"Possiamo credere che tutto quello che viviamo sia frutto solamente di una monotona vita come tutte le altre, specialmente in un paesino di provincia come il nostro, ma non si può nemmeno immaginare quali segreti possa nascondere una persona tanto vicina a noi."
Capitolo 1
Era
un vento funesto quello che soffiava sulla città, un
vento che portava con sé solo essenza di morte e
scompigliava i capelli rossi della ragazza seduta sulla balaustra,
facendola rabbrividire non solo per il soffio gelido sulla sua pelle,
ma anche per ciò che quel soffio le sussurrava alle
orecchie: un qualcosa che non capiva, ma intriso di sangue, ne era
certa. Tirò una grossa boccata dalla sigaretta che teneva
tra le labbra, rosse di quel rossetto che tanto le piaceva, di una
tonalità così simile ai suoi capelli e che si
sposava benissimo con la carnagione pallida, bianca come forse solo un
morto potrebbe essere. Osservò, con il limpido sguardo
verdino, la figura seduta sull'altalena di fronte a lei e
sospirò: «È strano questo vento freddo
in questa stagione, vero?» chiese alla figurina minuta che
continuava a dondolarsi fiaccamente su quel seggiolino. Quest'ultima,
identica all'altra, se solo non fosse stato per i capelli rosa, gli
occhi azzurri e la corporatura esile, quasi infantile, rispose con una
scrollata di spalle ed un mezzo sorriso. «È tanto
che c'è qualcosa di strano nell'aria, nee-chan.»
rispose fermando l'altalena, puntellando i talloni sul selciato sotto
di lei.
«Già,
la stessa sensazione di quella volta.» aspirò
un’ultima ampia boccata e gettò il mozzicone,
raggiungendo la sorella. «Qualcosa sta cambiando, di
nuovo.». Si lasciò cadere sull’altalena
di fianco alla sua, imitandole il precedente gesto altalenante e
fermandosi poi bruscamente ad osservare l’espressione della
rosetta. Questa, dopo un attimo di smarrimento, alzò lo
sguardo su di lei, annuendo afflitta, gli occhietti cristallini che
brillavano. La rossa le sorrise dolcemente, allungando una mano in sua
direzione, ad accarezzare la testolina rosa.
«Andrà bene, io sarò con te e so che
anche tu sarai al mio fianco. Sempre.». Le labbra di Hagumi
si curvarono appena, in un sorriso dolce.
«Sì.» rispose semplicemente, mentre
anche sua sorella gemella ora sorrideva. Saltò in piedi, un
sorriso ora a trentadue denti che le illuminava il viso, mentre porgeva
una mano alla rosetta. «Suvvia, pensiamo a goderci i bei
momenti finché ci sarà concesso. Che fai, vieni
con noi?» domandò, indicando una Mustang nera alle
sue spalle che frenava la sua corsa, intanto che un ragazzo si sporgeva
dal finestrino, strombazzando ripetutamente il clacson e sbracciandosi
in direzione delle due, subito imitato da una ragazza rossiccia.
«Mhh…
» mugugnò la confettina, scuotendo leggermente la
testa e declinando gentilmente l’offerta. «Len e
gli altri mi attendono.».
«Non
studiare troppo o il cervello non ti entrerà più
nella testa!». Himiko le stampò un sonoro bacio
sulla guancia, facendole l’occhiolino e avviandosi verso il
gruppo di amici, che una volta caricata l’ultima arrivata, si
affrettò a sgommare via.
***
Osservò
il bel viso a pochi centimetri dal proprio, liberandosi facilmente
dalla sua stretta, allentata dallo stato di profondo sonno in cui si
trovava. Raccolse i vari capi gettati a casaccio per la stanza,
indossandoli man mano che li trovava, e varcò la soglia
uscendo dall’appartamento, senza voltarsi neanche una volta
ad osservare il ragazzo assopito. Scese in strada, aprendo una lattina
di birra avanzata dalla nottata e bevendone un’ampia sorsata,
avidamente. Infilò il casco ed inforcò la sella
della sua moto, seppur ancora leggermente brilla, aprì il
gas, sgommando via alla velocità della luce. Si
lasciò cullare dall’aria fresca del mattino, che
le accarezzava la pelle, destandola completamente. Fu soddisfatta nel
notare che arrivò al promontorio proprio in vista
dell’alba; posteggiò il veicolo e scese,
appoggiandosi alla palizzata, levando la lattina dalla tasca del
giubbotto e assaporando nuovamente il gusto amarognolo della bevanda.
Si arrampicò sulla staccionata e vi si sedette sopra,
fermandosi ad osservare il gioco di colori aranciati del sole sorgente
e il risveglio della città, rispondendo ora velocemente ad
un sms.
«Perché
te ne sei andata?!» una voce profonda, in quel momento
piuttosto agitata, preceduta da uno stridio di freni.
Non
si premurò nemmeno di voltarsi a guardarlo, sapeva benissimo
chi era. Era ovvio. «E perché sarei dovuta
restare?».
Lui
la guardò incredulo, mentre la rossa voltava appena il capo
in sua direzione, osservandolo nell’avanzata.
«Pensavo… pensavo che avessi capito cosa provo per
te… ». Himiko annuì appena, piegando la
testa di lato, l’espressione per nulla sorpresa.
«Sì,
lo so, mi dispiace.». «Ti dispiace?»
domandò il moro incredulo «Ti ho dato tutto me
stesso questa notte!»«Accidenti, mi sento
onorata… » ironizzò la rossa,
chiedendosi cosa si fosse messo in testa. Lui ci provava con lei da un
paio di settimane, anche se aveva già sentito
precedentemente tramite voci di corridoio della sua cotta per lei e, la
sera prima, si era fatta rimorchiare ubriaca marcia ad un festino,
l’aveva seguito a casa sua e l’avevano fatto. Quale
dimostrazione di profondo affetto. Il ragazzo le si avvicinò
ulteriormente, scavalcando la staccionata, approfittando dei pochi
metri di terreno prima del precipizio, piazzandosi proprio di fronte a
lei, cingendole la vita sottile.
«Dammi
una possibilità, Himiko, ti prego. Lasciati andare per una
volta, non scappare sempre dalle relazioni. Io… io potrei
renderti felice!» Lei chiuse un momento gli occhi,
sospirando, riaprendoli poi per osservare fieramente il moro, ferma
sulla sua decisione.
«Non
posso, Seiya.». «Perché?!»
scattò lui, appoggiando ora le mani sulle sue spalle,
scuotendola appena. «Dammi una ragione!».
«Chiamalo
sesto senso.» ed era vero, non era spiegabile razionalmente
il perché lui non andasse bene, ma sentiva ciò.
E, ne era certa, nel momento in cui avrebbe trovato quello giusto, lo
avrebbe saputo.
«Fottiti
stronza, abbassa quella cresta da gallina che ti ritrovi!»
scattò nuovamente il ragazzo, afferrandola ora per il
colletto del giubbotto, l’espressione decisamente furiosa.
«Ehh,
ma quanto amore che predichi!» sogghignò lei,
stringendo di più la presa sulla lattina di birra e, con un
gesto fulmineo, lo lavò da cima a fondo. Gli fece
“ciao ciao” allegramente con la mancina,
riscavalcando la staccionata e rinforcando la moto, mentre lui ululava
per il bruciore agli occhi causato dalla bevanda.
Corse
più veloce che poteva, aprendo il gas al massimo,
posteggiando poi malamente davanti ad un edificio piuttosto elegante,
ignorando le proteste del portiere e salendo le scale fino al quinto
piano a tempo di record. Non le andava di prendere
l’ascensore, l’attesa l’avrebbe uccisa.
Arrivata davanti all’appartamento in questione,
puntò il dito sul campanello, che trillò per due
minuti buoni incessantemente. Quando la porta si aprì,
trovò quelle due forti braccia pronte ad accoglierla, come
sempre, e senza pensarci due volte vi ci si tuffò, liberando
finalmente le lacrime.
«Ma
che succede?» la voce impastata precedette la vista di
un’arruffata testa bionda, che spuntò da dietro il
divano, appendendosi al bracciolo per sollevarsi e sporgersi a
sufficienza da osservare l’entrata della stanza.
La
longilinea figura del bruno,
si portò un dito sulle labbra, in segno ad uno dei due
abusivi ospiti di tornare a dormire, mentre spariva con la rossa
visibilmente scossa fra le braccia nella sua stanza da letto.
Un'altra voce assonnata provenne dai piedi del divano dove, su un
futon, un altro ragazzo si stava svegliando «Che succede,
Natsu?». Il biondo, ancora affacciato al bracciolo con lo
sguardo profondo fisso sulla porta dove erano scomparsi gli altri due,
fece spallucce «Torna a dormire Ryo, era solo quella rossa
squinternata.» borbottò rituffandosi con la testa
sul cuscino, con un grosso sbadiglio. «Himiko? Che ci fa qui,
a quest'ora?». «Ha preso Oda per il suo
psicologo.» commentò l'altro, ridacchiando, prima
di tornare improvvisamente serio «Oda s'è un po'
fritto il cervello con Himiko, che lo vede solo come un rifugio
sicuro.» commentò atono ed algido, tanto che Ryo
per un attimo si spaventò. Natsu non era lo spensierato di
ogni situazione? Non concepiva quello strano cambiamento d'umore, ma
non fece domande, sentiva che era meglio lasciar correre. Il bruno si
accese una sigaretta, porgendo il pacchetto anche all’amico,
offrendogliene una, sapendo che l’avrebbe rilassato.
Alzò appena il busto, puntellando il peso sulle braccia,
osservando la porta della stanza di Oda.
«Io
penso che ti sbagli, in ogni caso.» tirò
un’ampia boccata, giocando a fare dei cerchietti con il fumo
che fuoriusciva dalla sua bocca. «E che dovremmo levare le
tende, era già contrario ad ospitarci stanotte.».
Natsu
lanciò un'altra occhiatina a quella porta, prima di
scrollare le spalle e accendere la sigaretta. «Se io mi
sbaglio, non devono fare nulla, ergo noi possiamo rimanere. »
sorrise appena, non aveva la minima voglia di tornare dai suoi, in
quella casa dove veniva continuamente additato come inutile, superfluo,
non voluto. Era stufo di quella situazione, ma era anche troppo pigro
per iniziare a lavorare part-time e permettersi un appartamento suo,
perciò quando poteva sfruttava
l’ospitalità di Oda. Il bruno scosse la testa,
spense la sigaretta nel posacenere sul tavolino di vetro, si
alzò, infilando i pantaloni, e si avviò alla
porta. «Beh, io comunque è meglio che vada, ci
vediamo al locale. Buona fortuna!» ridacchiò
appena e lasciò l’appartamento. Il biondo
aspirò il suo ultimo tiro alla paglia, prima di rispondere
al cellulare che aveva iniziato a vibrare incessantemente.
«Nami?
I tuoi sono usciti? Ah, perfetto, arrivo.» terminò
la telefonata e si rivestì, seguendo l’esempio di
Ryo, ma pronto per un’altra lunga mattinata, decisamente
più appagante.
