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Autore: Lovy91    17/12/2009    1 recensioni
Jonathan, Euridice, Lucas, Martin e Silvester si conoscono da quando Jonathan, Martin e Lucas facevano i bulletti contro Silvester. All'arrivo di Euridice, Silvester stringe una tenera amicizia con lei e la ragazzina fa capire a tutti e quattro che non bisogna “farsi la guerra”. Tre anni dopo, quei ragazzini non esistono più e degli adolescenti hanno preso il loro posto. Con un futuro da costruire e una vita da scegliere. Euridice ha un padre considerato da tutti uno scienziato pazzo alla ricerca di un sogno impossibile e lei è stata strascinata da lui per ogni parte del mondo, costringendola a una vita di vagabondaggi, decidendosi finalmente di stabilirsi a Mesa, California almeno finché non deciderà di andarsene. Lei non crede per niente in suo padre ed è convinta che presto abbandonerà i suoi propositi. Ma dovrà ricredersi presto, molto presto. In particolare quando coinvolgerà anche i suoi amici. Problemi su problemi nascono e non solo: essere l'unica ragazza in un gruppo di ragazzi non è facile... perché, prima o poi, i bambini crescono...
Genere: Romantico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Canzone che ha ispirato la seconda metà del capitolo è stata: Imogean heap - Hide and Seek         


