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Autore: Lalani    18/12/2009    1 recensioni
Nuova raccolta ispirata dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters.
In queste poesie dal cimitero di Spoon River emergono i rimpianti, i dolori e le uccisioni degli abitanti.
Tenterò di analizzare le poesie con l’aiuto dei personaggi di Naruto, e forse insieme riusciremo ad espiare i peccati dei morti o ad esprimere i loro desideri.
#7= Gli Angeli Della città Incompresa. Buon SHIKATEMA Day!!!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Nevica sul Mare






Imparavo i segreti di tutti
da coperte e coltri, camicie e sottane.



Una fiamma, e tutto divenne bianco. Come se i suoi occhi fossero immense stelle immortali.
La morte era nera, la morte era grigia, era il disonore, la fine, era questo.
Ma questa morte era bianca, era dolore, la morte erano due occhi grigi.
“E dato che sono l’unica femmina, sono io, quella che si deve umiliare a cucirti i pannolini!”.
I grandi amori si annunciano in un modo preciso, appena la vedi dici: chi è questa stronza?.
Questo pensò Minato, subito dopo aver visto, sentito, annusato, che quel grigiore non sapeva di morte, sapeva di pioggia, di fumo. Quel grigiore era il cielo, che a Konoha era sempre blu. Sempre.
La stronza continuava a parlare.
“Mi ascolti, brutto porcospino giallo??Ti ho chiesto dov’ è finito il tuo coprifronte!Siamo sicuri che sei un ninja di Konoha? A me sembri un po’ troppo mollaccione…”.
Blateravano e blateravano, quegli occhi grigi sormontati da una fiamma, da un sole coperto dalle nuvole.
Perché non gli diceva niente della missione al confine col Paese del Turbine, di come si era conclusa dopo il suo svenimento? Ovviamente le femmine non servivano mai, nei momenti critici.
“Ecco, guarda come viene schiavizzata la migliore kunoichi di Uzu, solo perché devi fare il sonnellino pomeridiano. Cucire, che schifo! Che umiliazione!” sputa veleno, la stronza, mentre gli getta in faccia i suoi pantaloni appena ricuciti. Ha le dita piena di puntini rossi, la stronza, come papaveri, come piccoli soli.
Un goccia di pioggia, che sembrava olio bollente, sulla fronte, di Minato. Un ninja con la fronte scoperta è un ninja morto. Minato per la prima volta sentì che la morte sarebbe stata preferibile al disonore, che la morte non era disonore, la morte era la fine, la vita era tutto. E la vita era anche disonore. Ma la vita era anche il sole, e il sole, in quel momento, era il rosso di quella fiamma(stronza).
Si agitò, e vide negli occhi della bambina il suo stesso riflesso: erano quelli gli occhi di un ninja senza coprifronte, senza casa, senza onore?
“Capita a tutti. Capiterà a tutti, di perderlo” mormorò la bambina, e capì. Minato si chiese come riuscisse, una bambina immersa dalla pioggia, a capire.
“È un sogno essere immortali, esseri invincibili” continuò la stronza con quegli occhi troppo concreti, troppo reali, troppo tetri.
Minato le avrebbe detto che i sogni a Konoha si toccavano con la punta delle dita, e i sognatori come lui, che guardano sempre in alto, verso la vittoria, verso l’infinito, hanno il cielo negli occhi, hanno tutti gli occhi blu. Le avrebbe detto che i suoi occhi sono così cupi perché ha passato la vita a guardare cadaveri grigiastri e tombe smembrate, a non sognare.
 E Kushina, con la sua smorfia sghemba, gli avrebbe dato del cretino e gli avrebbe fatto notare che il cielo era sempre grigio, a Uzu.


perché le cose nuove diventano vecchie a lungo andare,
sono rimpiazzate da migliori o non lo sono affatto.