***
Chiuse
lo sportello del cellulare, sospirando appena alla lettura
dell’sms della gemella. Infilò le ballerine rosa,
borsa in spalla, e si avviò fuori di casa, raggiungendo a
piedi la biblioteca comunale.
«Buongiorno
signorina Tanaka.» salutò educatamente la
bibliotecaria, riconsegnando alcuni libri e si avviò in
direzione del suo tavolo preferito, quello vicino all’enorme
finestra che dava sul giardino. Fu sorpresa, però, di
vederlo occupato, soprattutto visto l’orario mattutino.
Sgranò gli occhietti cerulei ed abbassò gli
occhiali sul naso, per mettere a fuoco la figura che aveva preso il suo posto.
Rimase
stupita nel constatare che il ladro di tavoli era qualcuno che
conosceva, se non bene, comunque abbastanza. D'altronde come avrebbe
potuto non conoscere il cugino di Natsu, con cui il suo biondissimo
migliore amico passava maggior parte del tempo a scuola e anche fuori?
In realtà si chiese com'era possibile essere così
fortunati, dopotutto era tempo ormai che Shiki la incuriosiva e, spesso
e volentieri, si era soffermata ad osservarlo: lei in aula era al primo
banco accanto alla finestra, amava i posti accanto alle finestre, e
nella scuola dalla pianta a forma di C squadrata, chi poteva essere se
non lui che siedeva accanto alla finestra di fronte alla propria?
Quante ore passate a sognare, osservando quel ragazzo un po' pigro dal
buffo codino a forma d'ananas, che sbadigliava sonoramente durante una
lezione o addirittura dormiva con le braccia sul banco e la testa
abbandonata su di esse. Quei modi di fare strafottenti erano per lei
come il miele per le api, l'attiravano inesorabilmente, e anche se non
aveva mai avuto occasione di parlare con lui a quattr'occhi, le
piaceva. Probabilmente, proprio perché era così
diverso da lei, ma nel frattempo tanto simile. Lei era la classica
ragazza un po’ secchiona, amava leggere i libri, a scuola
aveva sempre voti alti ed era appassionata di medicina. Passava la
maggior parte del suo tempo in biblioteca, da sola o con gli amici, ad
imprimere tutte le sue forze nello studio, sognando di diventare
medico. Lui, invece, per quanto svogliato fosse, era sempre nei primi
posti della classifica nazionale e lo ammirava ed invidiava allo stesso
tempo per questo.
Era
sempre seconda a scuola, sempre. Per quanto s’impegnasse,
c'era sempre lui sopra di lei nelle classifiche di metà e
fine trimestre, nonostante tutti gli sforzi, superarlo era impossibile.
Perché lei era una secchiona, lui invece un genio di natura.
Ma questo non le provocava rabbia, non le portava odio, né
rancore. Avrebbe invece voluto studiare con lui, capirne il segreto
più profondo, almeno per sfiorarlo, per provare a
raggiungerlo e fargli capire "Ehi, ci sono anch’io!". Voleva
solo che la notasse, solo questo. Sospirò e si
portò al tavolo, spostando la sedia attenta a non fare
rumore, per non disturbarlo, ma lui si distrasse lo stesso.
Alzò lo sguardo dal suo libro e la osservò un
istante, indecifrabile, poi tornò a leggere, senza dire
nulla. Quando lui distolse gli occhi, si rese conto che aveva
trattenuto il respiro e che era rimasta a mezz'aria, a pochi centimetri
dalla sedia, senza riuscire a sedersi né muovere un solo
muscolo, incatenata da quelle due pozze nere.
«Se
è un problema… ».
«No.» esordì solo lui, precedendola
sulla domanda. «E poi è il
“tuo” posto.».
Hagumi
si ritrovò a guardarlo piuttosto spaesata, mentre finalmente
lasciava andare il corpo ad occupare il posto sulla sedia. Allora era a
conoscenza della sua esistenza e perfino di una sua piccola abitudine.
Si ritrovò a sorridere incredula e piacevolmente sorpresa,
mentre apriva il grande libro, preso poco prima da uno scaffale vicino,
alternando lo sguardo dalla lettura a lui, cercando di non darlo a
vedere.
Si
sentiva piuttosto accaldata, le gote erano due pomelli rossi e i denti
torturavano quel povero labbro inferiore che, poverino, in tutto questo
era innocente, ma da qualche parte doveva scaricare quell'ansia di
parlargli, chiedergli tutto di lui, perdersi in lui, perché
non aveva il coraggio di spiccicare mezza parola e la situazione stava
diventando esasperante.
Dopo
neanche cinque minuti, che per lei sembrarono un'eternità,
Shiki alzò lo sguardo nuovamente e la guardò con
la solita espressione, apatica e indifferente.
«Ehi.»
disse solo e lei sussultò, urtando con la mano la propria
borsetta in piedi sul tavolo, che cadde in avanti e rovesciò
tutto il proprio contenuto, o almeno parte di questo, sul libro aperto
di Shiki, che guardò il tutto stralunato.
«Oh.
Oh, cielo, scusami, raccolgo subito tutto!» disse alzandosi
in piedi ed aggirando il tavolo, portandosi accanto alla sua sedia e
raccattando i vari oggetti frettolosamente. Qualche ciocca di lunghi
capelli rosa ed ondulati di tanto in tanto lo sfiorava, lui ne prese
una e l'avvicinò al volto e lei si bloccò,
cercando di sembrare impassibile, in realtà il suo cuore era
diventato un tamburo e a momenti le avrebbe perforato il petto. Si
voltò a guardarlo, proprio mentre lui inspirava il profumo
dei suoi capelli. «Come immaginavo, eri tu.» disse
atono, alzando lo sguardo sul volto di lei «Sentivo un forte
profumo di frutti di bosco, mi chiedevo da dove provenisse.»
Non aggiunse molto altro, lasciò andare i sottili fili rosa
e chiuse il libro con un tonfo, alzandosi in piedi. «Ci si
vede in giro.» disse solo, prima di allontanarsi. Hagumi
cadde indietro e dovette sostenersi con le mani sul bordo del tavolo,
per non cadere a terra. Cos'era appena successo?
Il
periodo dei primi caldi raggi del sole sembrava terminato con
quella giornata tanto afosa e spossante. Si portò una mano
davanti agli occhi,
coprendo la forte luce che esso emanava. Quel clima tanto torrido
sembrava
amplificare all’infinito i suoi peccaminosi pensieri, che
parevano doverlo
condannare per sempre ad una vita sicuramente piena di agonia. Lo
perseguitava,
da troppo ormai. Tirò un sospiro, portandosi alle labbra la
bottiglietta
d’acqua e bevendo avidamente il suo contenuto e poi, ancora
la sua immagine.
Strinse con forza l’oggetto che aveva fra le mani, rabbioso,
sfogando tutto il
suo tormento su quell’insignificante e sfortunata bottiglia,
gettandola bruscamente
nella pattumiera al di là del cespuglio.
Attraversò il piccolo ponticello che
lo conduceva alla fine del parco, tratta necessaria per raggiungere la
sua
casa, soffermandosi solo pochi istanti ad osservare la sua immagine
riflessa
nel laghetto. Il viso si contorse in una smorfia di dolore, mentre
disgustato
probabilmente più da se stesso che da altro, distolse lo
sguardo, tornando a
puntarlo sulla via da seguire, quasi fosse uno strano scherzo del
destino. La
via da seguire, insomma, non era una scelta sempre molto semplice nella
vita di
una persona. Una folata di vento gli scompigliò i capelli
castani,
rinfrescandolo dal caldo del sole estivo che picchiava insistentemente
quel
pomeriggio. Sistemò meglio la tracolla della borsa e
rimboccò le maniche della
divisa scolastica, mentre quell’antipatica sensazione si
faceva sempre più
forte, preparandolo mentalmente a ciò che sarebbe successo
da lì a pochi
secondi.
«TESORO MIO!» la voce acuta e cristallina quasi gli
perforò
il
timpano destro, mentre un peso morto gli si appese al collo.
«Che bella
coincidenza incontrarti!».
«Non posso dire altrimenti, Naoko… »
bofonchiò il
brunetto, cercando
di far mollare la presa alla ragazza, che al contrario si faceva sempre
più
forte. Naoko strusciò il suo viso affettuosamente contro la
guancia di Shin,
facendogli le fusa, totalmente in estesi.
Una risatina nervosa si alzò alle spalle dei due, mentre una
testolina rosa
faceva capo ansimante, con un ginocchio sbucciato. Quando
l’amica aveva visto
il suo adorato fratellone da lontano, aveva iniziato a correre alla
velocità
della luce per raggiungerlo il più in fretta possibile,
seminandola
letteralmente. Lei di conseguenza aveva tentato di inseguirla ma,
sbadata
com’era, era ovviamente caduta e si era ferita. Irritante.
Sì, notevolmente
seccante.
«Shinicinuccio mio!» continuò la bella
moretta, sbattendo
alla
velocità della luce le palpebre, provocando quasi un fruscio
percettibile con
le lunga ciglia nere e lasciando andare finalmente la presa al collo
del
ragazzo. «Non dirmi che stavi già andando a casa,
dai vieni
a divertirti
un po’ con noi! Stavamo andando a bere qualcosa da Pink
Tiger!» continuò,
appendendosi subito al suo braccio per evitare che il ragazzo sfuggisse
alle
sue grinfie.
Shinichi lanciò un'occhiata veloce all'orologio da polso,
quindi alzò lo
sguardo sulla sorella dai capelli color confetto che era appena
sopraggiunta.
«Mh... veramente... sono appena uscito dai corsi e devo
andare al
part-time... » cercò di trarsi
d’impaccio, ben
conscio di stare per
ricevere l’ennesima strigliata riguardo ai suoi continui ed
incessanti impegni.
Impegni peraltro di cui aveva bisogno intensamente, per cercare di
distrarsi
dal non commettere quel terribile ma tanto ambito peccato.
Naoko, infatti, non lo fece neanche finire, sbuffò
sonoramente e mise il
broncio. «Da quando abiti da solo, non ci degni
più di uno
sguardo...
finché eri a scuola con noi, passavi ogni momento in nostra
compagnia... ma da
quando sei passato all’università, sei diventato
peggio di un fantasma! La cosa
più comica è che la tua scuola è
annessa al nostro liceo! Odio questo
cambiamento!»
Shin sorrise un po' colpevole e appoggiò una mano sulla
testa della mora,
arruffando leggermente la sua lunga chioma, per consolarla.
«Mi
dispiace,
sarà per la prossima... ehi sorellina!» il braccio
si
abbassò
allontanandosi da Naoko quasi meccanicamente, mentre Hagumi li guardava
un po'
contrariata. «Ti odio Shin... ogni volta che Naoko ti vede,
per
inseguirla, prendo una caduta. » sbottò, prima di
sorridere
con infinita
tenerezza al fratello «Tutto bene? Sono un paio di giorni che
non ti
fai
sentire a casa, mamma é preoccupata... » lo
sguardo del
bruno sembrò farsi
colpevole, forse perché lo era davvero.
