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Autore: Jo_    07/12/2009    4 recensioni
Andrea aveva un amore, riccioli neri. Storia di adolescenti stupidi, ribelli, ormonali e confusi. Non sono capace ad impostare gli avvertimenti, comunque, si parla di cose sporche. La canzone citata nel titolo sarà di mia proprietà nel giorno in cui verrò adottata da Dori Ghezzi.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si informa la gentile clientela che l'ascolto massiccio e ripetuto di Master and Servant e 20th Century Boy potrebbero spingermi ad atti inconsulti.

Grazie per le recensioni, per aver aggiunto questa storia tra le preferite o tra le seguite, o anche solo per aver aperto per sbaglio questa pagina ed aver detto "và che cagata!".

 

 

To me it is strange
This feeling is strange
But it's not gonna change for anybody

Muse- Fillip


 

 

 

6.

Non ho voglia di tornare a casa, oggi.

Di rivedere Alessia, che è magicamente ricomparsa, di scoparmela perfino e di sopportare il piagnucolare di mia madre.

Voglio vivere da barbone sulle scale della scuola.

Mi sento il cervello bollito.

Ho anche litigato con Alice.

Non so come fare, con lei.

Vorrei tutelarla, tenerla all’oscuro di quel che sono.

D’altra parte però ho un profondo bisogno della sua calma tranquillità.

L’idea di casa che riesce a darmi.

Sento dei passi dietro di me, anche se la scuola è ormai praticamente vuota.

Si ferma.

“Ehm.”

Mi volto. È Occhiali da Sole.

Mi alzo sul mio gradino.

I nostri occhi sono alla stessa altezza.

Dietro lo specchio dei suoi occhiali marroni vedo una sfumatura diversa, nel suo occhio destro.

Ha le labbra piccole, a forma di cuore, il volto rotondo, i capelli da leone. Lo zaino le pende da una spalla, mentre al collo ha decine di monili.

Giovani Freak Crescono.

“Tu.”
”Io.”

“Voglio la mia foto.”

“Ormai l’ho stampata, è inutile cancellarla.”

“Non hai capito, non voglio eliminarla, voglio vederla.”

Mi guarda smarrita.

“Ah…vuoi vederla.”

“Scusa, oltre ad esser cieca sei anche sorda? Ovvio che voglio vederla! Ci tengo a tenere sotto controllo le mie foto in circolazione.”

Apre lo zaino, tira fuori la Reflex.

“Scusami, ma ho solo lo scatto.”

“Mi accontento.”

Salgo sul gradino accanto a lei e le passo un braccio sul fianco per guardare nel piccolo schermo della fotocamera.

Ha un sussulto.

I suoi capelli profumano di mela verde.

In quella fotocamera c’è di tutto: fiori, piccioni, bambini, lampioni, esperimenti di una giovane fotografa in erba.

Poi arrivo io.

La foto non è male.

Il contrasto tra la facciata bianca e miei jeans scuri sporti di fuori è…bello.

La nuvoletta di fumo che riempie l’intero specchio della finestra fa sembrare la mia camera estremamente oscura- mentre la mia posa è davvero da duro.

Adesso che mi guardo in foto quasi quasi mi innamoro anche io di me stesso.

“Mh…beh, non è male. Puoi stamparla decentemente anche per me?”

“Ho la carta fotografica, è abbastanza decente?”
”Aggiudicata. Quando me la porti?”
”Non lo so. Domani ci sei a scuola?”

“Se non mi espellono…domattina all’entrata, allora.

Hai da fare per pranzo?”

Non so come mi sia venuto in mente di chiederglielo. Ho solo voglia di non tornare a casa.

“Devo considerarlo un appuntamento?”

“Consideralo un bonus-kebab, piuttosto.”

“Mmmmh…”

…ma tutte che mugugnano le trovo?

“…ti ringrazio, ma è meglio se torno a casa. Ci vediamo domani.”

Si divincola dal mio braccio e se ne va via.

Bel culo, comunque.

Mi accendo una sigaretta e mi incammino verso casa.

Nella speranza di non incontrarla.

 

7.

Cristo fa che lei non sia qua.*

Apro il portone, e sembra filare tutto liscio.

Nessuna interruzione, nessuno strip tease. Sono solo.

Entro in casa. Sento trafficare in cucina.

“…mà?”

Vedo quel che non avrei voluto.

“Ciao Andre!”

Alessia è ai fornelli, con un simpaticissimo grembiule “Kiss The Cook”.

Mamma, evidentemente, non c’è.

“Andrea, cazzo, mi chiamo AndreA. Che ci fai tu qui?”

“Tua madre mi ha lasciato le chiavi di casa. Ha detto che ti ha visto un po’ strano, nell’ultimo periodo, e che hai bisogno di compagnia.”

Non si può tirare avanti così. Un qualsiasi adolescente impazzirebbe, con questa sovraesposizione ai ferormoni.

Non è sano, non fa bene alla mia integrità psico-fisica.

Alessia indossa una gonna bianca, coperta davanti dal grembiule.

È voltata verso i fornelli.

