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Autore: San e Rachel    15/12/2009    3 recensioni
Alcune persone cercano di vivere la vita senza peccato, per poter raggiungere la perfezione, per assaporare l'eternità e, alla fine di tutto, ritrovarsi in un posto migliore. Ma se la tua intera vita fosse già una dannazione eterna? Se non potessi cambiare le cose e fossi costretto ad un perpetuo tormento, vivendo sulla terra un inferno perenne?
Una guerra aperta da secoli, un nuovo nemico comune che mina le fondamenta di entrambe le razze, due gemelle che si troveranno a dover fare i conti con sentimenti proibiti ed un ragazzo che detiene la chiave della risoluzione della vicenda... ma saprà utilizzarla? Scontri, sangue, passioni, creature e leggende, perché questa canzone, intrisa di amore e morte, continui ad echeggiare per l'eternità.
«La guardò con terrore, gli occhi ora rossi di lei lo guardavano spietati, intanto che si passava la lingua sulle labbra e sui denti, due canini bianchissimi ed affilati spuntavano minacciosi, mentre la sua espressione indicava che stava già pregustando il banchetto: fu così che, probabilmente per la prima volta nella storia proprio sotto agli occhi di un cacciatore, un vampiro si era rivelato in ogni sua forma negativa.»
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1
"Possiamo credere che tutto quello che viviamo sia frutto solamente di una monotona vita come tutte le altre, specialmente in un paesino di provincia come il nostro, ma non si può nemmeno immaginare quali segreti possa nascondere una persona tanto vicina a noi."

A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 1


Era un vento funesto quello che soffiava sulla città, un vento che portava con sé solo essenza di morte e scompigliava i capelli rossi della ragazza seduta sulla balaustra, facendola rabbrividire non solo per il soffio gelido sulla sua pelle, ma anche per ciò che quel soffio le sussurrava alle orecchie: un qualcosa che non capiva, ma intriso di sangue, ne era certa. Tirò una grossa boccata dalla sigaretta che teneva tra le labbra, rosse di quel rossetto che tanto le piaceva, di una tonalità così simile ai suoi capelli e che si sposava benissimo con la carnagione pallida, bianca come forse solo un morto potrebbe essere. Osservò, con il limpido sguardo verdino, la figura seduta sull'altalena di fronte a lei e sospirò: «È strano questo vento freddo in questa stagione, vero?» chiese alla figurina minuta che continuava a dondolarsi fiaccamente su quel seggiolino. Quest'ultima, identica all'altra, se solo non fosse stato per i capelli rosa, gli occhi azzurri e la corporatura esile, quasi infantile, rispose con una scrollata di spalle ed un mezzo sorriso. «È tanto che c'è qualcosa di strano nell'aria, nee-chan.» rispose fermando l'altalena, puntellando i talloni sul selciato sotto di lei.

«Già, la stessa sensazione di quella volta.» aspirò un’ultima ampia boccata e gettò il mozzicone, raggiungendo la sorella. «Qualcosa sta cambiando, di nuovo.». Si lasciò cadere sull’altalena di fianco alla sua, imitandole il precedente gesto altalenante e fermandosi poi bruscamente ad osservare l’espressione della rosetta. Questa, dopo un attimo di smarrimento, alzò lo sguardo su di lei, annuendo afflitta, gli occhietti cristallini che brillavano. La rossa le sorrise dolcemente, allungando una mano in sua direzione, ad accarezzare la testolina rosa. «Andrà bene, io sarò con te e so che anche tu sarai al mio fianco. Sempre.». Le labbra di Hagumi si curvarono appena, in un sorriso dolce. «Sì.» rispose semplicemente, mentre anche sua sorella gemella ora sorrideva. Saltò in piedi, un sorriso ora a trentadue denti che le illuminava il viso, mentre porgeva una mano alla rosetta. «Suvvia, pensiamo a goderci i bei momenti finché ci sarà concesso. Che fai, vieni con noi?» domandò, indicando una Mustang nera alle sue spalle che frenava la sua corsa, intanto che un ragazzo si sporgeva dal finestrino, strombazzando ripetutamente il clacson e sbracciandosi in direzione delle due, subito imitato da una ragazza rossiccia.

«Mhh… » mugugnò la confettina, scuotendo leggermente la testa e declinando gentilmente l’offerta. «Len e gli altri mi attendono.».

«Non studiare troppo o il cervello non ti entrerà più nella testa!». Himiko le stampò un sonoro bacio sulla guancia, facendole l’occhiolino e avviandosi verso il gruppo di amici, che una volta caricata l’ultima arrivata, si affrettò a sgommare via.

 

***


Osservò il bel viso a pochi centimetri dal proprio, liberandosi facilmente dalla sua stretta, allentata dallo stato di profondo sonno in cui si trovava. Raccolse i vari capi gettati a casaccio per la stanza, indossandoli man mano che li trovava, e varcò la soglia uscendo dall’appartamento, senza voltarsi neanche una volta ad osservare il ragazzo assopito. Scese in strada, aprendo una lattina di birra avanzata dalla nottata e bevendone un’ampia sorsata, avidamente. Infilò il casco ed inforcò la sella della sua moto, seppur ancora leggermente brilla, aprì il gas, sgommando via alla velocità della luce. Si lasciò cullare dall’aria fresca del mattino, che le accarezzava la pelle, destandola completamente. Fu soddisfatta nel notare che arrivò al promontorio proprio in vista dell’alba; posteggiò il veicolo e scese, appoggiandosi alla palizzata, levando la lattina dalla tasca del giubbotto e assaporando nuovamente il gusto amarognolo della bevanda. Si arrampicò sulla staccionata e vi si sedette sopra, fermandosi ad osservare il gioco di colori aranciati del sole sorgente e il risveglio della città, rispondendo ora velocemente ad un sms.

«Perché te ne sei andata?!» una voce profonda, in quel momento piuttosto agitata, preceduta da uno stridio di freni.

Non si premurò nemmeno di voltarsi a guardarlo, sapeva benissimo chi era. Era ovvio. «E perché sarei dovuta restare?».

Lui la guardò incredulo, mentre la rossa voltava appena il capo in sua direzione, osservandolo nell’avanzata. «Pensavo… pensavo che avessi capito cosa provo per te… ». Himiko annuì appena, piegando la testa di lato, l’espressione per nulla sorpresa.

«Sì, lo so, mi dispiace.». «Ti dispiace?» domandò il moro incredulo «Ti ho dato tutto me stesso questa notte!»«Accidenti, mi sento onorata… » ironizzò la rossa, chiedendosi cosa si fosse messo in testa. Lui ci provava con lei da un paio di settimane, anche se aveva già sentito precedentemente tramite voci di corridoio della sua cotta per lei e, la sera prima, si era fatta rimorchiare ubriaca marcia ad un festino, l’aveva seguito a casa sua e l’avevano fatto. Quale dimostrazione di profondo affetto. Il ragazzo le si avvicinò ulteriormente, scavalcando la staccionata, approfittando dei pochi metri di terreno prima del precipizio, piazzandosi proprio di fronte a lei, cingendole la vita sottile.

«Dammi una possibilità, Himiko, ti prego. Lasciati andare per una volta, non scappare sempre dalle relazioni. Io… io potrei renderti felice!» Lei chiuse un momento gli occhi, sospirando, riaprendoli poi per osservare fieramente il moro, ferma sulla sua decisione.

«Non posso, Seiya.». «Perché?!» scattò lui, appoggiando ora le mani sulle sue spalle, scuotendola appena. «Dammi una ragione!».

«Chiamalo sesto senso.» ed era vero, non era spiegabile razionalmente il perché lui non andasse bene, ma sentiva ciò. E, ne era certa, nel momento in cui avrebbe trovato quello giusto, lo avrebbe saputo.

«Fottiti stronza, abbassa quella cresta da gallina che ti ritrovi!» scattò nuovamente il ragazzo, afferrandola ora per il colletto del giubbotto, l’espressione decisamente furiosa.

«Ehh, ma quanto amore che predichi!» sogghignò lei, stringendo di più la presa sulla lattina di birra e, con un gesto fulmineo, lo lavò da cima a fondo. Gli fece “ciao ciao” allegramente con la mancina, riscavalcando la staccionata e rinforcando la moto, mentre lui ululava per il bruciore agli occhi causato dalla bevanda.

Corse più veloce che poteva, aprendo il gas al massimo, posteggiando poi malamente davanti ad un edificio piuttosto elegante, ignorando le proteste del portiere e salendo le scale fino al quinto piano a tempo di record. Non le andava di prendere l’ascensore, l’attesa l’avrebbe uccisa. Arrivata davanti all’appartamento in questione, puntò il dito sul campanello, che trillò per due minuti buoni incessantemente. Quando la porta si aprì, trovò quelle due forti braccia pronte ad accoglierla, come sempre, e senza pensarci due volte vi ci si tuffò, liberando finalmente le lacrime.

«Ma che succede?» la voce impastata precedette la vista di un’arruffata testa bionda, che spuntò da dietro il divano, appendendosi al bracciolo per sollevarsi e sporgersi a sufficienza da osservare l’entrata della stanza.

La longilinea figura del bruno, si portò un dito sulle labbra, in segno ad uno dei due abusivi ospiti di tornare a dormire, mentre spariva con la rossa visibilmente scossa fra le braccia nella sua stanza da letto.
Un'altra voce assonnata provenne dai piedi del divano dove, su un futon, un altro ragazzo si stava svegliando «Che succede, Natsu?». Il biondo, ancora affacciato al bracciolo con lo sguardo profondo fisso sulla porta dove erano scomparsi gli altri due, fece spallucce «Torna a dormire Ryo, era solo quella rossa squinternata.» borbottò rituffandosi con la testa sul cuscino, con un grosso sbadiglio. «Himiko? Che ci fa qui, a quest'ora?». «Ha preso Oda per il suo psicologo.» commentò l'altro, ridacchiando, prima di tornare improvvisamente serio «Oda s'è un po' fritto il cervello con Himiko, che lo vede solo come un rifugio sicuro.» commentò atono ed algido, tanto che Ryo per un attimo si spaventò. Natsu non era lo spensierato di ogni situazione? Non concepiva quello strano cambiamento d'umore, ma non fece domande, sentiva che era meglio lasciar correre. Il bruno si accese una sigaretta, porgendo il pacchetto anche all’amico, offrendogliene una, sapendo che l’avrebbe rilassato. Alzò appena il busto, puntellando il peso sulle braccia, osservando la porta della stanza di Oda.

«Io penso che ti sbagli, in ogni caso.» tirò un’ampia boccata, giocando a fare dei cerchietti con il fumo che fuoriusciva dalla sua bocca. «E che dovremmo levare le tende, era già contrario ad ospitarci stanotte.».