«Lo so, son stato parecchio preso dai corsi e dal
part-time…
dille che sto
bene e passerò a salutarla uno di questi giorni.»
rispose
distratto,
perdendosi intensamente nelle iridi azzurrine di Hagumi per qualche
secondo,
osservando poi la sua splendida figura contornata da quei magnifici ed
inusuali
capelli rosa, prima di ridestarsi dai suoi inquietanti pensieri.
«Mh… » mugugnò incerta la
confettina, osservando
con un cipiglio il
fratello «Guarda che se non passi non si offenderà
solo
mamma! Non puoi
almeno raggiungerci dopo il part-time? Anche Himiko e gli altri saranno
là, anche
a lei farebbe piacere vederti ogni tanto!».
Shinichi si lasciò scappare un’espressione
leggermente tra il divertito e il
contrariato, senza però scomporsi eccessivamente
«Himiko?!
Stiamo parlando
della stessa persona? Son convinto che non appena mi vedrebbe
inizierebbe ad
urlarmi addosso, tentando di darmi qualche calcio per qualche assurda
ragione!
Come sempre del resto… ».
Se Shin e Hagumi avevano un rapporto totalmente affettuoso e maturo fra
loro,
con Himiko era un altro paio di maniche. I due passavano la maggior
parte del
tempo a litigare ma, lo sapeva bene Hagumi, era il classico
comportamento di
due fratelli, in fondo quei due si volevano bene e Shin soprattutto lo
dimostrava quando qualche ragazzo si avvicinava troppo alla sorellina,
iniziando ad abbaiare totalmente infastidito. Con la confettina era
però molto
diverso, decisamente troppo. Loro non avevano il comportamento di due
fratelli
e questo molto spesso le faceva male e le pesava fortemente, era un
po’
invidiosa del rapporto fra i due, perché per quanto fosse
dolce con lei, Shin
si dimostrava sempre piuttosto distaccato, come se avesse paura di
avvicinarsi
troppo a lei. Ma paura di cosa poi? Non riusciva a trovare risposta e
il
tormento le rosicchiava il cervello ormai da mesi.
«Beh... allora nulla... buon part-time... » disse
solo, cercando di
nascondere la nota di delusione, facendo spallucce e salutando con un
cenno
della mano il ragazzo. Si congedò, lasciando che Naoko lo
salutasse nel suo
modo scoppiettante, mentre già aveva dato loro le spalle e
si allontanava,
l'amica la raggiunse più in là. Odiava vederli
salutarsi, le dava brutte fitte
al cuore e non trovare mai un perché o una risposta
esauriente a questa
situazione le provocava un senso di profonda frustrazione.
***
Aprì
piuttosto bruscamente la porta del locale, sedendosi al
bancone e ordinando un piatto di bignè alla crema e un
frappé alla fragola. Una
figurina esile uguale a lei, si avvicinò picchettandole una
mano sulla spalla.
«Yo, brutta giornata?»
ridacchiò la rossa, portandosi una
ciocca dei
lunghi capelli dietro l’orecchio e sedendosi al suo fianco.
«Guarda che
per quando salirò sul palco, ti voglio carica ed energica,
perché devi esser lì
sotto a tifare per me e la mia band!».
Hagumi alzò lo sguardo sulla ragazza, mentre due lacrimucce
iniziarono a
pungerle gli occhi, e si lasciò cadere con la testa sulla
spalla di sua sorella
gemella. La rossa scrutò attentamente la sorellina, poi
sospirò.
«Ok, ok… ho capito tutto… »
fece un cenno al
barista e ordinò una
cioccolata calda in aggiunta al già ricco menù di
Hagumi, capendo bene che alla
sorella ci sarebbe voluto ben più di qualche
bignè e di un frappé per
riprendersi dall’incontro con il loro fratellone.
«È... é... un ghiacciolo... gelido...
brutto,
scemo, cattivo,
antipatico... » continuò così per
cinque minuti
buoni, alla ricerca degli
aggettivi più svariati, con Himiko che la teneva tra le
braccia e le dava
pacchette rassicuranti sulla testa e dietro la schiena in fallimentari
tentativi di consolarla, con la consapevolezza che se avesse
acchiappato Shin
mentre era in giro in moto, lo avrebbe investito senza alcuna riserva.
«Su su… se ti fa sentire meglio la prossima volta
che lo
vedrò, lo
prenderò a calci più duramente del
solito!»
sorrise entusiasta, ben
felice di poter aver una scusa per aver la meglio su suo fratello.
Di conseguenza Hagumi la guardò notevolmente contrariata,
per quanto potesse
essere antipatico con lei, Shin non andava toccato! Era pur sempre il
suo
adorato Shinichi, o no?
Poi una risatina sfuggì anche a lei e la soffocò
sulla spalla di Himiko. «Pff... beh dopotutto se li
meriterebbe... » si riprese, infine,
sciogliendo l'abbraccio e guardandosi attorno. «Dove sono
tutti?»
chiese, ma li individuò ancor prima di ottenere risposta.
«Oh
eccoli!» Un tavolo poco più in là
ospitava tutto
il gruppo, formato dagli
amici di Himiko un po' alternativi e da quelli di Hagumi un po' nerd e
secchioni, alla fine nonostante le differenze avevano fatto tutti
amicizia con
il tempo, probabilmente proprio grazie alle gemelle.
«Già, che ne dici di raggiungerli? Devo lavorarmi
un
po’ Akira, il nuovo
arrivato, è troppo un asso con la chitarra, ci farebbe
comodo nel gruppo… e
poi… è un gran bel pezzo di… insomma
guarda che razza di sedere si ritrova!» una scintilla
maliziosa negli occhi smeraldo della rossa,
lasciò tutto a
intendere alla confettina su quali fossero i perversi pensieri che
alleggiavano
nella mente di sua sorella, non poté che scuotere la testa
rassegnata. Himiko
era veramente incorreggibile quando si parlava di ragazzi, ma non
poteva darle
torto riguardo al fascino di questo. Non era il suo tipo, certo, ma non
era
sicuramente da buttare nemmeno per i suoi gusti: piuttosto alto, sul
metro e
ottanta, esile e sempre con il fisico in mostra, grazie alle camicie
con i
primi bottoni slacciati. I capelli lisci e scalati, lunghi fino alle
spalle,
andavano a incorniciargli il viso, risaltando gli occhi color del
ghiaccio,
ancor più messi in mostra dalla matita nera immancabile. La
rossa si avviò
tutta contenta in direzione degli amici, tendendo la sorellina
saldamente per
mano e trascinandosela dietro, pregustandosi già
l’appagante visione del nuovo
arrivato. Tutti salutarono calorosamente l'ultima giunta, mentre tra
Len e
Sunako si creava lo spazio per far sedere la rosetta.
«Tutto bene, Haguchan? Ti sei ripresa?» chiese la
prima un po'
preoccupata per la sua migliore amica. Len era una ragazza molto
matura,
nonostante la sua giovane età faceva quasi da mamma a tutti,
il che certe volte
poteva risultare molto scocciante. La cosa curiosa era che, sebbene il
suo
aspetto angelico, andasse in giro vestita unicamente di nero, come se
stesse in
lutto perenne. Ad osservarla, in effetti, la sua espressione sembrava
appartenere ad una persona in prossimità di avviarsi a un
funerale, ma quando
sorrideva, era radiosa come il sole e questo suo lato Hagumi lo
adorava, perché
quel piccolo gesto quando apparteneva a Len sapeva trasmetterle sempre
tanta
energia positiva. La ragazza appoggiò una manina sulla
spalla di Hagumi per
farle sentire che le era vicino, regalandole uno dei suoi famigerati
sorrisi, e
la rosetta sorrise di rimando, grata. «Sì, sto
bene, solo un
abbattimento
temporaneo, sai che... » non poté terminare il
discorso che
l'urlo
inferocito di Himiko spezzò la quiete e si espanse per tutta
la sala. Il
batterista non era ancora arrivato e pochi minuti dopo sarebbe iniziato
il
piccolo concertino live nel ritaglio di tempo che il Pink Tiger
concedeva loro
ogni giovedì sul tardo pomeriggio, prima che arrivassero
band più prestigiose
per la serata.
«Dove diavolo è finito
quell’idiota?!»
urlò adirata mentre Natsu, il
chitarrista del gruppo, tentava di farla calmare. Cercò di
fermare la sfuriata
della ragazza, che era in procinto di lanciare una sedia, bloccandole
le
braccia, ma mancò la presa e finì per tastarle il
seno, prendendosi di rimando
un pugno sul naso e facendola inferocire ancora di più. Il
biondino, totalmente
affranto e ora arrabbiato quanto la rossa, mantenendosi il naso
dolorante corse
in direzione di Hagumi, abbracciando la confettina e cercando conforto
in
quell’anima dolce che tanto adorava.
«Ah fortuna che ci sei tu… »
sospirò in estasi,
strusciando la
pallida guancia su quella tanto morbida di Hagumi «Su due
gemelle
almeno
una doveva uscire come si deve… AHIA!» non
poté
continuare la frase che
cacciò un urlo di dolore, ricevendo in pieno viso uno
stivale appesantito da
manette e mille accessori di Himiko.
Il ragazzo tornò a litigare con la rossa, mentre Hagumi
tirò un sospiro e
continuò a dedicarsi alla sua cioccolata, ordinata in
precedenza dalla sorella,
ignorando gli insulti che i due avevano iniziato a scambiarsi e
tornando a
chiacchierare allegramente con Len. Inutile dire che sarebbero andati
avanti
almeno per mezzora a bisticciare, come ormai consueta abitudine, quindi
tanto
valeva dedicarsi a faccende più piacevoli. Nel frattempo
anche Naoko li aveva
raggiunti e aveva preso a torturare la povera Sunako a suon di
“Shin è troppo
figo, è l’amore della mia vita, ma è
uno stupido a darmi sempre buca” e altre sciocchezze
simili. Sunako era esattamente l’opposto caratterialmente a
Naoko e forse per
questo andavano tanto d’accordo… o per meglio
dire, Naoko parlava e Sunako
annuiva silenziosamente ascoltando pazientemente le sue chiacchiere
finché non
si fosse sfogata, decisamente sottomessa. In ogni modo il pomeriggio
continuò
piuttosto piacevolmente, arrivò anche il batterista
ritardatario, che si prese
una tirata d’orecchie memorabile da Himiko. Il concerto fu
molto gradevole,
sorvolando sulle fans di Natsu che puntualmente guardavano Hagumi in
cagnesco,
quando il ragazzo le dedicava qualche commento o un’occhiata
dal palco,
ammiccando. Nonostante i suoi gusti musicali totalmente differenti,
Hagumi
doveva ammettere che la sorella e il suo gruppo erano veramente molto
bravi e
apprezzava davvero la loro musica. In qualche strano modo, quella gran
pazzoide
era anche riuscita a convincere quell’asociale di Akira ad
entrare nella band
come seconda chitarra. Quel poveretto era stato messo talmente alle
strette
dalla rossa, che non aveva potuto far a meno di accettare, pur di non
sentir
più le sue strabilianti e fasulle teorie di come sarebbe
diventata notevolmente
magnifica la sua vita se fosse entrato a far parte dei Lucky Rain. A
show
concluso, la confettina prese ad avviarsi verso il back stage del
locale, per
congratularsi con Himiko e gli altri ragazzi, ma finì per
cadere rovinosamente
a terra, sbucciandosi anche l’altro ginocchio.
