Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Kagome    05/10/2003    16 recensioni
Un debito d'onore è un debito d'onore. Anche se ti chiami Draco Malfoy. Anche se avresti preferito morire che essere in debito con chi ti ha salvato. Anche se ti ritrovi, senza volerlo, impelagato in qualcosa che rischia di essere più grande di te. Qualcosa da cui dipende il futuro dell'Inghilterra e, probabilmente, del mondo intero. Anno 2002, l'utlima battaglia. Misteri, passioni, tradimenti, pericoli... nascosti dalle Nebbie della Memoria. COMMENTATE!
Genere: Dark, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Le Nebbie della Memoria.


Scritto da Giulia "Kagome" kagome@tiscalinet.it.
Pubblicato il 5 Ottobre 2003
Beta-letto da: Megabyte, Aramis, ChaDo e Poggy. Ringrazio Aramis ed Esus per l'enorme aiuto in fase di raccolta delle informazioni necessarie per la definizione del plot. :-* grazie!

Disclaimer:
Harry Potter e Draco Malfoy non appartengono a me, ma a J.K.Rowling, e a vari editori tra i quali Bloomsbury, Scholastic, Warner Bros, Salani e così via. Mi piacerebbe se fosse il contrario, soprattutto per il biondino… però, mondo crudele, questa è la vita ^^.

Capitolo 17: il Ricatto di Luna.


Draco osservava senza troppo interesse la folla di Babbani che si muoveva nelle strade sottostanti. Era salito di nuovo sulla terrazza del palazzo, e continuava a fissare il terreno sette piani più in basso, incurante del vento gelido che gli scompigliava i capelli, già stravolti, e che s‘infiltrava nella sua veste da camera, penetrandogli nelle ossa.

Potter... come aveva potuto? Non gliel’avrebbe mai perdonato, anche se non riusciva a rendersi conto di che cosa gli desse proprio così tanto fastidio. I Babbani nelle strade sottostanti erano rumorosi e fastidiosi, come al solito. Il suono dei clacson di quei buffi autobus a due piani... ridicoli se comparati con il Nottetempo... gli giungeva all’orecchio come qualcosa di estraneo e sgradito. C’era traffico... chissà che ragione aveva tutta quella gente di andarsene in giro a quell’ora del giorno, e fare tutto quel rumore mentre lui stava riflettendo.

Forse quello che gli dava fastidio era che Potter avesse ascoltato una sua conversazione privata? Uhm... no, non era una ragione abbastanza valida. Non gli avrebbe dato così tanto fastidio, forse, se fosse solo stata una conversazione. Ma in realtà, quello che gli bruciava, era che Potter avesse visto qualcosa che lui non avrebbe mai mostrato a nessuno. Oh beh, non proprio a nessuno, in effetti... ma nel caso di Ginny si trattava di un patto che aveva accettato di sua spontanea volontà.

Sobbalzò quando percepì una mano sulla sua spalla. Si girò di scatto, abbandonando per un momento il caos del traffico mattutino londinese, e i suoi occhi grigi incontrarono lo sguardo severo di Sirius. Sospirò.

«Draco...» disse l’uomo. Il ragazzo sospirò più forte e fissò il suo interlocutore.

«Possibile che oggi abbiate tutti deciso di chiamarmi per nome, all’improvviso? E’ una mania?» sibilò tra i denti, tornando a distogliere lo sguardo, puntandolo sulla strada affollata nel quartiere sottostante.

«Temo che dovrai abituarti. Dovendo restare nel gruppo, in fondo, sarebbe stupido continuarti a chiamare con un cognome che potrebbe metterti nei guai», gli rispose l’uomo, accigliandosi; Draco sbuffò ancora, rivolgendo un’altra volta lo sguardo al traffico sottostante. Un autobus aveva cercato di superarne un secondo, fermo al capolinea, e per farlo era andato a sbattere contro un’automobile. L’autista di quest’ultima e il conducente dell’autobus stavano litigando a gran voce.

«Perché i Babbani non riescono mai a fare silenzio?» bofonchiò, infastidito dall’incrementare di urla. Sirius fece spallucce, dando anch’egli un’occhiata a che cosa stesse producendo tanto rumore. Ora i clacson delle macchine che si trovavano dietro il luogo dell’incidente avevano preso a suonare all’impazzata, e le voci dei due litiganti si erano alzate, per sovrastare il rumore.

«Non ne ho idea», sospirò di rimando. Ma subito dopo si accigliò; non era venuto a parlargli del traffico babbano, in fondo. «Che ci fai qui a quest’ora?» gli chiese.

«Riflettevo», rispose il ragazzo, spostando di nuovo lo sguardo, ora interrogativo, verso di lui. «In fondo ormai abbiamo stabilito che bisogna parlare con Lovegood, quindi è inutile continuare a cercare. Che ci sto a fare in biblioteca?»

Sirius pensò che il ragazzo aveva ragione. Certo, però, vederlo nello stesso posto dove, fino a qualche ora prima, si stava disperando Harry... quasi nella stessa posizione... oh, già, Harry. Se ne stava dimenticando, eppure era il motivo per il quale aveva salito sei piani di scale per cercare Draco. L’uomo si scostò un po’ da dove si trovava, affiancandosi al ragazzo e appoggiando le braccia al parapetto del terrazzo. Rimase qualche secondo in silenzio, osservando anche lui il traffico babbano, la volante della polizia che era appena arrivata e i due poliziotti che stavano mettendo pace tra i due litiganti.