Natsu lanciò un'altra occhiatina a quella porta, prima di scrollare le spalle e accendere la sigaretta. «Se io mi sbaglio, non devono fare nulla, ergo noi possiamo rimanere. » sorrise appena, non aveva la minima voglia di tornare dai suoi, in quella casa dove veniva continuamente additato come inutile, superfluo, non voluto. Era stufo di quella situazione, ma era anche troppo pigro per iniziare a lavorare part-time e permettersi un appartamento suo, perciò quando poteva sfruttava l’ospitalità di Oda. Il bruno scosse la testa, spense la sigaretta nel posacenere sul tavolino di vetro, si alzò, infilando i pantaloni, e si avviò alla porta. «Beh, io comunque è meglio che vada, ci vediamo al locale. Buona fortuna!» ridacchiò appena e lasciò l’appartamento. Il biondo aspirò il suo ultimo tiro alla paglia, prima di rispondere al cellulare che aveva iniziato a vibrare incessantemente.
«Nami? I tuoi sono usciti? Ah, perfetto, arrivo.» terminò la telefonata e si rivestì, seguendo l’esempio di Ryo, ma pronto per un’altra lunga mattinata, decisamente più appagante.



***

 

Chiuse lo sportello del cellulare, sospirando appena alla lettura dell’sms della gemella. Infilò le ballerine rosa, borsa in spalla, e si avviò fuori di casa, raggiungendo a piedi la biblioteca comunale.

«Buongiorno signorina Tanaka.» salutò educatamente la bibliotecaria, riconsegnando alcuni libri e si avviò in direzione del suo tavolo preferito, quello vicino all’enorme finestra che dava sul giardino. Fu sorpresa, però, di vederlo occupato, soprattutto visto l’orario mattutino. Sgranò gli occhietti cerulei ed abbassò gli occhiali sul naso, per mettere a fuoco la figura che aveva preso il suo posto.

Rimase stupita nel constatare che il ladro di tavoli era qualcuno che conosceva, se non bene, comunque abbastanza. D'altronde come avrebbe potuto non conoscere il cugino di Natsu, con cui il suo biondissimo migliore amico passava maggior parte del tempo a scuola e anche fuori? In realtà si chiese com'era possibile essere così fortunati, dopotutto era tempo ormai che Shiki la incuriosiva e, spesso e volentieri, si era soffermata ad osservarlo: lei in aula era al primo banco accanto alla finestra, amava i posti accanto alle finestre, e nella scuola dalla pianta a forma di C squadrata, chi poteva essere se non lui che siedeva accanto alla finestra di fronte alla propria? Quante ore passate a sognare, osservando quel ragazzo un po' pigro dal buffo codino a forma d'ananas, che sbadigliava sonoramente durante una lezione o addirittura dormiva con le braccia sul banco e la testa abbandonata su di esse. Quei modi di fare strafottenti erano per lei come il miele per le api, l'attiravano inesorabilmente, e anche se non aveva mai avuto occasione di parlare con lui a quattr'occhi, le piaceva. Probabilmente, proprio perché era così diverso da lei, ma nel frattempo tanto simile. Lei era la classica ragazza un po’ secchiona, amava leggere i libri, a scuola aveva sempre voti alti ed era appassionata di medicina. Passava la maggior parte del suo tempo in biblioteca, da sola o con gli amici, ad imprimere tutte le sue forze nello studio, sognando di diventare medico. Lui, invece, per quanto svogliato fosse, era sempre nei primi posti della classifica nazionale e lo ammirava ed invidiava allo stesso tempo per questo.

Era sempre seconda a scuola, sempre. Per quanto s’impegnasse, c'era sempre lui sopra di lei nelle classifiche di metà e fine trimestre, nonostante tutti gli sforzi, superarlo era impossibile. Perché lei era una secchiona, lui invece un genio di natura. Ma questo non le provocava rabbia, non le portava odio, né rancore. Avrebbe invece voluto studiare con lui, capirne il segreto più profondo, almeno per sfiorarlo, per provare a raggiungerlo e fargli capire "Ehi, ci sono anch’io!". Voleva solo che la notasse, solo questo. Sospirò e si portò al tavolo, spostando la sedia attenta a non fare rumore, per non disturbarlo, ma lui si distrasse lo stesso. Alzò lo sguardo dal suo libro e la osservò un istante, indecifrabile, poi tornò a leggere, senza dire nulla. Quando lui distolse gli occhi, si rese conto che aveva trattenuto il respiro e che era rimasta a mezz'aria, a pochi centimetri dalla sedia, senza riuscire a sedersi né muovere un solo muscolo, incatenata da quelle due pozze nere.

«Se è un problema… ». «No.» esordì solo lui, precedendola sulla domanda. «E poi è il “tuo” posto.».

Hagumi si ritrovò a guardarlo piuttosto spaesata, mentre finalmente lasciava andare il corpo ad occupare il posto sulla sedia. Allora era a conoscenza della sua esistenza e perfino di una sua piccola abitudine. Si ritrovò a sorridere incredula e piacevolmente sorpresa, mentre apriva il grande libro, preso poco prima da uno scaffale vicino, alternando lo sguardo dalla lettura a lui, cercando di non darlo a vedere.

Si sentiva piuttosto accaldata, le gote erano due pomelli rossi e i denti torturavano quel povero labbro inferiore che, poverino, in tutto questo era innocente, ma da qualche parte doveva scaricare quell'ansia di parlargli, chiedergli tutto di lui, perdersi in lui, perché non aveva il coraggio di spiccicare mezza parola e la situazione stava diventando esasperante.

Dopo neanche cinque minuti, che per lei sembrarono un'eternità, Shiki alzò lo sguardo nuovamente e la guardò con la solita espressione, apatica e indifferente.

«Ehi.» disse solo e lei sussultò, urtando con la mano la propria borsetta in piedi sul tavolo, che cadde in avanti e rovesciò tutto il proprio contenuto, o almeno parte di questo, sul libro aperto di Shiki, che guardò il tutto stralunato.

«Oh. Oh, cielo, scusami, raccolgo subito tutto!» disse alzandosi in piedi ed aggirando il tavolo, portandosi accanto alla sua sedia e raccattando i vari oggetti frettolosamente. Qualche ciocca di lunghi capelli rosa ed ondulati di tanto in tanto lo sfiorava, lui ne prese una e l'avvicinò al volto e lei si bloccò, cercando di sembrare impassibile, in realtà il suo cuore era diventato un tamburo e a momenti le avrebbe perforato il petto. Si voltò a guardarlo, proprio mentre lui inspirava il profumo dei suoi capelli. «Come immaginavo, eri tu.» disse atono, alzando lo sguardo sul volto di lei «Sentivo un forte profumo di frutti di bosco, mi chiedevo da dove provenisse.» Non aggiunse molto altro, lasciò andare i sottili fili rosa e chiuse il libro con un tonfo, alzandosi in piedi. «Ci si vede in giro.» disse solo, prima di allontanarsi. Hagumi cadde indietro e dovette sostenersi con le mani sul bordo del tavolo, per non cadere a terra. Cos'era appena successo?


***


Il periodo dei primi caldi raggi del sole sembrava terminato con quella giornata tanto afosa e spossante. Si portò una mano davanti agli occhi, coprendo la forte luce che esso emanava. Quel clima tanto torrido sembrava amplificare all’infinito i suoi peccaminosi pensieri, che parevano doverlo condannare per sempre ad una vita sicuramente piena di agonia. Lo perseguitava, da troppo ormai. Tirò un sospiro, portandosi alle labbra la bottiglietta d’acqua e bevendo avidamente il suo contenuto e poi, ancora la sua immagine. Strinse con forza l’oggetto che aveva fra le mani, rabbioso, sfogando tutto il suo tormento su quell’insignificante e sfortunata bottiglia, gettandola bruscamente nella pattumiera al di là del cespuglio. Attraversò il piccolo ponticello che lo conduceva alla fine del parco, tratta necessaria per raggiungere la sua casa, soffermandosi solo pochi istanti ad osservare la sua immagine riflessa nel laghetto. Il viso si contorse in una smorfia di dolore, mentre disgustato probabilmente più da se stesso che da altro, distolse lo sguardo, tornando a puntarlo sulla via da seguire, quasi fosse uno strano scherzo del destino. La via da seguire, insomma, non era una scelta sempre molto semplice nella vita di una persona. Una folata di vento gli scompigliò i capelli castani, rinfrescandolo dal caldo del sole estivo che picchiava insistentemente quel pomeriggio. Sistemò meglio la tracolla della borsa e rimboccò le maniche della divisa scolastica, mentre quell’antipatica sensazione si faceva sempre più forte, preparandolo mentalmente a ciò che sarebbe successo da lì a pochi secondi.
«TESORO MIO!» la voce acuta e cristallina quasi gli perforò il timpano destro, mentre un peso morto gli si appese al collo. «Che bella coincidenza incontrarti!».
«Non posso dire altrimenti, Naoko… » bofonchiò il brunetto, cercando di far mollare la presa alla ragazza, che al contrario si faceva sempre più forte. Naoko strusciò il suo viso affettuosamente contro la guancia di Shin, facendogli le fusa, totalmente in estesi.
Una risatina nervosa si alzò alle spalle dei due, mentre una testolina rosa faceva capo ansimante, con un ginocchio sbucciato. Quando l’amica aveva visto il suo adorato fratellone da lontano, aveva iniziato a correre alla velocità della luce per raggiungerlo il più in fretta possibile, seminandola letteralmente. Lei di conseguenza aveva tentato di inseguirla ma, sbadata com’era, era ovviamente caduta e si era ferita. Irritante. Sì, notevolmente seccante.
«Shinicinuccio mio!» continuò la bella moretta, sbattendo alla velocità della luce le palpebre, provocando quasi un fruscio percettibile con le lunga ciglia nere e lasciando andare finalmente la presa al collo del ragazzo. «Non dirmi che stavi già andando a casa, dai vieni a divertirti un po’ con noi! Stavamo andando a bere qualcosa da Pink Tiger!» continuò, appendendosi subito al suo braccio per evitare che il ragazzo sfuggisse alle sue grinfie.
Shinichi lanciò un'occhiata veloce all'orologio da polso, quindi alzò lo sguardo sulla sorella dai capelli color confetto che era appena sopraggiunta.
«Mh... veramente... sono appena uscito dai corsi e devo andare al part-time... » cercò di trarsi d’impaccio, ben conscio di stare per ricevere l’ennesima strigliata riguardo ai suoi continui ed incessanti impegni. Impegni peraltro di cui aveva bisogno intensamente, per cercare di distrarsi dal non commettere quel terribile ma tanto ambito peccato.
Naoko, infatti, non lo fece neanche finire, sbuffò sonoramente e mise il broncio. «Da quando abiti da solo, non ci degni più di uno sguardo... finché eri a scuola con noi, passavi ogni momento in nostra compagnia... ma da quando sei passato all’università, sei diventato peggio di un fantasma! La cosa più comica è che la tua scuola è annessa al nostro liceo! Odio questo cambiamento!»
Shin sorrise un po' colpevole e appoggiò una mano sulla testa della mora, arruffando leggermente la sua lunga chioma, per consolarla. «Mi dispiace, sarà per la prossima... ehi sorellina!» il braccio si abbassò allontanandosi da Naoko quasi meccanicamente, mentre Hagumi li guardava un po' contrariata. «Ti odio Shin... ogni volta che Naoko ti vede, per inseguirla, prendo una caduta. » sbottò, prima di sorridere con infinita tenerezza al fratello «Tutto bene? Sono un paio di giorni che non ti fai sentire a casa, mamma é preoccupata... » lo sguardo del bruno sembrò farsi colpevole, forse perché lo era davvero.
«Lo so, son stato parecchio preso dai corsi e dal part-time… dille che sto bene e passerò a salutarla uno di questi giorni.» rispose distratto, perdendosi intensamente nelle iridi azzurrine di Hagumi per qualche secondo, osservando poi la sua splendida figura contornata da quei magnifici ed inusuali capelli rosa, prima di ridestarsi dai suoi inquietanti pensieri.
«Mh… » mugugnò incerta la confettina, osservando con un cipiglio il fratello «Guarda che se non passi non si offenderà solo mamma! Non puoi almeno raggiungerci dopo il part-time? Anche Himiko e gli altri saranno là, anche a lei farebbe piacere vederti ogni tanto!
».
Shinichi si lasciò scappare un’espressione leggermente tra il divertito e il contrariato, senza però scomporsi eccessivamente «Himiko?! Stiamo parlando della stessa persona? Son convinto che non appena mi vedrebbe inizierebbe ad urlarmi addosso, tentando di darmi qualche calcio per qualche assurda ragione! Come sempre del resto… ».
Se Shin e Hagumi avevano un rapporto totalmente affettuoso e maturo fra loro, con Himiko era un altro paio di maniche. I due passavano la maggior parte del tempo a litigare ma, lo sapeva bene Hagumi, era il classico comportamento di due fratelli, in fondo quei due si volevano bene e Shin soprattutto lo dimostrava quando qualche ragazzo si avvicinava troppo alla sorellina, iniziando ad abbaiare totalmente infastidito. Con la confettina era però molto diverso, decisamente troppo. Loro non avevano il comportamento di due fratelli e questo molto spesso le faceva male e le pesava fortemente, era un po’ invidiosa del rapporto fra i due, perché per quanto fosse dolce con lei, Shin si dimostrava sempre piuttosto distaccato, come se avesse paura di avvicinarsi troppo a lei. Ma paura di cosa poi? Non riusciva a trovare risposta e il tormento le rosicchiava il cervello ormai da mesi.
«Beh... allora nulla... buon part-time... » disse solo, cercando di nascondere la nota di delusione, facendo spallucce e salutando con un cenno della mano il ragazzo. Si congedò, lasciando che Naoko lo salutasse nel suo modo scoppiettante, mentre già aveva dato loro le spalle e si allontanava, l'amica la raggiunse più in là. Odiava vederli salutarsi, le dava brutte fitte al cuore e non trovare mai un perché o una risposta esauriente a questa situazione le provocava un senso di profonda frustrazione.