Alzò la faccia da terra, mentre
due lacrimucce presero a farle DIN-DON-DAN dagli occhi azzurrini,
quella era
una giornata NO!
«Ahia… » si lamentò una voce
alle sue spalle,
mantenendosi lo stomaco
dolorante «Non guardi mai dove metti i piedi?» le
domandò
adirato un
ragazzo moro con il codino, scrutandola con delle profonde ed
ipnotizzanti
pozze nere, e alzandosi faticosamente da terra in tutto il suo metro e
ottanta.
Hagumi si alzò di scatto, totalmente imbarazzata,
inchinandosi davanti al
giovane e scusandosi per la sua sbadataggine. «Scusa Shiki,
non ti
avevo
proprio visto… ma anche tu, non potevi trovare un posto
migliore per metterti a
schiacciare un pisolino?» domandò con un cipiglio,
arrossendo lievemente.
Ogni volta che vedeva quel ragazzo, il suo cuore perdeva un
battito… era cosi,
così… maledettamente misterioso e affascinante!
Peccato che lui non la filava
minimamente e rubargli due parole era già un dono dal cielo,
poiché sembrava
dare importanza solo a suo cugino Natsu.
Il moro corrucciò lo sguardo, rimuginando sul fatto che
forse la ragazza
potesse anche aver ragione, sospirando scocciato. «Beh, poco
importa,
stavi andando dagli altri? Ti accompagno, imbranata come sei, sono
sicuro che
saresti capace di perderti o di rischiare di uccidere qualche altro
povero
malcapitato!» le sorrise beffardo iniziando ad incamminarsi,
mentre il
viso di Hagumi si tinse bordeaux per l’umiliazione. Lo
seguì in silenzio, nel
retroscena, con la mente un po' annebbiata, senza aggiungere altro; e
niente vi
era da aggiungere, infatti, come rifiutare il suo invito? Fosse stato
per lei,
lo avrebbe seguito fino in capo al mondo.
***
Un
mattino soleggiato, le gemelle non avrebbero potuto chiedere di
meglio per l'esperienza che stava per iniziare. Un mattino come un
altro di
metà Agosto, precisamente un venerdì, finalmente
si partiva per il tanto ambito
campeggio scolastico, a cui tutti gli studenti, o quasi, della loro
scuola
superiore avrebbero preso parte. Ovviamente era troppo sperare che le
due
arrivassero puntuali, perché se Hagumi era precisa e
puntuale come un orologio
svizzero, altrettanto non poteva dirsi di Himiko, che aveva scordato di
preparare la valigia la sera prima e aveva dovuto fare tutto in fretta
e furia
prima di partire.
«Spero vivamente tu non ti sia scordata nulla. L'ultima volta
non
è stato
piacevole doverti prestare persino lo spazzolino!»
borbottò
la rosata,
precipitandosi verso l'entrata della scuola dove i pullman erano tutti
ormai
pieni e pronti alla partenza, nell’attesa solo degli ultimi
ritardatari.
«Minamoto rosa e Minamoto rossa!!!» urlò
adirata la
professoressa di
matematica, gracchiando in direzione delle due ritardatarie e
sventolando
istericamente qualcosa che assomigliava tanto a un libro della sua
stessa
materia.
Una mano si posò sulla spalla della donna che
sembrò calmarsi in un istante, il
viso intanto si tingeva di una fiammante gradazione porpora.
«Professoressa Hitsuya, non le fa bene agitarsi
così. » la
voce
fredda e leggermente roca del giovane uomo sembrò
ipnotizzarla seriamente.
«Oh professor Shibata… sono sempre in ritardo
quelle due!»
il tono
della sua voce suadente, al contrario di quello che avrebbe dovuto
avere.
Lui guardò l’orologio che portava al polso,
volgendo poi lo sguardo sulle due
giovani che entravano di soppiatto in uno dei pullman in partenza,
cercando di
evitare il rimprovero della professoressa.
«Faremo meglio ad affrettarci anche noi, se non vogliamo
rimanere
qui.» Sorrise beffardo alla donna e si avviò nello
stesso
bus su cui le
due gemelle Minamoto si erano appena accomodate.
Come sempre, figlie predilette della fortuna, avevano individuato
proprio il pullman
giusto, quello dove almeno parte dei loro amici aveva preso posto.
Salirono le
scalette dell'entrata sulla fiancata posteriore e furono liete di
trovare il
solito gruppetto di casinisti in fondo ad esso.
«Uh, c'è posto accanto a Len. Come al solito la
evitano,
dicono porti
sfiga.».
Borbottò la signora in rosa a sua
sorella, infastidita.»Vado io
a tenerle compagnia, ok?» le lanciò un'occhiata in
segno di
scuse e la
mollò lì, in cerca di un posto singolo ancora
vuoto. Per ironia della sorte,
questo si manifestò poco dopo, proprio accanto al carissimo
Natsu. Le tempie di
Himiko iniziarono a pulsare con veemenza, mentre con un sorriso tirato
si
avvicinò al ragazzo chiedendo se era libero.
Ovviamente non attese risposta e si sedette tranquillamente di fianco
al
ragazzo, non prima di mettere il borsone di proporzioni megagalattiche
che si
portava appresso sul ripiano per le valigie, urtandolo con lo stesso.
«Ooops, scusa biondino!» sorrise beffarda e per
nulla dispiaciuta,
voltandosi subito in direzione di Akira seduto proprio dietro di lei,
levandogli un auricolare e prendendo subito la scusa di ciò
che stava
ascoltando per attaccar bottone e provarci con lui, com’era
ormai sua abitudine
fare.
Natsu, ancora interamente sonnolento, mugugnò qualcosa e
sembrò decidere per
una volta di metter da parte l’orgoglio e lasciar correre,
girandosi dall’altra
parte e riprendendo sonno. Dopo alcuni minuti che si godeva il bel
momento con
Akira, però, Himiko si voltò verso il biondino al
suo fianco con aria
totalmente sorpresa.
«Sei finalmente andato a farti fare il vaccino contro la
rabbia?»
domandò divertita, notando che il ragazzo sembrava per la
prima volta non voler
attaccar briga con lei. La cosa era quasi seccante.
Natsu si voltò annoiato verso la rossa e sbuffò
borbottando la prima cosa che
gli venne in mente: «No, sono solo depresso perché
la
signora sfiga ha
voluto farmi iniziare questo viaggio accanto a te, anziché
alla gemella giusta.
Quella carina e dolce per intenderci, non la psicopatica con manie
ossessivo-compulsive,
malata di provarci con tutti i bei faccini che incontra, compreso un
certo
tizio seduto qui dietro in questo momento!» chiuse il becco e
si
voltò
nuovamente verso il finestrino, lasciando che la ragazza reagisse alla
doccia
fredda delle sue parole.
«La gelosia è una brutta bestia, te l’ha
mai detto
nessuno?» lo
ripescò lei, afferrandolo con un buffetto sulla guancia e
costringendolo con
questo a girarsi, per continuare ad urlargli addosso totalmente
imbestialita. «Se hai le tue cose, non dovresti prendertela
con me! Va a sederti
accanto
alla gemella perfetta se tanto ci tieni!».
La rossa mise il muso, rubò di mano il lettore mp3 ad Akira,
cuffiette annesse,
non lasciando neanche al poveretto il tempo di replicare, isolandosi
totalmente
con la musica a massimo volume. Si permise solo di dire
un’ultima frase al
biondino, levando un auricolare in caso di eventuale risposta, prima di
decidere di ignorarlo completamente.
«E comunque è la mia signora sfiga, non la
tua!».
«No, farò una cosa migliore, per evitare che sua
maestà possa disturbare
qualche altra povera anima. Ti mando tua sorella e vado a sedermi
accanto alla
Shimada... tanto più sfiga di così!»
ribatté il ragazzo, alzandosi dal suo
sedile per fare come detto. Ma a quanto pareva quel giorno gli scherzi
del
destino non finivano così. Nel passare tra lei e il
sediolino dinnanzi a lei,
cadde in seguito ad una brusca frenata dell'autista; quando
riaprì gli occhi,
il suo viso affondava in qualcosa di morbido e profumato. Profumo di
abiti
puliti e... due seni?
Un urlo che rimbombò in tutto il pullman, facendo voltare
tutti i presenti
verso i due, riecheggiò per due minuti buoni insieme ad un
rumore di schiaffi.
Inutile dire che Natsu si era ritrovato con un viso totalmente rosso e
gonfio
in seguito ad una cascata di cinquini della rossa, che aveva il volto
tanto
rosso di rabbia quanto d’imbarazzo. Hagumi scosse la testa
totalmente
scandalizzata, da quando sua sorella era diventata così
pudica da fare tante
storie per una palatina da un ragazzo? Casuale per di
più… insomma stando ben
chiari, non che lei approvasse i comportamenti che solitamente Himiko
aveva con
il mondo maschile, ma si era trovata in situazioni sicuramente
più imbarazzanti
di quella di una semplice toccatina!
«Ti odio brutto idiota!!!» gli urlò per
finire la rossa,
scaraventandolo con una spinta contro il finestrino del pullman ed
allontanandosi visibilmente scossa per obbligare la sorella, che sicuro
non
gliel’avrebbe negato, di far cambio di posto.
Nel giro di un minuto Hagumi era accanto a Natsu e gli passava
amorevolmente
sul viso un fazzolettino bagnato per rinfrescare le sue guance che
bruciavano
di dolore. «Scusala... é un po' manesca, ma non
è
cattiva sai; però un po'
te la sei cercata, si può sapere che volevi
fare?». Lui
sbuffò,
piagnucolando appena «Volevo solo venire da te e chiederti di
fare
cambio
posto, non é colpa mia se il conducente di questo rottame
non sa
guidare!». Hagumi sorrise comprensiva, bagnando il fazzoletto
con un
altro
po' d'acqua fredda della bottiglietta, tirata fuori dalla borsetta
termica che
aveva preparato per conservare gli spuntini preparati da lei stessa
quella
mattina, prima della partenza.
Natsu tirò su un po’ con il naso, finendo subito
di fare il bambino. Accanto a
lei, alla sua migliore amica, non riusciva proprio ad essere un
perfetto idiota
come a volte pareva comportarsi. Era ironico perché,
malgrado passasse più
tempo con Himiko per via dei Lucky Rain, aveva da subito legato con
Hagumi e, a
dire il vero all’insaputa di tutti, avevano stretto una
profonda amicizia. Con
la gemella dai capelli rossi, contrariamente, non riusciva proprio ad
avere un
particolare feeling, certo forse era anche vero che non avevano mai
cercato di
parlare seriamente, ma sembrava quasi che ad entrambi uscisse naturale
litigare
in continuazione e alla fine, a quanto pareva, la cosa stava bene ad
entrambi.
L’unica parte strana del rapporto con Hagumi, invece, era
solamente il fatto
che era più facile far finta di essere il solito farfallone
incallito qual era
e far credere a tutti di avere una cotta per lei. Sarebbe stato troppo
difficile far credere che lui riuscisse ad avere una ragazza, molto
bella tra
l’altro, solo per amica e non avesse nessun reale desiderio
di portarsela a
letto.
