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Autore: Meiss    19/12/2009    1 recensioni
Nella storia che sto per narrarvi, mi duole dirlo, non ci saranno lieti fini. Ne lieti inizi…e dubito che troverete qualcosa di lieto anche nel mezzo.
Questo perché i miei ricordi sono intrisi d’odio, di vendetta e di tante, tantissime lacrime...

Inghilterra, giorni nostri,Alice si trasferisce dopo la morte della mamma.Va a vivere dalle zie, che fino ad allora non ha mai conosciuto; dentro una grande villa che ha mobili antichi, tappeti polverosi e strani angoli oscuri. E mentre cerca di abituarsi al nuovo stile di vita, ecco che le cominciano ad accadere degli strani fatti inspiegabili...
Volete saperne di più? Non vi resta che leggere ^^...
E' vietato inserire il doppio tag < br > nelle introduzioni. Lely1441, assistente amministratrice
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Peter Vannuver odia molte cose nella sua giovane esistenza.
Odia svegliarsi la mattina presto per frequentare, anche se saltuariamente, quella scuola di babbei e di medio borghesi che non gli concedono mai il giusto tempo per i suoi hobby.
Odia l’odore del tè alla pesca di sua madre che ogni sacrosanta mattina lo sveglia dal suo, immancabile, incubo.
Un incubo in cui c’è un tempo pessimo e un vecchio, seduto su un tronco d’albero, che perde grosse lacrime dentro la sua barba bianca.
Odia dover sognare quel vecchio e quelle lacrime; odia soprattutto le lacrime. Le considera un gesto per deboli e vinti, e lui preferisce morire piuttosto che perdere. Ma più della scuola, del tè e di quel vecchio imbecille, Peter Vannuver odia Amos Corver.
E’ proprio lui che ora osserva, nascosto dietro lo spiraglio semi-aperto della porta in sala da pranzo. Lo spiraglio lascia scoperti solo alcuni punti di ciò che accade al suo interno, il resto rimane celato.
Sua madre è lì. Insieme ad altre sei persone. O forse sono sette?
Peter si sposta piano da un piede all’altro per vedere meglio.
Corver sta giocando con un coltello, lo lancia nel legno del tavolo e poi lo sfila…sempre nello stesso punto.
“ Potresti evitare di rovinarmi il mobile, Bootes?”
Peter sposta lo sguardo sulla voce che ha parlato.
Vasia Sibilla Mc Kallagan, sua madre, ha lo stesso sguardo fiero e impettito di quando non gli aggrada ciò che accade.
Bootes, così è noto essere chiamato Amos Corver quando varca i cancelli di Vannuver’s Manor.
Bootes come il carlino che gli è morto lo scorso anno, suicidandosi dal terzo piano del suo appartamento, nella via centrale di Post-Amcluv. Quella con i negozi.
Amos se ne accorse quando i negozianti gli urlarono dai piani bassi.
Da allora, in sua memoria, tutti lo chiamano in quel modo. “ Non te ne approfittare che c’è tuo marito, mia bella padrona di casa” risponde lui puntando il volto storpiato dalle cicatrici su quello lineare e perfetto di Vasia. “ Altrimenti potrei sbagliare mira…”
Si rigira il coltello tra le mani e Vasia abbassa lo sguardo; non può replicare anche se vorrebbe.
A Peter fa rabbia quella sua aria da giovane martire. Le fa rabbia soprattutto quando c’è di mezzo Amos Corver. Ma non può intervenire, non può dire niente quindi continua ad osservare la stanza.
“ Fammi capire Vannuver” sta dicendo Mirange Sienna Lancaster, una donna dalla folta capigliatura argentata. Un’unica ciocca di capelli neri le divide in due gli emisferi bianchi. “ Ci hai chiamati qui stasera solo per discutere con noi di questo ennesimo black-out?”
Uros Vannuver, suo padre, un uomo alto e possente dai capelli biondi e lo sguardo di chi ha visto molte cose nella vita- la maggior parte delle quali non del tutto piacevoli- si alza dalla sua sedia preferita e torreggia di fronte a tutto il suo uditorio.
“ Burrogh potrebbe farci l’onore di parlare questa volta…” Peter guarda l’uomo tirato in causa.