***

Aprì piuttosto bruscamente la porta del locale, sedendosi al bancone e ordinando un piatto di bignè alla crema e un frappé alla fragola. Una figurina esile uguale a lei, si avvicinò picchettandole una mano sulla spalla.
«Yo, brutta giornata?
» ridacchiò la rossa, portandosi una ciocca dei lunghi capelli dietro l’orecchio e sedendosi al suo fianco. «Guarda che per quando salirò sul palco, ti voglio carica ed energica, perché devi esser lì sotto a tifare per me e la mia band!».
Hagumi alzò lo sguardo sulla ragazza, mentre due lacrimucce iniziarono a pungerle gli occhi, e si lasciò cadere con la testa sulla spalla di sua sorella gemella. La rossa scrutò attentamente la sorellina, poi sospirò.
«Ok, ok… ho capito tutto… » fece un cenno al barista e ordinò una cioccolata calda in aggiunta al già ricco menù di Hagumi, capendo bene che alla sorella ci sarebbe voluto ben più di qualche bignè e di un frappé per riprendersi dall’incontro con il loro fratellone.
«È... é... un ghiacciolo... gelido... brutto, scemo, cattivo, antipatico... » continuò così per cinque minuti buoni, alla ricerca degli aggettivi più svariati, con Himiko che la teneva tra le braccia e le dava pacchette rassicuranti sulla testa e dietro la schiena in fallimentari tentativi di consolarla, con la consapevolezza che se avesse acchiappato Shin mentre era in giro in moto, lo avrebbe investito senza alcuna riserva.
«Su su… se ti fa sentire meglio la prossima volta che lo vedrò, lo prenderò a calci più duramente del solito!» sorrise entusiasta, ben felice di poter aver una scusa per aver la meglio su suo fratello.
Di conseguenza Hagumi la guardò notevolmente contrariata, per quanto potesse essere antipatico con lei, Shin non andava toccato! Era pur sempre il suo adorato Shinichi, o no?
Poi una risatina sfuggì anche a lei e la soffocò sulla spalla di Himiko. «Pff... beh dopotutto se li meriterebbe... » si riprese, infine, sciogliendo l'abbraccio e guardandosi attorno. «Dove sono tutti?» chiese, ma li individuò ancor prima di ottenere risposta. «Oh eccoli!» Un tavolo poco più in là ospitava tutto il gruppo, formato dagli amici di Himiko un po' alternativi e da quelli di Hagumi un po' nerd e secchioni, alla fine nonostante le differenze avevano fatto tutti amicizia con il tempo, probabilmente proprio grazie alle gemelle.
«Già, che ne dici di raggiungerli? Devo lavorarmi un po’ Akira, il nuovo arrivato, è troppo un asso con la chitarra, ci farebbe comodo nel gruppo… e poi… è un gran bel pezzo di… insomma guarda che razza di sedere si ritrova!» una scintilla maliziosa negli occhi smeraldo della rossa, lasciò tutto a intendere alla confettina su quali fossero i perversi pensieri che alleggiavano nella mente di sua sorella, non poté che scuotere la testa rassegnata. Himiko era veramente incorreggibile quando si parlava di ragazzi, ma non poteva darle torto riguardo al fascino di questo. Non era il suo tipo, certo, ma non era sicuramente da buttare nemmeno per i suoi gusti: piuttosto alto, sul metro e ottanta, esile e sempre con il fisico in mostra, grazie alle camicie con i primi bottoni slacciati. I capelli lisci e scalati, lunghi fino alle spalle, andavano a incorniciargli il viso, risaltando gli occhi color del ghiaccio, ancor più messi in mostra dalla matita nera immancabile. La rossa si avviò tutta contenta in direzione degli amici, tendendo la sorellina saldamente per mano e trascinandosela dietro, pregustandosi già l’appagante visione del nuovo arrivato. Tutti salutarono calorosamente l'ultima giunta, mentre tra Len e Sunako si creava lo spazio per far sedere la rosetta.
«Tutto bene, Haguchan? Ti sei ripresa?» chiese la prima un po' preoccupata per la sua migliore amica. Len era una ragazza molto matura, nonostante la sua giovane età faceva quasi da mamma a tutti, il che certe volte poteva risultare molto scocciante. La cosa curiosa era che, sebbene il suo aspetto angelico, andasse in giro vestita unicamente di nero, come se stesse in lutto perenne. Ad osservarla, in effetti, la sua espressione sembrava appartenere ad una persona in prossimità di avviarsi a un funerale, ma quando sorrideva, era radiosa come il sole e questo suo lato Hagumi lo adorava, perché quel piccolo gesto quando apparteneva a Len sapeva trasmetterle sempre tanta energia positiva. La ragazza appoggiò una manina sulla spalla di Hagumi per farle sentire che le era vicino, regalandole uno dei suoi famigerati sorrisi, e la rosetta sorrise di rimando, grata. «Sì, sto bene, solo un abbattimento temporaneo, sai che... » non poté terminare il discorso che l'urlo inferocito di Himiko spezzò la quiete e si espanse per tutta la sala. Il batterista non era ancora arrivato e pochi minuti dopo sarebbe iniziato il piccolo concertino live nel ritaglio di tempo che il Pink Tiger concedeva loro ogni giovedì sul tardo pomeriggio, prima che arrivassero band più prestigiose per la serata.
«Dove diavolo è finito quell’idiota?!» urlò adirata mentre Natsu, il chitarrista del gruppo, tentava di farla calmare. Cercò di fermare la sfuriata della ragazza, che era in procinto di lanciare una sedia, bloccandole le braccia, ma mancò la presa e finì per tastarle il seno, prendendosi di rimando un pugno sul naso e facendola inferocire ancora di più. Il biondino, totalmente affranto e ora arrabbiato quanto la rossa, mantenendosi il naso dolorante corse in direzione di Hagumi, abbracciando la confettina e cercando conforto in quell’anima dolce che tanto adorava.
«Ah fortuna che ci sei tu… » sospirò in estasi, strusciando la pallida guancia su quella tanto morbida di Hagumi «Su due gemelle almeno una doveva uscire come si deve… AHIA!» non poté continuare la frase che cacciò un urlo di dolore, ricevendo in pieno viso uno stivale appesantito da manette e mille accessori di Himiko.
Il ragazzo tornò a litigare con la rossa, mentre Hagumi tirò un sospiro e continuò a dedicarsi alla sua cioccolata, ordinata in precedenza dalla sorella, ignorando gli insulti che i due avevano iniziato a scambiarsi e tornando a chiacchierare allegramente con Len. Inutile dire che sarebbero andati avanti almeno per mezzora a bisticciare, come ormai consueta abitudine, quindi tanto valeva dedicarsi a faccende più piacevoli. Nel frattempo anche Naoko li aveva raggiunti e aveva preso a torturare la povera Sunako a suon di “Shin è troppo figo, è l’amore della mia vita, ma è uno stupido a darmi sempre buca” e altre sciocchezze simili. Sunako era esattamente l’opposto caratterialmente a Naoko e forse per questo andavano tanto d’accordo… o per meglio dire, Naoko parlava e Sunako annuiva silenziosamente ascoltando pazientemente le sue chiacchiere finché non si fosse sfogata, decisamente sottomessa. In ogni modo il pomeriggio continuò piuttosto piacevolmente, arrivò anche il batterista ritardatario, che si prese una tirata d’orecchie memorabile da Himiko. Il concerto fu molto gradevole, sorvolando sulle fans di Natsu che puntualmente guardavano Hagumi in cagnesco, quando il ragazzo le dedicava qualche commento o un’occhiata dal palco, ammiccando. Nonostante i suoi gusti musicali totalmente differenti, Hagumi doveva ammettere che la sorella e il suo gruppo erano veramente molto bravi e apprezzava davvero la loro musica. In qualche strano modo, quella gran pazzoide era anche riuscita a convincere quell’asociale di Akira ad entrare nella band come seconda chitarra. Quel poveretto era stato messo talmente alle strette dalla rossa, che non aveva potuto far a meno di accettare, pur di non sentir più le sue strabilianti e fasulle teorie di come sarebbe diventata notevolmente magnifica la sua vita se fosse entrato a far parte dei Lucky Rain. A show concluso, la confettina prese ad avviarsi verso il back stage del locale, per congratularsi con Himiko e gli altri ragazzi, ma finì per cadere rovinosamente a terra, sbucciandosi anche l’altro ginocchio. Alzò la faccia da terra, mentre due lacrimucce presero a farle DIN-DON-DAN dagli occhi azzurrini, quella era una giornata NO!
«Ahia… » si lamentò una voce alle sue spalle, mantenendosi lo stomaco dolorante «Non guardi mai dove metti i piedi?» le domandò adirato un ragazzo moro con il codino, scrutandola con delle profonde ed ipnotizzanti pozze nere, e alzandosi faticosamente da terra in tutto il suo metro e ottanta.
Hagumi si alzò di scatto, totalmente imbarazzata, inchinandosi davanti al giovane e scusandosi per la sua sbadataggine. «Scusa Shiki, non ti avevo proprio visto… ma anche tu, non potevi trovare un posto migliore per metterti a schiacciare un pisolino?» domandò con un cipiglio, arrossendo lievemente. Ogni volta che vedeva quel ragazzo, il suo cuore perdeva un battito… era cosi, così… maledettamente misterioso e affascinante! Peccato che lui non la filava minimamente e rubargli due parole era già un dono dal cielo, poiché sembrava dare importanza solo a suo cugino Natsu.
Il moro corrucciò lo sguardo, rimuginando sul fatto che forse la ragazza potesse anche aver ragione, sospirando scocciato. «Beh, poco importa, stavi andando dagli altri? Ti accompagno, imbranata come sei, sono sicuro che saresti capace di perderti o di rischiare di uccidere qualche altro povero malcapitato!» le sorrise beffardo iniziando ad incamminarsi, mentre il viso di Hagumi si tinse bordeaux per l’umiliazione. Lo seguì in silenzio, nel retroscena, con la mente un po' annebbiata, senza aggiungere altro; e niente vi era da aggiungere, infatti, come rifiutare il suo invito? Fosse stato per lei, lo avrebbe seguito fino in capo al mondo.