Gira, gira.
“Mi sta venendo da vomitare”
Gira, gira.
“Senti porcospino, se non la smetti potrei rivelare a Choza la verità sulle sue venti porzioni di ramen e della loro terribile fine, immerse nel tuo schifoso stomaco…”.
Gira, gira. Gira, gira.
Una chioma crespa e bionda cadde a capofitto in un manto verde.
“Ti viene la nausea solo se faccio ruotare un kunai? Sei proprio una femmina mollacciona…” mormorò Minato mentre strizzava gli occhi lesi sotto il prepotente sole di Maggio. Girò la testa solo per godersi le labbra di Kushina stringersi, ed evitò con prontezza il pugno che avrebbe dovuto intaccare la sua guancia liscia.
Minato fece ruotare di nuovo il kunai, adornato con nastri color arcobaleno.
“Esattamente! E poi rischi di lasciarlo cadere su questo stupido costume”.
Costume che immancabilmente stava cucendo: ormai si era sparsa la voce che quella pallida e suscettibile kunoichi aveva maturato una buona preparazione nel cucito… e che per qualche astrusa ragione era rimasta a Konoha. All’inizio si era pensato a una missione di spionaggio, forse per tenere d’occhio i clan più potenti della città, o, come sospettavano i preoccupati proprietari dell’Ichiraku ramen, per sgraffignare la loro ricetta segreta, dato che i cibi di Uzu facevano notoriamente schifo. Minato aveva addirittura teorizzato che potesse essere una missione con lo scopo di screditare proprio, alias l’astro nascente della Foglia, dato che da quando quella furia rossa e stronza era giunta a Konoha sentiva in continuazione strane risatine alle sue spalle.
“Il maestro Atasuke sembrava una marionetta con tutte quelle cuciture” bisbigliò Minato al cielo, come se potesse sentirlo.
“Non lo trovo un motivo giusto per abbandonare la carriera di shinobi” sbottò Kushina, mentre assestava un altro punto al mantello, con l’evidente desiderio di smembrarlo.
“Già…la Foglia perde uno dei suoi migliori jounin!” esclamò Minato, frustrato, mentre strappava qualche innocente filo d’erba e lo liberava dalla terra per lascarlo volare fino alle nuvole.
“Soprattutto avrebbe dovuto sapere che avrebbero allestito quelle patetiche festicciole da settantenne per la sua pensione. Nessun motivo è giusto se implica la schiavizzazione della kunoichi più promettente di Uzu!”.
“Festicciola da settantenne?? Ma se io sarò il protagonista” sbottò irritato Minato, ignorando il successivo “ecco, appunto” sibilato a denti stretti dalla kunoichi.
“Non hai sentimenti, serpe!” continuò il biondo “Il maestro Atasuke mi ha allenato per il corso specializzato di sopravvivenza, mi ha insegnato a concentrare il chakra, ci ha allevato negli anni all’accademia…Non mi merito il suo kunai prediletto!”.
Un altro giro. La vita gira. Ed è solo un giro.                                                   “Almeno il maestro Atasuke ha potuto farlo, il suo giro” borbottò Kushina, concentrata sul suo lavoro “Pensa che poteva fermarsi a metà e poi interrompersi, tornare giù e ciondolare come una testa mozzata. O non muoversi nemmeno.”
Un movimento del dito, flebile, e il kunai, che stava per compiere un giro competo attorno all’indice, tornò indietro, come una campana.
Evitò frasi di circostanza come “hai ragione, Kushina”: era una femmina, no? E da quando le femmine avevano ragione??
Alzò gli occhi turchesi al cielo, il giovane Minato: voleva girare, avrebbe voluto farlo più volte, ma se la vita era un giro solo, il suo sarebbe un stato un doppio, no, un triplo salto mortale.
“A proposito, ho bisogno di comprarmi dei nuovi pantaloni. Quelli che mi hai ricucito tu cominciano a starmi un po’…”
Ed ecco il famoso Minato, piccolo prodigio di Konoha, una grande speranza, che ignorava le risatine della folla, con gli occhi sempre fissi davanti a sè, senza mai voltarsi indietro, neanche per vedere il ghigno sadico di Kushina e la toppa a forma di cuore che per oltre due mesi aveva adornato il suo posteriore.




E gli strappi e le toppe s’allargano col tempo;
non c’è ago o filo che possano frenare la rovina.



