Ci
Sono Anch’io
Io
di risposte non ne ho
mai
avute e mai ne avrò
di
domande, ne ho quante ne vuoi
È assurdo quanto le persone si possano ingannare su una cosa semplice come la sicurezza personale.
Per esempio, io sono considerato generalmente una persona tanto sicura di me da essere quasi irritante. Eppure, se qualcuno mi guardasse meglio, saprebbe perfettamente che è tutta una posa.
Non ho certezze. È così difficile da ammettere? Non ho nessuna certezza, e non credo di averne mai avute. Forse il concetto stesso di certezza è talmente relativo che non ne avrò mai.
In compenso, sono curioso: tutto quello che mi circonda è talmente meraviglioso che vorrei sapere tutto di esso, conoscerlo come il mio migliore amico, saper rispondere a tutti i dubbi che mi vengono ogni tanto.
In conclusione, non ho risposte, ma ho una miriade di domande.
e
tu,
neanche
tu mi fermerai,
neanche
tu ci riuscirai
io
non sono
quel
tipo di uomo e non lo sarò
mai.
Dozzine di persone mi hanno sempre spinto a cercare di essere meno curioso, di fare meno domande, di preoccuparmi per meno cose, ma hanno miseramente fallito: non sono decisamente quel tipo d’uomo. Non è nel mio carattere, punto.
Se voglio sapere una cosa, se voglio ottenerne un’altra non mi fermo finché non l’ho ottenuta o saputa, e nulla può cambiare questo stato delle cose.
Nemmeno tu, nonostante a volte riesci addirittura a farmi vacillare.
Non
so se la rotta è giusta o se
mi
sono perduto ed è
troppo
tardi
per
tornare indietro così
meglio
che io vada via
non
pensarci, è colpa mia
questo
mondo non sarà mio.
Non so se questo metodo è giusto o se ho sbagliato per tutta la vita e ormai ne sono così imbevuto da non riuscire a trarmene fuori. So quello che voglio e sono risoluto ad ottenerlo.
È uno dei motivi per cui, nonostante sia parte integrante dello strato sociale di questa scuola, ne sia completamente estraneo. È uno dei motivi per cui i Malandrini sono quattro e non di più, per cui siamo un gruppo chiuso.
Non
so
se
è soltanto fantasia
o
se è solo una follia
quella
stella lontana laggiù
Ho detto di avere molte curiosità. È la pura verità, ma i miei obbiettivi sono complessivamente meno. La maggior parte delle volte, sono in grado di raggiungerli semplicemente impegnandomi al massimo, dando tutto me stesso, sforzandomi con le unghie e con i denti fino a quando non sono riuscito ad arrivare.
Sono come dei fuochi che ardono dentro e lontano da me, li vedo brillare e li sento ardere, e sono l’unico ad esserne cosciente. A volte non so se questi “obbiettivi” che mi pongo siano realmente tali o se sono semplicemente una mia ossessione, una qualche follia dovuta all’età, al carattere, alla curiosità.
Però
io
la seguo e anche se so
che
non la raggiungerò
potrò
dire
ci
sono anch’io
Eppure io continuo a vederli e li perseguo con una ostinazione che ha dell’incredibile.
E infatti li ho raggiunti tutti, da quando ero più piccolo ed ho deciso di imparare a essere ambidestro a anni dopo, quando ho deciso di diventare un animago. Direi che non è un obbiettivo da poco, no?
Fino ad ora, ce n’è uno solo che non sono riuscito a raggiungere, che ho la netta sensazione che non riuscirò mai a raggiungere, e questo obbiettivo ha nome, cognome, probabilmente codice fiscale, tratti somatici decisamente gradevoli e una lingua dolce e tagliente ad un tempo.
E a questo punto, io so per certo che non mi importa più raggiungere questo obbiettivo, lo voglio solamente seguire e anche se so che non potrò mai portarlo a compimento, avrò almeno la sensazione di non aver lasciato niente di intentato.
Perché so che lasciar perdere sarebbe il più grande sbaglio della mia vita.
Non
è
stato
facile perché
nessun’altro
a parte me
ha
creduto
Veramente pochi altri riescono a capire questa fissa.
Anzi, rettifico, non c’è nessuno che riesca a capirla. Nemmeno Sirius, nonostante sia il massimo conoscitore dei miei pensieri. Persino Remus, con tutta la sua sbandierata perspicacia, si meraviglia di vedermi perseverare.
La mia è una chimera, un’utopia, tutti ne sono perfettamente consapevoli e quindi non credono in un simile obbiettivo.
In effetti non è affatto facile, non ho potuto contare su alcun tipo di assistenza, e devo dire che può essere parecchio difficile.
però
ora so
che
tu vedi quel che vedo io
il
tuo mondo è come il mio
e
hai guardato
nell’uomo
che sono e sarò
Perciò è stato con il massimo stupore di… sempre… che ti ho vista arrivare, quel giorno. Non sapevo che il mio piccolo rifugio personale fosse anche il tuo.
Stavo pensando. Sì, sono perfettamente in grado di compiere questa attività, grazie tante.
Anche se forse dire “pensare” non renderebbe bene la sensazione che stavo vivendo. Ero distrutto. Abbattuto. Avevo la sensazione che il sole non potesse più splendere, che la terra non potesse più girare. Che la terra non avesse più il diritto di girare.
Quella mattina, il mio mondo, il mio vecchio mondo, era morto.