***

Un mattino soleggiato, le gemelle non avrebbero potuto chiedere di meglio per l'esperienza che stava per iniziare. Un mattino come un altro di metà Agosto, precisamente un venerdì, finalmente si partiva per il tanto ambito campeggio scolastico, a cui tutti gli studenti, o quasi, della loro scuola superiore avrebbero preso parte. Ovviamente era troppo sperare che le due arrivassero puntuali, perché se Hagumi era precisa e puntuale come un orologio svizzero, altrettanto non poteva dirsi di Himiko, che aveva scordato di preparare la valigia la sera prima e aveva dovuto fare tutto in fretta e furia prima di partire.
«Spero vivamente tu non ti sia scordata nulla. L'ultima volta non è stato piacevole doverti prestare persino lo spazzolino!» borbottò la rosata, precipitandosi verso l'entrata della scuola dove i pullman erano tutti ormai pieni e pronti alla partenza, nell’attesa solo degli ultimi ritardatari.
«Minamoto rosa e Minamoto rossa!!!» urlò adirata la professoressa di matematica, gracchiando in direzione delle due ritardatarie e sventolando istericamente qualcosa che assomigliava tanto a un libro della sua stessa materia.
Una mano si posò sulla spalla della donna che sembrò calmarsi in un istante, il viso intanto si tingeva di una fiammante gradazione porpora.
«Professoressa Hitsuya, non le fa bene agitarsi così. » la voce fredda e leggermente roca del giovane uomo sembrò ipnotizzarla seriamente.
«Oh professor Shibata… sono sempre in ritardo quelle due!» il tono della sua voce suadente, al contrario di quello che avrebbe dovuto avere.
Lui guardò l’orologio che portava al polso, volgendo poi lo sguardo sulle due giovani che entravano di soppiatto in uno dei pullman in partenza, cercando di evitare il rimprovero della professoressa.
«Faremo meglio ad affrettarci anche noi, se non vogliamo rimanere qui.» Sorrise beffardo alla donna e si avviò nello stesso bus su cui le due gemelle Minamoto si erano appena accomodate.
Come sempre, figlie predilette della fortuna, avevano individuato proprio il pullman giusto, quello dove almeno parte dei loro amici aveva preso posto. Salirono le scalette dell'entrata sulla fiancata posteriore e furono liete di trovare il solito gruppetto di casinisti in fondo ad esso.
«Uh, c'è posto accanto a Len. Come al solito la evitano, dicono porti sfiga.
». Borbottò la signora in rosa a sua sorella, infastidita.»Vado io a tenerle compagnia, ok?» le lanciò un'occhiata in segno di scuse e la mollò lì, in cerca di un posto singolo ancora vuoto. Per ironia della sorte, questo si manifestò poco dopo, proprio accanto al carissimo Natsu. Le tempie di Himiko iniziarono a pulsare con veemenza, mentre con un sorriso tirato si avvicinò al ragazzo chiedendo se era libero.
Ovviamente non attese risposta e si sedette tranquillamente di fianco al ragazzo, non prima di mettere il borsone di proporzioni megagalattiche che si portava appresso sul ripiano per le valigie, urtandolo con lo stesso.
«Ooops, scusa biondino!» sorrise beffarda e per nulla dispiaciuta, voltandosi subito in direzione di Akira seduto proprio dietro di lei, levandogli un auricolare e prendendo subito la scusa di ciò che stava ascoltando per attaccar bottone e provarci con lui, com’era ormai sua abitudine fare.
Natsu, ancora interamente sonnolento, mugugnò qualcosa e sembrò decidere per una volta di metter da parte l’orgoglio e lasciar correre, girandosi dall’altra parte e riprendendo sonno. Dopo alcuni minuti che si godeva il bel momento con Akira, però, Himiko si voltò verso il biondino al suo fianco con aria totalmente sorpresa.
«Sei finalmente andato a farti fare il vaccino contro la rabbia?» domandò divertita, notando che il ragazzo sembrava per la prima volta non voler attaccar briga con lei. La cosa era quasi seccante.
Natsu si voltò annoiato verso la rossa e sbuffò borbottando la prima cosa che gli venne in mente: «No, sono solo depresso perché la signora sfiga ha voluto farmi iniziare questo viaggio accanto a te, anziché alla gemella giusta. Quella carina e dolce per intenderci, non la psicopatica con manie ossessivo-compulsive, malata di provarci con tutti i bei faccini che incontra, compreso un certo tizio seduto qui dietro in questo momento!» chiuse il becco e si voltò nuovamente verso il finestrino, lasciando che la ragazza reagisse alla doccia fredda delle sue parole.
«La gelosia è una brutta bestia, te l’ha mai detto nessuno?» lo ripescò lei, afferrandolo con un buffetto sulla guancia e costringendolo con questo a girarsi, per continuare ad urlargli addosso totalmente imbestialita. «Se hai le tue cose, non dovresti prendertela con me! Va a sederti accanto alla gemella perfetta se tanto ci tieni!
».
La rossa mise il muso, rubò di mano il lettore mp3 ad Akira, cuffiette annesse, non lasciando neanche al poveretto il tempo di replicare, isolandosi totalmente con la musica a massimo volume. Si permise solo di dire un’ultima frase al biondino, levando un auricolare in caso di eventuale risposta, prima di decidere di ignorarlo completamente.
«E comunque è la mia signora sfiga, non la tua!».
«No, farò una cosa migliore, per evitare che sua maestà possa disturbare qualche altra povera anima. Ti mando tua sorella e vado a sedermi accanto alla Shimada... tanto più sfiga di così!» ribatté il ragazzo, alzandosi dal suo sedile per fare come detto. Ma a quanto pareva quel giorno gli scherzi del destino non finivano così. Nel passare tra lei e il sediolino dinnanzi a lei, cadde in seguito ad una brusca frenata dell'autista; quando riaprì gli occhi, il suo viso affondava in qualcosa di morbido e profumato. Profumo di abiti puliti e... due seni?
Un urlo che rimbombò in tutto il pullman, facendo voltare tutti i presenti verso i due, riecheggiò per due minuti buoni insieme ad un rumore di schiaffi. Inutile dire che Natsu si era ritrovato con un viso totalmente rosso e gonfio in seguito ad una cascata di cinquini della rossa, che aveva il volto tanto rosso di rabbia quanto d’imbarazzo. Hagumi scosse la testa totalmente scandalizzata, da quando sua sorella era diventata così pudica da fare tante storie per una palatina da un ragazzo? Casuale per di più… insomma stando ben chiari, non che lei approvasse i comportamenti che solitamente Himiko aveva con il mondo maschile, ma si era trovata in situazioni sicuramente più imbarazzanti di quella di una semplice toccatina! 
«Ti odio brutto idiota!!!» gli urlò per finire la rossa, scaraventandolo con una spinta contro il finestrino del pullman ed allontanandosi visibilmente scossa per obbligare la sorella, che sicuro non gliel’avrebbe negato, di far cambio di posto.
Nel giro di un minuto Hagumi era accanto a Natsu e gli passava amorevolmente sul viso un fazzolettino bagnato per rinfrescare le sue guance che bruciavano di dolore. «Scusala... é un po' manesca, ma non è cattiva sai; però un po' te la sei cercata, si può sapere che volevi fare?». Lui sbuffò, piagnucolando appena «Volevo solo venire da te e chiederti di fare cambio posto, non é colpa mia se il conducente di questo rottame non sa guidare!». Hagumi sorrise comprensiva, bagnando il fazzoletto con un altro po' d'acqua fredda della bottiglietta, tirata fuori dalla borsetta termica che aveva preparato per conservare gli spuntini preparati da lei stessa quella mattina, prima della partenza.
Natsu tirò su un po’ con il naso, finendo subito di fare il bambino. Accanto a lei, alla sua migliore amica, non riusciva proprio ad essere un perfetto idiota come a volte pareva comportarsi. Era ironico perché, malgrado passasse più tempo con Himiko per via dei Lucky Rain, aveva da subito legato con Hagumi e, a dire il vero all’insaputa di tutti, avevano stretto una profonda amicizia. Con la gemella dai capelli rossi, contrariamente, non riusciva proprio ad avere un particolare feeling, certo forse era anche vero che non avevano mai cercato di parlare seriamente, ma sembrava quasi che ad entrambi uscisse naturale litigare in continuazione e alla fine, a quanto pareva, la cosa stava bene ad entrambi. L’unica parte strana del rapporto con Hagumi, invece, era solamente il fatto che era più facile far finta di essere il solito farfallone incallito qual era e far credere a tutti di avere una cotta per lei. Sarebbe stato troppo difficile far credere che lui riuscisse ad avere una ragazza, molto bella tra l’altro, solo per amica e non avesse nessun reale desiderio di portarsela a letto.
«Secondo me dovresti seriamente provare ad addomesticarla, è un’animale! Non ho mai conosciuto una persona così odiosa, non fosse che facciamo parte dello stesso gruppo ed è veramente una vocalist eccezionale l’avrei già mandata al diavolo!» borbottò quasi più fra sé e sé, visibilmente incavolato nero. «Anzi, a dire il vero non riesco ad avere feeling con lei nemmeno nella musica! Ogni volta che cerchiamo di comporre una canzone, deve sempre finire per provocarmi, dannata di una! Il fatto che sia brava e che accompagnare la sua voce con la chitarra è una goduria, non leva il problema!
