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Autore: Sotorei    06/12/2009    3 recensioni
La conversazione con Babbo Natale che tutti vorrebbero avere, da bambini.
Genere: Malinconico, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno mi svegliai per pisciare, ma il bagno era occupato.

"Oh, scusa" disse Babbo Natale, vedendomi. Si sgrullò l'uccello, lo rimise nei pantaloni rossi e si volse. "Scusa, scusa davvero. Ma durante il lavoro capita."

"Sei un ladro?"

Babbo fece una faccia da Capita spesso, o forse Capita fin troppo spesso o anche Mi sono rotto le balle. "No, sono Babbo Natale."

"E io sono abbastanza grande da sapere che non esisti, vecchio."

Mi si avvicinò, io indietreggiai e uscì dal bagno. Spense la luce e imboccò il corridoio.

Gli andai dietro. "Ehi!"

Entrò in soggiorno, aggirò il tavolo e sedette sulla poltrona di mio padre. Disseminò impronte bagnate ovunque.

"Quella è solo una copertura, ragazzo mio" disse. Accese la lampada da comò e mi guardò, sorridendo dietro la barba.

"Stai sporcando ovunque."

"Fuori c'è un po' di neve" si giustificò.

Ci scambiammo una lunga occhiata.

"Dov'è il sacco?"

"Senti, lo portassi ovunque, il sacco, non avrei questa pancia. Un sacco di muscoli, non trovi?"

"No, se lavori solo di Natale."

Sbuffò. "Al diavolo."

"Dove sono i miei regali?"

"Non te li meriteresti, per come mi stai guardando. Sei scettico come una zitella di cinquant'anni che riceve rose da un vent'enne."

Incrociai le braccia.

"Sai cosa" disse Babbo, "ci saranno miliardi di ragazzini che mi vedono ogni anno, e più della metà mi rompe le balle. È una merda."

Sedetti sul pavimento. "Finché tutto fa credere che tu non esista, è normale."

"Credi sia un ladro, vero?"

Feci spallucce. "Sarebbe deprimente."

"Già."

"Sai perché?"

"Dimmi un po'."

"Perché un sacco di ladri, il giorno di Natale, si vestono come te."

"E sarebbe deprimente per cosa?"

"L'originalità."

Babbo rise, col solito Oh, oh, oh!

"Anche questo è deprimente" dissi.

S'imbronciò. "Cosa?"

"È scontato che tu rida così, ed è deprimente."

"Voi ragazzini d'oggi c'avete quel non so che che è ancor più deprimente della mia risata. Io sono così da anni, e ho cambiato solo due volte il mio stile. Sarà bene che ti accontenti degli stereotipi."

"Due volte?"

"Cosa?"

"Hai detto che hai cambiato due volte nella tua vita."

"Sì."

"Quando e come?"

Babbo mi scrutò, come incerto se prendermi sul serio. "Be', la prima quando ho accettato Rudolph. Avevo proprio bisogno di un po' di luce. La seconda è quando Coca-Cola ha diffuso la moda che fossi vestito di rosso e bianco."

"Tutto per la propaganda. Sei anche facilmente influenzabile." Gli rivolsi un'occhiata di disapprovazione, imitando il mio coniglietto.

"Si chiama adattarsi! Adattarsi! Oh, ma perché sto a prendere lezioni da un ragazzino? Quanti anni hai?"

"Dodici."

"Vuoi sapere quanti ne ho io?"

"Forse lo so."

Babbo rise, come a prendermi in giro. "Indovina."

"Se sei San Nicola, ne hai circa..." Un paio di calcoli. "Millesettecentotrentanove."

Rimase basito. "Io non sono San Nicola."

"E chi, allora?"

"Lascia perdere. Mica hai dei biscotti?"

Indicai la cucina. "Mamma te ne lascia sempre."

"Oh." Andò a verificare.

Lo sentii posare un bicchiere, forse quello col latte, e tornò da me col piatto di biscotti. "Una volta erano tutti fatti in casa." Ne mise in bocca un paio, e mi guardò masticando. "Che è quella faccia?"

"Crescere è brutto" mormorai.

"Eh?"