«Riflettevi... su cosa?» gli chiese, infine.

«Non ti riguarda», ribadì Draco, continuando a fissare il traffico sotto di loro. I due uomini sembravano così piccoli da quell’altezza che le loro voci, mentre discutevano con la polizia, sembravano solo un fastidioso eco in lontananza.

«Ginny?» gli chiese l’uomo. Draco si bloccò e, senza rispondere, continuò a fissare la strada sottostante. Sirius sospirò. «Hai pensato al fatto che Harry ti ha salvato la vita? Come puoi rubargli la ragazza, avendo un debito d’onore con lui?» gli chiese infine. Era da quando aveva parlato con Harry e poi aveva visto la reazione di entrambi che avrebbe voluto chiederglielo. In cuor suo già sapeva la risposta, ma voleva sentire che cosa gli avrebbe detto lui.

«Io non ho rubato la ragazza di nessuno», sentenziò Draco, distogliendo lo sguardo dalla strada e posando due fermi e duri occhi grigio-azzurri sul volto del suo interlocutore. «Poi, sto già facendo abbastanza per ripagare il mio debito, mi pare. Non mi sembra che nelle tue maledettissime regole ci fosse anche la clausola “non avere una vita”», finì, continuando a fissare Sirius, piuttosto accigliato. L’uomo sfoggiò un ghigno malinconico e sostenne con ironia lo sguardo del ragazzo.

«No, questo è vero. Certo, ti si potrebbe rispondere che in fondo anche noi stiamo aiutando te, mettendoti un tetto sulla testa e impedendo ai Dissennatori di catturarti. Ma non è questo il punto. Ginny stava con Harry fino a ieri; da qualunque parte tu voglia vederla, chiunque direbbe che stai tradendo la fiducia di colui al quale sei legato da un debito d’onore...»

SBAM!

Sirius si bloccò al suono della manata che il ragazzo aveva sbattuto contro il parapetto a cui erano appoggiati. Draco lo fissava con rabbia, come se fosse pronto a esplodere entro pochi secondi.

«So benissimo che stare con voi ha i suoi vantaggi, nella mia posizione, Black. Se non lo sapessi, non mi sarei fermato, non sono né stupido né tanto meno masochista. Vorrei però mettere in chiaro un paio di cosette»; il suo sguardo si indurì mentre gli puntava un dito contro. «Prima di tutto quando Ginny è venuta da me aveva già lasciato Potter. Quindi io non ho rubato la ragazza di nessuno, se Potter è così scemo da perderla, non posso essere il suo angelo custode, debito d’onore o meno. Soprattutto...» fece una piccola pausa, distogliendo di nuovo lo sguardo e puntandolo un’altra volta sul traffico sottostante. «Soprattutto perché Potter ha ascoltato una mia conversazione privata con Ginny. E questo mi dà molto fastidio», rivelò a fatica, pesando con cura ogni parola.

«Non penso che Harry sia stato felice di ascoltare quella conversazione», gli fece notare Sirius. Il ragazzo fece spallucce e continuò a osservare il traffico sottostante, che aveva ripreso a scorrere visto che i due litiganti avevano trovato un’intesa e se n’erano andati. «Almeno quando gli ho parlato era piuttosto sconvolto, e anche prima, giù, con gli altri, non sembrava fare i salti di gioia».

«E perché tutto ciò dovrebbe interessarmi?» sibilò Draco, lanciandogli un’occhiata velenosa. «Era una conversazione che lui non avrebbe dovuto sentire. Se ha voluto origliare e il contenuto l’ha tanto sconvolto...» fece una pausa mentre le sue guance cambiavano colore e il suo imbarazzo diventava evidente, «non vedo che cosa c’entri io. Sono in debito con lui, è vero... ma questo non vuol dire che debba fargli da baby-sitter». Più parlava, più il suo sguardo diventava duro e la sua voce si inaspriva.

«Dì la verità. Ti ha dato fastidio che Harry abbia sentito quel discorso... solo perché era una conversazione privata?» gli chiese Sirius, tornando a posare lo sguardo su di lui. Per osservarlo meglio l’uomo si spostò, muovendo il mento dal perno di una mano all’altra e appoggiandovi infine la guancia destra.

«La verità non esiste, Black», fu la sibillina risposta. Sirius sorrise a quelle parole e si spostò, stendendo le braccia in avanti per stiracchiarsi. Poi tornò a guardarlo, da dietro, posando una mano sul parapetto ma non sporgendosi più.

«La verità, forse, si chiama Marion?» gli chiese. Draco si girò di scatto, un lampo rabbioso gli attraversò gli occhi. Il sorriso di Sirius si allargò. «Caspita, per essere qualcosa che non esiste provoca una bella reazione...» lo schernì, ridacchiando nel notare quanto le sue constatazioni avessero fatto infuriare il ragazzo.

«Non ti interessa», ribadì Draco, staccandosi dal parapetto. Iniziò a tamburellare con le dita sul muro, poi non resistette più e si girò, incamminandosi verso la porta per tornare all’interno dello stabile.

«Non c’è niente di male ad aver amato qualcuno, sai? A soffrire se lo si è perso...» Draco si girò verso Sirius a quelle parole. L’uomo aveva stretto i pugni, e stava guardando un punto fisso sul pavimento, il suo corpo sembrava quasi tremare per una rabbia impossibile da contenere. «A rimpiangere di non averlo potuto salvare...» il discorso e soprattutto l’occhiata di Sirius, lo colsero alla sprovvista. Sussultò e distolse lo sguardo, ma il dolore che aveva letto negli occhi scuri dell’uomo di fronte a lui, l’aveva colpito.

