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Autore: Sorella_Jeanne    07/12/2009    3 recensioni
Malfoy si abbassò all’altezza del suo sguardo alzandole il viso in modo che lo guardasse. «Sarà anche colpa tua ma oramai è fatta. Inutile continuare con queste stronzate. Accetta che tu sei qui e lui è… morto».
Genere: Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ci amiamo, io te.
Le tue gambe lisce intrecciate alle mie e le tue piccole mani tra i miei capelli.
Ci amiamo io te.
Hermione, Hermione mia.



Ron spostò i capelli della ragazza accoccolata sulle sue ginocchia fino a scoprire il volto di Hermione. Quanto l’aveva desiderata, pianta, gridata. Quante volte l’aveva sfiorata, s’era ritratto e aveva pianto in bagno. Se solo Harry fosse stato li a vederli… ma Harry era morto, il loro caro amico. Il loro migliore amico.
«Un hanno fa morì Harry Potter, il bambino che sconfisse v…Voldemort, il mago più malvagio della storia. Nessuno ricorda Harry per il ragazzo che era, ma solo come un eroe. Ma lui non era quell’eroe, lui avrebbe voluto una vita normale, lui piangeva e amava e sorrideva. Siamo rimasti noi a ricordare come era Harry il ragazzo, non te lo sei dimenticato, vero?» chiese Hermione con un sussurro malato, un rantolio ripetitivo.
Ron tossì, forse spazientito, e le accarezzò la chioma castana. «Certo che non ho dimenticato, amore. Non lo dimenticherà nessuno…»
«… i suoi amici erano con lui ma non sono riusciti a salvarlo. I suoi amici veri sono rimasti a guardarlo mentre si carbonizzava tra le fiamme. Ed ora loro dovranno morire tra le fiamme dell’inferno… » continuò Hermione stringendosi di più al petto del ragazzo finchè le parole, un bisbiglio, non si persero nelle pieghe della camicia bagnata di lacrime.
Ron continuò ad accarezzarle la testa come se fosse la cosa più normale del mondo. Scese sul collo, poi le spalle dove lasciò un bacio leggero. La ragazza rabbrividì. Si voltò verso la finestra dove una nebbiolina leggera ovattava il paesaggio. Prese fiato e ripetè di nuovo, per l’ennesima straziante volta, la “cantilena della discolpa” anche detta “ballo dell’amico lontano”. Come una vecchia canzone corrosa dal tempo, stanca di mille bocche.
«Amore, non siamo colpevoli di niente. Harry ha scelto la sua strada, ti ricordi come ci ha salutato? Con quel sorriso soddisfatto, non ci chiedeva niente se non presiedere alla sua vincita. Ci vuole ancora bene, capito? »
Un copione collaudato da cento e ancora mille sere davanti al fuoco acceso della sala comune.