Non indossa niente, sotto la gonna.

Inizio a sentire un certo pizzicorìo.

Spegne il fuoco, scola la pasta, fa le porzioni.

Mangiamo in fretta.

Prepara la moka. Mette il fornello al minimo.

Incede verso di me, con le peggiori intenzioni possibili.

Allontano la sedia su cui mi trovo dal tavolo.

Mi si siede a cavalcioni sopra.

Il suo odore dolciastro mi invade le narici.

Mi aggredisce il pomo d’Adamo.

Le poggio le mani sui fianchi, reclino la testa all’indietro.

Mi sento mozzare il fiato.

Soffoco, e lei mi uccide.

Mi prende una mano, la accompagna sulla sua coscia, sulla sua natica.

Le mie dita affondano nella sua carne calda.

Si stacca dal mio collo e mi solleva la maglietta, sfilandola dalla testa.

Tendo le braccia verso l’alto per assecondarla.

Una cosa che mi sono sempre chiesto è come mai le donne abbiano sempre le dita fredde.

Ho la pelle d’oca.

Lei si muove appena, a contatto con i miei polpastrelli.

Mi sfiora il mento con le labbra.

Tesse la mia pelle bianca con le sue dita inesorabili.

Le cingo il bacino e le regalo un bacio, semplice, sulla punta delle labbra.

“Andrea, non ti illudere. Lo sai che è semplice ginnastica idraulica.”

“Lo speravo, a dire il vero. Era solo una gentilezza.”

“Oh ma che bambino educato.”

Apre contemporaneamente tutti bottoni dei miei jeans, che cedono volentieri ai suoi desideri.

“Non si può dire lo stesso di te.”
Dalla maglietta leggera traspare il reggiseno rosso porpora.

Intuisce le mie mosse e si spoglia da sola.

Nello stendersi scopre il pancino piatto, vagamente abbronzato.

Ha un piccolo neo rotondo accanto all’ombelico.

Lo accarezzo, e vibra leggermente al mio tocco.

Con la sola gonna addosso sembra la Libertà di Delacroix.**

Da qualche parte in un altro universo c’è una moka che fischia e allaga i fornelli di caffé.

I suoi seni hanno il sapore, della libertà.

La finisco di spogliare.

Poi ad un certo punto fa una cosa inaspettata.

Si alza e si avvicina al tavolo.

Si volta di schiena, mostrandomi il suo capolavoro botticelliano posteriore, e poggia i gomiti sul tavolo, sorreggendosi il mento per continuare a guardarmi.

Resto interdetto.

“Ho come la sensazione che tu preferisca così, anche se a parti invertite. Purtroppo non sono ancora riuscita a farmi spuntare niente, tra le gambe.”

Ecco.

Questa donna finirà con l’uccidermi, uno di questi giorni.

 

*Inizio della seconda strofa di 1.9.9.6. degli After. Non riesco a fare una storia intera senza citarli almeno un centinaio di volte.

**@MyMuse: Si, quello del "Cielo Impressionista". Và che figura di merda mondiale quella volta xD

 

8.

Si può soffrire del complesso di Elettra nei confronti di un ex amante di tua madre?”
”Non saprei, io ci scopo, con l’amante di mia madre.”
”Sei gay?”
”NO! Cioè…no. L’amante di mia madre è una donna.”

Oggi Andrea ha accettato il bonus-kebab, e in questo preciso istante stiamo allegramente barboneggiando su una panchina dei giardini pubblici.

Lei è seduta sullo schienale, mentre io sono appoggiato ad una delle sue gambe.

Andrea, così si chiama, si è dimostrata meno rincoglionita di quanto credessi.

È una suffragetta mancata, hippy mancata, cantante mancata. Sembra sia finita in questo decennio per sbaglio.

E lo dimostra il fatto che si sia presa una cotta per un uomo di vent’anni più vecchio di lei.

“Guarda che non mi sconvolgo mica se sei gay.”
”Beh, un’eccezione conferma la regola, no?”
”Certamente.”

“E allora non sono gay.”

“…non l’ho capita, ma sta bene.”
Mi accendo una sigaretta.

“Ma insomma com’è che ti fai la donna di tua madre?”
”In realtà, è lei che si fa me.”

“Addirittura! E che fa, ti lega alla sedia e ti violenta?”

“Fidati, poco ci manca.”
”Ma dai!”
”Fidati, quella è una pazza. Ma non so che fare, perché se la mollo lo va a dire a mia madre e viene fuori un casino; e poi…”

“...una chiavata gratis non si rifiuta mai.”
”…esattamente quel che intendevo dire io.”

“Voi maschi pensate solo a quello.”
”Non è colpa mia, assecondo soltanto i miei bisogni. Se lo facessero tutti ci sarebbe meno tensione, a livello mondiale. Il sesso, anche senza sentimento, fa bene al corpo e allo spirito. Per non parlare dell’autostima. La gente sarebbe meno stressata, meno incazzosa, molto più rilassata se facesse sesso regolarmente.”