».
Hagumi lo lasciò sfogare, ben sapendo che il ragazzo doveva semplicemente smaltire la rabbia, anche se non era sicura che questa volta gli sarebbe passata in fretta come al solito, così com’era certa non sarebbe passata velocemente ad Himiko, l’espressione shockata che aveva visto sul volto della sorella l’aveva vista in precedenza ben poche volte e non portava nulla di buono, anche se ancora non capiva la forte reazione della rossa.
All’incirca un’ora più tardi raggiunsero la meta dove avrebbero campeggiato. Era una bella zona, comprendente lago e fiume dove avrebbero potuto rilassarsi e rinfrescarsi, dietro i bungalow che sarebbero stati assegnati a gruppi, in tutta la sua maestosità, si eleggeva un boschetto dall’aria quasi magica. Al centro di tutte le cascine, infine, si trovava il campo principale comprendente cucina e mensa, docce e terme, sul retro campi da tennis e da calcio. Non appena tutti gli studenti scesero dal pullman, fu assegnato loro un foglio comprendente tutte le istruzioni con il gruppo quindi anche il bungalow a cui appartenevano, turni di pulizie, cucina, ed affini sarebbero stati appesi alla bacheca. Hagumi sbuffò un pochino, l’aria decisamente preoccupata, il cottage, che era stato a lei assegnato, era proprio quello più vicino al bosco e, si ritrovò a pensare, se fosse apparso un fantasma? Rabbrividì un poco, cercando di contenersi. Fortuna che l’avevano messa di gruppo con Len, notò piacevolmente. Ogni cascina comprendeva dieci studenti, di cui due per stanza e lei era proprio finita con la sua migliore amica. 
«Grazie dea bendata!» ululò fra sé e sé totalmente piena di gioia.
Notò che anche a sua sorella era andata bene, capitata in stanza con la sua migliore amica Misa, anche se da parte di Hagumi non era certa fosse una buona cosa, ogni volta che Himiko stava con quella ragazza finiva per mettersi nei guai. Era certa che, visto soprattutto l’umore della rossa, per colpa di Misa sarebbe finita ubriaca nel giro di un’ora e avrebbero fatto irruzione nel bungalow di qualche ragazzo. Non riusciva ancora a capire come quella ragazza riuscisse sempre a procurarsi alcool e a nasconderlo perfettamente perfino ai controlli dei docenti. Poteva quasi far concorrenza al mago Houdini! Scosse la testa, decidendo di non pensarci, salutò con un cenno della mano Natsu e il suo gruppo di amici e si avviò insieme a Len nella loro stanza. Aprirono la porta scorrevole e, per delusione di Hagumi, non poté far altro che notare la freddura di quella camera, semplice, tradizionale e così…
«Vuota… » si lasciò scappare in un sussurro, notevolmente rattristata, anche se era una cosa aspettata. Sembrò, però, riprendersi in un attimo, aprì la cerniera del suo gran borsone rosa confetto e ne estrasse una coperta dello stesso colore, che posò sul futon destinato a lei, sorridendo ora beata. «Insomma, non è molto, ma… » arrossì lievemente, che sciocca forse ad un’amante del nero come Len la cosa sarebbe risultata fastidiosa.
Len la guardò, sorridendo serena, sedendosi sul futon accanto al suo. «Diciamo che fa già più casa, hai fatto bene a portarla.» le riferì sincera. Hagumi le sorrise di rimando, realmente grata. Ahhh, quanto l’adorava, lei, quella ragazza. Era così dolce e pensare che tutti la evitavano solo per quel look dark, che stupidi, non sapevano che persona squisita si stavano perdendo. «Dunque a quanto pare per stasera non abbiamo nessuna attività particolare da svolgere, possiamo rilassarci alle terme se ti va… anche se… ahhh non vedo l’ora dell’ultima sera per la prova del terrore!» accentuò l’ultima parte con un urletto eccitato, mentre la povera confettina non poteva far a meno di sbiancare. La prova del terrore, accidentaccio, ma perché ad ogni gita scolastica si divertivano ad inventarsene una? Ogni volta finiva per ritrovarsi qualche capello bianco dalla paura che prendeva! I suoi pensieri colmi di terrore furono però interrotti da una schiarita di voce alle proprie spalle. Sia Hagu, che Len, si voltarono incuriosite e rimasero sorprese nel vedere la figura di Himiko, appoggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate, e Misa di fronte a lei, appoggiata all'altro lato dello stipite, nella stessa posa teatrale.
«Sorellina! Come mai qui? Anche voi in questo cottage?» chiese sorpresa, prima di entrare in stanza aveva intravisto anche altri amici, possibile fossero capitati quasi tutti lì? Chissà se anche lui... ? Quasi a leggere i suoi pensieri, la rossa confermò la sua domanda. «Sembra che ci siamo tutti, ma proprio TUTTI!» accentuò l’ultima parola con vago fastidio, facendo segno con la testa in direzione di Natsu e Shiki che erano appena entrati dalla porta principale e li stavano raggiungendo per occupare la loro stanza, proprio tra quelle delle due gemelle e rispettive amiche. «Gli altri sono già tutti in camera e ironia della sorte, ho una sorpresa per te sorellina… non indovinerai mai chi è il sorvegliante del nostro cottage… Shin è qui!».
«Davvero?» chiesero Hagumi e Len all'unisono, prima di voltarsi l'una verso l'altra. Len arrossì e distolse lo sguardo. Hagumi sorrise con dolcezza, conosceva da tempo la cotta che la sua migliore amica aveva per suo fratello. Si alzò in piedi ed avvicinandosi, le diede una pacca sulla spalla «Meno male, eh, Len?». L'amica non disse nulla, ma l'espressione di tutti si pianificò, quando gli urletti di Naoko la piattola confermarono le parole di Himiko.
«SHIIIINCHAAAAN!
»«Ecco l'oca... » Sbottò Misa, infastidita, mentre Himiko faceva spallucce. Non c'era molto da fare, il prezzo da pagare per avere Shin con loro era quello di doversi sorbire anche Naoko.
Ne fece capo uno Shin piuttosto scocciato, con una Naoko al collo che dondolava allegramente senza intenzione di staccarsi. Il ragazzo decise di non dar peso alla cosa. Si portò il fischietto alle labbra, assordando tutti i presenti e soprattutto la moretta, richiamando i ragazzi nelle camere ad uscire.
«Buongiorno a tutti ragazzi, sono Shinichi Minamoto, il vostro sorvegliante. Per qualsiasi dubbio o problema che abbiate, domandate a me, la mia stanza è quella in fondo al corridoio. Vi ricordo che per le undici dovrete essere tutti qui e per le undici e mezza le luci dovranno essere spente. Detto questo, buon divertimento!».
«Come siamo formali fratellone… » ridacchiò Himiko, tirando un copino sulla nuca del ragazzo e salutandolo affettuosamente «Come te la passi?».
Shin la guardò esterrefatto, come se la risposta non fosse ovvia, mentre indicava Naoko ancora appesa al suo collo «Tu che dici?» .
Himiko rise all'espressione corrucciata del fratello, quindi si allontanò con Misa, avevano altro a cui pensare e non avevano voglia di continuare a sentire gli schiamazzi della ragazza. Shin si affacciò nella stanza di Hagumi e Len invece, per controllare che tutto andasse bene, dopo essere riuscito almeno a convincere Naoko a scollarsi qualche attimo per il gran caldo.
«Tutto bene, qui?» chiese con lo sguardo totalmente fisso sulla sorella, riservò per Len solo un veloce cenno del capo, che fece comunque arrossire la ragazza, la quale a causa dell'imbarazzo, per alzare la mano e ricambiare il saluto, urtò un posacenere su di un tavolino, che cadde sul piede di Hagumi, facendole cacciare un urletto di dolore. «Ahioooo! Che cosa cavolo... » la rosetta abbassò lo sguardo sull'oggetto pesante che era volato giù dal ripiano, prima di alzare lo sguardo su Shin e ridacchiare «Sì, come vedi, tutto bene qui... a parte i soliti danni che combiniamo... » come se ciò dovesse rincuorarlo!
«Capisco… mi raccomando, se avete bisogno di qualcosa, non fatevi problemi a chiamarmi… » come calamitato da quello sguardo azzurrino, non riusciva proprio a muovere un passo dalla soglia della porta, si affrettò quindi a dire la prima cosa che gli passò per la mente, giusto per non risultare un perfetto idiota. «Quali turni di lavoro vi sono capitati?» la domanda più interessante del mondo, sicuramente, si ritrovò a pensare dandosi ora veramente del perfetto idiota.
«Lavori? Orari? Ah, sì, quelli appesi in bacheca!» rispose la confettina dopo aver rimuginato un po'. «Non ci siamo ancora passate... andiamo adesso, anzi, vero Len?» si voltò verso l'amica che acconsentì. Si piegò per recuperare il posacenere e riporlo al suo posto, quindi si avviarono assieme verso la porta. Nell'uscire sfiorò con le dita quelle della mano del fratello, questo provocò un brivido ad entrambi, ma mentre lui era rimasto scosso dalla cosa perché era davvero da tanto che non aveva neanche un minimo contatto con Hagumi, lei cercò di non badarci troppo. Altrimenti sapeva che il suo cuore sarebbe scoppiato. Fece finta di nulla per se stessa, per il suo cuore e per l'amore segreto di Len.