Ha un viso asciutto e i capelli lunghi raccolti in un codino. Negli occhi incredibilmente azzurri, c’è tristezza e inquietudine.
“ Potrei ma non voglio e lo sai Uros…”
“ Tu lo farai” replica tranquillamente Vannuver, “ dirai a tutti i nostri cari amici, cosa sta succedendo..”
Gli occhi dei presenti s’incollano su Burrogh ma lui continua a guardare Uros con insistenza.
“ Non so il perché dei Gufi..”
“Buffo” fa eco la voce di Attilius Mobius Kersey, un uomo basso e senza capelli seduto vicino alla moglie Iris, alta almeno una spanna più di lui e con un acconciatura alla Marge Simpson, “ è estremamente raro che tu non sappia cosa sta accadendo, i tuoi poteri da chiromante fanno cilecca Zivren?”
“ Potrei dire lo stesso della tua testa vuota…”
“ Burrogh contegno per favore” interviene Uros visto che Kersey sta per alzarsi dalla sedia con intenzioni poco ortodosse. “ Attilius è soltanto curioso, come noi altri del resto...”
Zivren Burrogh fa un lunghissimo sospiro.
“ Lo so che sembra come quella volta..” inizia.
Peter si fa più attento e avverte l’aria farsi più tesa.
“ Ci avvertirono loro” interviene Dermot Hodson, un uomo corpulento e massiccio dalla pelle scura e i tratti africani. Ha ancora addosso un camice da dottore. “ Vennero loro, con il vento…Fu opera di Marion Howens.”
“ Questa volta Marion non centra niente” replica Burrogh fissandolo. “ Questa volta è opera di qualcun altro.”
“ Di chi?” chiede Iris debolmente.
Burrogh tace. Uros Vannuver è ancora lì che lo fissa. Sta aspettando una risposta che non arriverà mai.
“ Parla, Zivren!”
“ Non lo so. I miei poteri si sono affievoliti, sono diventati molto scarsi” si giustifica Zivren ma sembra a disagio, si guarda le scarpe perché sta mentendo. “ Non ricordo mai bene una previsione quando mi capita di averne una…”
“ Qui si tratta di ricordare a noi tutti una previsione di quasi vent’anni fa” dice Uros Vannuver per nulla incline a mollare il discorso, “ una previsione che ha dato una speranza al gesto folle che compì Moore.”
“ Già la conosci Uros” replica Zivren Burrogh, “perché ti ostini a farmela ripetere?”
“ Per far capire a tutti che quella ragazzina non può essere l’ultima salvezza di questo paese.”
C’è un’esplosione di pareri dentro la stanza dopo quell’ultima frase di Vannuver.
Peter si scosta dalla fessura quando sente gli occhi di Zivren incollarsi ai suoi.
Ha capito che sono qui! Si dice Peter incredulo.
Ma lo sguardo di Zivren non è malvagio, ne da segno di volerlo smascherare. Rimane fermo a fissarlo finquando Vannuver non ristabilisce l’ordine e le voci si spengono.
Rimane quella di Bootes.
“ Capo, permettimi di fargli qualche taglietto lungo il collo” dice, “ forse è un buon metodo per risvegliare la sua memoria assopita..”
Fa scattare la lama del coltello ma Vannuver lo ferma per tempo.
“ Niente sangue in casa mia” replica perentorio. “ Burrogh parlerà…Esistono mezzi più efficaci del coltello ed hanno lo stesso validi risultati."
Si gira a fissare Zivren che ha lanciato a Peter un’ultimo sguardo di avvertimento.
“ Potrei parlare con Marion della faccenda..”
Bingo!
Zivren scatta in piedi all’istante, i pugni serrati.
“ E’ protetta dalla casa..”
“ Non quando esce. E tu sai che Marion non è come Cassandra” continua Vannuver, “ a lei le sbarre non piacciono. Non resterà rintanata lì per sempre e quando uscirà…ci saranno Bootes e Hodson ad attenderla!”
Bootes ride mostrando i denti gialli e Peter ha un brivido lungo la schiena.
“ Marion…quanti bei ricordi a scuola…”
“ Smettila!” urla questa volta Zivren. “ Non le farete del male…Uros hai promesso. Io…”
Uros diviene improvvisamente molto cattivo.