“E tu senti di essere calmo, tranquillo, rilassato?”
”Beh, perlomeno sono appagato.”
”Contento tu.”

“Non mi lamento eccessivamente, mettiamola così. Piuttosto, con il professorino? Che vuoi fare? Proporre una versione moderna di Lolita?”

“Sarei troppo vecchia e troppo consenziente. E soprattutto, non credo di scatenargli irresistibili pulsioni sessuali”

“Ne sei certa? Perché…”

“Certissima!”

“…perché di solito, quando ti danno del pedofilo, cerchi di smentirlo, non di confermarlo. Di solito, quando la tua ex ti accusa di aver insidiato la figlioletta, non cerchi di coinvolgere la suddetta in tutto quel che fai. O no?”

“Beh, è solo protettivo nei miei confronti.”

“Secondo me sogna un regale banchetto tra le tue gambe.”
”ANDREA!”

Mi tira una quadernata in testa. È stata per tutto il tempo a scrivere su di un Moleskine nero.

Quasi quasi mi sento importante.

“Questa, almeno, è la mia impressione di maschietto arrapato. Poi vedi tu. Non mi pare un’idea così rivoltante.”
”Farsela con un professore o banchettare tra le mie gambe?”

“Beh, se ho capito qual è…direi entrambe.”

“Sei un porco.”

“Grazie, davvero. È uno dei più bei complimenti che mi abbiano mai rivolto.”

“Sai, non tutte le ragazze sono come quelle che conosci te. Ce n’è ancora qualcuna che pensa, prima di agire.”
Le cingo una gamba.

“E fanno male.”

 

9.

“Cuore mio, mi spieghi cos’hai?”

Ma perché dev’esser così oca.

“Niente mamma, t’ho detto. Sono solo stanco.”

Sfiancato è il termine giusto.

“Mi ha detto Alessia che oggi non sei venuto a pranzo. Come mai?”

Dio che ansia.

“Sono rimasto fuori a pranzo con gli altri della mia classe. Sai, andavano tutti insieme in pizzeria, non volevo fare il solito asociale.”

“Bene tesoro, mi fa piacere. Da quando siamo qui hai socializzato molto.”

Eh già.

“E sono anche certa che hai trovato una fidanzatina.”

Cristo, fidanzatina. Manco avessi tre anni. E poi il congiuntivo, che cazzo.

Mi merito questa tortura?

“Dici mamma?”

“Eh si, sei tutto così…con la testa da un’altra parte…”

Eh si. Proprio alla fidanzatina, penso.

“Chissà, magari hai ragione…”

Certo, magari.

“Oh! Davvero?!? Lo sapevo che facevi strage di cuori! Sei proprio come la tua mamma.”
Che mi tocca sentire.

“E chi sarebbe la fortunata?”

Inventarsi qualcosa, e alla svelta.

“E’…una della mia classe.”

Non so perché, ma inizio a raccontarle di Alice, di come sia bella, di come mi renda felice. Le racconto come ci siamo conosciuti, come abbiamo fatto l’amore (almeno nella mia mente), il modo in cui gioca con i capelli, in cui tiene la penna, in cui sorride.

Mamma mi guarda sorridente. Forse è la prima volta che la vedo pienamente soddisfatta di me.

Se solo fosse vero.

“Se vuoi, puoi portarla a cena, domani. Anzi, dille pure che è ufficialmente invitata dalla mamma del suo fidanzatino. E se non accetta mi offendo, eh!”
Alle volte ho il dubbio di essere dentro ad un film.

Dell’orrore.

 

10.

 

Ci mettiamo insieme? Si ৻ No ৻ Sono Lesbica  ৻

Devo essermi bevuto il cervello definitivamente.

Alice mi guarda smarrita.

Ci mettiamo insieme? Si ৻ No ৻ Sono Lesbica  ৻ Solo se mi costringi con la forza ■

La terza casella era barrata a matita, poi cancellata.

Ottimo.

Facciamo così, se ti metti con me ti regalo un lecca lecca. Sennò mi metto a piangere e mi butto per terra.

Andrea, ti sei infilato una scatola di pastelli nel cervello, per caso?

Mia madre s’è convinta che sono fidanzato. Per non deluderla le ho detto la prima cazzata che m’è venuta in mente. Si tratta solo della cena di stasera. Domattina puoi mollarmi e chiedermi gli alimenti, se vuoi.

Aaah, ecco.

Fa i versi anche per iscritto.

E perché le hai parlato di me?

Cazzo mi invento?

Perché sei la mia unica amica, testina.

Sembra soddisfatta della risposta.

Va bene. Ma non ti aspettare baci o effusioni varie. Mi lascio abbracciare, fattelo bastare.

Chi s’accontenta gode.

Ho appena firmato la mia condanna a morte.

 

 


Insomma, che casino... Io, siore e siori, non so che altro inventarvi, davvero! La mia fantasia ha un limite.

Ma non l'ho ancora raggiunto.

Con il prossimo post raggiungerò il fondo, e finalmente sarò degna del mio rating (anche se Alessia non scherza eh...)

Stay Tuned.

:)

  
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