«Secondo me dovresti seriamente provare ad addomesticarla,
è
un’animale!
Non ho mai conosciuto una persona così odiosa, non fosse che
facciamo parte
dello stesso gruppo ed è veramente una vocalist eccezionale
l’avrei già mandata
al diavolo!» borbottò quasi più fra
sé
e sé, visibilmente incavolato nero. «Anzi, a dire
il vero non riesco ad avere feeling con lei nemmeno nella
musica! Ogni volta che cerchiamo di comporre una canzone, deve sempre
finire
per provocarmi, dannata di una! Il fatto che sia brava e che
accompagnare la
sua voce con la chitarra è una goduria, non leva il
problema!».
Hagumi lo lasciò sfogare, ben sapendo che il ragazzo doveva
semplicemente
smaltire la rabbia, anche se non era sicura che questa volta gli
sarebbe
passata in fretta come al solito, così com’era
certa non sarebbe passata
velocemente ad Himiko, l’espressione shockata che aveva visto
sul volto della
sorella l’aveva vista in precedenza ben poche volte e non
portava nulla di
buono, anche se ancora non capiva la forte reazione della rossa.
All’incirca un’ora più tardi raggiunsero
la meta dove avrebbero campeggiato.
Era una bella zona, comprendente lago e fiume dove avrebbero potuto
rilassarsi
e rinfrescarsi, dietro i bungalow che sarebbero stati assegnati a
gruppi, in
tutta la sua maestosità, si eleggeva un boschetto
dall’aria quasi magica. Al
centro di tutte le cascine, infine, si trovava il campo principale
comprendente
cucina e mensa, docce e terme, sul retro campi da tennis e da calcio.
Non
appena tutti gli studenti scesero dal pullman, fu assegnato loro un
foglio comprendente
tutte le istruzioni con il gruppo quindi anche il bungalow a cui
appartenevano,
turni di pulizie, cucina, ed affini sarebbero stati appesi alla
bacheca. Hagumi
sbuffò un pochino, l’aria decisamente preoccupata,
il cottage, che era stato a
lei assegnato, era proprio quello più vicino al bosco e, si
ritrovò a pensare,
se fosse apparso un fantasma? Rabbrividì un poco, cercando
di contenersi.
Fortuna che l’avevano messa di gruppo con Len,
notò piacevolmente. Ogni cascina
comprendeva dieci studenti, di cui due per stanza e lei era proprio
finita con
la sua migliore amica.
«Grazie dea bendata!» ululò fra
sé e
sé totalmente piena di gioia.
Notò che anche a sua sorella era andata bene, capitata in
stanza con la sua
migliore amica Misa, anche se da parte di Hagumi non era certa fosse
una buona
cosa, ogni volta che Himiko stava con quella ragazza finiva per
mettersi nei
guai. Era certa che, visto soprattutto l’umore della rossa,
per colpa di Misa
sarebbe finita ubriaca nel giro di un’ora e avrebbero fatto
irruzione nel
bungalow di qualche ragazzo. Non riusciva ancora a capire come quella
ragazza
riuscisse sempre a procurarsi alcool e a nasconderlo perfettamente
perfino ai
controlli dei docenti. Poteva quasi far concorrenza al mago Houdini!
Scosse la
testa, decidendo di non pensarci, salutò con un cenno della
mano Natsu e il suo
gruppo di amici e si avviò insieme a Len nella loro stanza.
Aprirono la porta
scorrevole e, per delusione di Hagumi, non poté far altro
che notare la
freddura di quella camera, semplice, tradizionale e
così…
«Vuota… » si lasciò scappare
in un sussurro,
notevolmente
rattristata, anche se era una cosa aspettata. Sembrò,
però, riprendersi in un
attimo, aprì la cerniera del suo gran borsone rosa confetto
e ne estrasse una
coperta dello stesso colore, che posò sul futon destinato a
lei, sorridendo ora
beata. «Insomma, non è molto, ma…
»
arrossì lievemente, che sciocca
forse ad un’amante del nero come Len la cosa sarebbe
risultata fastidiosa.
Len la guardò, sorridendo serena, sedendosi sul futon
accanto al suo. «Diciamo che fa già più
casa, hai fatto bene a
portarla.» le riferì
sincera. Hagumi le sorrise di rimando, realmente grata. Ahhh, quanto
l’adorava,
lei, quella ragazza. Era così dolce e pensare che tutti la
evitavano solo per
quel look dark, che stupidi, non sapevano che persona squisita si
stavano
perdendo. «Dunque a quanto pare per stasera non abbiamo
nessuna
attività
particolare da svolgere, possiamo rilassarci alle terme se ti
va… anche se…
ahhh non vedo l’ora dell’ultima sera per la prova
del terrore!» accentuò
l’ultima parte con un urletto eccitato, mentre la povera
confettina non poteva
far a meno di sbiancare. La prova del terrore, accidentaccio, ma
perché ad ogni
gita scolastica si divertivano ad inventarsene una? Ogni volta finiva
per
ritrovarsi qualche capello bianco dalla paura che prendeva! I suoi
pensieri
colmi di terrore furono però interrotti da una schiarita di
voce alle proprie
spalle. Sia Hagu, che Len, si voltarono incuriosite e rimasero sorprese
nel
vedere la figura di Himiko, appoggiata allo stipite della porta con le
braccia
incrociate, e Misa di fronte a lei, appoggiata all'altro lato dello
stipite,
nella stessa posa teatrale.
«Sorellina! Come mai qui? Anche voi in questo
cottage?» chiese
sorpresa, prima di entrare in stanza aveva intravisto anche altri
amici,
possibile fossero capitati quasi tutti lì? Chissà
se anche lui... ? Quasi a
leggere i suoi pensieri, la rossa confermò la sua domanda.
«Sembra che ci
siamo tutti, ma proprio TUTTI!» accentuò
l’ultima
parola con vago
fastidio, facendo segno con la testa in direzione di Natsu e Shiki che
erano
appena entrati dalla porta principale e li stavano raggiungendo per
occupare la
loro stanza, proprio tra quelle delle due gemelle e rispettive amiche.
«Gli altri sono già tutti in camera e ironia della
sorte, ho
una sorpresa
per te sorellina… non indovinerai mai chi è il
sorvegliante del nostro cottage…
Shin è qui!».
«Davvero?» chiesero Hagumi e Len all'unisono, prima
di voltarsi l'una
verso l'altra. Len arrossì e distolse lo sguardo. Hagumi
sorrise con dolcezza,
conosceva da tempo la cotta che la sua migliore amica aveva per suo
fratello.
Si alzò in piedi ed avvicinandosi, le diede una pacca sulla
spalla «Meno
male, eh, Len?». L'amica non disse nulla, ma l'espressione di
tutti si
pianificò, quando gli urletti di Naoko la piattola
confermarono le parole di
Himiko.
«SHIIIINCHAAAAN!». «Ecco
l'oca... »
Sbottò Misa,
infastidita, mentre Himiko faceva spallucce. Non c'era molto da fare,
il prezzo
da pagare per avere Shin con loro era quello di doversi sorbire anche
Naoko.
Ne fece capo uno Shin piuttosto scocciato, con una Naoko al collo che
dondolava
allegramente senza intenzione di staccarsi. Il ragazzo decise di non
dar peso
alla cosa. Si portò il fischietto alle labbra, assordando
tutti i presenti e
soprattutto la moretta, richiamando i ragazzi nelle camere ad uscire.
«Buongiorno a tutti ragazzi, sono Shinichi Minamoto, il
vostro
sorvegliante. Per qualsiasi dubbio o problema che abbiate, domandate a
me, la
mia stanza è quella in fondo al corridoio. Vi ricordo che
per le undici dovrete
essere tutti qui e per le undici e mezza le luci dovranno essere
spente. Detto
questo, buon divertimento!».
«Come siamo formali fratellone… »
ridacchiò
Himiko, tirando un copino
sulla nuca del ragazzo e salutandolo affettuosamente «Come te
la
passi?».
Shin la guardò esterrefatto, come se la risposta non fosse
ovvia, mentre
indicava Naoko ancora appesa al suo collo «Tu che
dici?» .
Himiko rise all'espressione corrucciata del fratello, quindi si
allontanò con
Misa, avevano altro a cui pensare e non avevano voglia di continuare a
sentire
gli schiamazzi della ragazza. Shin si affacciò nella stanza
di Hagumi e Len
invece, per controllare che tutto andasse bene, dopo essere riuscito
almeno a
convincere Naoko a scollarsi qualche attimo per il gran caldo.
«Tutto bene, qui?» chiese con lo sguardo totalmente
fisso sulla
sorella, riservò per Len solo un veloce cenno del capo, che
fece comunque
arrossire la ragazza, la quale a causa dell'imbarazzo, per alzare la
mano e
ricambiare il saluto, urtò un posacenere su di un tavolino,
che cadde sul piede
di Hagumi, facendole cacciare un urletto di dolore. «Ahioooo!
Che cosa
cavolo... » la rosetta abbassò lo sguardo
sull'oggetto
pesante che era
volato giù dal ripiano, prima di alzare lo sguardo su Shin e
ridacchiare «Sì, come vedi, tutto bene qui... a
parte i soliti danni che
combiniamo... » come se ciò dovesse rincuorarlo!
«Capisco… mi raccomando, se avete bisogno di
qualcosa, non
fatevi problemi
a chiamarmi… » come calamitato da quello sguardo
azzurrino,
non riusciva
proprio a muovere un passo dalla soglia della porta, si
affrettò quindi a dire
la prima cosa che gli passò per la mente, giusto per non
risultare un perfetto
idiota. «Quali turni di lavoro vi sono capitati?»
la domanda
più
interessante del mondo, sicuramente, si ritrovò a pensare
dandosi ora veramente
del perfetto idiota.
«Lavori? Orari? Ah, sì, quelli appesi in
bacheca!» rispose
la
confettina dopo aver rimuginato un po'. «Non ci siamo ancora
passate...
andiamo adesso, anzi, vero Len?» si voltò verso
l'amica che
acconsentì. Si
piegò per recuperare il posacenere e riporlo al suo posto,
quindi si avviarono
assieme verso la porta. Nell'uscire sfiorò con le dita
quelle della mano del
fratello, questo provocò un brivido ad entrambi, ma mentre
lui era rimasto
scosso dalla cosa perché era davvero da tanto che non aveva
neanche un minimo
contatto con Hagumi, lei cercò di non badarci troppo.
Altrimenti sapeva che il
suo cuore sarebbe scoppiato. Fece finta di nulla per se stessa, per il
suo
cuore e per l'amore segreto di Len.
Guardò suo cugino che disfaceva svogliatamente il borsone,
mentre si rilassava
sul suo futon, perso come sempre nei suoi mille e più
pensieri. Osservò
attentamente i movimenti di Natsu, quasi ogni capo che prendeva in mano
gli
cascava a terra e, irritato, lo lanciava in malo modo
nell’armadio.