“ Si ho promesso, Zivren, ma fossi in te starei molto attento alle mie promesse” dice. “ Tu mi hai promesso obbedienza, devozione ed hai messo nelle mie mani i tuoi poteri…Te lo ricordi? Venisti da me quel giorno..proprio quando Edmoore aveva più bisogno dei tuoi consigli…Proprio quando stava per morire…E hai giurato di servirmi. Mantieni quanto hai promesso…Dimmi se è lei la ragazza della profezia che tu stesso hai fatto venti anni fa! Dimmi se è opera della sua voce che i Gufi circondano, in questo momento, l’appartamento degli Hale…Dimmelo Zivren!”
Peter osserva Zivren Burrogh. Ha le spalle curve, il volto carico di odio e i pugni serrati tanto da farsi male con le unghie. Non muove un muscolo, a malapena sbatte le ciglia e dentro di lui si scatena una lotta.
Dentro di lui c’è ancora la voce di Marion, vecchia di molti anni, che gli sussurra: Qualunque cosa accada non devi mai preoccuparti per me, capito? Le tue visioni sono pericolose, Zivren, potrebbero far gola a molte persone…ma se ti è stato dato un simile, strabiliante, potere…allora devi fare in modo di esserne degno.
Chiude gli occhi Zivren Burrogh. Li chiude quasi come se non volesse osservare le sue stesse parole che fluttuano verso Vannuver e gli altri.
“ E’ lei” dice quasi in un sussurro. “ La ragazza della mia visione, con il bicolore come Marion, si chiama Alice Prudence Howens. E’ la figlia di Elisewen. Ed è anche la portatrice del mio dono.”
“ Quindi sta leggendo il Diario in questo momento?”
“ Credo di si..”
“ Insieme agli altri due Guardiani?”
“ Loro ancora non sanno di esserlo, comunque si..”
“ E il quarto?”
Zivren riapre gli occhi e lo fissa. Possibile che Uros Vannuver è così cieco di fronte a tanta evidenza dei fatti?
Possibile che non se ne sia mai accorto?
“ Ti avevo detto di non saperlo.”
“ Ed io ti ho detto di scoprirlo!”
“ Allora guardati intorno Uros Vannuver” replica Zivren Burrogh. “ E’ più vicino di quanto credi.”
In quel frangente Peter sente come una forza che lo sospinge all’indietro. Una forza che non è fatta di vento o di energia, e si ritrova a pensare che Zivren Burrogh non l’ha guardato a caso pochi istanti prima.
Sapeva che lui era lì fin dall’inizio della serata.
E lo conosceva ancor prima che Peter avesse conosciuto lui.
Ed ora, insieme a quella forza, c’è una voce e a Peter sembra che Zivren gli bisbigli di scappare.
Peter non sa il motivo…ma è come se lo percepisse.
Lui è quello che provoca i black-out.
Lui è quello i cui occhi si accendono di ambra quando usa troppo potere.
Lui è quello a cui vibra la pelle quando entra in contatto con Alice Howens.
Si gira e fugge.
Fugge da casa sua.
Non è la prima volta che gli succede ma c’è di diverso che ora sente di non poter più tornare.
E mentre fugge, afferrando al volo il suo zaino e le chiavi della bici, Peter sente l’urlo disperato di sua madre e la voce irosa, inconfondibile, di suo padre.
Poi sente la porta spalancarsi e miriade di passi in giro per casa. Ma ora è lontano, in sella alla sua bicicletta e pedala giù lungo la collina in direzione dell’unico posto dove sa di dover andare.
Casa Hale.

*


Marion si sveglia di scatto. Ha la vista un po’ annebbiata e la mente confusa; non riesce a ricordare il sogno che ha fatto. Sulle iridi bicolore sono incastrate ancora delle immagini..il volto preoccupato di un ragazzo biondo e le lacrime di un uomo che lei conosce molto bene.
Ma quell’uomo lo credeva morto.
Lo pensava davvero.
Eppure…
Fuori c’è una bufera di vento.
Nell’attimo in cui Marion scende dal letto, le finestre della sua camera si spalancano da sole. Raffiche di vento entrano e scombinano i lenzuoli e i suoi capelli.
Marion rimane immobile ad osservare qualcosa che ad altri viene celata.
Eppure lei l’ha sempre percepita molto distintivamente l’aria.
Ci sono delle voci dentro il vento che gli muove i capelli lunghi.
