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Autore: Jeremy    22/06/2005    2 recensioni
Un incontro fra un cane e una rondine, la solitudien in un cortile e il desiderio di libertà.
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa piccola storia al mio cane!

Grazie a chi legge e recensisce!^^

Volare insieme

 

 

 

Freddo.

Quante volte aveva sentito freddo accucciato vicino la porta, in cerca di un briciolo di calore proveniente dall’interno?

Tante. Troppe.

I rumori ovattati della televisione accesa, le voci allegre e talvolta arrabbiate, il tintinnare di stoviglie e il piacevole odore dell’arrosto del sabato sera erano ormai le sue uniche compagnie in quel cortile minuscolo dove aveva passato lunghi e terribili anni di solitudine.

Pioggia o neve, sole o tempesta, era rimasto sempre lì, fedele, ad aspettare gli avanzi quotidiani che quella ragazza gli portava in un piattino di plastica.

Passava così i giorni: in assoluta noia, contando le macchine che sfrecciavano sull’asfalto o divertendosi a seguire con lo sguardo farfalle passeggere dagli splendenti colori.

In primavera, invece, osservava rapito le rondini giovane e inesperte, volteggiare in aria con estrema eleganza per poi nascondersi non appena giunta la sera.

Come sarebbe stato bello volare nel cielo, libero e senza guinzaglio!

Essere totalmente liberi e privi di ostruzioni come padroni arrabbiati o peggio ancora, indifferenti.

Perché, in quella casa, lui era come se non esistesse.

Ricordava di abitare lì, in quella città sconosciuta, da quando era un cucciolo spaurito e curioso.

Rammentava i lunghi giochi a cui era sottoposto da due teneri bambini, le lunghe passeggiate per i vicoli, le interminabili coccole e gli sguardi affettuosi che lo sfioravano quando, maldestro, cadeva nella ciotola sporcandosi tutto.

Quanto tempo era passato?

Anni, molti anni.

Quei ricordi sembravano appartenere ad un passato remoto, quasi non credeva neanche di averli vissuti!

Era cresciuto, anzi invecchiato, e l’impacciata mossa di immergersi nel cibo era diventata un’impresa ardua e scorretta.

Dalla carezze sempre più rare, ai giochi ormai scomparsi, era giunto alla fredda indifferenza di chi, di un cane, non sa neanche cosa farsene.

“ Vedi” gli aveva confidato un giorno, un cane suo amico “ è normale che ti trattino così”  aveva fatto vagare il suo sguardo acuto e giovane su di lui, che si era sentito in quel momento incredibilmente più anziano “ Anche coloro che giocavano con te sono cresciuti. Non sono più cuccioli” Lui l’aveva osservato senza fiatare, pensando a quei due suoi compagni di avventure che ormai vedeva per qualche minuto.

“ Sono adulti. Guarda la ragazzina che ti porta la carne. Ti ricordi com’era? Io ero ancora cucciolo e lei era come me. Ora è adulta e non ha tempo per giocare con un cane vecchio come te”

Il cane si sarebbe dovuto sentire offeso dalle sue parole ma nonostante tutto si limitò ad una smorfia disgustata.

Era vecchio, era la verità e se la sua famiglia non lo aveva ancora abbandonato era per codardia o perché tenevano almeno un po’ a lui o nelle peggiori delle ipotesi perché aspettavano la sua morte.

Rabbrividì al solo pensiero.

Fu uno di quei giorni di primavera, in un pomeriggio di fine marzo, che decise di parlare con una delle rondini che aveva creato nido sotto ad un tetto vicino.

Aveva sentito i gatti, miagolare una sera, su quanto erano insopportabilmente vanitose e acide le rondinelle e su quanto disprezzassero in modo totale coloro che non appartenevano al Mondo di Su, cioè al cielo.

Senza badare a niente che alla propria impulsività, prese fiato e abbaiò verso una rondine che eseguiva larghi giri su se stessa – Ehi tu! –

L’uccello si girò, infastidito.

Il cane abbaiò di nuovo facendole cenno di avvicinarsi e quella, interrompendo i suoi divertimenti, planò su uno steccato restando a debita distanza dall’animale che, per quanto vecchio, poteva costituire una minaccia.

- Mi hai chiamata? Cosa vuoi? Spiegami le tue motivazioni in fretta cortesemente, ho da fare – gracchiò lei guardandolo con sufficienza.

