni suo lembo di pelle di piccoli baci, sino all’orecchio. Gli mordicchiai delicatamente il lobo.
“Bella…” Un ansito più forte fuoriuscì dalla sua bocca. Le sue mani scattarono sulle mie spalle scostandomi dalla sua pelle. Mi scrutò con un cipiglio contratto in viso, quasi contrariato.
Un rifiuto. La sensazione di essere indesiderata mi attanagliò lo stomaco e i miei occhi si inumidirono. “S-scusa…” Balbettai osservando le mie mani ormai congiunte sul mio grembo.
“Bella.” Questa volta, sebbene la sua voce fosse ancora roca, fu decisa e perentoria ma non alzai ugualmente il capo. Edward sospirò. Mi sollevò il viso per guardarmi negli occhi ma io sfuggii al suo sguardo. “Bella, mi guardi?”
Tirai un grosso respiro puntando i miei occhi nei suoi.
Mi sorrise racchiudendo una mia guancia nella sua mano. “Amore, sai perché ti ho fermata?” 
“Sì, lo so. Perché sono tremendamente inetta.” Mi lagnai incapace di trattenere lo sgorgare di quelle parole che mi risultavano così maledettamente veritiere tanto da graffiarmi l’anima.
Scosse il capo. “Non puoi pensarlo sul serio.” Mi baciò la punta del naso.
Il mio sguardo come risposta fu alquanto eloquente; certo che lo pensavo. Non ero mai stata così sincera prima di allora. Accostò le sue labbra al mio orecchio. “Amore, ti ho fermata perché mi stavi facendo impazzire e… in quel modo non riesco a trattenermi.”
Un brivido d’eccitazione mi trapassò la pelle scuotendomi vigorosamente l’anima.
Quindi non mi aveva rifiutata.
Portai entrambe le mie mani alla sua nuca. “Ma… io non voglio che ti trattieni.” No, non volevo che si trattenesse. Volevo essere sua, condividere quello sprazzo d’amore e frenesia allo stato puro. Si irrigidì di colpo osservandomi con circospezione. Deglutì a vuoto. “Vuoi… vuoi fare l’amore con me?” Era imbarazzato e timoroso almeno quanto la sottoscritta e ciò mi inondò il cuore d’amore. Annuii portandomi una ciocca dietro l’orecchio. “S-si.” Biascicai in un sussurro. “Tu non vuoi?”
Dalle sua labbra non uscì alcun suono, giacché replicò con un bacio passionale. Con la lingua mi solleticò il palato e designò e le mie labbra succhiandomi avidamente il labbro superiore. Morbidamente, gli morsi quello inferiore. Un bacio umido, dolce, carico d’amore e di passione. Inesperta, con le mani gli accarezzai le spalle scendendo man mano sino ad afferrare i lembi della sua maglietta. Si staccò dalle mie labbra sorridendomi sghembo. L’audacia aveva lasciato libero spazio all’imbarazzo cosicché da rendere ogni mio gesto impacciato e probabilmente privo di sensualità. Alzai la maglietta sfilandogliela dal capo. Alla visione che si parò innanzi ai miei occhi fremetti: la mia immaginazione non aveva affatto reso giustizia al corpo statuario di Edward. Con le dita, incantata da tanta bellezza, lambii ogni incavatura dovuta ai suoi muscoli atletici: prima i pettorali, poi gli addominali. Si avventò vorace sulla mia bocca baciandomi con altrettanta passione. Le sue mani percorsero le mie gambe nude, i miei fianchi, sino a fermarsi sul primo bottone della mia camicetta. Lentamente, me la sbottonò completamente sfilandomela poi dalle spalle. Si staccò di nuovo dalle mie labbra ricevendo dalla sottoscritta un mugolio di disappunto. Un po’ per cupidigia, un po’ per timore di mostrargli il mio semplice corpo seminudo. Fu il suo turno di esplorazione: mi accarezzò il collo, il ventre, i fianchi e… delicatamente la curva del seno ricoperto ancora dal reggiseno. Le sue mani a contatto con la mia pelle sembravano roventi.
“C’è una parte del tuo corpo che non sia perfetta?” Mi chiede destandomi leggermente.
“Tu sei perfetto.” Sorrisi accarezzandogli gli addominali. Fremette chiudendo gli occhi in balia di quelle sensazioni, eco delle mie in quel momento. “Ti amo.” Sbarrò gli occhi elargendomi un sorriso dolce e disarmante. Mi abbracciò. “Anch’io ti amo, amore.” Il mio cuore prese a battere velocemente come un forsennato, pazzo di gioia. Non mi ero ancora abituata a sentire quelle parole.