«Che ne sai, tu...?» gli chiese, con amarezza. Che ne sapeva lui di che cosa potesse aver passato in quegli anni e, soprattutto, come poteva sapere... di Marion?

«Me l’ha detto Harry, questa mattina presto», gli riferì Sirius. Lo sguardo di Draco sprofondò ancora più in basso. Si avvicinò al parapetto e si mise seduto per terra, appoggiando la schiena contro il muro e nascondendo la faccia tra le gambe.

«Ha sentito proprio tutto, allora...» mormorò poi, senza alzare la testa. Sirius si mise seduto vicino a lui, e puntò un paio di occhi, molto seri, in quelli del ragazzo. Gli mise una mano sulla spalla, ma il ragazzo la scostò via. L’uomo sbuffò, un po’ contrariato: sembrava che nessuno gradisse essere consolato, quel giorno.

«Ha sentito tutto, si... almeno penso. E ne è rimasto scioccato. E’ rimasto scioccato sia da quello che hai detto tu, sia da quello che ha detto Ginny, non l’ho mai visto tanto sconvolto».

«Non voglio la sua pietà!» sibilò Draco, sempre più infuriato. Aveva sollevato il capo e lo stava fissando, di nuovo. Le mani, strette a pugno, tremavano come quelle di Sirius, un attimo prima.

«Non penso si tratti di pietà; non si prova rabbia per qualcuno che ti fa pena. Harry non prova pietà per te, è solo sconvolto che anche tu possa aver sofferto». Draco distolse lo sguardo, di nuovo, e rilasciò le mani.

«E’ tipico di Potter pensare di essere il centro dell’Universo e che nessuno possa avere problemi oltre lui», sentenziò, alzandosi e rimettendosi a osservare la strada sottostante. Sirius sospirò e si alzò a sua volta.

In fondo, Draco non aveva tutti i torti... aveva potuto constatare lui stesso come il suo figlioccio a volte non stesse a sentire nessuno, e si concentrasse solo su se stesso. Quanti problemi avrebbero potuto evitare se Silente non fosse stato costretto ad andare a riprenderlo oltre il Velo... se Harry avesse usato lo specchio che lui gli aveva dato a Natale invece di continuare a usare il fuoco della professoressa Umbridge... ma Harry no. Era troppo concentrato su sé stesso per capire... e se n’era accorto quando era troppo tardi.

Anche lui avrebbe preferito risparmiarsi i mesi che aveva trascorso nell’angoscia, in quel luogo terribile, dopo aver già subito dodici anni di reclusione. Si domandò per quale motivo Silente avesse deciso di restare, che cosa avesse percepito di tanto importante... Ma, si disse, non l’avrebbero mai scoperto.

«Tutti hanno i propri difetti, Draco. Harry è un bravo ragazzo, ma sbaglia anche lui, non è perfetto».

«Peccato che creda di esserlo...» mormorò lui, di rimando, tra i denti. Sirius sospirò di nuovo e stava per rispondere quando si udì un lieve colpo di tosse. L’uomo osservò in direzione del suono, imitato subito da Draco, e vide Hermione che li stava osservando, davanti alla porta del terrazzo.

«Dobbiamo andare?» le chiese, e al suo cenno affermativo si riassettò gli abiti, sbattendo via la polvere che ci si era posata sopra quando si era seduto per terra. «Vai pure per prima, io vengo subito», le disse, aspettando che la ragazza se ne andasse prima di girarsi di nuovo verso Draco.

«Nemmeno io sono perfetto, Draco, neanche tu lo sei. Eppure, tutti ci sentiamo un po’ superiori agli altri, soprattutto quando abbiamo problemi. Non è compito tuo fare la predica a Harry. Piuttosto...» lo guardò, serio, e gli si avvicinò prima di continuare, «che cosa intendi fare con Ginny?»

Era anche questo un argomento che gli stava molto a cuore; per quanto volesse bene a Harry, dopo quanto era successo aveva anche lui capito che il ragazzo si era comportato male con lei. Sapeva che non poteva considerarsi tutta colpa sua: in fondo con il poco amore che aveva ricevuto fin da piccolo, era difficile che Harry riuscisse a rendersi conto di dove avesse sbagliato. Però restava il fatto che l’avesse fatta soffrire. Anche Ginny era una persona alla quale Sirius teneva, e avrebbe voluto evitarle, con tutto il cuore, una seconda delusione.

«Che intendi dire?» gli chiese Draco. Non gli piaceva che qualcuno gli facesse domande su argomenti così personali, era ovvio. Lo dimostrava il nervosismo inconscio che stava mostrando da quando aveva scoperto di essere stato spiato.

«Sai benissimo che intendo dire. Hai intenzione di fare sul serio? Oppure ti sei avvicinato a lei solo per far dispetto a Harry?» gli chiese. Il ragazzo gli lanciò un’occhiata obliqua.

«Ti pare che io, Draco Malfoy, vada a fare una cosa come avvicinarmi a una Weasley solo per far rabbia a Potter?» Gli lanciò un’occhiata disgustata, poi esitò, un lungo instante. «Non lo so. Non so nemmeno io che cosa voglio fare, dato che ti preme tanto saperlo. Con lei sto bene, è l’unica cosa di cui sono sicuro», concluse. Sirius gli lanciò una lunga occhiata prima di girarsi e incamminarsi verso la porta per entrare nello stabile:

«Capisco. Ricorda che stai giocando con il fuoco; attento a non scottarti», gli disse, lasciandolo solo.

