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Grace Armstrong si svegliò di
soprassalto. Si guardò intorno con circospezione,prima
di tirare un lungo sospiro di sollievo.
“Fiuuu! Per fortuna
era solo un incubo!”si disse sollevata mettendosi a
sedere sul letto.
Guardò l’orologio posato sul
comodino: le sei e mezzo. Sospirando prese la sveglia e la spense prima che
cominciasse a trillare ossessivamente.
Perfetto! Si
disse. Ormai era sveglia,non c’era alcuna possibilità
di rimettersi a dormire,per cui scese dal letto e si diresse in bagno. Si guardò
stancamente allo specchio: i capelli rosso fiamma terribilmente spettinati per
via del sonno agitato,gli occhi azzurri solitamente
allegri e vivaci,ora erano stanchi, semichiusi. Tutto il suo corpo stava
risentendo del lavoro massacrante che le aveva causato
l’omicidio di un uomo avvenuto circa tre mesi prima. Finalmente,dopo mesi di duro lavoro,lei e tutta la squadra Omicidi
della polizia di Londra,erano riusciti a trovare l’assassino e solo allora si
era resa conto della stanchezza che le aveva portato tutto quel lavoro. Decisa a
prendersi una vacanza,lasciò cadere per terra il suo
pigiama rosa con gli orsacchiotti e si infilò nella doccia. Lanciò un ultimo
sguardo divertito al suo pigiama,poi, ridacchiando,aprì
il rubinetto.
Lei,Grace Armstrong, trent’anni di
vita,una felice carriere in polizia,capelli rossi e occhi azzurri,era ancora
single. Era una gran bella donna,giovane, cosa che i
suoi colleghi non smettevano mai di dirle. E lei
rispondeva sempre con la classica frase”non ho ancora trovato l’uomo della mia
vita”. Ma quando lo troverai l’uomo della tua vita?,si chiedeva spesso. Finirà che arriverai a cinqu ant’anni e non avrai ancora
trovato l’uomo della tua vita.
Dopo una rapida doccia,ormai completamente sveglia,(se così si può definire una
persona alle sette di mattina),scese in cucina e cominciò a prepararsi la
colazione.
Un buon caffè è proprio quello che mi ci
vuole,borbottò
tra sé,mettendo la caffettiera sul fornello. Uno squillo del telefono un po’
troppo lungo,però,disse addio al caffè. Sbuffando
contrariata si diresse in salotto pensando a chi potesse essere lo scocciatore che telefona alle sette di
mattina. Sospirando,sollevò la
cornetta.
“Grace Armstrong”
“Grace,sono Sarah.”
“Ah,sei tu,Sarah”rispose Grace chiedendosi perché mai la collega
dovesse chiamarla a quell’ora.
“è successo qualcosa?”le
chiese
“Un
omicidio”
Grace ci mise un po’ a
comprendere le parole dell’amica. Quando finalmente si rese conto di quello che
aveva appena sentito,la tonalità di solito rosata del
suo viso prese a trasformarsi in un bel verde,mentre il sangue nelle sue vene
cominciava a bollire. Chi fosse stato presente in quel luogo al momento della
telefonata,avrebbe potuto benissimo vedere il
rispettabile commissario della squadra omicidi dare silenziosamente pugni al
muro,in preda alla disperazione più assoluta.
“Grace,sei ancora lì?”
“Eh? Si,sono qui. Non toccate niente. Sto
arrivando.”
Chiudendo il telefono in faccia
all’amica,Grace Armstrong prese le sue cose e uscì di
casa,sbattendo la porta,maledicendo mentalmente chi aveva deciso di uccidere
quell’uomo,e anche se stessa,che aveva avuto la bella
idea di fare quel lavoro.