Su e giù, dolorosamente. Nervi, carne, pelle, ossa, niente sfuggiva all’ago.
Una distesa di ninja aveva preso il posto dell’erba, il rosso aveva surclassato il verde. Corvi e rantoli.
Non c’era anestesia per gli occhi troppo chiari di Minato, che vedevano solo ombre fosche. Konoha aveva vinto, ma a che prezzo? Il verde della Foglia era morto, e se ne stava lì, rattrappito, sotto il sangue.
Kushina cuce, cuce la sua ferita, nessun altro può farlo.
È come un maglione, come un maglione, non è diverso da un maglione, si ripetevano quegli occhi grigi, impauriti. Una maglione di dolore.
“Sei fortunato, porcospino. Andiamocene da questo schifo e cerchiamo un ninja medico per questo taglio”.
“Ci sono ferite che non si possono curare, Kushina”.
Ogni giorno di guerra, era un nuovo baratro.
Minato sapeva che a casa ci sono cuori angosciati e fra un po’ ce ne saranno il doppio. Minato sapeva, e vedeva, il corvo che rubava il braccio a un cadavere, sapeva che Jiraya-sensei quella sera stessa avrebbe festeggiato la vittoria con le sue donnine e affogato i ricordi, i morti, gli amici, nel sakè, sena rimpianti.
Gli occhi di Kushina dovrebbero essere grigi e sicuri, freddi e forti. Ma erano argentati di lacrime. Il baratro li stava ingoiando tutti e due.
Una carezza: è solo questo il dono che Minato può dare a quella scorbutica kunoichi senza intaccare il suo dorato orgoglio. Solo una carezza, taglio su taglio, baratro su baratro. Uniti da un ago.
“Dobbiamo tornare a casa. Inoichi e Itsuko non ci permetteranno di mancare al loro matrimonio” sorride Minato, mentre Kushina rabbrividisce alla minaccia riguardo alla mancata presenza all’evento che le aveva rivolto una delle sue poche amiche prima della missione: qualcosa che centrava con una morte lenta e dolorosa.
Si tennero per mano, taglio su taglio, e volarono via.
 Fino a dove potremmo ricucire?


Fazzoletti, tovaglie, hanno i loro segreti-
la lavandaia, la Vita, li conosce tutti.



Erano passati solo pochi mesi da quando Kushina, a detta di Minato, era diventata da stronza a bella stronza.
Erano passati pochi mesi da quando Minato, a detta di Kushina, era diventato da porcospino a istrice, e da quando era statonominato, sempre da Kushina, Istrice gialla della Foglia.
Ma, si sa, le vecchie abitudini erano dure a morire.
“No, brutta e schifosa istrice, non cucirò i tuoi fottuti bottoni!”
Il fottuto bottone, un solo dannato bottone Kushina!”.
Kushina cercò rifugio nel suo ristretto appartamento e trattenendo le sue nefaste intenzioni solo perché avrebbero implicato macchie di rosso su tutta la sua immacolata cucina, ora che il giallo era di moda, a Konoha.
Forse era meglio tornare al cupo grigiore di Uzu, pensò la donna mentre lei e il nuovo idolo di Konoha davano vita a un improbabile inseguimento nella ristretta area della cucina.
“Ormai ti conosco, Namikaze! Quando devo ricucirti i bottoni è perché hanno finito il ramen e ti senti talmente angosciato per questo che non hai più voglia di vivere, né tantomeno di metterti a cucire”” sbottò la donna con voce roca e forte, mentre si fermava a un angolo del tavolo per calcolare la via di fuga più veloce.
Un fulmine rosso e uno giallo balzarono fuori dalla finestra, uno agile e fiammante e l’altro con un uniforme sgualcita tra le mani forti.
“Quando mi porti i tuoi giubbotti è perché :o Kami, o Kami, o Kami, questa macchia è terribilmente antiestetica e non va via, cosa dirà il mio povero fan club?? Altro che fulmine, stupida istrice!” ghignò la donna, balzando giù dal tetto e attraversando il prato su cui era atterrata con leggerezza.
“Io non penserei mai una cosa simile!” esclamò Minato, sudando per il terrore di incontrare veramente qualche membro femminile del famigerato Minato fan-club.
Un lampo a ciel sereno, ed eccolo tra i fiori, dietro a Kushina, dietro al fuoco.
“Ma Uzumaki-chan, non hai mai preso in considerazione la possibilità della nostalgia??” esclamò ridendo, rideva troppo, quell’enorme porcospino alias istrice “Non posso stare troppo tempo senza di te!”.
“No, quando ti manco mi porti i pantaloni, per i bei ricordi!” grida Kushina, ora ferma, splendente, in mezzo ai fiori, i fiori che dovrebbe bruciare.
Turchese e grigio, i due volti del cielo.
“E se ti dicessi che ti ho portato anche un paio di calzini?”
“Prova solo a tirare fuori una schifezza simile e ti togliere tutti gli aculei, istrice!”
“Allora non guardare!”
Un soffio di vento, un movimento stizzito di un paio di labbra, sempre loro, una finta, un lampo, miliardi di cieli, nessun cielo, una mano enorme a coprire gli occhi grigi, labbra contro labbra, cuore contro cuore, un bacio.
“Non porterei mai dei calzini a una bella stronza come te!”
Un pugno e una settimana in ospedale.
E un sorriso e un battito di cuore, e una risata, e una fiamma più allegra.
E un giubbotto che rimase senza il suo bottone.