                     Capitolo 3

                Un mare enorme di guai

Lucas se ne era tornato a casa con i nervi a fior di pelle. Una volta varcata la soglia di casa, aveva rifiutato la cena e si era rinchiuso in camera. Anne, sua madre, era una donna estremamente ossessiva nei confronti del suo unico figlio, che trattava ancora come un bambino, cosa che a Lucas non faceva piacere.
Seduto alla scrivania a svolgere distrattamente i compiti, valutò la giornata: la ragazza con cui doveva uscire lo aveva sbeffeggiato davanti a quasi tutta la scuola. Aveva percorso tre ore di auto, scalato per un sentiero una montagna e aveva rischiato di morire. Insomma, una giornata che non voleva rivivere assolutamente. Chiuse di scatto il quaderno: avrebbe copiato da Euridice o Martin i compiti. Nel gruppo, erano i più secchioni anche l'atteggiamento di Martin non faceva trapelare la sua A di media. Guardò fuori dalla finestra, immaginando fiocchi bianchi appoggiarsi sul davanzale e poi per terra. Un bel po' di neve gli avrebbe risollevato il morale. Ma a Mesa la neve era trovabile quanto l'acqua su Venere. Stava per cambiarsi quando sentì ticchettare alla finestra, l'unica della stanza. Si sporse per osservare e un sassolino lo colpì in fronte.
Si massaggiò il livido. << Silvester, sei veramente un'idiota >>.
<< Scusa >>, scandì con le labbra per non farsi udire dai coniugi White. << Scendi >>.
<< Che ci fate qui a quest'ora? >>.
<< Scendi maledizione! >>, imprecò Euridice.
Lucas si strinse nelle spalle e richiuse la finestra. Sbirciò dalle scale per sincerarsi che sua madre fosse crollata davanti alla sua soap-opera e che suo padre fosse andato a dormire. Sgattaiolò fuori dalla casa e fece il giro per arrivare sul retro. I due amici erano uno accanto all'altro, uno sguardo che non gli piaceva per niente.
<< Cosa vi porta nella mia umile dimora? >>.
Si guardarono e poi Euridice chiese: << Tua mamma è crollata? >>.
<< Sì e allora? >>.
<< E tuo padre dorme? >>, aggiunse Silvester.
Lucas roteò gli occhi. << Sì! Che cosa c'è? >>, chiese lentamente.
Si guardarono ancora, non sapendo da dove cominciare. Lucas cominciava a spazientirsi e anche molto. Stava per aprire bocca quando Euridice alzò una mano e gli chiese: << Ti è successo qualcosa di strano ultimamente? >>.
Pensò mezzo minuto. << No. Non dopo che sono tornato a casa. Perché? >>.
Silvester tirò Euridice per la maglia a giro maniche bianche e indicò Lucas.
<< Lucas, non hai caldo? >>.
Lucas aggrottò le sopracciglia. << Caldo? Per niente >>.
<< Oh oh >>, sussurrò Silvester. << Dammi la mano >>.
<< Scusa? >>.
<< Ti ho detto da darmi la mano >>. Allungò la sua. Lucas cominciò a credere che fosse tutto uno scherzo e di veder spuntare da un momento all'altro anche Martin e Jonathan. Sbuffando e alzando gli occhi al cielo, strinse la mano in quella di Silvester. L'amico rimase quasi scioccato. La ritrasse.
<< Lucas, ti sei accorto almeno di avere la temperatura più bassa del solito? >>.
<< Che cosa?! >>, esclamò. << Ma siete pazzi? >>.
Euridice si decise a confessare, avanzando di due passi. << Lucas, gli Elementi non sono spariti. Sono dentro di noi. Il fuoco è mio e l'acqua è di Silvester >>.
Lucas annuì, sembrò pensieroso e poi ridacchiò appena. Girò i tacchi e fece per tornarsene dentro.
<< Ehi! >>, esclamarono i due amici, irritati dalla scarsa attenzione. Ma d'altronde cosa si aspettavano?
<< Guardate troppi film >>, disse Lucas. Una parte di lui aveva registrato le parole della ragazza e le aveva accettate ma la parte razionale si rifiutava di accettarle.
Euridice, stufa, toccò con entrambe le mani il viso di Lucas che fece in salto indietro.
<< Euridice vai a fuoco! >>.
<< Non vado a fuoco, Lucas: io ho sul serio il fuoco dentro >>.
Lucas si allontanò da Euridice come se fosse il diavolo e sbatté contro una serie di casse sistemate in un angolo del retro. Il respiro gli era meno.
<< Non avrai mica paura di me? >>.
<< Io non lo so >>, trovò la forza di dire Lucas. Si passò una mano fra i capelli e quasi se li strappò dall'agitazione.
<< E allora... io cosa sarei? >>.
Silvester si mise una mano sotto il mento, pensieroso. << Be', acqua e fuoco sono esclusi. Anche se non sappiamo con certezza che effetti fisici portino, azzarderei che tu sia il ghiaccio. Ci sono venticinque gradi e tu non sei nemmeno sudato. Dovremo prendere un termometro >>.
E così fecero. Lucas rientrò silenziosamente in casa ancora una volta e corse al piano di sopra a prendere il termometro elettronico. Prima di uscire, prese la chiavi di casa, dell'auto e il portafoglio: era sicuro di non dormire lì stanotte.
Ritornò giù in dieci minuti massimo e si misurò la temperatura. In dieci secondi il termometro rilevò venticinque gradi. Undici gradi in meno del normale.
<< Com'è possibile? Il mio cuore non dovrebbe rallentare e il mio flusso sanguigno fare altrettanto? >>.