"Pensavo a quello che hai appena detto, dei biscotti."

"I biscotti?"

"Sì. Rimpiangi il passato perché i biscotti erano fatti in casa. Io lo rimpiango perché non avrei avuto un attimo di esitazione nel credere che eri Babbo Natale. Troppo ingenuo per farlo. Ma era bello, sai? È capitato spesso che stessi in piedi per aspettarti."

"Oggi è capitato, mi hai visto." Divenne pensieroso. "O ci siamo già incontrati? Scusa, ma ho una mem-"

"È la prima volta."

"E che c'è che non va?"

"Che sono cresciuto." Abbassai il capo e sorrisi. "Ho sì continuato ad aspettarti perché avevo desiderio di vederti, ma inconsciamente, da un po' credo di farlo perché so potrebbe esserci un ladro, al posto tuo. Prima non avrei avuto dubbi."

Babbo posò il piatto sul tavolo, si avvicinò e sedette al mio fianco, non prima d'aver imprecato per la schiena. Mi accarezzò la testa. "Come ti chiami?"

"Riccardo."

"Riccardo." Sorrise. "Crescere tocca a tutti, prima o poi. Lo so che è una grande rottura, ma non ci si può far niente."

"Come per la morte."

"Proprio così. Ma, ehi, la cosa bella è crescere ma continuare a essere bambini. Lo so che l'ingenuità ti fa vivere meglio psicologicamente, ma dall'altro lato fa sì che gli altri, gli adulti bastardi, te lo mettano nel sedere come vogliono. Si tratta di trovare un felice equilibrio."

"E come lo si trova?"

"Ho conosciuto un tale, tempo fa..." Si grattò il mento. "Si chiamava Matthew, se non sbaglio. Era inglese. Lui sì che aveva un modo tutto suo, nell'alternare la sua parte bambina e adulta. Purtroppo è morto, non saprei come fare a chiedergli del suo felice equilibrio."

Non mi consolò.

"Però sai cosa" continuò, "questo tale ha scritto un libro. Dovresti leggerlo."

"Che libro?"

"Peter Pan."

Sgranai gli occhi. "James Barrie? Quel Matthew?"

"Boh, immagino di sì."

"È lui che ha scritto Peter Pan."

"Allora sì."

Sospirai. "L'ho già letto. Anche io non voglio diventare adulto." Guardai Babbo Natale. "Non hai da regalarmi una pozione che blocca la crescita o qualcosa del genere?"

Scosse la testa, desolato. "Come ho detto, è una cosa alla quale non ci si può sottrarre. Sai, sempre riguardo a quel felice equilibrio... dovresti provare a sfottere gli adulti. Aiuta a sentirsi bambino."

"Sfotterli come?"

"Ma sì, l'avrai notato. Non fanno altro che lamentarsi e andare di fretta. Per esempio, a te piace la neve?"

"Sì."

"Ecco. Loro invece che fanno? Si lamentano, quando nevica! Perché? Perché sono costretti a mettere le catene alle ruote della macchina."

"È vero. Lo fa anche mio padre."

"Tristissimo." Babbo Natale guardò l'orologio a pendolo. "Diamine, è proprio tardi."

"Devi andare?"

"Sì."

"E i miei regali?"

"Sono in camera tua. Ci sono passato prima, che dormivi."

"Non me ne sono accorto."

Si alzò. "Ehi, fossi rumoroso, sarebbero ben più di milardi, i ragazzini che mi beccano ogni anno." Porse la mano e mi aiutò a rialzare. "Su, torna a letto. Non dovevi andare in bagno?"

"Sì."

Sorrise e raggiunse il camino. Ci infilò la testa e urlò: "Dasher! Dasher! Butta giù!"

Una scala di corda a pioli cadde dall'alto. Babbo iniziò a salire. Mentre lo faceva, disse: "Buon Natale, Riccardo. Fa' il bravo ancora, il prossimo anno."

Annuii, anche se ormai era salito troppo perché mi vedesse.

Il giorno dopo avrei scoperto che il televisore dello studio di mio padre era sparito, e avrei iniziato una lunga tradizione di paranoia.

   
 
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