§§§


«Questo sarebbe l’articolo?» disse una voce molto familiare, dall’altra parte delle fiamme. Una ragazza dai capelli bruni e gli occhiali raccoglieva, mortificata, dei fogli di carta da per terra e lanciava sguardi nervosi alla sua interlocutrice. Era di spalle; i lunghi capelli biondo sporco raccolti e tenuti assieme con qualcosa che Harry non riusciva a identificare. Ma visto di chi si trattava, il ragazzo suppose che fosse la sua bacchetta.

«Ehm si...» disse la ragazza bruna, cercando di assumere l’aria più contrita che potesse. Luna si girò e si avvicinò alla scrivania, sedendosi sulla poltroncina e appoggiando i gomiti sul tavolo, e il mento sulle mani.

«Non fraintendermi, non è un cattivo pezzo, non scrivi male. Solo... non è un articolo per il nostro giornale. I nostri lettori vogliono qualcosa che catturi la loro attenzione... gli estratti di filosofia li lascio alla “Gazzetta del Profeta”», sentenziò quindi.

«Però... come si fa a parlare di quanto sia o non sia morale usare gli incantesimi senza perdono... senza fare moralismo? Mi potrebbe concedere una seconda opportunità e darmi un argomento più... consono», ribadì la ragazza, un po’ confusa.

Luna non la stava guardando mentre parlava, i suoi grandi occhi grigi, come sempre, erano spalancati, assenti e guardavano altrove, come se la loro proprietaria non stesse prestando attenzione al discorso; questo sembrava infastidire la giovane giornalista. Sempre osservando la finestra dietro la sua collaboratrice, Luna sorrise e poggiò la schiena contro lo schienale della poltroncina, incrociando le gambe sotto il tavolo. Harry iniziò a chiedersi se lei si sarebbe mai accorta della sua presenza...

«Mia cara, il talento di un giornalista si vede da come riesce a rendere interessante e adatto al suo scopo anche il più noioso degli argomenti. Se vuoi davvero essere da “il Quibbler” devi saper trovare lo scandalo, la notizia, anche su argomenti a prima vista insignificanti. Noi siamo la concorrenza, non il giornale ufficiale...» le fece notare. Mentre parlava continuava a osservare un certo oggetto dall’altro lato della stanza, non la sua interlocutrice.

Harry notò all’improvviso che Luna sembrava aver fissato gli occhi nei pressi del camino, e prese a gesticolare, cercando di farsi vedere; dubitava che sarebbe servito a qualcosa, ma era sempre meglio tentare... Poi per una frazione di secondo, gli occhi della ragazza, che già erano spalancati, si allargarono ancora di più. «Ne riparliamo più tardi; ora vai», disse alla collaboratrice, liquidandola con un gesto di commiato.

«Ma signorina Lovegood... il giornale deve essere pronto per questa sera, se lei non mi dice come devo comportarmi non...» ribadì lei. Luna puntò gli occhi sulla sua interlocutrice; ma la osservava come avrebbe fissato un muro, o come avrebbe seguito una noiosa lezione di Storia della Magia a Hogwarts. La giovane giornalista sembrava sulle spine; forse non le piaceva sentirsi trasparente.

Subito, però, lo sguardo di Luna tornò a fissare le fiamme. Stette in silenzio a lungo, guardando il viso di Harry, quasi con meraviglia; o, almeno, questo era ciò che il ragazzo sperava che lei stesse facendo. «Ehm... signorina Lovegood?» chiese la collaboratrice, all’improvviso. Luna si girò a guardarla, strabuzzando gli occhi come se si fosse appena svegliata da un sogno, o avesse scordato del tutto la sua presenza nella stanza.

«Ah, sei ancora qui... Allora facciamo così. Fammi un articolo su quello che ti pare, basta che te ne vai», le disse, facendole di nuovo segno di uscire.

«Cioè... non mi dà una direttiva?» mormorò la ragazza ma, nel notare il nuovo invito a uscire dalla stanza, si affrettò a obbedire, borbottando qualcosa tra i denti.

Quando la porta si fu chiusa alle sue spalle, Luna si sciolse i capelli e iniziò a giocherellare con l’oggetto che li stava tenendo legati. Si, dev’essere la bacchetta, pensò Harry. Almeno non la mette più dietro l’orecchio... rifletté infine.

«Harry Potter», lo chiamò lei. Il ragazzo sussultò; la voce squillante di Luna l’aveva colto di sorpresa, dopo tutto quel silenzio. Rivolse lo sguardo verso la scrivania, e notò che la giovane si stava alzando, e si avvicinava al camino. L’aveva visto quindi, sospirò di sollievo. «Che ci fai qui?»

«Devo parlarti di una cosa urgente, Luna...» le disse lui. Da dietro il ragazzo Luna sentì una voce chiedere se avesse risposto, e sentì Harry annuire. Qualcun altro parlò, di nuovo, e Harry annuì una seconda volta.

«C’è Ronald con te?» gli chiese, prendendo una sedia da vicino la scrivania e mettendola vicino al camino, per mettercisi seduta davanti. Harry fece cenno di no.

«No, Ron non è qui. Ci sono Hermione e Sirius», le disse. La ragazza guardò altrove nel sentire il nome di Hermione, ma strizzò con forza gli occhi e tornò a fissare Harry.

«Perché mi cercavi?» gli chiese. Harry le spiegò in poche parole quello che avevano scoperto, omettendo ad ogni costo di fare accenni a Draco.