***


Guardò suo cugino che disfaceva svogliatamente il borsone, mentre si rilassava sul suo futon, perso come sempre nei suoi mille e più pensieri. Osservò attentamente i movimenti di Natsu, quasi ogni capo che prendeva in mano gli cascava a terra e, irritato, lo lanciava in malo modo nell’armadio.
«Si può sapere che ti prende? Non starai ancora pensando alla litigata con la Minamoto spero… » domandò seriamente preoccupato per l’umore del biondo, che stranamente non si era ripreso neanche dopo tutto il viaggio accanto alla sua adorata Hagumi. «Se neanche l’altra Minamoto è riuscita a tirarti su l’umore, immagino sia davvero grave… ».
«Himiko e Hagumi! Si chiamano Himiko ed Hagumi! Perché diamine non impari mai i nomi? Sei snervante!» Sbottò questo voltandosi a guardare il cugino in malo modo, prima di ricominciare a svuotare il borsone buttando tutto nell'armadietto alla rinfusa. Mannaggia a quell’Himiko, la guancia gli pulsava ancora dal dolore al solo pensandoci. Shiki sospirò, prima di sbadigliare annoiato. «Certe volte sembri una femmina isterica, Natsu, datti una calmata... » lo rimbeccò prima di sdraiarsi e, portando le mani dietro la testa per appoggiare il capo moro, chiuse gli occhi per rilassarsi meglio. Tutto quel vedere Natsu agitarsi era stancante. «E poi i nomi li so, solo che non mi fa differenza chiamare in un modo o nell'altro... neanche le conosco e non voglio averci nulla a che fare. Sono strane, c'è qualcosa in loro che... mi puzza... ».
«Qui l’unica cosa che puzza sei tu! Non pensare minimamente che la mia adorata Hagumi puzzi!» sbottò ancor più adirato Natsu, poi arrossì di botto, ricordando che quella mattina era caduto su Himiko ed aveva avuto modo di sentire il profumo dei suoi vestiti e dei seni. Scosse la testa, schiaffeggiandosi mentalmente il viso. Che diavolo gli saltava in mente?!
«Ma che hai capito?!» saltò su Shiki, alzandosi ed avviandosi alla finestra, scrutando il paesaggio esterno «Hanno qualcosa di strano quelle due… ».
Natsu interruppe un attimo lo schiaffeggiamento mentale e si voltò a guardarlo, incuriosito dalla cosa. «Qualcosa di strano? Beh una é tutta rosa da testa a piedi e l'altra veste solo maculato ed ha i capelli dello stesso colore di un fanale, ma a parte questo io le trovo piuttosto normali!». Shiki sospirò e lo guardò sconsolato «Beh, giacché tu vesti come un pagliaccio, immagino non possa essere altrimenti... » lo prese un po' in giro, niente di più.
«Ehi! Io ho uno stile tutto mio e spettacolare, non osare insultarlo! Ricordati che le ragazze mi venerano anche per questo!» bofonchiò non seriamente arrabbiato, sapeva benissimo che il cugino si divertiva così, anche se non gli perdonava di farlo a sue spese.
«In ogni caso, mister monocromatico, cosa ci vedresti di così strano in quelle due?» domandò seriamente incuriosito. Shiki assottigliò lo sguardo, voltandosi a guardare il cugino, l’aria seriamente preoccupata. «Non ne sono ancora sicuro, in ogni caso meglio tenerle d’occhio, quando stai con loro resta in allerta… ».
«Mh... se lo dici tu… » rispose il cugino, stranito. «Beh» riprese Shiki «Io vado a controllare i miei turni di pulizie, ti lascio finire di disfare i bagagli». Uscì dopo un semplice cenno d'assenso di Natsu, richiudendosi la porta alle spalle e lasciandolo solo a riflettere sulle indicazioni che gli aveva appena dato.


***


«Sì, tranquilla, avviati senza di me, torno subito!» furono le parole di una Hagumi che si allontanò frettolosamente da Len per tornare in stanza a recuperare lo zainetto con gli affetti personali che preferiva tenere con sé, come portafogli, cellulare e via discorrendo. Percorse trafelata il lungo corridoio e nello svoltare l'angolo andò a sbattere contro qualcuno.
«Ma possibile che mi finisci sempre addosso, Minamoto? Sei un danno... » La voce era conosciuta. Arretrò di un passo e guardò Shiki come si guarda un quadro di Van Gogh: ammaliata. «Oh... s... salve... così anche tu sei qui... » cercò di attaccare bottone, non voleva farsi sfuggire un'altra occasione per parlare con lui.
«Sfortunatamente sembrerebbe di sì… » affilò lo sguardo, guardandola in ogni suo dettaglio probabilmente, come la stesse studiando. Hagumi arrossì, lievemente imbarazzata. «Ho qualcosa di strano?» domandò innocentemente. Shiki scosse la testa, distogliendo per un attimo lo sguardo. «A prima vista nulla.» si limitò a rispondere, tornando sui suoi passi ed allontanandosi dalla confettina, ma lei non lo lasciò scappare così facilmente. Che cosa voleva intendere con quella frase?
«Ehi aspetta, che cosa intendi con "a prima vista nulla"?!» domandò preoccupata, estraendo dalla tasca della gonna lo specchietto che portava sempre con sé e osservando il suo riflesso, cercando qualcosa di strano sul suo viso. Shiki si lasciò scappare un sorriso, seriamente divertito dalla reazione della ragazza.
«Nulla che intendi tu, non ti preoccupare.».
Lei lo guardò sorpresa, poi sospirò e ripose lo specchietto al suo posto. «Ti sembro forse strana?» chiese poi, insistendo un po'. Voleva capire i suoi pensieri, ne aveva bisogno, per sentirsi di almeno un passo più vicina a lui.
«Non penso tu sia strana. Sei una persona originale, certo... ma non é questo il punto.
». Abbassò lo sguardo, puntandolo dritto negli occhi azzurrini di lei. Rimasero così qualche secondo, guardandosi fisso «È come se ci fosse qualcosa in te che non riesco a spiegarmi, come se nascondessi un segreto troppo più grande di te... » si zittì improvvisamente però, alzò lo sguardo oltre la ragazza ed incontrò il viso del professore di biologia. E ancora, da un angolo, svoltò anche il fratello della confettina. Bloccavano il corridoio e così, entrambi i nuovi giunti, si fermarono alle spalle della ragazza. «Oh, sembra quasi che ci siamo dati appuntamento qui.». Disse scherzoso Shiki e Hagumi, che nel frattempo era arrossita come la polpa di un cocomero, si voltò di scatto capendo che qualcuno era alle sue spalle. Si sorprese nel vedere Shin, una sorpresa che la mise a disagio. E ancora di più andò in confusione, quando vide Hiro, o meglio, il professor Shibata. Oh, mio dio, era accerchiata! Il fratello con cui aveva un rapporto troppo oltre la parentela, il ragazzo che le piaceva e il professore per il quale provava una grande stima, così bravo, così bello, ne era infatuata e... maledizione, ma di quanta gente era preso il suo mutevole cuore? Brutta situazione. Doveva trovare una scusa per fuggire: «Io andrei a... » attimi di silenzio, mentre muoveva una manina verso destra, come per indicare che doveva proseguire per di là, ma non ricordava nemmeno cosa era tornata a fare. 
«Forse a controllare i tuoi turni di lavoro?» domandò ironicamente Hiro, arruffandole leggermente la lunga chioma. Hagumi per poco non svenne dalla gioia, arrossì di botto e andò in tilt totale.
«Ah... Eh… sì, sì proprio quello… credo… ohhh… » si coprì con le manine lattee il viso ormai in fiamme, accidenti se quello era il paradiso che nessuno osasse svegliarla!
Shin si avvicinò alla sorella, l’aria totalmente gelosa, poi guardò il bel professore e si rivolse a lui. «Anche noi avevamo qualcosa da fare!» bofonchiò visibilmente scombussolato dalla reazione della sorella nei confronti di due ragazzi che non erano lui. Sentiva il cuore che gli stava scoppiando di dolore, che sensazione orribile la gelosia.
«Sì, Minamoto, ero venuto appunto a cercare tua sorella!» rispose il professore dai capelli albini e sottili come fili argentati, rispondendo al fratello visibilmente geloso a vista di Shiki ed Hiro, probabilmente Hagumi era proprio l'unica a non essersene resa conto. «Hagu, si tratta dell'articolo riguardante il campeggio che dovrai scrivere per il giornale della scuola, vieni nel cottage dei professori alle diciannove, che ci saranno anche gli altri per discutere i punti che dovrai affrontare, d'accordo?» la ragazza annuì e il bel Shibata si congedò con un solo cenno del capo. Lei lo guardò adorante finché non svoltò l'angolo, poi rinsavì e fece spallucce. «Scusate ragazzi, ho mollato Len da sola, mi sono scordata. Shiki poi lo continueremo quel discorso eh... ciao ad entrambi!» Fece un cenno della manina e sparì come il suo predecessore. Shin rimase a bollire di rabbia, affianco a Shiki, che lo guardò perplesso, prima di roteare gli occhi. «Minamoto, l'incesto é una cosa illegale, lo sapevi?» borbottò prima di andarsene pure lui, mollandolo lì da solo. Shin rimase sorpreso di quelle parole. Ma l’aveva scritto in fronte? Abbassò lo sguardo, con un'espressione infinitamente triste. «Lo so anch'io, cosa credi... ».