Voci scombinate; alcune forti e distinte, altre basse e riecheggianti…Si mixano e si confondono. La lasciano perplessa.
Cosa stanno dicendo?
Di colpo il sogno non le sembra poi così irreale.
Di colpo, sapere che Lui è vivo, non è poi così impensabile.
Spalanca la porta della sua stanza e corre verso quella della sorella. Ma nell’attimo in cui sta per poggiare la mano sulla maniglia, la porta si apre e Cassandra esce fuori.
Ha gli occhi ambrati che brillano.
Irradiano calore e potere.
“ Che sta succedendo?”
“ Alice!” esclama Marion e corre, seguita dalla sorella, fin dentro la camera della ragazza.
Nessuna delle due è così stupefatta quando la trovano vuota. Il pigiama lasciato da una parte con ancora un gomitolo di fazzoletti accanto.
Ha pianto.
“ Ha letto il Diario” dice Marion.
“ Te l’avevo detto di non darglielo” urla Cassandra e i suoi occhi brillano, se possibile, anche di più. “ Non era mai successo niente prima di…”
“ So che vuoi dire” annuisce Marion fisando ancora i fazzoletti umidi di lacrime. “ Ma lei doveva leggere.”
“ Ed ora che fine ha fatto eh? Te lo stai chiedendo? Cercavamo di proteggerla ma è tale e quale a Elisewen” Cassandra ha tanta di quella rabbia dentro, tanto di quel rancore… “ Ora è la fuori e i Senza-Nome potrebbero trovarla…Eppure gliel’avevamo detto che solo questa casa ha la virtù di proteggerla!”
“ Ma lei non vuole protezione, Cassy” Marion si gira a guardarla, “ lei vuole capire…Lo vorresti anche tu se tua madre fosse morta di colpo lasciandoti da sola con due zie delle quali non ti ha mai parlato. Lo vorresti anche tu se capitassi in un paese di cui nessuno sa niente, dove la gente sparisce e muore…dove c’è magia e maledizioni…”
Cassandra non replica, è ancora ferma sul vano della porta.
Non osa fare un passo in avanti dentro quella stanza.
“ Dove credi sia andata?”
Marion va verso la finestra, la apre e il vento di prima le fa volare delicatamente i capelli in ogni direzione. Guarda lontano, molto lontano. Al di là del grande paese.
“ Io non riesco a vedere bene” dice, “ ma tu puoi.”
E si gira verso la sorella. Cassandra scuote la testa.
“ Non userò quel mio potere…”
“ Se vuoi rivedere tua nipote, dovrai farlo.”
Cassandra sbuffa ma le si affianca e guarda nella sua stessa direzione. Le pupille le si affilano come quelle dei gatti, poi di colpo le dilata dall’incredulità.
“ Gufi, Mary” dice.
“ Lo sospettavo, in che direzione?”
“ Angolo di St Daresh hill, una di quelle palazzine nuove…”
“ Mh” è pensierosa Marion, “ riesci a capire quale finestra?”

*


“ No Alice, aspetta, può essere pericoloso!!”
E’ l’urlo di Priscilla quando s’accorge che la sua amica sta uscendo fuori sul terrazzo della cucina. Ma fuori ci sono i Gufi e l’aria sembra minacciosa; Priscilla non crede in queste cose ma non può restare indifferente verso ciò che avverte.
Alice non l’ascolta. Una volta fuori si ferma al centro perfetto del terrazzo e poi si affaccia e guarda quel brulicare d’ali nel cielo ombreggiato. Ne è come rapita. Dietro di lei l’ha seguita Theo mentre Priscilla rimane in disparte sul vano della finestra; non osa fare un passo oltre quella porta.
“ Alice…”
“ Cosa stanno dicendo Theo?” chiede la ragazza mora.
“ Io…So che sembra strano…”
“ Non lo è…Dimmi cosa si bisbigliano…”
Theo ora è dietro di lei, il volto dagli occhi smeraldini che fissa incantato il cielo sopra di loro. Le orecchie che ascoltano quel che per altri è solo rumore.
“ Arrivano Ombre…” Theo si aggrappa al corrimano del balcone e guarda per strada…I lampioni sembrano vibrare... “ Il Diario è stato risvegliato e la Profezia riprende la sua forma…Correte…”
“ Correte?” si fa sentire la voce tremante di Priscilla.