«Quindi, come capirai, avremmo bisogno di leggere quell’articolo. Chi ricorda di averlo letto non ha la più pallida idea di quale fosse il contenuto, né della ragione per la quale citasse quel libro», concluse lui.

Luna lo fissò come sempre, con sguardo spiritato, senza battere le palpebre. Era molto difficile capire che cosa stesse pensando, se fosse stupita oppure se quella fosse, come sempre, la sua normale espressione. Aveva imparato a capirla, nei tre anni che aveva passato a Hogwarts dopo averla conosciuta quel giorno sul treno, ma dopo tutto quel tempo non c’era più abituato. Si preparò a qualunque reazione, ma non si aspettava di sicuro quello che invece successe.

«No». Luna si alzò dalla sedia e la rimise a posto, poi si avvicinò di nuovo alla scrivania e si rimise seduta sulla sua poltroncina, iniziando a muovere con un dito un piccolo pendolo di moto perpetuo che si trovava sul tavolo. Il pendolo cominciò a emettere fiorellini; Harry non poteva credere alle sue orecchie.

«Ti rendi conto Luna? Si tratta di Voldemort... della Torcia...» disse, cercando di farle capire la gravità della situazione, ma la ragazza gli rivolse un’altra occhiata spiritata, continuando a giocherellare con il pendolo e aumentando a ogni colpo la forza con la quale lo muoveva. Più la velocità del pendolo aumentava, più grandi erano i fiorellini che se ne producevano.

«Capisco bene che si tratta di Tu-sai-chi. E capisco anche che si tratta della Torcia. Potrei anche aiutarvi... Però... non lo farò». Com’era possibile? Lei che aveva insistito per accompagnarli al Dipartimento dei Misteri, lei che...

«Perché?» le chiese. Luna lo fissò a lungo, e armeggiò con la bacchetta dietro ai capelli, utilizzandola di nuovo come fermaglio. Diede l’ennesima botta al pendolo, con più forza, e il fiore più grande che ne era scappato fuori mostrò i denti e divorò i resti di tutti quelli che si trovavano sulla scrivania, per poi sparire con una specie di ruggito. Harry osservò il pendolo, sconvolto.

«Ti sembra strano questo pendolo? Ti sembra strano che utilizzi la bacchetta per tenermi i capelli? Beh, si certo... guarda la povera, bizzarra, Luna Lovegood... lei è strana... lei fa cose che non fanno gli altri...» i suoi occhi avevano osservato un punto indefinito nella stanza mentre parlava. Non sembrava esserci rabbia nella sua voce, il tono era monotono e pacato, come sempre... ma forse si riusciva a percepire una punta di amarezza. Poi, i grandi occhi grigi della ragazza tornarono a fissarsi sulle fiamme, e si allargarono ancora di più. «Una come lei non può essere contattata ogni tanto, una come lei non può sapere come stanno i suoi amici. Ma una come lei, quando ci SERVE... allora la usiamo. Una come lei non ha sentimenti, è solo un oggetto...» recitò, come se fosse una filastrocca, le dita che avevano ricominciato a battere contro il pendolo che lanciava fiorellini; i fiori si ingrandivano sempre di più, e il cuore di Harry batteva più rapido. A ogni “una come lei” pronunciato da Luna il ragazzo sentiva le tempie pulsare sempre più forte. ‘Non potrei mai amare una come te!’ aveva detto Ron. Ma certo! Di nuovo il grosso fiore ruggì, dopo aver divorato i petali sul tavolo.

«Torno subito», le disse Harry. Lei fece un’alzata di spalle e si mise di nuovo a giocherellare con la bacchetta e i capelli.

«Che è successo?» gli chiese Hermione appena riemerse dalla fiamma della Polvere Volante. Harry sbatté le palpebre un paio di volte: doveva ancora riuscire ad abituarsi a quel modo di comunicare.

«Non vuole aiutarci. Temo... che ce l’abbia ancora con Ron», confessò il ragazzo, lanciando un’occhiata nervosa a Hermione.

«Assurdo... come si fa a pensare a una cosa così stupida quando c’è di mezzo Voldemort?» chiese Sirius, spazientendosi.

«Si vede che lei non la ritiene una cosa stupida, Sirius», fu la risposta di Hermione. La ragazza si alzò e lanciò a Harry un’occhiata preoccupata; si mise a passeggiare avanti e indietro per il salone, mentre i suoi passi rimbombavano nel vuoto della stanza. Lupin questa volta aveva collegato il Passaggio della Polvere al camino di una casa che era libera, perché in vendita. Poi all’improvviso si girò verso Harry, e prese un po’ di Polvere Volante in mano. «Lasciami parlare con lei», disse. Gettò la polvere nel fuoco, dicendo subito dopo “Il Quibbler” e infilando la testa tra le fiamme.

Stette parecchio tempo a discutere: Harry e Sirius non potevano sentire che cosa stesse dicendo, ma dal modo in cui si muoveva il suo corpo, i due compresero che la discussione era molto accesa. Alla fine, dopo una buona mezz’ora, il viso della ragazza emerse dalle fiamme. Sospirò e si alzò in piedi, ripulendosi la tunica dalla polvere e senza degnare di uno sguardo i due, che continuavano a fissarla.

«Dunque?» chiese Harry alla fine. Era troppo importante che Luna accettasse di aiutarli e cercasse il documento che gli serviva, dovevano riuscire a convincerla, in qualche modo.