***
 

Allontanò un ramo che si parò davanti, per aprire il passaggio alla riva del fiume, aveva bisogno di rilassarsi e stare un attimo per conto suo. Era davvero di pessimo umore, ma quella volta non ci riusciva a sfogare tutto facendo finta che alcool e feste potessero farla stare realmente meglio. Si sedette su un enorme masso sulla riva del fiume, quindi si levò gli stivali ed immerse i piedi nella fredda acqua, ignorando totalmente di stare bagnando le autoreggenti nere, sarebbe stato troppo complicato levarsi tutto. Alzò lo sguardo al cielo, assaporando il calore del sole che stava ormai affievolendo per l’arrivo della notte ed ascoltando il canto dei grilli che avevano iniziato a uscire allo scoperto. Chiuse gli occhi, come a voler imprimere quel momento nella sua mente, quando il rumore di alcuni rametti spezzati la fece mettere in allerta e voltare nella direzione da cui proveniva.
«Ah sei tu Akira, che spavento mi hai fatto prendere!».
«Chi pensavi che fosse, un vampiro?» Chiese lui sorridendo mellifluo, prima di avvicinarsi e sedersi al suo fianco, senza accorgersi che la sua battutina l'aveva fatta sussultare. «Che ci fai qui? In genere sei una festaiola, sempre in cerca di svago e confusione... » era seriamente sorpreso, tant’era che l'aveva seguita apposta, incuriosito dal suo allontanarsi in completa solitudine dal camping. Lei scrollò le spalle, ma non disse nulla, non sapeva cosa avrebbe potuto dirgli. Che anche i festaioli avessero bisogno di stare da soli, talvolta? A questo poteva arrivarci da solo. Però apprezzò non poco il suo interessamento.
«E tu, invece, che ci fai qui?» domandò lei, come se già non lo sapesse. Era semplicemente curiosa di sentirglielo dire e non era certo cosa di tutti i giorni. Lui sorrise, sedendosi accanto a lei, imitandola levando gli stivali e mettendo a mollo i piedi nel fiume.
«Acc… come fai? È gelida!» domandò sorpreso, levandosi subito dalle fredde acque.
Lei ridacchiò un pochino, quasi nervosamente.
«Oh, sono un animale a sangue freddo, io.» Gli fece una linguaccia, continuando poi a sorridergli.
Lui scosse il capo, sorridendo «Già, immagino che se i vampiri esistessero sarebbero loro a dover avere paura di te.» Poi un altro sussulto impercettibile da parte della giovane, che dissimulò con un colpetto di tosse «Hai la carnagione così bianca, i capelli così rossi... potresti sembrarlo sai, un vampiro intendo. » Si avvicinò solo un po' al suo volto, per osservarla meglio «Le labbra, i denti bianchissimi... scommetto che da questa distanza, se mi sorridessi, potrei scorgere i canini affilati!».
Himiko sobbalzò, allontanandolo con una leggera pressione della mano. Poi rise.
«Ma dai, che vai dicendo, così mi metti in imbarazzo! E poi… » assunse uno sguardo malizioso, guardandolo dritto negli occhi «… con questo tuo atteggiamento potrei quasi pensare che tu sia ammaliato da me e che finalmente le mie avances nei tuoi confronti abbiano dato i suoi frutti… 
».
Il moro la guardò un po’ imbarazzato, non sapendo bene cosa risponderle, ma lei riprese a ridere, spezzando la tensione, levando i piedi dall’acqua e alzandosi in piedi, lo sguardo rivolto verso il tramonto.
«Guarda, è veramente stupendo… pensa che brutto, se davvero fossi un vampiro, non potrei apprezzare certi piaceri della vita, come questo bel tramonto del resto… ».
Anche Akira si alzò, ma non si voltò verso il tramonto. «E chi dice che la leggenda dei vampiri che s’inceneriscono al sole debba essere vera?» chiese enigmatico, smuovendo un passo verso la rossa, che colta di sorpresa arretrò. Un paio di passi e si trovò ad inciampare in una radice che usciva dispettosa dal suo posto nel terreno. «ATTENTA!» si affrettò ad allungare un braccio e cingerle la vita, tenendola su, fin troppo accostata al suo corpo. «Ti sei fatta male?»
«N-no… » disse in un sussurro lei, aggrappandosi meglio al suo petto, mentre la testa iniziava a girarle fortemente «Sei veramente interessato ai vampiri eh? Come mai?».
Lui rise divertito, portando anche l’altra mano sui suoi fianchi.
«Beh, è un argomento che mi ha sempre interessato e tu… mi ricordi molto uno di questa razza, tutto qui. Non son convinto davvero della loro esistenza, ma al tempo stesso sono sicuro che un essere tale non possa esser scaturito solamente per mente di qualche scrittore dall’immaginazione troppo grande, son sicuro ci sia un fondamento a tutte queste storie di vampiri.
».
Lei alzò lo sguardo, piegando un po' il collo in modo che la testa s’inclinasse all'indietro quel tanto perché potessero essere a faccia a faccia, a una distanza di pochi centimetri. «Però... » continuò lui «... al di là della tua somiglianza con un ipotetico essere sovrannaturale, sei tu come persona che mi hai colpito, Himiko... » il nome fu un sussurro sulle sue labbra, mentre alzava una mano e portava due dita a prenderle il mento, con delicatezza. Neanche il tempo di lasciarle capire cosa stesse succedendo, che aveva già appoggiato le labbra su quelle di lei, ma nessuna dolcezza in tutto ciò, più che altro fu travolta da una passione inaspettata, mentre la sua lingua fremeva perché lei ricambiasse il bacio, cercando di infilarsi tra le sue labbra. Si lasciò ammaliare da quel tanto ambito bacio, ricambiandolo con la stessa passione, al che lui ruppe il contatto, alzandola leggermente ed adagiandola a sedere sul gran masso, riprendendo poi ciò che aveva lasciato in sospeso. Himiko si lasciò cadere all’indietro, trasportando con lei Akira che si fece sopra in un momento, senza farselo ripetere. Lasciò giusto un momento le sue labbra per passare a baciarle il collo, provocandole un gemito, al che tornò a concentrarsi sulle sue labbra, lasciando che una mano s’infilasse sotto la canottierina leopardata di lei. Poi di colpo lei lo fermò.
«Aspetta c’è qualcuno… » lui la guardò confuso «Siamo soli qui… guarda che se non vuoi andare avanti basta dirm… » lei però lo interruppe «Ti dico che ho sentito un rumore.».
Aspettarono qualche attimo, ma nessuno si fece vivo e nessun altro rumore spezzò il silenzio. Solo che ormai il momento era passato.
«È meglio se torniamo al campeggio.» disse solo lui, un po' imbarazzato, mentre sfilava la mano da sotto i suoi abiti e si spostava da lei, porgendole poi una mano per aiutarla a rialzarsi. Incanto spezzato. Almeno per ora...


***

 
Arrivarono mano nella mano al focolare che gli insegnanti avevano allestito per la cena di quella sera: salsicce e marshmellows! Tutti gli altri erano già davanti al fuoco, intenti a cucinare qualcosa sui loro bastoncini. Non appena vide arrivare i due, Misa si alzò in piedi, sventolando la mano per segnar loro la posizione di dove si trovavano tutti.
«Ehy brutti porcelloni, ma dove eravate andati a finire? Ci sono dei bei posticini imboscati per del sesso selvaggio allora?!» domandò divertita ai due, Akira arrossì violentemente e si sedette accanto ad Himiko che aveva già preso posto al fianco della rossiccia.
«Smettila… » le disse solamente Himiko, prendendo anche lei un bastoncino, iniziando ad arrostire un marshmellow. 
«I bambini non dovrebbero parlare di sesso, ma pensare a giocare ancora con le bambole!» la canzonò Shiki, il quale sembrava proprio non sopportare la ragazza pel di carota. «Ah sì... non è che nella vostra imboscata avete coinvolto pure mio cugino? È scomparso da qualche ora.» Aggiunse poi il moro, che si teneva un po' spostato rispetto al gruppo, non amava particolarmente mangiare in compagnia, aveva appoggiato la schiena al tronco di un albero e, sigaretta tra le mani, osservava tutto un paio di metri più in là. Stava per tirare un'altra boccata, quando qualcuno gli rubò la paglia dalle dita «Ehi, che cavolo... !». 
«Vergogna, Shiki, queste cose fanno male alla salute, lo sai?» stavolta fu lui ad essere canzonato, dall'altra gemella per la precisione. Hagumi era schizzata in piedi, quando l'aveva scorto accendersi una sigaretta da lontano ed era accorsa per mettere fine a tale scempio per la sua vista. La ragazza gettò la sigaretta a terra e la spense con la suoletta della scarpina rosa, sotto lo sguardo stravolto di Shiki, una sua versione inedita e quanto mai rara, quindi si voltò verso la sorella e la guardò sospettosa «Natsu era venuto a cercarti per chiederti scusa, non é che l'avete visto, mentre facevate le vostre porcellate?» insomma, ci si mise anche lei ad infierire.
«Ti ci metti anche tu?!» sbottò arrossendo Himiko «Non stavamo facendo proprio niente e no non l’ho visto!» un momento, si ritrovò a riflettere. Natsu la stava cercando? Per chiederle scusa? Stava forse arrivando la fine del mondo? Al che s’introdusse Akira. «A dire il vero, quando eravamo al fiume, Himiko ha sentito dei rumori, forse poteva essere lui… 
».
«Ah, chissà quanta invidia avrà provato quel poveretto!» rise divertita Misa «Lui nemmeno ha potuto minimamente palparti il seno che si è ritrovato la faccia gonfia di botte!».
Hagumi non disse nulla al commento di Misa, ma notò Himiko arrossire di botto e zittirsi. Qui iniziava ad essere tutto molto sospetto, ma convenne con se stessa e la sua coscienza che era meglio cambiare discorso. Abbassò lo sguardo un attimo verso sinistra e beccò Shiki che stava per accendersi un’altra sigaretta. «Ancora?! SORVEGLIANTEEEEE! QUI C'È UNO CHE TRASGREDISCE AL REGOLAMENTO!» ok, l'avrebbe odiata a morte e sarebbe stata la fine di un possibile rapporto mai iniziato, ma non poteva proprio ignorare la cosa, era più forte di lei. Il suddetto sorvegliante quasi si strozzò al suo urlo, povero Shin, e dovette alzarsi per andare a controllare cosa stava succedendo. «Haguchan, che hai da scampanellare con quella vocettina trillante che ti ritrovi?» chiese scherzoso avvicinandosi al gruppo, portandosi affianco alla sorella e guardandola divertito, ma con infinita dolcezza. Lei bofonchiò qualcosa riguardo al non prenderla in giro per la vocetta sottile e un po' infantile che non accennava proprio ad abbandonarla, poi indicò con un ditino Shiki. Shin guardò il ragazzo, l'accendino in una mano e la sigaretta nell'altra, quindi rammentò che quel ragazzo sapeva tutto riguardo il sentimento che covava dentro di sé. Non riuscì a dirgli nulla, distolse lo sguardo e tergiversò alla bell'e meglio «Mh, Himiko, hai i capelli tutti scombinati, non é da te... » meglio buttare l'attenzione su qualcun altro, mentre mentalmente pregava perché sua sorella non lo ammazzasse di botte. Cosa che, ovviamente, accadde. La rossa si avvicinò al fratello, gli tirò il solito scappellotto dietro la nuca e si allontanò diretta verso i bagni, alla ricerca di uno specchio per sistemarsi meglio. Nel tragitto in direzione dei servizi non troppo distanti dall’accampamento, s’imbatté in Natsu che, manco fosse un clone del cugino, era anche lui appoggiato ad un albero a fumarsi una sigaretta.
«Ti conviene non farti vedere da Hagumi, ti sgriderebbe sai? In ogni caso sarebbe ora che tu ti facessi vedere dagli altri, ti stanno cercando.» Lui girò appena la testa, posando lo sguardo sulla rossa, non avendo realmente la necessità di guardarla per riconoscerla, la sua voce l’avrebbe distinta fra mille. Era pur sempre la vocalist della sua band.
«Tua sorella? No, con me si é arresa, che vada a fare la piattola con qualcun altro... » borbottò atono ed Himiko rimase molto stranita per questo tono, soprattutto parlando di Hagumi, siccome normalmente passava i tre quarti del tempo a venerarla ed idolatrarla. Natsu alzò un sopracciglio all'espressione un po' ebete che si era dipinta sul suo volto, si lasciò sfuggire una breve risata e sospirò, gettando il mozzicone lontano ed alzandosi in piedi, un paio di pacche sui jeans stracciati per spolverarli dal terriccio. «Non fare quel musetto, Himiko, lo sai che la adoro. Lascia stare sono un po' nervoso, oggi pomeriggio ho visto qualcosa che mi ha lasciato infastidito. Ad ogni modo vorrei chiederti scusa per il macello di stamattina nel pullman... insomma... lo sai... non é che lo avessi fatto apposta, eh... ».
Lei parve rilassarsi e la tensione di tutta quella mattina sembrava svanire in un momento.
«Allora è proprio vero che sei andato a farti fare il vaccino contro la rabbia.» Lo guardò incuriosita da quel suo strano atteggiamento, solitamente non le chiedeva mai scusa e dopo una litigata, passavano ad un’altra di queste, senza però metterci reale cattiveria. «Mi sorprende che tu mi domandi scusa, in fondo, da come dici, non l’hai fatto apposta no? Se ti scusi, sembra che ti addossi la colpa di un fatto. » sorrise, contenta però di quel piacevole cambiamento. In fin dei conti, non era neanche brutto far finta di andare d’accordo per un minuto soltanto. «Scusami anche tu, non so perché me la sono presa tanto... ».
Lui sorrise di rimando, prima di scrollare le spalle, come a voler scrollarsi di dosso anche tutti quei brutti pensieri che nel pomeriggio l'avevano torturato. «Fa niente, ormai ci sono abituato ai tuoi cinquini, ogni tanto mi fanno bene.» rise «Beh, spero con questo che le cose siano risolte. Ci si becca in giro, né!» Si voltò e si allontanò dandole le spalle, dopo solo un cenno della mano. Lo sguardo un po' cupo, ma lei ormai non poteva più vederlo e si cullò per qualche tempo nella convinzione che tutto fosse sistemato.