«Si può sapere che ti prende? Non starai ancora
pensando
alla litigata con
la Minamoto spero… » domandò seriamente
preoccupato per l’umore del
biondo, che stranamente non si era ripreso neanche dopo tutto il
viaggio
accanto alla sua adorata Hagumi. «Se neanche
l’altra Minamoto
è riuscita a
tirarti su l’umore, immagino sia davvero grave…
».
«Himiko e Hagumi! Si chiamano Himiko ed Hagumi!
Perché
diamine non impari
mai i nomi? Sei snervante!» Sbottò questo
voltandosi a
guardare il cugino
in malo modo, prima di ricominciare a svuotare il borsone buttando
tutto
nell'armadietto alla rinfusa. Mannaggia a quell’Himiko, la
guancia gli pulsava
ancora dal dolore al solo pensandoci. Shiki sospirò, prima
di sbadigliare
annoiato. «Certe volte sembri una femmina isterica, Natsu,
datti una
calmata... » lo rimbeccò prima di sdraiarsi e,
portando le
mani dietro la
testa per appoggiare il capo moro, chiuse gli occhi per rilassarsi
meglio. Tutto
quel vedere Natsu agitarsi era stancante. «E poi i nomi li
so, solo che
non mi fa differenza chiamare in un modo o nell'altro... neanche le
conosco e
non voglio averci nulla a che fare. Sono strane, c'è
qualcosa in loro che... mi
puzza... ».
«Qui l’unica cosa che puzza sei tu! Non pensare
minimamente
che la mia
adorata Hagumi puzzi!» sbottò ancor più
adirato
Natsu, poi arrossì di
botto, ricordando che quella mattina era caduto su Himiko ed aveva
avuto modo
di sentire il profumo dei suoi vestiti e dei seni. Scosse la testa,
schiaffeggiandosi mentalmente il viso. Che diavolo gli saltava in
mente?!
«Ma che hai capito?!» saltò su Shiki,
alzandosi ed
avviandosi alla
finestra, scrutando il paesaggio esterno «Hanno qualcosa di
strano
quelle
due… ».
Natsu interruppe un attimo lo schiaffeggiamento mentale e si
voltò a guardarlo,
incuriosito dalla cosa. «Qualcosa di strano? Beh una
é tutta
rosa da testa
a piedi e l'altra veste solo maculato ed ha i capelli dello stesso
colore di un
fanale, ma a parte questo io le trovo piuttosto normali!».
Shiki
sospirò e
lo guardò sconsolato «Beh, giacché tu
vesti come
un pagliaccio, immagino
non possa essere altrimenti... » lo prese un po' in giro,
niente di
più.
«Ehi! Io ho uno stile tutto mio e spettacolare, non osare
insultarlo!
Ricordati che le ragazze mi venerano anche per questo!»
bofonchiò non
seriamente arrabbiato, sapeva benissimo che il cugino si divertiva
così, anche
se non gli perdonava di farlo a sue spese.
«In ogni caso, mister monocromatico, cosa ci vedresti di
così strano in
quelle due?» domandò seriamente incuriosito. Shiki
assottigliò lo sguardo,
voltandosi a guardare il cugino, l’aria seriamente
preoccupata. «Non ne
sono ancora sicuro, in ogni caso meglio tenerle d’occhio,
quando stai con loro
resta in allerta… ».
«Mh... se lo dici tu… » rispose il
cugino, stranito. «Beh»
riprese Shiki «Io vado a controllare i miei turni di pulizie,
ti lascio
finire di disfare i bagagli». Uscì dopo un
semplice cenno
d'assenso di
Natsu, richiudendosi la porta alle spalle e lasciandolo solo a
riflettere sulle
indicazioni che gli aveva appena dato.
***
«Sì, tranquilla, avviati senza di me, torno
subito!» furono
le parole
di una Hagumi che si allontanò frettolosamente da Len per
tornare in stanza a recuperare
lo zainetto con gli affetti personali che preferiva tenere con
sé, come
portafogli, cellulare e via discorrendo. Percorse trafelata il lungo
corridoio
e nello svoltare l'angolo andò a sbattere contro qualcuno.
«Ma possibile che mi finisci sempre addosso, Minamoto? Sei un
danno... » La voce era conosciuta. Arretrò di un
passo e
guardò Shiki come si
guarda un quadro di Van Gogh: ammaliata. «Oh... s... salve...
così anche
tu sei qui... » cercò di attaccare bottone, non
voleva farsi
sfuggire
un'altra occasione per parlare con lui.
«Sfortunatamente sembrerebbe di sì…
»
affilò lo sguardo, guardandola
in ogni suo dettaglio probabilmente, come la stesse studiando. Hagumi
arrossì,
lievemente imbarazzata. «Ho qualcosa di strano?»
domandò
innocentemente. Shiki scosse la testa, distogliendo per un attimo lo
sguardo. «A prima vista nulla.» si
limitò a rispondere, tornando sui
suoi
passi ed allontanandosi dalla confettina, ma lei non lo
lasciò scappare così
facilmente. Che cosa voleva intendere con quella frase?
«Ehi aspetta, che cosa intendi con "a prima vista
nulla"?!»
domandò
preoccupata, estraendo dalla tasca della gonna lo specchietto che
portava
sempre con sé e osservando il suo riflesso, cercando
qualcosa di strano sul suo
viso. Shiki si lasciò scappare un sorriso, seriamente
divertito dalla reazione
della ragazza.
«Nulla che intendi tu, non ti preoccupare.».
Lei lo guardò sorpresa, poi sospirò e ripose lo
specchietto al suo posto. «Ti sembro forse strana?»
chiese poi, insistendo un po'. Voleva
capire i suoi pensieri, ne aveva bisogno, per sentirsi di almeno un
passo più
vicina a lui.
«Non penso tu sia strana. Sei una persona originale, certo...
ma non
é
questo il punto.».
Abbassò lo sguardo, puntandolo
dritto negli occhi azzurrini
di lei. Rimasero così qualche secondo, guardandosi fisso
«È come se ci
fosse qualcosa in te che non riesco a spiegarmi, come se nascondessi un
segreto
troppo più grande di te... » si zittì
improvvisamente però, alzò lo
sguardo oltre la ragazza ed incontrò il viso del professore
di biologia. E
ancora, da un angolo, svoltò anche il fratello della
confettina. Bloccavano il
corridoio e così, entrambi i nuovi giunti, si fermarono alle
spalle della
ragazza. «Oh, sembra quasi che ci siamo dati appuntamento
qui.». Disse
scherzoso Shiki e Hagumi, che nel frattempo era arrossita come la polpa
di un
cocomero, si voltò di scatto capendo che qualcuno era alle
sue spalle. Si
sorprese nel vedere Shin, una sorpresa che la mise a disagio. E ancora
di più
andò in confusione, quando vide Hiro, o meglio, il professor
Shibata. Oh, mio
dio, era accerchiata! Il fratello con cui aveva un rapporto troppo
oltre la
parentela, il ragazzo che le piaceva e il professore per il quale
provava una
grande stima, così bravo, così bello, ne era
infatuata e... maledizione, ma di
quanta gente era preso il suo mutevole cuore? Brutta situazione. Doveva
trovare
una scusa per fuggire: «Io andrei a... » attimi di
silenzio, mentre
muoveva una manina verso destra, come per indicare che doveva
proseguire per di
là, ma non ricordava nemmeno cosa era tornata a fare.
«Forse a controllare i tuoi turni di lavoro?»
domandò
ironicamente
Hiro, arruffandole leggermente la lunga chioma. Hagumi per poco non
svenne
dalla gioia, arrossì di botto e andò in tilt
totale.
«Ah... Eh… sì, sì proprio
quello… credo… ohhh… » si
coprì con le
manine lattee il viso ormai in fiamme, accidenti se quello era il
paradiso che
nessuno osasse svegliarla!
Shin si avvicinò alla sorella, l’aria totalmente
gelosa, poi guardò il bel
professore e si rivolse a lui. «Anche noi avevamo qualcosa da
fare!»
bofonchiò visibilmente scombussolato dalla reazione della
sorella nei confronti
di due ragazzi che non erano lui. Sentiva il cuore che gli stava
scoppiando di
dolore, che sensazione orribile la gelosia.
«Sì, Minamoto, ero venuto appunto a cercare tua
sorella!»
rispose il
professore dai capelli albini e sottili come fili argentati,
rispondendo al
fratello visibilmente geloso a vista di Shiki ed Hiro, probabilmente
Hagumi era
proprio l'unica a non essersene resa conto. «Hagu, si tratta
dell'articolo
riguardante il campeggio che dovrai scrivere per il giornale della
scuola,
vieni nel cottage dei professori alle diciannove, che ci saranno anche
gli
altri per discutere i punti che dovrai affrontare,
d'accordo?» la
ragazza
annuì e il bel Shibata si congedò con un solo
cenno del capo. Lei lo guardò
adorante finché non svoltò l'angolo, poi
rinsavì e fece spallucce. «Scusate ragazzi, ho
mollato Len da sola, mi sono scordata. Shiki poi
lo
continueremo quel discorso eh... ciao ad entrambi!» Fece un
cenno della
manina e sparì come il suo predecessore. Shin rimase a
bollire di rabbia,
affianco a Shiki, che lo guardò perplesso, prima di roteare
gli occhi. «Minamoto, l'incesto é una cosa
illegale, lo sapevi?»
borbottò prima
di andarsene pure lui, mollandolo lì da solo. Shin rimase
sorpreso di quelle
parole. Ma l’aveva scritto in fronte? Abbassò lo
sguardo, con un'espressione
infinitamente triste. «Lo so anch'io, cosa credi...
».
***
Allontanò
un ramo che si parò davanti, per aprire il passaggio
alla riva del fiume, aveva bisogno di rilassarsi e stare un attimo per
conto
suo. Era davvero di pessimo umore, ma quella volta non ci riusciva a
sfogare
tutto facendo finta che alcool e feste potessero farla stare realmente
meglio.
Si sedette su un enorme masso sulla riva del fiume, quindi si
levò gli stivali
ed immerse i piedi nella fredda acqua, ignorando totalmente di stare
bagnando
le autoreggenti nere, sarebbe stato troppo complicato levarsi tutto.
Alzò lo
sguardo al cielo, assaporando il calore del sole che stava ormai
affievolendo
per l’arrivo della notte ed ascoltando il canto dei grilli
che avevano iniziato
a uscire allo scoperto. Chiuse gli occhi, come a voler imprimere quel
momento
nella sua mente, quando il rumore di alcuni rametti spezzati la fece
mettere in
allerta e voltare nella direzione da cui proveniva.
«Ah sei tu Akira, che spavento mi hai fatto
prendere!».
«Chi pensavi che fosse, un vampiro?» Chiese lui
sorridendo mellifluo,
prima di avvicinarsi e sedersi al suo fianco, senza accorgersi che la
sua
battutina l'aveva fatta sussultare. «Che ci fai qui? In
genere sei una
festaiola, sempre in cerca di svago e confusione... » era
seriamente
sorpreso, tant’era che l'aveva seguita apposta, incuriosito
dal suo
allontanarsi in completa solitudine dal camping. Lei scrollò
le spalle, ma non
disse nulla, non sapeva cosa avrebbe potuto dirgli. Che anche i
festaioli
avessero bisogno di stare da soli, talvolta? A questo poteva arrivarci
da solo.