e ci sono macchie che sfuggono al sapone,
e ci sono colori che stingono vostro malgrado,



L’anima di una bolla si raffredda e vola giù. E poi esplode, esplode, implode, esplode di nuovo.
È questo quello che ha fatto la tua anima, Itsuko? È diventata una bolla, è spirata via, è tornata acqua?
Kushina si aggrappava al panno lindo, solo a quello straccio, che asciugava le lacrime di Itsuko. Si aggrappava come le unghie della donna hanno strappato le lenzuola che l’hanno cullata con dolcezza, prima di venire squarciate da un dolore e da un amore troppo forte. Dovrà ricucirle.
Le dita sottili di Kushina affondano, e vorrebbe distruggere anche loro: perché deve essere sempre lei a riparare maglioni, cuore spezzati, a lavare, a risciacquare per dare splendore ai sorrisi troppo usati, troppo vecchi, perché lei deve lavare le lacrime degli eroi e ricamare vite? Perché non può strappare?
La bambina di Itsuko era un angelo con la forza di un cinghiale, e stava per distruggere la vita di sua madre come un bambino scherzoso come una bolla.
Ora dorme in una culla troppo grande, mentre sua madre lotta ancora per la vita, la sua vita, la loro vita, in ospedale. Stupida, che aveva voluto partorire a casa, per consacrare il letto nuziale con il miracolo del suo amore.
E ora il suo letto era intriso di morte: il sangue non andava via, non c’era niente da pulire, se non la paura, invisibile.
Si sentivano le urla di Inoichi, talvolta, dalla stanza accanto.
Kushina era una kunoichi, era la cucitrice, era una salvatrice, un’ eroina, era la forte, scorbutica Kushina, Kushina doveva partorire tra un mese.
Cosa avrebbe portato il suo bambino?
Una macchia, dolore, fine?
E Minato? Il loro amore inaspettato sarebbe morto così? O si sarebbe stinto, si sarebbe bagnato e piano piano, sciolto, come una malattia?
Il loro mondo sarebbe diventato grigio?
Ora Minato non era più solo il suo Minato: era il Minato di tutti, ognuno poteva, doveva, avere un suo pezzetto. Sarebbe stato smembrato, il suo Minato, ogni frammento della sua vita sarebbe stato spartito come cibo tra gli affamati, i suoi tesori sarebbero stati donati ad altre vite, come il kunai di Atasuke che era passato al giovane Kakashi?
Una mano enorme sui suoi occhi. Non riuscirà a portarla via da lì.
“Non guardare, Kushina”.
“Ho già visto del sangue, Hokage-sama”
“Non lo vedrai più: i tuoi occhi sono stanchi, del rosso. Devi poter guardare il cielo, devi poter tornare a sognare.”
“Credevo che fossi già stato eletto…stai cercando di comprare il mio voto?”.
La gira, nel suo abbraccio. Vorrebbe guardarlo, vorrebbe assaporare con gli occhi l’uomo che ama, che ha tutto di lei, si vede, che si è caricato di ogni suo difetto, di ogni suo capriccio, di ogni suo desiderio. Ma con tutto quel rosso, preferisce rimanere cieca.
“Voglio restare qui… ma non voglio più vedere”.
“Vedrò io per te. Vedrò tutto il dolore del mondo, solo per te”.
 Non lo vede, Kushina, ma sente i colori tornare a ridipingere il mondo.
Non lo vede, Kushina, ma si stanno baciando.
Non lo vede, Kushina, ma il cuore di suo figlio sta battendo, assieme al suo.