«Avete fatto bene a stare fermi, vi siete salvati la vita». Hermione si nascose il viso tra le mani e ricominciò a piangere.
«E poi… certo che è colpa tua! Come puoi sostenere il contrario?» Continuò il serpeverde con furore sadico. «Sei stata tu a non fare niente, è tua la colpa, è tua la paura di morire, è colpa tua!» Si ritrovò a scuoterla per le spalle.
La ragazza mugolava e piangeva e tremava «No… non è vero…» Malfoy si destò dal piacere che provava nel recare male ad altri individui, un nero piacere dolce come il miele d’acacia. Per la prima volta sembrò accorgersi di quell’Hermione paralizzata e distrutta sotto le sue mani. «Hei, alzati mezzosangue…» Non era certo la compassione che lo guidava.
Hermione non si mosse, continuò ad asciugarsi gli occhi con uno straziato fazzolettino ricamato prudentemente nascosto nella manica della camicia.
Malfoy si abbassò all’altezza del suo sguardo alzandole il viso in modo che lo guardasse. «Sarà anche colpa tua ma oramai è fatta. Inutile continuare con queste stronzate. Accetta che tu sei qui e lui è… morto». Non riuscì a non farsi sfuggire un rantolio compiaciuto nella voce. Perché lui, si, lui era un gran cattivo. Il miglior cattivo. Forse solo un povero bastardo castigato dagli eventi ma sempre deliziosamente cattivo. Eppure chissà cosa pensava veramente, il Serpeverde, se semplicemente adorava quella maschera di cera o non poteva farne a…
I suoi pensieri furono interrotti da un sapore salato sulle labbra. Un’inaspettata sensazione incoerente alla situazione che stava vivendo. Seguì con gli occhi i lineamenti di Hermione talmente vicini da sentirne il profumo. Guardò i suoi occhi chiusi, bagnati, arrossati. Persino belli… la spinse via, si alzò e si pulì le labbra con il dorso della mano. Sconvolto dentro, maschera di disprezzo fuori. «Come ti sei permessa, schifosa mezzosangue» disse, la voce appena tremante lo tradiva.
La porta sbattè ed entrambi si voltarono verso Ron che puntava la bacchetta su Malfoy «Allontanati da lei» ringhiò. Mentre il biondo indietreggiava fissando la bacchetta, Ron si avvicinò ad Hermione inginocchiata, appena ansimante. Lo guardava come si guarda il nulla. Ron gridò qualcosa che sapeva di minaccia ed aspettò che Malfoy sparisse oltre la porta prima di abbassarsi, abbracciare e sollevare la ragazza.
«Scusa, amore, non volevo lasciarti sola » lei gli circondò il collo con le braccia. «Non ti ha fatto del male, vero? » sussurrò sfiorandole con le labbra gli occhi per poi andare a cercare un bacio sulla sua piccola bocca morbida.
Se quel bacio venne ricambiato è scritto solo nel silenzio della guferia, nel volo dei tordi sopra la foresta lontana. Tra le righe di uno sbaglio o di un nuovo inizio.
Nei giorni avvenire nessuno parlò di niente. Hermione continuò ad alternare apatia ed attimi di profonda disperazione che però si facevano più brevi, meno intensi. Ron continuò a tenerla stretta senza volersi accorgere di niente, accecato dalle sue costruzioni mentali che offuscavano la realtà rendendola la sua realtà.
Hermione salutò con un ciao il serpeverde che entrava nei sotterranei per raggiungere la sala comune. Malfoy non rispose, si limitò a lanciarle un’occhiata bieca e a continuare lungo il corridoio umido.
Aspetta avrebbe voluto dire la ragazza, ascoltami. Malfoy sembrò sentire i suoi pensieri perché si fermò, sbuffò e si voltò verso di lei.
Cosa vuoi da me, chiesero i suoi occhi. Hermione tirò uno stanco sospiro di gratitudine e gli fece cenno di avvicinarsi. Quando, lentamente, Malfoy sfiorò i suoi capelli con il viso bianco lei gli sussurrò all’orecchio «Voglio parlare con te, non dirmi di no, solo parlare, solo…»
«Non farò l’amore con te, mezzosangue » azzardò sibillino il ragazzo sostenuto dalle mille fiabe lette su situazioni analoghe.
Hermione a quelle parole si scostò, arrossì appena. «Non intendevo quello… stupido idiota» mormorò.
Malfoy sorrise spietato ma non è con lo stesso sorriso che l’osservò correre via, salire i gradini della scalinata. Non è con lo stesso sorriso che ascoltò i suoi passi riecheggiare nei sotterranei, e quel singhiozzo pungente, affilato, prima che si chiudesse la grande porta. Prigione ideale di mostri senza cuore.
Pochi giorni dopo fu Malfoy a bloccare Hermione.