<< Forse il tuo corpo si adatta, Lucas. Non siamo più quelli di prima >>, disse Silvester. << Io camminò sull'acqua >>.
<< Serio? >>.
<< Serio >>.
<< Non c'è tempo di spiegare >>, s’intromise Euridice. << Dobbiamo andare dagli altri. Speriamo solo che non abbiamo scoperto i loro poteri e siamo addormentati nei loro lettini >>.
Lucas, Euridice e Silvester presero l'auto dell'amico per andare da Jonathan, il più vicino. Sperarono che Martin avesse deciso di andare a dormire e non si fosse attardato al PC come ogni sera.
La notte correva e doveva essere circa mezzanotte e mezza. Come minimo, Giulia Rosetti stava dando di matto e Giovanni non era da meno, ma almeno lui era a conoscenza di cosa aveva portato la figlia ad allontanarsi da casa. Per Silvester non era un problema: aveva detto una bugia ai suoi, un improvvisa nottata di studio.
Stavano superando la piazzetta di Mesa quando la macchina di Lucas sussultò. Il ragazzo era alla guida del veicolo e lo colpì con un pugno. L'auto era di seconda mano ma in ottime condizioni.
La macchina emise gli ultimi sussulti e smise di funzionare definitivamente.
<< Che cavolo le prende? >>, domandò Euridice. Non era il momento di giocare ai meccanici.
<< Non capisco. L'ho portata dal meccanico una settimana fa ed era tutto apposto >>, disse preoccupato e controllando il quadro.
<< Lucas >>, lo chiamò Silvester con un sospiro.
<< Non ora >>, ribadì l'amico, impegnato a controllare ogni spia e poi a prendere il manuale delle istruzioni, spessissimo.
<< Lucas >>, lo chiamò ancora con un altro sospiro.
<< Che c'è?! >>, esclamò, voltandosi a guardarlo.
<< Hai finito la benzina>>, rispose Silvester, sporgendosi per indicare l'indicatore a zero che lampeggiava di giallo.
Euridice lo guardò male.
Lucas si schiarì la gola. << Ehm... mi sono dimenticato di mettere benzina >>.
<< Lucas, accidenti! >>, disse Euridice, arrabbiata. << Ma dove ce l'hai la testa? >>.
<< E ora? Siamo troppo lontani per tornare indietro e prendere la mia di auto >>, disse Silvester.
Lucas scese dalla macchina e si grattò la testa. << La casa di Jonathan non è lontana: se andiamo a piedi, dovremo metterci un quarto d'ora >>.
<< Non prenderò mai più la tua auto! >>, promise la ragazza, scendendo dalla macchina e sbattendo lo sportello con forza come se volesse scardinarlo.
<< Calmati. O manderai a fuoco i vestiti >>, l'avvertì Silvester.
Lucas passò il termometro sulla sua fronte ed Euridice lo guardò incredula. << Ho pensato potesse servire >>, disse il ragazzo quasi a giustificarsi. Guardò il display. << Quarantasei gradi. Ancora un paio e prenderai davvero fuoco >>.
<< Dubito di finire in cenere >>. Si mise a pensare. << Chissà quali sono i nostri limiti >>.
<< Che vuoi dire? >>, le domandò Lucas.
<< Insomma, se io non sento più la differenza di temperatura, tu neanche e Silvester cammina sull'acqua... Chi ci assicura che non Silvester non sia in grado di... respirare sott'acqua, io di camminare nelle fiamme e tu di far nevicare? >>.
<< Euridice, a me di conoscere i limiti non m’interessa. Semplicemente perché noi non rimaremo così >>, disse Silvester convinto.
<< O forse voi non avete capito che non c'è modo per togliercelo. Altrimenti lo avrei fatto io stessa >>.
<< Io non voglio restare così! >>, protestò Lucas.
<< Oh, non preoccuparti >>, disse una voce che li fece mettere sull'attenti.
Mark, impossibile dimenticare. Dietro di lui cinque uomini armati, che li tenevano sotto tiro.
Sorrideva, come la prima volta. Sembrava che il sorriso fosse una parte naturale del suo viso scuro. Strinse gli occhi neri come a scrutarlo.
<< È un piacere rivedervi >>, disse.
<< Il piacere è nostro >>, disse sarcastico Silvester.
<< Quanto sei spiritoso, ragazzino. Io so una cosa su di voi >>.
Impallidirono. Lo sapeva.
<< E indovinate un po'? Non saranno cinque mocciosi a fermarmi. Purtroppo per voi, l'unica soluzione è quella di... uccidervi >>, indietreggiarono, << mi dispiace molto >>.
Non diede nessun comando però gli uomini spararono ugualmente. Troppo presto perché potessero scappare, non gli restò altro che proteggersi con le braccia, alzandole.
Non sentirono dolore, neanche esplosioni. Guardarono e rimasero a bocca aperta. Un muro di ghiaccio era di fronte a loro, alto almeno due metri e spesso mezzo metro, luccicante di bianco nella notte.
Silvester e Euridice guardarono Lucas. Le sue mani erano leggermente avvolte di ghiaccio azzurrino e non aveva mosso un dito. Semplicemente, aveva alzato le mani ed era successo tutto dal nulla.
I proiettili si erano conficcati nel ghiaccio spesso, rendendoli innocui.
Mark imprecò.
Silvester mise una mano sulla spalla dell'amico. << Come... come hai fatto? >>.
<< Io non lo so... È successo >>, balbettò, incapace di parlare e guardandosi le mani.
<< Non c'è tempo: scappiamo! >>, urlò Euridice, trascinandolo nella via che conduceva a casa di Jonathan. Una volta dentro, non potevano entrare e ucciderli davanti agli occhi dei genitori del ragazzo e la sorellina.