«Ha detto che ci aiuterà», i due tirarono un sospiro di sollievo. «In realtà aveva già ordinato di far cercare l’articolo, prima che io ci parlassi. Però... vuole parlare con Ron, vado a chiamarlo», disse infine, allontanandosi con passo affrettato.

§§§



«Vuoi ancora tè, Ron?» gli chiese Ginny. Il ragazzo fece cenno di no e prese la tazza che la sorella gli aveva preparato sul tavolo qualche minuto prima, versandovi dentro appena una goccia di latte. Poi iniziò a mescolare il tutto e assaggiò per rendersi conto della temperatura: era ancora bollente, ma molto buono, Ginny non era da meno di sua madre.

«Hai lasciato Harry», iniziò il ragazzo, mentre soffiava sul liquido bollente. Ginny annuì, e si versò anche lei una tazza di tè, aggiungendoci molto più latte di quanto ne avesse messo Ron, finché il liquido non assunse una tonalità color crema.

«Non farmi anche tu la predica, ti prego!» gli chiese lei. «Per oggi bastano e avanzano i tentativi che ha fatto Harry, potrei impazzire...» Ron sospirò e tentò di nuovo di bere un sorso di tè.

«Se ti ha fatto soffrire, anche se ancora non riesco a capacitarmene, non sarò io a dirti che hai fatto male. Sai bene quanto voglio bene a Harry...» le disse. Ginny annuì e lui continuò, «ma ne voglio anche a te, lo sai». Ginny annuì per la seconda volta.

«Ti ringrazio», disse, sorseggiando ancora un po’ di tè. Sapeva benissimo che, in fondo, Ron si preoccupava solo per lei, e che aveva tanto caldeggiato la sua unione con Harry perché, volendo bene a entrambi, preferiva vederli uniti. Le faceva piacere che, almeno, lui stesse cercando di capirla; ma lo vedeva nervoso e preoccupato. Aveva aggrottato le sopracciglia e, come spesso gli succedeva quando era inquieto, la pelle del suo volto sembrava più pallida del normale, mettendo ancora più in evidenza le lentiggini.

«Però...»

«Però che?»

«Vorrei che tu... mi spiegassi una cosa», le disse. Lei bevve un altro sorso di tè, poi si alzò per prendere dai fornelli la teiera con altra acqua che stava bollendo e vi mise in infuso tre cucchiai di tè, posando la teiera sul tavolo e poi puntando lo sguardo sul fratello. Gli fece cenno di continuare; Ron sospirò. «Ti ho già detto che non ho niente in contrario che tu cerchi di avere la tua vita, e puoi stare con chi ti pare, non ti voglio forzare. Però... perché lasciare Harry... per metterti con Malfoy?»

«Draco», sottolineò lei, accigliandosi un po’.

«Insomma, lui...» si spazientì Ron. Già Hermione l’aveva ripreso tre volte per aver chiamato Malfoy per cognome. Se ora ci si metteva anche Ginny sarebbe giunto all’esasperazione in poche ore... «Io non discuto che Harry ti abbia fatto soffrire e che quindi sia giusto che tu l’abbia lasciato. Ma metterti con Malf... ehm, va bene... Draco... si tratta della persona che non ha fatto altro che rovinarci la vita per sette anni, a Hogwarts. La persona che ha offeso ripetutamente Hermione dandole della ‘Mezzosangue’ e che ha spesso insultato anche me e te. Come puoi essere sicura che lui non ti ferirà, forse anche più di quanto abbia già fatto Harry?» le chiese. Ginny non lo guardò subito, ma si mise a controllare che l’acqua si fosse già abbastanza impegnata di tè. Scosse la testa e rimise il coperchio alla teiera. Poi, si già verso il fratello e lo osservò con un cipiglio molto serio negli occhi castani.

«Non capisco», gli disse. Vide Ron sospirare e cercare di riprendere il discorso, ma prima che potesse farlo, lei scosse il capo. «No, capisco benissimo quello che vuoi dire, Ron. Ma non capisco chi vi abbia fatto pensare che io mi sia messa con Draco», disse, incrociando le braccia al petto. Ron iniziò a torturarsi le mani, e distolse lo sguardo, mentre le orecchie gli si coloravano di una leggera tonalità rosa.

«Beh... hai dormito con lui...» balbettò il ragazzo, arrossendo. Ginny sorrise e scosse il capo.

«Si, ho dormito con lui, è vero. Mi ha chiesto se potevo stare con lui questa notte e io ho accettato volentieri. Ma non vuol dire che io sia la sua ragazza ora. Anzi... non ho alcuna intenzione di mettermi con nessuno per il momento. Devo ancora riprendermi... da Harry...» ora fu il turno della ragazza di arrossire e distogliere lo sguardo. Il volto di Ron si rilassò. «Ciò non toglie che potrei mettermi con lui in futuro, Ron». Ginny sorrise nel notare come il volto del fratello si fosse di nuovo imbronciato.

«Se, quel giorno... penserai che stare con lui sia giusto...» continuò a balbettare lui. Ginny gli riservò un sorriso radioso, ma il cipiglio del ragazzo non sparì; sembrava come sulle spine. «Però... dovrò essere anche io convinto... perché...»

«Che cos’è che non va Ron? Mi sembri molto più nervoso del solito... è successo qualcosa che dovrei sapere? Capisco che si tratta di Draco, un Malfoy... e che i Malfoy non sono mai andati a genio alla nostra famiglia. So anche che Draco si è spesso comportato come non avrebbe dovuto, però... tutti possono cambiare».