***


Da brava vegetariana, non aveva perso troppo tempo a fuggire via dal falò dove l'odore di carne bruciata era un po' troppo per le sue narici. Sicuramente una scelta particolare, quella di evitare la carne, ma fatta da lei in modo consapevole, per un motivo ben preciso. Gli occhi azzurrini di Hagumi vagavano nel buio della notte, sul sentierino che portava al cottage dei professori, dove Hiro Shibata e gli altri in campeggio con loro la stavano aspettando per discutere del famoso articolo. Era molto grata al professore di averle dato una scusa per sgattaiolare via proprio all’ora di cena, dopotutto era al corrente della sua debolezza. Raggiunse la costruzione di legno e muratura e diede due colpetti alla porta d'ingresso, che notò essere socchiusa. Non giunse nemmeno un suono dall'interno, così la spinse lentamente e con un cigolio sonoro la spalancò completamente. «Professor Shibata?» squittì incerta, prima di compiere qualche passo all'interno. Rimase un attimo sulla soglia, prima di richiuderla alle proprie spalle ed inoltrasi nella stanza «Hiro?» chiese ancora, con una confidenza particolare. Dopotutto non erano propriamente degli sconosciuti; poi un rumore proveniente da un'altra stanza, qualcosa nell'aria che le fece sospettare che le cose non stessero bene. Si affrettò verso la camera e spalancò la porta con un gesto deciso. Hiro era all'interno e tra le sue braccia aveva una studentessa del primo anno. La conosceva bene perché sua kohai nel club di medicina. «HIRO!» Corse incontro ai due, cercando di attirare l’attenzione dell’uomo verso di sé.
«Hiro, HIRO! Guardami, su forza, guarda me!» lo implorò, mentre gli occhi color del sangue dell’uomo tornarono della loro normale colorazione grigiastra. «Ecco, da bravo… ce la fai… su… ».
Il professore si ritrovò ad ansimare, afferrando con forza le braccia della confettina.
«Portala via da qui, ti supplico… » Hagumi non poté far altro che annuire ed accompagnare faticosamente fuori la ragazza, facendole riprendere i sensi e inventando la scusa che l’aveva trovata svenuta davanti alla soglia e che le consigliava un buon riposo. Non appena riuscì a congedarsi dalla sua kohai, si affrettò a raggiungere Hiro, che aveva un pallore al di fuori del normale, anche per il suo status.
«Scusa io… io non ho resistito… avevo bisogno… di vero cibo… 
».
Lei sorrise come per rincuorarlo, gli andò incontro e allungò una mano verso il suo viso, per sfiorargli la guancia con le dita, delicatamente. «Non ti preoccupare. Fortuna che sono venuta in tempo! Lo sapevi vero che stasera non ce l'avresti più fatta a resistere? È per questo che mi hai dato un orario serale, avremmo potuto vederci nel pomeriggio.» sospirò, abbassando poi la mano, allontanandola dal suo volto «Sei stato bravo, davvero!» cercò infine di tirarlo su. Lui la guardò qualche istante, come rapito, quindi si voltò altrove, non sapendo bene cosa dire. Quella ragazza era un angelo, da quando la conosceva, non aveva più fatto del male a nessuno, gli era sempre stata accanto mentre lottava per resistere alla tentazione, per abituarsi. «Vieni!» disse poi lei, distogliendolo dai pensieri negativi che ancora una volta lo assalivano e lo torturavano. Lo afferrò per mano e lo condusse verso il letto, dove lo fece sedere. «Resta qui, che io vado in infermeria. È un po' che ti controllavo, sapevo che non stavi bene, sei indebolito... da cosa? Ti sei ferito? Hai perso molto sangue?».
Lui scosse la testa, dispiaciuto «Diciamo che forse l’impatto con la dieta è stato un po’ troppo forte per me… son abituato a nutrirmi più consistentemente come ben sai… lo so, lo so, me ne devo vergognare, ma è irresistibile la tentazione… 
».
Hagumi lo guardò comprensiva, rassicurandolo «Lo so bene, non ti preoccupare, non posso di certo esser io a biasimarti. Cerca di stare buono e non uccidere nessuno finché non torno con la pappa!» gli fece l’occhiolino, per tirargli un po’ su il morale. Hiro la osservò uscire dalla stanza, mentre a fatica si spostava nel letto fino ad appoggiarsi alla parete. Non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lei, probabilmente sorpreso a cacciare qualche vittima, sarebbe stato assassinato da qualche cacciatore.
Correva a perdifiato, cercando di non inciampare nei sassi del sentiero che la conduceva all’infermeria. Si affrettò ad entrare di soppiatto nel locale, che fortunatamente era sempre aperto nel caso di qualche emergenza, si avvicinò al piccolo frigo che teneva le scorte d’emergenza di sangue, scelse un AB+ e infilò un paio di sacche ematiche nello zainetto. Richiuse tutto e uscì, ben attenta a non farsi vedere da nessuno. Pochi passi più avanti, però, una voce familiare la costrinse a fermarsi e a voltarsi. Deglutì nervosa. E se l’avesse vista? 
«È pericoloso per una ragazza girare da sola, con questo buio, a quest’ora della notte.» Era Shiki, che l’aveva ormai raggiunta. Buttò la sigaretta a terra e la spense schiacciandola con il piede destro, aspettandosi già un rimprovero dalla confettina, rimprovero che, però, non sembrava arrivare.
«Ah… si giusto, stavo, infatti, ritornando al nostro bungalow!» provò a trarsi d’impaccio lei.
«Dalla parte opposta del campeggio?» domandò lui sospettoso.
Hagumi iniziò a sudare freddo. Mannaggia, ma proprio lui doveva incontrare? E proprio in quel momento? Temeva seriamente per Hiro, fortunatamente era troppo debole per muoversi, ma se qualcuno fosse entrato lì e l’avesse visto… e se lui accecato dalla fame non avesse resistito…
«Uhhhmm... » Deglutì, cercando una scusa plausibile per cavarsi d'impiccio, ma non le veniva in mente proprio nulla, il cervello sembrava essersi svuotato. «Ecco, in realtà facevo il giro lungo perché... é una così bella serata, speravo di incontrare qualche lucciola, sì!» scusa poco plausibile, ma meglio di quello non le venne proprio nulla.
«Le... lucciole... ?» chiese lui quasi perplesso e decisamente cinico. «Stai cercando di farmi passare per stupido? Beh, se devi andare a qualche incontro romantico, non sarò io a giudicarti, ma quell’idiota che dovevi vedere non poteva darti appuntamento in un luogo un po’ più sicuro? Dai, ti accompagno io, dove devi incontrarlo?
».
Hagumi per poco non cadde a terra per lo stupore. Incontro romantico? Da dove gli usciva un’idea simile? Beh, poco male, se non altro l’aveva distratto dal reale motivo della sua scampagnata notturna.
«Oh non ti preoccupare, è proprio qui dietro, va pure tranquillo!» si affrettò a rispondere lei, salutandolo con un cenno della mano e avviandosi già in direzione di Hiro. Lui però sembrava non voler mollare.
«Non fare la stupida, ti dico! Stanotte è pericoloso, c’è… no, nulla, ma non vorrei averti sulla coscienza, fatti accompagnare!
».
«C'è... cosa?
» chiese aggrottando la fronte, quasi certa che stesse dicendo qualcosa d'importante, ma il discorso non ebbe modo di continuare, interrotto da un nuovo arrivo. «C'è qualche problema?» la voce gentile e calma di Shin attirò l'attenzione dei due, che si voltarono a guardarlo. Lo sguardo di Shiki s’illuminò, come se avesse appena fatto due più due. «Oh, capisco... incontro romantico... tuo fratello... immagino tutto torni!». La ragazza rimase di stucco «Prego?».
«Cercate almeno di non farvi vedere dai professori, dubito approverebbero… » detto questo, quasi divertito, se ne tornò sui suoi passi, riservando l’ultimo sguardo a Shin, il quale non apprezzò. N’era certo, quel dannato moccioso gli avrebbe ben presto procurato dei bei problemi.
«Ah Shin, grazie al cielo… non sapevo più come trarmi d’impaccio… Hiro… 
» ma lui la fermò. «Lo so, l’ho percepito… sono corso subito al suo bungalow e mi ha detto che eri venuta qua da sola, quindi son venuto a controllare… affrettiamoci… » timidamente le afferrò la mano, avviandosi davanti a lei, sentendosi più sicuro, anche se ben conscio per loro non ci fosse nessun reale pericolo.
Un battito saltato quando lui le afferrò la mano, ma cercò di non dare peso alla cosa, era certa che il motivo fosse la mancanza di abitudine ad avere contatti fisici con lui. E poi era il momento di pensare ad Hiro, no? Sicuramente meglio affrettarsi.



... continua....
  
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