Correvano velocissimi tra le strade deserte, con il cuore a mille, l'adrenalina nelle vene e inseguiti da tutti e dieci gli uomini. Mark era rimasto indietro. Scartarono per una via e si nascosero lì per prendere un po' di fiato, prima di ricominciare la corsa verso la salvezza. Sentivano di essere stati fortunati una volta ma la seconda poteva non essere altrettanta fortunata.
Decisero di prendere una via secondaria però si ritrovarono davanti due degli uomini che li inseguivano.
<< Sono qui! >>, strillò uno dei due tenendoli sotto tiro.
<< Lucas >>, sibilò Euridice.
Il ragazzo cercava di fare la stessa cosa, però otteneva solo nuvolette di ghiaccio che non servivano a nulla. Silvester voleva essere d'aiuto e non aveva la minima idea da dove cominciare. Euridice non faceva altro che scintille rosse che si disperdevano nell'aria.
Era inutile.
Euridice si strinse contro Silvester, spaventata. Il ragazzo avrebbe voluto proteggerla e si sentiva malissimo all'idea di vederla morire non poter far nulla per impedirlo.
<< Sparate >>, ordinò il più vicino al gruppo.
Girarono la faccia per non guardare ma non sentirono niente neanche stavolta.
<< Jonathan! >>, esclamarono i tre, felici di vederlo.
Li guardò. << Tutto bene? >>.
<< Perfettamente! >>, rispose Euridice.
<< Sono contento >>, disse, guardandola.
<< Aspetta... come hai fatto ad arrivare così velocemente? >>, gli chiese Lucas, confuso.
Jonathan si guardò le scarpe e gli altri rimasero a bocca aperta.
Silvester indicò le scarpe dell'amico. << Sbaglio o non stai toccando terra? >>.
<< Non sbagli. Sono leggero come... >>.
<< … l'aria! >>, completò Euridice.
<< Jonathan tu voli >>, disse Lucas, stupefatto.
<< Più che volare, sono leggero >>, disse, tornando a toccare terra. << A mio piacimento >>.
Indicò con un cenno della testa il muro dietro gli uomini che cercavano di ucciderli. Era costellato di piccoli buchi che fumavano. E gli uomini erano immobili con gli occhi sgranati, sconvolti.
<< Sono riuscito a creare un turbine d'aria abbastanza forte da far fare dietro front ai proiettili >>.
<< No, aspetta. Non sei agitato, in panico? >>, gli domandò Euridice, fissandolo.
Sembrava veramente a suo agio. S’innalzò da terra di un paio di centimetri e poi la toccò di nuovo. << A differenza vostra, io non sono così scettico. Quando ho capito cosa stava accadendo, ho fatto due più due. Sono scappato dalla finestra, saltando sull'albero del giardino. Solo che era scivoloso per via della linfa e stavo per rompermi una gamba quando mi sono accorto che... non toccavo il terreno. E a quel punto, ho capito del tutto e sono corso da voi. Fortunatamente, direi >>.
I nemici si ripresero e rialzarono le armi, pronti a sparare di nuovo. Non si erano feriti e decisero che rimanere lì a chiacchierare non era la cosa migliore. Martin doveva essere in panico totale, se aveva avuto qualche spiacevole episodio. E scoprire dove abitava, non doveva essere difficile per i tizi che gli davano la caccia.
Scapparono da lì prima di sentire i rumori dello sparo. Jonathan era venuto senza auto di conseguenza erano ancora a piedi e Martin abitava oltre casa del ragazzo. Correvano per le vie e Jonathan era davanti a tutti, e sembrava volare sul serio. Fortuna che era notte e la città era piccola, perché nessuno li vide. Si nascosero in un altro vicolo, questa volta ceca: in questo modo non potevano attaccarli di sorpresa ancora.
Gli uomini sorpassarono il vicolo e loro presero fiato.
Jonathan li guardò. << Voi? Scommetto che Euridice è il fuoco >>.
<< Che intuito >>, disse acida la ragazza, ravvivandosi i capelli con le dita.
<< Ghiaccio >>, disse Lucas.
<< Acqua >>, disse Silvester.
<< Quindi andando per esclusione... Martin ha la terra >>, disse Jonathan.
<< A quanto sembra. Quattro principali e uno complementare... >>, mormorò tra sé e sé Euridice. << Ehi! >>, esclamò, alzando un dito, un’improvvisa illuminazione. << Se esistono i quattro principali e uno complementare, questo vuol dire che esistono anche gli altri complementari >>.
Li scosse parecchio con la notizia. In effetti, era una deduzione logica. C'era una sola domanda: dove si trovavano?
Se cinque di questi erano a Mesa, California, in America, voleva dire che potevano trovarsi in altre città americane. O ancora peggio, in ogni parte del mondo.
<< Quanti ne mancano? >>, le domandò Silvester.
Euridice si mise a pensare e poi rispose: << Elettricità, roccia, metallo e... altri di cui adesso non ricordo. Mio padre li conosce tutti >>.
<< Euridice potrebbero essere ovunque! >>, disse Lucas, per niente convinto.
<< Ma non possiamo lasciarli cadere nelle loro mani, Lucas. E se sono stati assorbiti da altri? Com'è successo a noi? >>.
<< Poverini >>, disse Jonathan, ironico. << Ci penseremo dopo. Dobbiamo andare da Martin, subito >>.