Diedi inizio ad una slavina di baci sulla sua spalla mordicchiandola dolcemente. Il sapore della sua pelle era zuccherino, unico da farmi andare letteralmente fuori di testa.
Le sue mani presero vita sganciandomi il reggiseno. Baciò la mia pelle al passaggio delle bretelle con amore e riverenza. Lo sfilò, e cogliendomi di sorpresa, mi prese in braccio coricandomi sul divano. Una volta stesa  mi cosparse totalmente di baci suscitandomi anche qualche risatina dovuta al solletico sulla pancia. Osservò il mio seno sfacciatamente delineandone le curve con i polpastrelli. Mi guardò con un certo timore -i suoi occhi ardevano di una passione soffocata- porgendomi una muta domanda alla quale risposi chiudendo gli occhi abbandonandomi al suo volere. Ogni parte di me, gli apparteneva.
Nel momento in cui la sua bocca toccò la punta del mio seno una cascata di brividi mi percorse interamente il corpo. Non avrei mai creduto che potessi provare sensazioni simili: piacere, eccitazione, bramosia, amore. Sì, perché ogni gesto era dettato puramente dall’amore. Mi aggrappai ai suoi capelli cercando in quell’appiglio il raziocinio smarrito. Lo attirai con foga al mio petto. I tocchi erano delicati ed eccitanti all’inverosimile. Avvertivo quel senso piacevole e al contempo fastidioso al basso ventre. Era desiderio.
Anche gli ultimi indumenti volarono via esibendo la naturalezza dei nostri corpi nudi desiderosi di diventare un tutt’uno. Si adagiò su di me reggendosi dalle braccia per non pesarmi; il mio seno premette sul suo petto. Un leggero senso di incertezza mi prese all’improvviso ma, nel momento in cui incrociai lo sguardo di Edward colmo d’amore, esso si dissolse come fumo al vento.
“Amore, se…” Gli posai un dito sulle labbra impedendogli di completare la frase. Avevo compreso la sua agitazione. Era preoccupato che io provassi dolore. Ma con lui, ciò era a dir poco impossibile.
“Ti amo.”
Mi baciò con amore inespresso scivolando lentamente nel mio corpo. Il mio respiro si mozzò e chiusi gli occhi felice percependo finalmente quel senso di completezza. Quell’istante fu ineguagliabile colmo di passione, di calore.
Ansiti spezzati, gemiti repressi, mugolii pronunciati, dolci e delicate carezze, parole di conforto, intese spinte sino a raggiungere nello stesso momento l’apogeo e perdere totalmente la cognizione del luogo, del tempo, di noi stessi. Quello fu il nostro primo atto d’amore; la sensazione più bella ed affascinante della mia vita.
Edward tentò di alzarsi per non pesarmi ulteriormente ma io glielo impedii stringendolo al mio petto in una morsa d’acciaio. Mi baciò la fronte curvando le labbra all’insù.
“Per colpa tua ho trasgredito ad una della mie regole.” Lo accusai bonaria.
Un sorrisetto furbo sbocciò sul suo viso. “Ah, davvero? E quale, amore mio?”
Passai una mano tra i suoi capelli perennemente arruffati. “Quella di evitare le distrazioni mentre studio.”
Aggrottò le sopracciglia. “Sono una distrazione?”
Con uno slancio ribaltai le posizioni ponendomi a cavalcioni su di lui. “La più potente.”
Mi accarezzò il ventre con il dorso della mano. “Quindi… niente più inosservanze?”
Mi accostai al suo orecchio mordendogli il lobo. “Le voglio infrangere tutte!” Sussurrai appena percependo un fremito da parte sua. Prese con foga il mio viso baciandomi con fervore felice come non mai della mia scelta impaziente di amarmi totalmente, di nuovo. Edward era la mia tentazione, la mia pura ossessione la causa della mia trasgressione e… non avrei mai creduto che sarebbe stato così appagante infrangere una della mie ferree regole!
 
 
 
   
 
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