Un Gufo lancia un verso più acuto rispetto ai suoi amici; plana dolcemente e sembra sfiorare il capo di Theo.
“ Correte!!” urla Theo verso le due ragazze e afferra Alice per un braccio tornando dentro da Priscilla.
“ Chiudi svelta!!”
Priscilla chiude la finestra e i suoni dei Gufi vengono attutiti dal vetro.
“ Ora mi spieghi che succede?” urla quasi.
“ Arrivano delle Ombre..”
“ Si, l’hai detto anche prima, ma che sta succedendo in generale? Che ci succede a noi?” Priscilla ha la voce alterata dalla paura. “ Lei che ti salva la vita, tu che senti i Gufi parlare ed io…”
“ Non è solo una questione di Gufi” precisa Theo fermando le sue parole, “ riesco a sentire i suoni molto più amplificati..”
“ La facenda dell’ambulanza di oggi pomeriggio allora…”
“ Si esatto” riprende la parola Theo, “ e il punto essenziale è che non mi sto meravigliando più di tanto..Capisci? Riesco a decifrare quel che i Gufi dicono, sento i suoni prima che giungano…eppure non mi spavento…”
Poi si blocca e guarda verso la porta di casa.
“ Qualcuno ha aperto il cancello della palazzina…” dice.
“ Questo è un condominio, è normale che ci sia gente che entra e esce” gli spiega Priscilla.
Theo non l’ascolta, adesso ha raggiunto la porta d’ingresso e poggia l’orecchio sul legno. Alice stringe ancora il Diario tra le braccia quando di colpo rimane senza parole. Priscilla si volge verso di lei e la trova con gli occhi spenti a fissare il vuoto. La bocca per metà aperta e la pelle bianca…i suoi occhi sembrano scurirsi e diventare uguali.
“ Alice…” cerca di chiamarla ma Alice ha come un singulto e si ritrae. Non vuole essere toccata.
Theo allora ferma Priscilla per un braccio.
“ Guarda i suoi occhi…” le dice.
Priscilla li osserva. Stanno diventando neri.
“ Che le succede? Oddio!!”
Alice apre la bocca per parlare..ma quella non è la sua voce.
“ Il Cerchio…Rispettate l’Ordine…” ha tra le mani il Diario e con uno scatto lo lancia ai piedi dei due ragazzi, poi con un dito lo indica. “ Terra,Acqua,Fuoco e Aria…La foresta…dove tutto si è concluso…E i Senza-Nome attendono…”
Ha come un mancamento Alice P. Owens. Appena quella voce che le ha rubato la bocca e la lingua tace, la ragazza frana a terra. Theo e Priscilla le vanno in soccorso, la tirano su e lei apre gli occhi che ora sono tornati normali…il nero è svanito…il blu e il verde luccicano. Ha il volto bianco Alice P. Owens. Il volto di una che ha retto, per qualche secondo, un peso che non era il suo. Sposta lo sguardo da Theo a Priscilla e le labbra le tremolano.
“ So quello che accadrà.”
“ Hai parlato con una voce…”
“ Verranno degli Uomini” Alice deve dire quello che ha visto, lo deve dire subito senza interruzioni. “ Saliranno le scale…Dopo i Gufi. I Gufi ci avvertivano del pericolo. Dobbiamo correre lontano da qui…”
“ Correre? E dove?” chiede Priscilla impaurita.
“ C’è una foresta…”
“ Vanturia” dice Theo.
“ No, ma sei matto? Io lì dentro non ci metto piede!” urla quasi Priscilla scostandosi dai due terrificata. “ Theodore, in quella foresta c’è un mondo a parte..”
“ Tu ascolti troppo le favolette dell’orco nero che ti raccontavano prima di andare a dormire, Priscilla” replica Theo, “ anche a me non piace ma l’unica foresta è quella…”
“ E perché dovremo credere a lei?”
Alice osserva Priscilla. Riconosce benissimo quando una persona sta avendo paura. E la paura ti fa dire cose che non penseresti mai.
“ Perché l’hai detto tu prima…Stiamo cambiando”Alice si alza, sente ancora le gambe deboli e una stanchezza che non ricordava, ma si fa forza e le va davanti. “ E ti prego di credermi…Ti prego! Dobbiamo proteggere il Diario!”