Martin credeva di essere diventato pazzo, completamente. Sua madre aveva una passione per i fiori e le piante, tanto da costruire in vivaio dove ogni tanto lo obbligava ad aiutarla a piantare semi. E quella sera, sua madre lo aveva fatto di nuovo.
Mentre preparava la cena, gli aveva chiesto di pulire certe piante dalla polvere e innaffiarne altre. Le proteste erano state inutili e, armato di guanti, spolverino e annaffiatoio giallo, era uscito per andare nel vivaio accanto al garage. Aveva pulito le piante accuratamente, altrimenti sua madre era capace di farlo ricominciare le piante.
Secondo Martin, teneva di più alle sue piante che a lui.
Aveva cominciato a innaffiarne una e, con un movimento della mano, si era girato e aveva fatto cadere un vaso a terra, dei tulipani. E, involontariamente, li aveva anche calpestati malamente. Si era messo le mani nei capelli e lasciato cadere l'annaffiatoio, bagnando il pavimento sporco di terra.
Aveva preso un altro vaso, lo aveva riempito di terra e provato a rimetterci i fiori ma quelli erano in uno stato impossibile da guardare.
E lì, era successo.
Si era girato per cercare una soluzione o almeno dei fiori da rimpiazzare con quelli e quando si era girato ancora, i tulipani erano integri. Aveva inarcato le sopracciglia e li aveva guardati incredulo.
Si era grattato la testa e poi si era stretto le spalle, decidendo di dare poca importanza all'episodio. Ma quando i tulipani si era moltiplicato al passaggio della sua mano, lì era finito contro la parete trasparente del vivaio e boccheggiato in cerca di aria. Ci aveva riprovato con un altro vaso e con altri fiori ed era successa la stessa cosa.
E ora, se ne stava seduto in un angolo, disperato e credendo di impazzire.
La mano scura di Silvester lo aveva fatto rialzare e si era accorto degli amici.
<< Martin, stai bene? >>, gli domandò premurosa e comprensiva Euridice.
<< No! Per niente! >>, rispose, << Guardate >>.  Con la mano sfiorò il petalo di una rosa e quello era diventato più bello e rigoglioso.
Rimasero a bocca aperta per i primi secondi e poi la richiusero. Non sapevano da dove cominciare.
<< Martin, gli Elementi non sono spariti. Sono dentro di noi. Tu hai la terra >>, disse Jonathan.
Martin si passò una mano sugli occhi. << Cosa cazzo stai dicendo, Jonathan? Non mi piace questo scherzo! >>.
Euridice toccò Martin sulla guancia e Lucas sull'altra.
<< Euridice... sei calda... E Lucas... sei freddo... >>.
<< Fuoco >>, s’indicò la ragazza. << Ghiaccio >>, concluse, indicando Lucas.
<< Acqua >>, disse Silvester, a sguardo basso.
<< Aria >>, disse tranquillo Jonathan. Sembrava l'unico a non avere problemi con questa storia.
<< Dobbiamo andarcene via. Quegli uomini di oggi pomeriggio lo sanno. E vogliono riprenderseli a tutti i costi. E c'è un solo modo >>, disse Silvester.
<< Ucciderci >>, confessò Euridice.
Martin sembrava sul punto di svenire. << E adesso? >>.
<< Dobbiamo andarcene da Mesa per un po' >>, disse Jonathan.
Lo guardarono come se fosse diventato di colpo blu. Andare via?
<< Forse non avete capito la situazione: vogliono ucciderci. Mesa è una città piccolissima. Pensate davvero che non lo faranno per via dei guai giudiziari? Ci troveranno se rimaniamo qui. E poi ci uccideranno. Le cose cono cambiate. E ora che lo accettiate >>.
Era stato così sincero e diretto da lasciarli senza parole. Aveva ragione. Restare in città era un suicidio. Ma dove potevano andare?
<< Cerchiamo di tornare a casa e di preparare in fretta dei bagagli. Prendete lo stretto necessario. Martin, temo dovremo prendere la tua di auto >>.
<< Stop! >>, esclamò Euridice, mettendo le mani avanti. << E i nostri genitori? La scuola? >>.
<< La scuola non è importante. Direi che la nostra vita vale di più! >>, ribatté Silvester. Era raro che si trovasse in disaccordo con lei.
<< Le famiglie se ne faranno una ragione. Potresti dirlo a tuo padre >>, suggerì Lucas.
<< No >>, si oppose Jonathan. << Non deve saperlo nessuno. Altrimenti potrebbero torchiare il signor Rosetti >>.
<< Oh mio Dio >>, sussurrò Euridice con le lacrime agli occhi appoggiandosi a Lucas.
<< Non c'è tempo per piangere, Euridice. Dobbiamo agire >>, disse Lucas, cercando di consolarla.
Fu così che si separarono in silenzio. Martin rientrò in casa, dove i genitori dormivano. Si erano dati appuntamento sotto il cancello della scuola. Prese la grossa valigia sotto il letto e chiuse la porta a chiave per evitare che entrassero e scoprissero la sua fuga. Prese il necessario, le chiavi dell'auto, soldi e vari documenti, tra cui il passaporto: non potevano sapere dov'erano diretti.
Lasciò un biglietto con scritte poche righe in cui diceva di non preoccuparsi. Era successo tutto tanto in fretta da non riuscire a pensare a cosa stava realmente facendo. Prese la valigia, guardò la sua stanza un ultima volta e chiuse la porta. A passi piccoli scese le scale e andò in garage.

