E io, la faccia usata dal buonsenso,
ripeto 'Non vogliamoci del male',
e non mi sento normale."
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Molto tempo fa, si
era sentito dire che era un predestinato.
L’eccezionale e inarrestabile talento, l’intelligenza, la grandezza d’animo:
tutto si aspettavano grandi cose da lui. Un futuro da conquistatore? Sarebbe
diventato il dominatore delle Cinque Grandi Terre? Avrebbe soggiogato tutti i
Paesi nemici?
Minato Namikaze sentiva di avere dentro di sé
un’unica esigenza, un unico destino.
La pace.
Anni ed anni a forgiare il suo carattere, a preparare il suo spirito, il suo
corpo, perché sapeva che un giorno sarebbe arrivato il momento di fare qualcosa
di decisivo, per le sorti del mondo.
Un allievo fenomenale, un caposquadra di ineccepibile bravura, un maestro senza
eguali: fino a quel momento, Minato aveva passato la sua vita a fare le cose
giuste, in attesa di fare quella più giusta di tutte, che attendeva da una
vita.
Incredibilmente, mentre raccoglieva le forze, tra le frustanti code di fuoco di
kyuubi, gli comparve davanti agli occhi il viso di
suo figlio che rideva, e la voce di Kushina
“povero piccolo, ha preso la mia faccia da scemo!Chissà se
sarai una specie di alieno perfettino come il tuo
papà, uh? ”
Gli scappò una risata assolutamente fuori luogo; d’altra parte, quando si
trattava di Kushina, la risata era per lui naturale
come respirare.
Kyuubi si voltò verso di lui, avvertendo l’enorme
massa di chakra che Minato stava raccogliendo: si
fissarono per qualche istante, immobili ed immensi, ciascuno a suo modo.
Nell’inferno di fuoco che ne seguì, Minato era consapevole, con un certo
sollievo, che nessuno potesse vedere il suo viso rigato di lacrime.
Lui era l’Hogake, era la guida e il sostegno del
villaggio, nessuno doveva vedere la sua umana debolezza al pensiero di ciò che
lasciava, andando incontro al suo destino.
Nessuno.