«Non mi pare molto cambiato, Gin».

«Beh, permettimi di avere le mie opinioni in proposito». La ragazza controllò di nuovo il colore del tè, nella teiera, rimosse il filtro e versò prima una tazza al fratello e poi una a sé stessa. Ron sbuffò, ma si mise la quantità preferita di latte, passando poi il bricco a Ginny.

«Vedremo», commentò mentre soffiava sul liquido, cercando di raffreddarlo.

«Va bene», commentò lei, soffiando a sua volta. «Ciò non toglie che non mi hai ancora detto per quale ragione sei così nervoso».

«Nulla di particolare», il ragazzo abbassò lo sguardo e posò la tazza, prendendo il cucchiaino dal tavolo e usandolo per girare il liquido color caffellatte. «Ho solo fatto un sogno strano, questa notte».

«Che sogno?» Le parole del fratello erano riuscite a incuriosirla; ma Ron si accigliò ancora di più, e questo non le piacque affatto. Stette in silenzio qualche minuto, soffiando sul tè e girandolo con il cucchiaino. Lo assaggiò una volta e, dalla smorfia, Ginny comprese che ancora non doveva essere abbastanza freddo. «Che sogno, Ron?»

«Bah, nulla...» provò a minimizzare lui, ma dopo l’ennesima occhiata severa, sospirò di nuovo e prese fiato per parlare. «Insomma, eri triste, stavi soffrendo. Io cercavo in tutti i modi di tirarti su il morale, ma tu continuavi ad essere triste, poi mi salutavi e ti allontanavi nella nebbia. A un certo punto non ti vedevo più, ti chiamavo... ma tu non tornavi. Continuavi a dirmi in testa che sarebbe andato tutto bene, ma non tornavi... è stato orribile», le disse. Il volto della ragazza si accigliò, a quella descrizione, ma subito cercò di riprendere la calma e continuò a girare il suo tè, abbassando lo sguardo verso la tazza. A chiunque sarebbe sembrata normale, ma Ron sapeva benissimo che era scioccata: il volto aveva perso colore e il labbro inferiore le stava tremando.

«Qualunque—cosa—questo significhi... non so perché, ma... Draco mi attrae», disse, dopo qualche minuto di silenzio. Ron fece un sorrisetto ironico.

«Si, come ha attratto tante ragazze, da tutte le case, a Hogwarts...» Ginny gli fece cenno di no, ma il sorrisetto non abbandonava il volto di Ron. «Il lupo perde il pelo...»

«Non è come credi, Ron. Non posso essere più precisa, ma sono abbastanza certa di quello che dico. E poi...» replicò lei. Il tè era ormai freddo abbastanza e ne bevve un lungo sorso prima di tornare a fissare il fratello. Sembrava non incline a continuare, però, e questo diede fastidio a Ron.

«Poi?»

«E’ una questione di sensazioni. A pelle... quando l’ho baciato...» Il tè che Ron stava bevendo gli andò di traverso. Gli sia allargarono gli occhi a quella frase e, se non fosse stato attento, avrebbe finito per sputare tutto quello che aveva in bocca per lo shock. Passò diversi minuti a tossire, mentre Ginny gli dava esperti colpi sulla schiena, per farlo riprendere. Poi, quando fu in grado di parlare senza rischiare di soffocare, si girò verso di lei e la fissò, furioso.

«L’HAI BACIATO?» Senza rendersene conto si era alzato, per guardarla negli occhi, l’aveva acchiappata per le spalle e la fissava con lo sguardo più duro che lei gli avesse mai visto.

«Ehm... si. Non mi guardare così Ron... è successo per caso». Ginny era arrossita dietro le orecchie, e anche il suo viso aveva iniziato ad andare in escandescenza. Ma Ron non sembrava felice della sua risposta evasiva.

«In che senso? Per caso? Come può averti baciata per sbaglio?»

«Lo stavo facendo svegliare dall’attacco di un Dissennatore, Ron. Non era in sé, quindi cerca di calmarti una buona volta, e stammi a sentire». La ragazza rimosse con cura le mani del fratello dalle sue spalle e poi lo guardò di nuovo, diritto negli occhi. «Non è il fatto di averlo baciato, quando la sensazione che mi ha dato...»

«Che intendi dire?» le chiese lui, ormai come svuotato. Si lanciò sulla sedia, appoggiando quasi senza voglia i gomiti sul tavolo e il mento sulle mani. Poi spostò la mano destra per riprendere la tazza di tè, che finì di bere tutto d’un fiato. Cercava di dissimulare il nervosismo, ma il modo in cui agitava una gamba sul pavimento (muovendo il tavolo come se ci fosse un terremoto) faceva capire quanto fosse ancora furioso.

«Mi ha dato una sensazione diversa di quando baciavo Harry. Un senso... come se... fosse giusto». Esitò a lungo prima di dire l’ultima parola, come se stesse cercando il vocabolo adatto ma non fosse in grado di trovarlo, per qualche oscura ragione.

«Giusto?» chiese Ron, stupefatto.

Ginny lo squadrò, dubbiosa, non sapendo come fare a rispondere. Sospirò e fece per dire qualcosa, ma la porta della cucina si aprì, e un’ansimante Hermione fece il suo ingresso nella stanza.

«Che succede?» chiesero all’unisono. Hermione si avvicinò, senza tentennamenti, a Ron e lo prese per il braccio, cercando di tirarlo su.