Euridice era riuscita ad arrivare a casa, sana e salva. Per un puro miracolo. Pensò che qualcuno doveva volerle bene. Suo padre non era ancora rientrato: forse la stava cercando come un matto per Mesa. Senza essere a conoscenza della futura fuga della figlia.
In camera sua preparò la valigia, una nuova e mai usata. Mai avrebbe pensato di doverla usare per un viaggio simile. Si sedette sul letto con davanti un quaderno. Non voleva dare retta a Jonathan: doveva chiedere scusa. Aveva già scritto un post-it attaccato alla porta per l'intera famiglia e aveva intenzione di scrivere una lettera a Giovanni solo per lui.
Mordicchiò la penna per pochi minuti e poi cominciò a scrivere:
“So di averti ferito. E so che quello che sto per fare ti renderà triste: ma devo. Se voglio rimanere viva, se vuoi ancora riabbracciarmi, lasciami andare e non cercarmi. Vogliono uccidere me e gli altri per riprendersi gli Elementi. Non voglio che anche tu ci vada in mezzo. Non pensavo sul serio quello che ti ho detto, credimi. Ero arrabbiata e volevo prendermela con qualcuno. Volevi solo fare del bene e non è colpa tua. Doveva succedere. Sappi che ti voglio bene e tanto. Dì a mamma e Alice che ne voglio tanto anche a loro. Ti prego di non dare nell'occhio a chi ci vuole male. Vi cercheranno, vi faranno delle domande. Tu non sai niente, ricordatelo. Non dire la verità a mamma e mia sorella: non capirebbero e le esporresti a rischi inutili.
I miei amici mi proteggeranno e sarò al sicuro. Non so quanto tornerò ma ti prometto che lo farò.
Ti voglio bene, papà.