Però apprezzò non poco il suo interessamento.
«E tu, invece, che ci fai qui?» domandò
lei, come se
già non lo
sapesse. Era semplicemente curiosa di sentirglielo dire e non era certo
cosa di
tutti i giorni. Lui sorrise, sedendosi accanto a lei, imitandola
levando gli
stivali e mettendo a mollo i piedi nel fiume.
«Acc… come fai? È gelida!»
domandò
sorpreso, levandosi subito dalle
fredde acque.
Lei ridacchiò un pochino, quasi nervosamente.
«Oh, sono un animale a sangue freddo, io.» Gli fece
una linguaccia,
continuando poi a sorridergli.
Lui scosse il capo, sorridendo «Già, immagino che
se i
vampiri esistessero
sarebbero loro a dover avere paura di te.» Poi un altro
sussulto
impercettibile da parte della giovane, che dissimulò con un
colpetto di tosse «Hai la carnagione così bianca,
i capelli così
rossi... potresti sembrarlo
sai, un vampiro intendo. » Si avvicinò solo un po'
al suo
volto, per
osservarla meglio «Le labbra, i denti bianchissimi...
scommetto che da
questa distanza, se mi sorridessi, potrei scorgere i canini
affilati!».
Himiko sobbalzò, allontanandolo con una leggera pressione
della mano. Poi rise.
«Ma dai, che vai dicendo, così mi metti in
imbarazzo! E
poi… »
assunse uno sguardo malizioso, guardandolo dritto negli occhi
«… con
questo tuo atteggiamento potrei quasi pensare che tu sia ammaliato da
me e che
finalmente le mie avances nei tuoi confronti abbiano dato i suoi
frutti… ».
Il moro la guardò un po’ imbarazzato, non sapendo
bene cosa risponderle, ma lei
riprese a ridere, spezzando la tensione, levando i piedi
dall’acqua e alzandosi
in piedi, lo sguardo rivolto verso il tramonto.
«Guarda, è veramente stupendo… pensa
che brutto,
se davvero fossi un
vampiro, non potrei apprezzare certi piaceri della vita, come questo
bel
tramonto del resto… ».
Anche Akira si alzò, ma non si voltò verso il
tramonto. «E chi dice che la
leggenda dei vampiri che s’inceneriscono al sole debba essere
vera?»
chiese enigmatico, smuovendo un passo verso la rossa, che colta di
sorpresa
arretrò. Un paio di passi e si trovò ad
inciampare in una radice che usciva
dispettosa dal suo posto nel terreno. «ATTENTA!» si
affrettò
ad
allungare un braccio e cingerle la vita, tenendola su, fin troppo
accostata al
suo corpo. «Ti sei fatta male?»
«N-no… » disse in un sussurro lei,
aggrappandosi meglio al
suo petto,
mentre la testa iniziava a girarle fortemente «Sei veramente
interessato
ai vampiri eh? Come mai?».
Lui rise divertito, portando anche l’altra mano sui suoi
fianchi.
«Beh, è un argomento che mi ha sempre interessato
e
tu… mi ricordi molto
uno di questa razza, tutto qui. Non son convinto davvero della loro
esistenza,
ma al tempo stesso sono sicuro che un essere tale non possa esser
scaturito
solamente per mente di qualche scrittore dall’immaginazione
troppo grande, son
sicuro ci sia un fondamento a tutte queste storie di
vampiri.».
Lei alzò lo sguardo, piegando un po' il collo in modo che la
testa s’inclinasse
all'indietro quel tanto perché potessero essere a faccia a
faccia, a una
distanza di pochi centimetri. «Però... »
continuò
lui «... al di
là della tua somiglianza con un ipotetico essere
sovrannaturale, sei tu come
persona che mi hai colpito, Himiko... » il nome fu un
sussurro sulle
sue
labbra, mentre alzava una mano e portava due dita a prenderle il mento,
con
delicatezza. Neanche il tempo di lasciarle capire cosa stesse
succedendo, che
aveva già appoggiato le labbra su quelle di lei, ma nessuna
dolcezza in tutto
ciò, più che altro fu travolta da una passione
inaspettata, mentre la sua
lingua fremeva perché lei ricambiasse il bacio, cercando di
infilarsi tra le
sue labbra. Si lasciò ammaliare da quel tanto ambito bacio,
ricambiandolo con
la stessa passione, al che lui ruppe il contatto, alzandola leggermente
ed
adagiandola a sedere sul gran masso, riprendendo poi ciò che
aveva lasciato in
sospeso. Himiko si lasciò cadere all’indietro,
trasportando con lei Akira che
si fece sopra in un momento, senza farselo ripetere. Lasciò
giusto un momento
le sue labbra per passare a baciarle il collo, provocandole un gemito,
al che
tornò a concentrarsi sulle sue labbra, lasciando che una
mano s’infilasse sotto
la canottierina leopardata di lei. Poi di colpo lei lo fermò.
«Aspetta c’è qualcuno…
» lui la
guardò confuso «Siamo soli qui…
guarda che se non vuoi andare avanti basta dirm… »
lei
però lo interruppe «Ti dico che ho sentito un
rumore.».
Aspettarono qualche attimo, ma nessuno si fece vivo e nessun altro
rumore
spezzò il silenzio. Solo che ormai il momento era passato.
«È meglio se torniamo al campeggio.»
disse solo lui, un po'
imbarazzato, mentre sfilava la mano da sotto i suoi abiti e si spostava
da lei,
porgendole poi una mano per aiutarla a rialzarsi. Incanto spezzato.
Almeno per
ora...
Arrivarono
mano nella mano al focolare che gli insegnanti avevano
allestito per la cena di quella sera: salsicce e marshmellows! Tutti
gli altri
erano già davanti al fuoco, intenti a cucinare qualcosa sui
loro bastoncini.
Non appena vide arrivare i due, Misa si alzò in piedi,
sventolando la mano per
segnar loro la posizione di dove si trovavano tutti.
«Ehy brutti porcelloni, ma dove eravate andati a finire? Ci
sono dei
bei
posticini imboscati per del sesso selvaggio allora?!»
domandò divertita ai
due, Akira arrossì violentemente e si sedette accanto ad
Himiko che aveva già
preso posto al fianco della rossiccia.
«Smettila… » le disse solamente Himiko,
prendendo anche lei
un
bastoncino, iniziando ad arrostire un marshmellow.
«I bambini non dovrebbero parlare di sesso, ma pensare a
giocare ancora
con le bambole!» la canzonò Shiki, il quale
sembrava proprio
non
sopportare la ragazza pel di carota. «Ah sì... non
è che nella vostra
imboscata avete coinvolto pure mio cugino? È scomparso da
qualche ora.»
Aggiunse poi il moro, che si teneva un po' spostato rispetto al gruppo,
non
amava particolarmente mangiare in compagnia, aveva appoggiato la
schiena al
tronco di un albero e, sigaretta tra le mani, osservava tutto un paio
di metri
più in là. Stava per tirare un'altra boccata,
quando qualcuno gli rubò la
paglia dalle dita «Ehi, che cavolo... !». «Vergogna,
Shiki,
queste
cose fanno male alla salute, lo sai?» stavolta fu lui ad
essere
canzonato,
dall'altra gemella per la precisione. Hagumi era schizzata in piedi,
quando
l'aveva scorto accendersi una sigaretta da lontano ed era accorsa per
mettere
fine a tale scempio per la sua vista. La ragazza gettò la
sigaretta a terra e
la spense con la suoletta della scarpina rosa, sotto lo sguardo
stravolto di
Shiki, una sua versione inedita e quanto mai rara, quindi si
voltò verso la
sorella e la guardò sospettosa «Natsu era venuto a
cercarti
per chiederti
scusa, non é che l'avete visto, mentre facevate le vostre
porcellate?»
insomma, ci si mise anche lei ad infierire.
«Ti ci metti anche tu?!» sbottò
arrossendo Himiko «Non
stavamo
facendo proprio niente e no non l’ho visto!» un
momento, si
ritrovò a
riflettere. Natsu la stava cercando? Per chiederle scusa? Stava forse
arrivando
la fine del mondo? Al che s’introdusse Akira. «A
dire il
vero, quando
eravamo al fiume, Himiko ha sentito dei rumori, forse poteva essere
lui… ».
«Ah, chissà quanta invidia avrà provato
quel
poveretto!» rise
divertita Misa «Lui nemmeno ha potuto minimamente palparti il
seno che
si
è ritrovato la faccia gonfia di botte!».
Hagumi non disse nulla al commento di Misa, ma notò Himiko
arrossire di botto e
zittirsi. Qui iniziava ad essere tutto molto sospetto, ma convenne con
se
stessa e la sua coscienza che era meglio cambiare discorso.
Abbassò lo sguardo
un attimo verso sinistra e beccò Shiki che stava per
accendersi un’altra
sigaretta. «Ancora?! SORVEGLIANTEEEEE! QUI C'È UNO
CHE
TRASGREDISCE AL
REGOLAMENTO!» ok, l'avrebbe odiata a morte e sarebbe stata la
fine di
un
possibile rapporto mai iniziato, ma non poteva proprio ignorare la
cosa, era
più forte di lei. Il suddetto sorvegliante quasi si
strozzò al suo urlo, povero
Shin, e dovette alzarsi per andare a controllare cosa stava succedendo.
«Haguchan, che hai da scampanellare con quella vocettina
trillante che
ti
ritrovi?» chiese scherzoso avvicinandosi al gruppo,
portandosi affianco
alla sorella e guardandola divertito, ma con infinita dolcezza. Lei
bofonchiò
qualcosa riguardo al non prenderla in giro per la vocetta sottile e un
po'
infantile che non accennava proprio ad abbandonarla, poi
indicò con un ditino
Shiki. Shin guardò il ragazzo, l'accendino in una mano e la
sigaretta
nell'altra, quindi rammentò che quel ragazzo sapeva tutto
riguardo il
sentimento che covava dentro di sé. Non riuscì a
dirgli nulla, distolse lo
sguardo e tergiversò alla bell'e meglio «Mh,
Himiko, hai i
capelli tutti
scombinati, non é da te... » meglio buttare
l'attenzione su
qualcun altro,
mentre mentalmente pregava perché sua sorella non lo
ammazzasse di botte. Cosa
che, ovviamente, accadde. La rossa si avvicinò al fratello,
gli tirò il solito
scappellotto dietro la nuca e si allontanò diretta verso i
bagni, alla ricerca
di uno specchio per sistemarsi meglio. Nel tragitto in direzione dei
servizi
non troppo distanti dall’accampamento,
s’imbatté in Natsu che, manco fosse un
clone del cugino, era anche lui appoggiato ad un albero a fumarsi una
sigaretta.
«Ti conviene non farti vedere da Hagumi, ti sgriderebbe sai?
In ogni
caso
sarebbe ora che tu ti facessi vedere dagli altri, ti stanno
cercando.» Lui
girò appena la testa, posando lo sguardo sulla rossa, non
avendo realmente la
necessità di guardarla per riconoscerla, la sua voce
l’avrebbe distinta fra
mille. Era pur sempre la vocalist della sua band.