Theo è andato a raccoglierlo, lo sfoglia e legge la prima pagina.
“ Acqua ma la Terra l’assorbe…Terra ma il Fuoco la brucia…Fuoco ma l’Aria lo accresce…Aria ma l’Acqua la smentisce…” ripete la cantilena a voce alta.
I Gufi fuori lanciano strida più acute e Theo alzando lo sguardo nota Priscilla ad occhi sbarrati.
“ Hai letto…Il Diario..i Guardiani…”
“ E non è successo niente…Che vuol dire?”
“ Mi credete?” chiede di colpo Alice fremente.
Passi lungo le scale, come aveva predetto Alice e Theo si rigira verso la porta.
“ Sta salendo qualcuno…di corsa…Che facciamo?”
Priscilla è nel panico più totale e Theo è costretto a scuoterla per le spalle.
“ Andiamo a Vanturia, ce l’hai le torcie?”
“Torcie?..”
“ Si, sai quelle cose che servono quando manca la luce..”
“ So cos’è una torcia Theodore!” urla quasi Priscilla. “ Ma i miei stanno per tornare e…”
“ Muoviti a trovare quelle torcie, Priscilla o i tuoi li rivedrai in cartolina” l’urlo di Theo sovrasta la voce sempre altisonante della ragazza bionda.
Priscilla scatta subito dopo quell’urlo. Corre verso la sua stanza e mette in disordine tutto. Poi torna con uno zaino che lega dietro le spalle.
“ Credo di essere pronta..” dice.
Escono fuori dalla casa e adesso i passi sulle scale sono molto più vicini. Theo si affaccia dalla tromba e guarda giù; gli pare di vedere delle ombre saettare da un gradino all’altro. Poi si ritrae appena in tempo per scorgere Priscilla fargli il gesto di seguirlo.
Salgono ancora più in alto. Verso il terrazzo della palazzina.
Una volta arrivati in cima Priscilla chiude la porta a chiave alle spalle e li guarda. Fuori si è alzato un vento fortissimo.
“ C’è una scala antincendio da quella parte” dice.
Alice le va dietro mentre infila il Diario dentro la tasca del giaccone. Si tira su il cappuccio e osserva un secondo il cielo: i Gufi sembrano scomparsi.
Priscilla è in testa al gruppo. Sta aprendo un cancelletto di ferro arrugginito alla fine del terrazzo.
“ E’ altissimo, non credo di farcela..” dice.
Theo le arriva alle spalle e la prende per mano.
“ Ti tengo io, se cadi cado anche io…ma stasera mi sento leggero…e non cadremo…”
Priscilla arrossisce leggermente sulle gote. Theo ha gli occhi di un verde acceso e un sorriso rassicurante sul volto, è tranquillo…benché la situazione non sia delle migliori.
Alice li precede.
“ Vado per prima” dice.
E così iniziano a scendere.
I gradini sono vecchi e traballanti. E la sensazione del vuoto è fortissima. Il vento poi inizia a muovere la scala facendo sbattere i pioli contro l’intonaco della casa.
I ragazzi si tengono forte al corimano e continuano a scendere. Sotto la strada è buia.
I fari delle auto in lontananza sono l’unico punto di luce. Alice scende gli ultimi due gradini, poi si gira e aspetta i suoi amici.
“ Da che parte?”
“ Di qua!”
Alice segue Theo e Priscilla lungo la strada buia. Corrono cercando di non inciampare ma nell’attimo in cui volgono l’angolo delle figure nere gli bloccano la strada.
Alice stringe a se il cappotto preoccupandosi soprattutto di tenere più vicino possibile il Diario di Edmoore.
“ Molto bene Howens” irruppe una voce dalle figure nell’ombra che al trio sembrava del tutto estranea, “ adesso con calma, non ho fretta come puoi ben vedere…Fai un passo verso di noi e dammi il Diario.”



Konnichiwaaa!! e scusate il ritardo per la pubblicazione del settimo capitolo...ma non potete capire che casini che ho XD
Grazie Diggle per la tua recensione e perdonami se ti rispondo così in ritardo...anche io amo Theo...e penso si noti XD
prometto di essere più veloce!!
Ni-hao **Elizabeth**

  
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