                                            Euridice”

L'inchiostro blu era sbavato in più punti, dove le lacrime erano riuscite ad arrivare, disegnando rivoli bagnati su quelle parole scritte dal dolore della giovane. La imbustò dentro una busta bianca e poi camminò piano per il corridoio ed entrò nella stanza dei genitori. Sua madre dormiva ed era una fortuna che avesse il sonno pesante. Infilò la lettera nei manuali enormi di geologia di suo padre.
I libri dello scienziato, le sue ricerche erano in bella mostra sullo scaffale. Senza fare rumore prese qualche libro e scritto per riporli nella valigia: potevano tornargli utili. Poi uscì dalla stanza senza guardare la madre. Entrò in quella di Alice, addormentata. Le fece una lieve carezza e la sorella si limitò a girarsi dall'altra parte.
Prese la valigia e un'altra piccola borsa e mise una mano sulla maniglia tremante della porta e l'abbassò. Uscì nella notte, senza guardare un’ultima volta casa sua.
Era meglio così.

Silvester non era riuscito a guardare nessuno dei suoi familiari. Lasciarli per chissà quanto tempo era doloroso e un taglio netto avrebbe favorito. Con gli occhi lucidi aveva preparato la valigia e poi si era cambiato con abiti da viaggio. Aveva scritto una lunga lettera e l'aveva lasciata sulla tavola. Nella sua testa, vedeva già sua madre in lacrime tra le braccia del suo grosso padre. Le sorelle disperate e i fratelli in panico.
Ma lo faceva anche per il loro bene. Per il bene di tutti.

Forse Jonathan era l'unico che non aveva grossi problemi a separarsi dalla famiglia. Preparò il necessario e uscì dalla sua stanza. Aveva guardato sua sorella addormentata un ultima volta anche lui e aveva lasciato un biglietto sulla sua scrivania. Per quanto Masie fosse antipatica con lui, era la persona che gli dispiaceva lasciare di più. Uscito di casa, camminò per le strade cauto ma era sicuro che si fossero fatti vivi, un paio di corse senza toccare il terreno e li avrebbe seminati. Non capiva come mai per lui fosse tanto facile usarli. Gli altri sembravano avere tanta difficoltà.
Al cancello della scuola, gli amici erano già giunti. Era l'ultimo.
Euridice aveva gli occhi rossi e gonfi di pianto, tra le braccia di Silvester. Un moto di gelosia fu naturale in Jonathan. Martin era alla guida della sua auto, seduto e con lo sguardo fisso in punto indefinito.
<< Ciao >>, disse Jonathan.
<< Ciao >>, dissero tutti, con voce triste.
Sistemarono le valigie e salirono in macchina e lì si pose il problema di dove andare.
<< Lontano, il più lontano possibile >>, disse Lucas.
<< Be'... Carson city? >>, propose Martin.
<< Nevada? E perché? >>, chiese Silvester.
Martin si frugò nelle tasche. << I miei zii possiedono una casa lì ma loro non ci sono fino ad Agosto ed è abbastanza grande da ospitarci tutti. Quindi direi... che potrebbe andare. Sarà un viaggetto un po' lungo: sono circa duecento chilometri >>.
<< Direi che è lontano quanto basta. Andiamo lì. Male che vada ci fermeremo in un hotel per strada >>, disse Euridice.
<< Non possiamo. Lasceremo tracce >>, fece notare Lucas.
<< Allora la soluzione migliore è che ci diamo il cambio quando uno di noi è stanco. In questo modo, arriveremo presto >>, propose Jonathan e accettarono. Martin mise in moto e partirono.
Con il cuore triste e in silenzio. L'unica cosa che gli era rimasta...

Angolino!

Il terzo capitolo è concluso! Spero vi sia piaciuto. Nel prossimo ci saranno i primi problemi... Be', alla prossima! Ciao ciao!










   
 
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