Mio padre era stato portato via da quella guerra, e io non avevo potuto fare niente per evitarlo. Credo di essermi raramente sentito tanto inutile. Eppure avevo conservato la mente lucida, non so come. Non ero annebbiato, confuso o distratto dal dolore. Non era un dolore cocente, come quelli che ogni tanto raccontano nei romanzetti, era un martellare freddo, gelido che dal petto irradiava in ogni arto.
Quando ho visto di te una parte di me era stupita, perché non me lo aspettavo, e ad un’altra non importava. Non so se sarei riuscito a riscuotermi se non avessi visto sul tuo viso un’espressione che era lo specchio perfetto del mio.
Non sapevo che vedere un altro me stesso, sul tuo viso, mi avrebbe fatto così male, ma è stato così. Non ho provato propriamente dolore per te, ho provato dolore per me stesso, e per il fatto che ti sentivi come me.
È stata la prima volta che siamo stati in grado di guardarci in faccia senza urlarci addosso, senza nemmeno parlare, senza abbassare lo sguardo. Tu sapevi per istinto quello che provavo io come io sapevo per istinto quello che provavi tu.
Non c’è stato bisogno di nessuna parola.
Ci comprendevamo alla perfezione, nessuno dei due piangeva, nessuno dei due urlava, eppure eravamo assolutamente e imprescindibilmente identici nel nostro dolore.
Ricordo che mi hai porto una lettera scritta con una grafia spigolosa e brusca, e quello che ho letto mi ha fatto ancora più male.
Lily,
stai alla
larga dalla mia famiglia!
Mio
padre è morto, ed è
stato il tuo mondo,
il tuo schifoso, repellente e anormale mondo a ucciderlo! Te ne rendi
conto,
vero? Se non era per te, non ne saremmo mai venuti a contatto, non
sarebbe mai
esistito per noi e papà sarebbe ancora vivo.
Spero
che tu sia soddisfatta di te stessa.
Non
venire al funerale.
Non
credo che gli assassini vadano al funerale delle loro vittime.
Petunia Dursley
Quando ho alzato gli occhi, ho incontrato immediatamente i tuoi, duri come non credevo potessero diventare, i pugni tanto stretti da sbiancare le nocche, le labbra serrate. Ho sentito le mie mani stringersi a pugno su quella lettera infame, avrei voluto strapparla, distruggerla, eliminarla completamente dalla tua mente, perché ogni singola parola era falsa, bugiarda, traditrice.
Non hai detto niente contro quella donna che osava scriverti in questo modo, ti sei limitata ad osservare: «Mia madre è morta l’anno scorso, per infarto. E io non ero lì a porgerle un rimedio.»
Stringerti forte per le spalle è stata la cosa più naturale del mondo, restare in silenzio mentre le tue spalle venivano scosse dai singhiozzi che finalmente ti eri decisa a far uscire un dovere.
Quando ho sentito la tua mano aggrapparsi alla mia, ho finalmente capito che anche tu sapevi quello che sapevo io.
Ti
potranno dire che
non
può esistere
niente
che non si tocca o si
conta o si compra perché
chi
è deserto non vuole che
qualcosa fiorisca in te
Quando ho cominciato a parlare stava già calando il tramonto, erano ore che restavamo in silenzio, senza dover dire niente, erano ore che tu avevi smesso di piangere, eppure non ci eravamo mossi, non ci eravamo staccati, non ci eravamo allontanati.
L’esordio è stato esitante, ma avevo instillato un senso di giustizia troppo forte per fermarmi, una volta cominciato. «Lo sai, non è vero?, che qualunque cosa possano dirti non è vero.»
Sei rimasta in silenzio, non mi hai interrotto e non hai continuato.
«Persone come quelle sarebbero capaci di dire qualunque cosa perché hanno paura delle persone come noi. Quelli che non capiscono né la fantasia, né la lealtà, né l’affetto solo perché non si possono mettere su una bilancia e misurare non sono in grado di accettarci perché hanno paura della profonda libertà che ci anima. Qualunque cosa succede, noi siamo più liberi di loro, nei nostri pensieri come nelle nostre azioni. E questo li spaventa tanto che cercano di soffocarci e di darci la colpa di tutto, per non doversi rendere conto che è la loro profonda mediocrità la causa di tutto.»
Ricordo che sei riuscita a sorridere, senza il solito splendore che ammiravo tanto ma molto più profondamente, un sorriso consapevole, divertito e amaro. Hai annuito alzando la testa verso li cielo, dove cominciavano a disegnarsi le prime stelle.
E
so
che
non è una fantasia
Non
è stata una follia
quella
stella la vedi anche tu
perciò
io
la seguo ed adesso so
che
io la raggiungerò
perché
al mondo
ci
sono anch’io
perché
al mondo
ci
sono anch’io
ci
sono anch’io
ci
sono anch’io
Guardare le stelle per me è sempre stato come fare il riepilogo dei miei obbiettivi. Questo è quello che ho raggiunto, quello è quello che devo ancora raggiungere. Oh, guarda, sembra ce ne sia uno nuovo…
Nessuno riusciva a vedere nel cielo quello che ci vedevo io. Gli altri potevano filosofeggiarci su, “irromanticirsici”, ma io ci conversavo come con un vecchio amico venuto a farmi visita, di nuovo.
Quanto tu hai cominciato a guardare le stelle, ho capito che ero sempre stato io ad avere ragione, a fissare i miei obbiettivi in cielo ed a continuare a perseguirli.
È stato guardando le stelle che hai detto, con la voce leggermente arrochita per il silenzio e il dolore: «Siamo in grado di fermarlo, James. Siamo in grado di fermarlo e non appena usciremo da qui, che io sia dannata se non lo faremo!»
Sì, anche tu vedevi quello che vedevo io.