«Ma insomma, Hermione, che c’è?» le chiese. La ragazza continuò a cercare di tirarlo su, ma rispose:

«Luna vuole parlarti. Oppure non collabora. Vieni subito con me, niente ma», disse ansimando, mentre il ragazzo cercava di replicare ogni due secondi.

«Lu... Luna? Che vuole da me?» balbettò Ron, ma Hermione gli lanciò un’occhiata truce:

«Sai benissimo che vuole». Ron arrossì come un pomodoro, ma si alzò, pur se riluttante.

«Ma... non posso andarmene. Andandomene lascerei Ginny da sola con Malfoy e tu sai che ho promesso a Harry di stare con lei finché non torna...»

«Harry stesso è d’accordo che tu venga. Quindi...» Hermione sembrava perplessa. Forse non aveva tutti i torti, in fondo.

«Si, però Ginny...» si lamentò di nuovo Ron.

«Oddio, non è che lasci Cappuccetto Rosso col lupo cattivo...» sibilò il sarcastico commento di una voce, dietro Hermione. Lo sguardo di Ron si indurì mentre Draco entrava in cucina e lo fissava, beffardo. Si avvicinò al tavolo, dov’era ancora in bella mostra la teiera, e controllò se c’era ancora un po’ di tè. Ma storse il naso nel notare che era vuota, e la richiuse subito.

«Vuoi un po’ di tè, Draco?» gli chiese Ginny. Lui fece cenno di si, e lei si alzò per mettere altra acqua sul fuoco.

«E, tanto per curiosità... dove sei stato fin’ora?» chiese Ron, osservandolo sospettoso. Draco alzò lo sguardo al soffitto e si mise seduto.

«Non so che cosa te ne importi, ma ero in terrazzo», rispose, iniziando a tamburellare le dita sul tavolo. «Qual è il problema? Che cosa credevi che stessi facendo?»

«Sul serio, tesoro...» si affrettò a intervenire Hermione. L’ultima cosa che voleva era che Ron si mettesse a litigare con Draco e perdesse tempo prezioso: si stupì di quanto il ragazzo fosse stato astuto a cercare di sviare il discorso... «E’ importante che tu venga. Sono sicura che loro due se la caveranno benissimo».

«Non è questo. E' che mi dà fastidio che arrivi sempre a sputare sentenze piombando in cucina all'improvviso...» ribatté il ragazzo, sbuffando. Ci volle qualche minuto per convincerlo, ma alla fine Ron si rassegnò, e si mise a seguire Hermione, come un condannato a morte al suo ultimo viaggio.



Nota dell’Autrice:

Dunque... sono tornata dal viaggio in Inghilterra 2 settimane fa, con tante nuove idee da inserire nella storia. Soprattutto per la seconda parte, che si avvicina a passi da gigante, anche se la storia, come sempre, si sta diluendo e quindi forse sarà un paio di capitoli più lunga di quanto progettato (anche questo capitolo è più lungo del solito...).

Ho visto che qualcuno si era chiesto se avessi abbandonato la storia: of corse not, people! Ma avevo bisogno di un po’ di tempo per visitare i posti che descriverò (non mi piace descrivere posti che non ho mai visto), anche per darvi più veridicità. Sono sicura che la storia ne avrà tratto vantaggio. Inoltre, per coloro che non hanno ancora letto il quinto libro, si sta avvicinando il fatidico 31 Ottobre.

Io continuerò a pubblicare un capitolo ogni 2 settimane finché non sarà uscito il quinto libro (quindi dovrete preoccuparvi per spoiler solo fino al prossimo capitolo! Una delle ragioni dell’attesa è proprio stata quella di far avvicinare la data di pubblicazione). In questo capitolo, come avrete visto, ho inserito riflessioni che già mostrano il cambiamento che ho fatto nei primi capitoli in Inglese, per adattarli al quinto libro della serie. Appena il libro esce, modificherò i capitoli anche in Italiano per renderli compatibili con il nuovo Canon. Per ora sappiate soltanto che Silente non è morto nello scontro al sesto anno come avevo detto in precedenza, ma è scomparso andando a riprendere Sirius oltre il Velo. Prima di uscire dal Velo, Silente aveva detto a Sirius di andare perché aveva sentito qualcosa che doveva controllare. Sirius non sa perché Silente abbia fatto questo, ma attualmente il vecchio Preside di Hogwarts è come se fosse morto, perché nessuno può uscire dal Velo senza un aiuto esterno. Chi ha letto il quinto libro SA cos’è il Velo... chi non l’ha letto ma legge queste righe evidentemente non ha paura di spoiler, quindi già sa che cos’è il Velo in ogni caso ;) Comunque per rigor di logica lo spiego: il Velo è una specie di “passaggio” dal quale non si può più uscire. Una sorta di “porta dell’Inferno” che si vede alla fine del quinto libro.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Per chi ha letto il quinto libro, spero abbiate apprezzato Luna. Chi non l’ha ancora conosciuta spero non l’abbia trovata troppo incomprensibile.

A tra 2 settimane! :)

PS: per il momento ho aggiornato la storia. Se avete la pazienza di tornare tra qualche ora invio anche le risposte ai commenti. Mi dispiace per il ritardo ma purtroppo oggi ho da fare e non posso rispondere anche ai commenti prima di postare. Spero vogliate commentare la storia nel frattempo, così aspetto che il buon Severus arrivi con le risposte (la prossima volta che vieni qui a Hogwarts e molli la storia, ti rispondi ai commenti da sola, sono milioni... Nd Severus) (ehm... mi perdoni signore... Nd Kagome)
   
 
Leggi le 16 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Kagome