Lei usciva da Cura delle Creature Magiche, lui l’attese sul sentiero novembrino che portava al castello. Fortunatamente era rimasta indietro rispetto agli altri, una gran fortuna del caso.
Hermione alzò gli occhi dalla strada solo quando incontrò l’ostacolo che rappresentava il braccio teso di Malfoy.
Si ritrovarono seduti sull’erba fredda e profumata, a perdita d’occhio la distesa di cristallo del lago, incapaci di parlare per un lungo periodo. Fu la ragazza a rompere il silenzio.
«Hai ragione, io ho colpa come tu mi hai detto. Come nessuno mi aveva mai detto. Come tanti ipocriti avevano negato, come tanti offuscati dall’affetto per me mi facevano pesare. Perché io lo so come loro mi guardano… lo so che avevo la possibilità di salvarlo, e mi guardano proprio come se l’avessi ucciso io mentre mi abbracciano dicendomi di non preoccuparmi! Non so se la tua sia stata sincerità o semplicemente cattiveria, ma ti ringrazio».
«Grazie per non avermi lasciato indifferente, perché il tuo dolore e la tua gratitudine hanno raccolto e accarezzato un po’ della mia anima che implodeva dentro».
«Esplodeva la sofferenza in me, giorno dopo giorno. Ed era un dolore ceco, senza via d’uscita. Nessuno aveva il coraggio di capirlo, di dirgli la verità per farlo morire in un’insperata rassegnazione. Tu con la tua ignoranza mi stai dando la forza di accettare».
«Ho cercato di accettare quello che sono nascondendolo sotto sorrisi non miei, e, col tempo, prendendoci amaramente gusto».
«Sono stanca del gusto amaro di lacrime che non hanno più la forza di cadere, di abbracci che non scaldano più, di parole confortanti velenose come una pioggia d’acido».
«Quello che credevo di vedere in me costituiva l’acido che mi corrodeva le viscere fino in fondo l’anima, distruggeva le relazioni sincere di cui avevo bisogno. Non cambierò, io sono Draco Malfoy, primo giullare degli antagonisti con onorificenza, protagonista del dramma nel dissidio tra il bene ed il male. Ma questo non mi impedirà mai più di soffocare le poche emozioni che mi animano».
«Insegnami una sofferenza diversa che parte dall’accettazione delle mie colpe, non come la protagonista eroica di un romanzo di fantasia, ma come l’essere umano fragile sotto le intemperie della vita. Insegnami a non punire con le mie lacrime chi dimostra di amarmi. Chi, per amore, mi nasconde alla luce che dovrebbe ustionarmi. Anche se quella luce, quella luce è l’unica cosa che possa salvarmi».
«Insegnami a sfiorare le emozioni più belle, ad assaporarle senza doverle filtrare attraverso stupidi canoni comportamentali che le svenano e le sezionano della loro magnificenza».
«Abbi il coraggio di essere umano».
«Abbi il coraggio di ricominciare a vivere».
Quando la pioggia cominciò a cadere nascose i due ragazzi abbracciati in riva al lago increspato da mille medaglioni d’acqua. Stretti a coprire la loro anima nuda scoperta in regalo all’altro in un legame che sarebbe durato, forse, per sempre. Forse per tre mesi. Spaventati, quattro gufi abbandonarono le loro postazioni sui rami alle pendici della Foresta Proibita e volarono verso il castello. Quel Grifondoro lassù nella torre, seguì il loro stridio fino alla guferia. Quel Grifondoro lassù, nella torre continuò ad osservare il cielo plumbeo e minaccioso e le cime degli alberi, incapace di abbassare lo sguardo sul lago agitato.

Hermione quella sera tornò al castello fradicia, sulle labbra l’ombra sbiadita di un sorriso e come mai, prima d’allora, salutò Ron baciandolo con trasporto. Lo guardò negli occhi, sorrise con dolcezza disumana e lo strinse forte.
«Sono tornata» disse con un sussurro simile ad un sospiro d’amore. Non lasciava spazio a nessun dubbio.


Hermione mia, non bastarono le mie mani. Non ho saputo salvarti.
Hermione mia, non sapevo cosa fare. Non capisco, non comprendo le tue lacrime.
Hermione cara, l’ho lasciato fare a lui.
Hermione, Hermione, Hermione.




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Se vi è piaciuta (o anche no xD) mi farebbe piacere che lasciaste un commento! E' una Ff molto vecchia ed anche se ci sono parecchie imprecisioni e schemi narrativi che non uso più continua a piacermi. Che mi dite? Vi bacio, a presto.
  
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