«Tua sorella? No, con me si é arresa, che vada a
fare la
piattola con
qualcun altro... » borbottò atono ed Himiko rimase
molto
stranita per
questo tono, soprattutto parlando di Hagumi, siccome normalmente
passava i tre
quarti del tempo a venerarla ed idolatrarla. Natsu alzò un
sopracciglio
all'espressione un po' ebete che si era dipinta sul suo volto, si
lasciò
sfuggire una breve risata e sospirò, gettando il mozzicone
lontano ed alzandosi
in piedi, un paio di pacche sui jeans stracciati per spolverarli dal
terriccio. «Non fare quel musetto, Himiko, lo sai che la
adoro. Lascia stare sono
un
po' nervoso, oggi pomeriggio ho visto qualcosa che mi ha lasciato
infastidito.
Ad ogni modo vorrei chiederti scusa per il macello di stamattina nel
pullman...
insomma... lo sai... non é che lo avessi fatto apposta,
eh... ».
Lei parve rilassarsi e la tensione di tutta quella mattina sembrava
svanire in
un momento.
«Allora è proprio vero che sei andato a farti fare
il
vaccino contro la
rabbia.» Lo guardò incuriosita da quel suo strano
atteggiamento,
solitamente non le chiedeva mai scusa e dopo una litigata, passavano ad
un’altra di queste, senza però metterci reale
cattiveria. «Mi sorprende
che tu mi domandi scusa, in fondo, da come dici, non l’hai
fatto apposta no? Se
ti scusi, sembra che ti addossi la colpa di un fatto. »
sorrise,
contenta
però di quel piacevole cambiamento. In fin dei conti, non
era neanche brutto
far finta di andare d’accordo per un minuto soltanto.
«Scusami anche tu,
non so perché me la sono presa tanto... ».
Lui sorrise di rimando, prima di scrollare le spalle, come a voler
scrollarsi
di dosso anche tutti quei brutti pensieri che nel pomeriggio l'avevano
torturato. «Fa niente, ormai ci sono abituato ai tuoi
cinquini, ogni
tanto
mi fanno bene.» rise «Beh, spero con questo che le
cose siano
risolte. Ci si becca in giro, né!» Si
voltò e si
allontanò dandole le
spalle, dopo solo un cenno della mano. Lo sguardo un po' cupo, ma lei
ormai non
poteva più vederlo e si cullò per qualche tempo
nella convinzione che tutto fosse sistemato.
***
Da brava vegetariana, non aveva perso troppo tempo a fuggire via dal falò dove l'odore di carne bruciata era un po' troppo per le sue narici. Sicuramente una scelta particolare, quella di evitare la carne, ma fatta da lei in modo consapevole, per un motivo ben preciso. Gli occhi azzurrini di Hagumi vagavano nel buio della notte, sul sentierino che portava al cottage dei professori, dove Hiro Shibata e gli altri in campeggio con loro la stavano aspettando per discutere del famoso articolo. Era molto grata al professore di averle dato una scusa per sgattaiolare via proprio all’ora di cena, dopotutto era al corrente della sua debolezza. Raggiunse la costruzione di legno e muratura e diede due colpetti alla porta d'ingresso, che notò essere socchiusa. Non giunse nemmeno un suono dall'interno, così la spinse lentamente e con un cigolio sonoro la spalancò completamente. «Professor Shibata?» squittì incerta, prima di compiere qualche passo all'interno. Rimase un attimo sulla soglia, prima di richiuderla alle proprie spalle ed inoltrasi nella stanza «Hiro?» chiese ancora, con una confidenza particolare. Dopotutto non erano propriamente degli sconosciuti; poi un rumore proveniente da un'altra stanza, qualcosa nell'aria che le fece sospettare che le cose non stessero bene. Si affrettò verso la camera e spalancò la porta con un gesto deciso. Hiro era all'interno e tra le sue braccia aveva una studentessa del primo anno. La conosceva bene perché sua kohai nel club di medicina. «HIRO!» Corse incontro ai due, cercando di attirare l’attenzione dell’uomo verso di sé.
«Hiro, HIRO! Guardami, su forza, guarda me!» lo implorò, mentre gli occhi color del sangue dell’uomo tornarono della loro normale colorazione grigiastra. «Ecco, da bravo… ce la fai… su… ».
Il professore si ritrovò ad ansimare, afferrando con forza le braccia della confettina.
«Portala via da qui, ti supplico… » Hagumi non poté far altro che annuire ed accompagnare faticosamente fuori la ragazza, facendole riprendere i sensi e inventando la scusa che l’aveva trovata svenuta davanti alla soglia e che le consigliava un buon riposo. Non appena riuscì a congedarsi dalla sua kohai, si affrettò a raggiungere Hiro, che aveva un pallore al di fuori del normale, anche per il suo status.
«Scusa io… io non ho resistito… avevo bisogno… di vero cibo… ».
Lei sorrise come per rincuorarlo, gli andò incontro e allungò una mano verso il suo viso, per sfiorargli la guancia con le dita, delicatamente. «Non ti preoccupare. Fortuna che sono venuta in tempo! Lo sapevi vero che stasera non ce l'avresti più fatta a resistere? È per questo che mi hai dato un orario serale, avremmo potuto vederci nel pomeriggio.» sospirò, abbassando poi la mano, allontanandola dal suo volto «Sei stato bravo, davvero!» cercò infine di tirarlo su. Lui la guardò qualche istante, come rapito, quindi si voltò altrove, non sapendo bene cosa dire. Quella ragazza era un angelo, da quando la conosceva, non aveva più fatto del male a nessuno, gli era sempre stata accanto mentre lottava per resistere alla tentazione, per abituarsi. «Vieni!» disse poi lei, distogliendolo dai pensieri negativi che ancora una volta lo assalivano e lo torturavano. Lo afferrò per mano e lo condusse verso il letto, dove lo fece sedere. «Resta qui, che io vado in infermeria. È un po' che ti controllavo, sapevo che non stavi bene, sei indebolito... da cosa? Ti sei ferito? Hai perso molto sangue?».
Lui scosse la testa, dispiaciuto «Diciamo che forse l’impatto con la dieta è stato un po’ troppo forte per me… son abituato a nutrirmi più consistentemente come ben sai… lo so, lo so, me ne devo vergognare, ma è irresistibile la tentazione… ».
Hagumi lo guardò comprensiva, rassicurandolo «Lo so bene, non ti preoccupare, non posso di certo esser io a biasimarti. Cerca di stare buono e non uccidere nessuno finché non torno con la pappa!» gli fece l’occhiolino, per tirargli un po’ su il morale. Hiro la osservò uscire dalla stanza, mentre a fatica si spostava nel letto fino ad appoggiarsi alla parete. Non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lei, probabilmente sorpreso a cacciare qualche vittima, sarebbe stato assassinato da qualche cacciatore.
Correva a perdifiato, cercando di non inciampare nei sassi del sentiero che la conduceva all’infermeria. Si affrettò ad entrare di soppiatto nel locale, che fortunatamente era sempre aperto nel caso di qualche emergenza, si avvicinò al piccolo frigo che teneva le scorte d’emergenza di sangue, scelse un AB+ e infilò un paio di sacche ematiche nello zainetto. Richiuse tutto e uscì, ben attenta a non farsi vedere da nessuno. Pochi passi più avanti, però, una voce familiare la costrinse a fermarsi e a voltarsi. Deglutì nervosa. E se l’avesse vista?
«È pericoloso per una ragazza girare da sola, con questo buio, a quest’ora della notte.» Era Shiki, che l’aveva ormai raggiunta. Buttò la sigaretta a terra e la spense schiacciandola con il piede destro, aspettandosi già un rimprovero dalla confettina, rimprovero che, però, non sembrava arrivare.
«Ah… si giusto, stavo, infatti, ritornando al nostro bungalow!» provò a trarsi d’impaccio lei.
«Dalla parte opposta del campeggio?» domandò lui sospettoso.
Hagumi iniziò a sudare freddo. Mannaggia, ma proprio lui doveva incontrare? E proprio in quel momento? Temeva seriamente per Hiro, fortunatamente era troppo debole per muoversi, ma se qualcuno fosse entrato lì e l’avesse visto… e se lui accecato dalla fame non avesse resistito…
«Uhhhmm... » Deglutì, cercando una scusa plausibile per cavarsi d'impiccio, ma non le veniva in mente proprio nulla, il cervello sembrava essersi svuotato. «Ecco, in realtà facevo il giro lungo perché... é una così bella serata, speravo di incontrare qualche lucciola, sì!» scusa poco plausibile, ma meglio di quello non le venne proprio nulla.
«Le... lucciole... ?» chiese lui quasi perplesso e decisamente cinico. «Stai cercando di farmi passare per stupido? Beh, se devi andare a qualche incontro romantico, non sarò io a giudicarti, ma quell’idiota che dovevi vedere non poteva darti appuntamento in un luogo un po’ più sicuro? Dai, ti accompagno io, dove devi incontrarlo?».
Hagumi per poco non cadde a terra per lo stupore. Incontro romantico? Da dove gli usciva un’idea simile? Beh, poco male, se non altro l’aveva distratto dal reale motivo della sua scampagnata notturna.
«Oh non ti preoccupare, è proprio qui dietro, va pure tranquillo!» si affrettò a rispondere lei, salutandolo con un cenno della mano e avviandosi già in direzione di Hiro. Lui però sembrava non voler mollare.
«Non fare la stupida, ti dico! Stanotte è pericoloso, c’è… no, nulla, ma non vorrei averti sulla coscienza, fatti accompagnare!».
«C'è... cosa?» chiese aggrottando la fronte, quasi certa che stesse dicendo qualcosa d'importante, ma il discorso non ebbe modo di continuare, interrotto da un nuovo arrivo. «C'è qualche problema?» la voce gentile e calma di Shin attirò l'attenzione dei due, che si voltarono a guardarlo. Lo sguardo di Shiki s’illuminò, come se avesse appena fatto due più due. «Oh, capisco... incontro romantico... tuo fratello... immagino tutto torni!». La ragazza rimase di stucco «Prego?».
«Cercate almeno di non farvi vedere dai professori, dubito approverebbero… » detto questo, quasi divertito, se ne tornò sui suoi passi, riservando l’ultimo sguardo a Shin, il quale non apprezzò. N’era certo, quel dannato moccioso gli avrebbe ben presto procurato dei bei problemi.
«Ah Shin, grazie al cielo… non sapevo più come trarmi d’impaccio… Hiro… » ma lui la fermò. «Lo so, l’ho percepito… sono corso subito al suo bungalow e mi ha detto che eri venuta qua da sola, quindi son venuto a controllare… affrettiamoci… » timidamente le afferrò la mano, avviandosi davanti a lei, sentendosi più sicuro, anche se ben conscio per loro non ci fosse nessun reale pericolo.
Un battito saltato quando lui le afferrò la mano, ma cercò di non dare peso alla cosa, era certa che il motivo fosse la mancanza di abitudine ad avere contatti fisici con lui. E poi era il momento di pensare ad Hiro, no? Sicuramente meglio affrettarsi.