Il cane ringhiò sommessamente.

- Volevo solo parlare – ammise l’animale come se la cosa fosse del tutto ovvia.

La rondine se possibile, s’infastidì ancora di più.

- Bhe allora cercati un topo di fogna e chiacchieraci, non ho tempo da perdere – sbottò distendendo le ali nere come la pece per spiccare il volo.

- Aspetta! Dimmi cosa si prova a volare –

La rondine chiuse le ali, sorridendo beffarda e ritornando alla sua posizione per parlare.

Era un’occasione strepitosa per vantarsi e quindi gonfiando il petto gracchiò in tono saccente – Oh, è una cosa che voi esseri della terra non riuscirete mai a comprendere. Non del tutto almeno. Volare è un’emozione che possono provocare in pochi e non c’entra nulla con quegli strani e inutili aggeggi volanti degli umani –

Il cane l’ascoltò paziente rinunciando a ribattere all’insulto velato delle sue parole.

- La libertà è tutto ciò che di più importante esista –

Questo lo sapeva benissimo anche da solo.

Cosa avrebbe fatto per avere un pizzico di libertà!

- Volare significa essere liberi. Però non totalmente, la libertà è insaziabile: ne vuoi sempre un altro po’, non basta mai. Anche con tutto il cielo a disposizione ne vorresti altro –

La guardò incredulo: a lui gli sarebbe bastato solo un pezzettino piccolo per scorrazzare felice, a lui non serviva tutto il cielo!

 - Tu non puoi capire e non capirai mai – scosse la testolina l’uccello di fronte all’espressione sbigottita del cane.

Anche questa volta non ripose. Si limitò a guardarsi le zampe pensando.

Ci fu silenzio per qualche minuto, poi la rondine, annoiata gracchiò – Senti cane, ho da fare, ho perso troppo tempo con te – la rondine scese dallo steccato, restando però a distanza di sicurezza.

-Tu mi provochi – ringhiò lui assaporando il desiderio di staccarle la testa a morsi.

- No – Si avvicinò pericolosamente e proprio quando il cane credeva di poterla acciuffare balzò in

avanti.

L’uccello fu più lesto e volò in alto mentre il cane sentì uno strattone violento del guinzaglio che lo portò indietro.

La rondine rise volteggiando e coinvolgendo nelle sue risa di puro scherno le altre sue simili.

Non si era mai sentito così umiliato in tutta la sua vita!

Abbaiò rabbiosamente causando altre risate di quei pennuti intoccabili che si ritenevano superiori solo perché guardavano tutti dall’alto al basso.

I gatti del vicinato osservavano la scena sonnolenti, dai loro davanzali, non sapendo se sorridere per la figuraccia del cane, il loro nemico, o uscire le unghie per quegli uccellacci della malora.

Non fecero niente, restarono zitti mentre le rondini si allontanavano giunta la sera.

Il cane restò accucciato a terra senza la forza di rialzarsi e quando la ragazza gli portò gli avanzi della cena non si alzò neppure per odorare.

Era diventato davvero vecchio quel cane! Un giorno o l’altro avrebbero trovata la sua carcassa.

Sembrava stanco, forse aveva corso per tutto il giardino.

Già, era troppo lunga quella catena, doveva dire a suo fratello di accorciarla un giorno o l’altro se se ne ricordava.

Per ora doveva vedersi il film, poi avrebbe deciso.

Lanciò un’ ultima occhiata al cane: da bambina ci giocava sempre, era il suo migliore amico.

Scosse la testa: che cosa buffa, un cane il suo migliore amico!

Quando era cucciolo gli raccontava le sue fiabe preferite, di principi e castelli, di fate e gnomi e del suo desiderio:  come le sarebbe piaciuto volare nel cielo libera e felice con lui.

Il cucciolo la aveva osservata e aveva abbaiato contento e lei, bimba ingenua, si era illusa che lui avesse potuto capire.

Un cane che capiva! Doveva essere stata proprio sciocca da piccola.

Rientrò in casa  e si accomodò nel divano.

Provò un crampo allo stomaco e una fitta la cuore quando pensò che quella sera poteva benissimo essere l’ultima volta che guardava il cane. Il suo cane.

- Mamma sono fuori, col cane – La madre guardò stupita al figlia recarsi in cortile.

  
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