la gente può prosperare o decadere.



Guerra, sangue e morte. Bianco, nero e rosso. Questa è la via del ninja. E il sole non può penetrare questa oscurità. Ma a Minato non serviva il sole per vedere, non ora, non la luce, non serviva. Non c’era sole e non c’era luce. C’è solo Kushina, con in braccio un fagotto candido che prima non c’era. Cuciti assieme, come in arazzo.
La scorbutica Kushina e il testardo Minato: eccoli, lei con in mano una piccola anima, una delicata bolla da non far scoppiare e lui, padre.
Incredibile, impossibile.
Forse domani ci sarà il sole, o forse la pioggia, o la tetra nebbia, e più avanti l’arcobaleno. Ma  quel giorno avvenne un miracolo
Quel giorno, nevicava sul mare.






Oddio, c’è l’ho fatta.
Perdonate il ritardo ma il troppo canon non fa per me^^. Bè, che dire, alla fine credevo che venisse fuori moooolto peggio: non spicca di originalità ed è terribilmente ovvia e lineare, ma non è malaccio. Si può apprezzare.
Lo so che il titolo centra poco, ma oggi, a Milano, nevica. E sono felice, e mi è venuto in mente il titolo ora che tornavo a casa, sotto la bufera. Dovevo usarlo, per forza. Un tocco natalizio.
Fic per Rina: sono riuscita ad accontentare anche te!
Ma ora parliamo della fic: la protagonista della poesia è la signora Kessler, una donna che manteneva la famiglia facendo la sarta e la lavandaia. La vita è paragonata agli abiti che si rovinano, perdono il loro colore, come i corpi e le anime. Diciamo che la caratterizzazione dei personaggi non mi piace granché: Kushina è troppo mollacciona e Minato è troppo stupido. Ma mi sono venuti così. Dimenticavo: quesat frase "I grandi amori si annunciano in un modo preciso, appena la vedi dici: chi è questa stronza?" non è mia, ma di Ennio Flaiano
Recensioni*_*:
celian4ever: grazie mille!IC dici?? Meno male, credevo di aver scritto delle assurdità! Guarda, io Ten Ten non so mai come caratterizzarla(maledetto Kishy che non da spessore alle signore!>_<) e quindi mi sono fatta guidare dall’istinto. Grazie ancora!
LalyBlackangel: il nonsense c’è tuttoXD Ti ringrazio molto per i complimenti, se a una non-appassionata di NejiTen(come meXD) piace e non la trova spenta, sono felice!Grazie mille, bacioni!
Shatzy: cara**Mi dispiace per la “contortezza” della fic, ma la poesia era troppo da Neji, non potevo non usarla!(splendida, infatti^^). Ma certo, ci saranno sicuramente altre fic nere(intanto mi diletterò a leggere le tue^^)Bacioni, alla prossima!
Rinalamisteriosa: dear, ho fatto del mio meglioXD ma il troppo canon ha avuto la meglio e ho partorito questa solaXD Ma sono felice di averti fatto apprezzare la mia NejiTen^^(cioè, in realtà il pairing non piace per niente , quindi non dovrei essere contentaXD). Attendo con ansia la NaruSaku!Bacioni!

Grazie per la vostra attenzione,
E
Buone Feste!
LaLa
  
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