EXPLORING
CAPITOLO 2
Lo scoppiettio allegro del fuoco svegliò il dottore
profondamente addormentato, rannicchiato sul terreno duro in posizione fetale,
le mani poste come cuscino sotto la
tempia.
Con aria ancora assonnata e confusa, si sfregò gli
occhi, mettendosi seduto, la testa gli girava e sentiva la gola secca; tutto
attorno a lui, il riverbero delle fiamme dell’allegro fuocherello da campo
gettavano lunghe ombre inquietanti sulle pareti in granito che lo
circondavano.
Era in una grotta, non c’era
dubbio.
La domanda era, chi lo aveva portato
lì?
E perché non ricordava
nulla?
L’ultima immagine che continuava a martellargli
insistentemente la mente, oltre al mal di testa feroce, era l’attacco che
avevano subito lui e Spock appena scesi sul
pianeta...
Una debolezza improvvisa lo fecero cadere bocconi,
brividi di freddo lo colsero, sembrava come se la temperatura si fosse
improvvisamente abbassata di parecchi gradi; con gli occhi lucidi e i denti che
battevano, si avvicinò al focolare, accoccolandosi il più possibile per
scaldarsi.
Doveva avere la febbre piuttosto alta, ne era
sicuro.
Cosa stava
succedendo?
E dov’era
Spock?
“Maledetto stupido. Dove diavolo è finito?” si chiese
con amarezza e un filo di preoccupazione, non gli piaceva per nulla quella
situazione.
Chiuse gli occhi esausto, cercando di riaddormentarsi,
quando un esplosione improvvisa scosse il terreno, facendolo ruzzolare dalla
parte opposta della grotta; sbatté con la testa contro la parete in
granito.
“Dannazione!” imprecò, rizzandosi subito seduto e
massaggiandosi la parte colpita.
Con la coda dell’occhio, Bones notò in un angolo della
grotta la sua borsa con gli strumenti, il phaser d’ordinanza del Vulcaniano, la
borraccia e il proprio tricoder; gattonando, raggiunse quegli oggetti,
sistemandoli alla bell’ e meglio di modo da non perderli, l’arma saldamente
tenuta in pugno, era leggera, non gli avrebbe dato grosse
noie.
Reggendosi in piedi a fatica e sorreggendosi alla
parete, si diresse verso l’accesso della grotta, una brezza gelida lo fece
rabbrividire, ma cercò di non farci caso e proseguì a camminare, sino a trovarsi
sulla soglia: a malapena riuscì a trattenere un urlo di stupore e
dolore.
Fuori, era l’inferno, il cielo prossimo all’alba
sembrava spaccarsi in due, lambito da fiamme, tutto attorno, le pareti del
canyon si spezzavano, rocce di grosse dimensioni cadevano al suolo con fragore
di tuono, la terra tremava, in un crescendo di distruzione e rovine.
L’assordante rombo sovrastava ogni cosa, il dottore sentì la paura montare in
lui, piccolo e indifeso essere umano in mezzo al disastro che stava
verificandosi.
Fu tentato dalla possibilità di rifugiarsi da qualche
parte, cercare di mettersi in contatto con la nave, anche se sapeva essere
impossibile, ma un altro pensiero occupò totalmente la sua mente, un pensiero
che aveva un paio di appuntite orecchie.
Senza pensarci due volte, si gettò in mezzo
all’apocalisse, facendosi strada tra i detriti e le rocce, evitò a malapena una
frana che avrebbe potuto seppellirlo con estrema facilità, la febbre che lo
rodeva non accennava a diminuire, la vista si fece appannata, ma la
preoccupazione per le condizioni del compagno era più
forte.
Poi, lo vide.
Era sdraiato a terra, alla luce dei fuochi e delle
esplosioni ne vide il viso pallido e sottile sporco di terra e sangue, il corpo
era in parte coperto da terra e detriti, le braccia abbandonate
scompostamente.
Ed era perfettamente
immobile.
Lottando contro il desiderio inconscio e pressante di
lasciarsi cadere, di lasciarsi sopraffare dal dolore, strinse i denti, si
asciugò il viso e mosse qualche barcollante passo verso di lui, sino a
inginocchiarsi accanto al cumulo di rocce che lo sovrastava.
Ansimando, gli afferrò il
polso.
Per fortuna il cuore batteva ancora, respirava, era
ancora vivo.
Sospirò sollevato, ma doveva assolutamente liberarlo
da lì e portarlo al sicuro, dovevano abbandonare quel posto e tornare a bordo
dell’Enterprise.
Facendosi coraggio, si avvicinò, esaminando con
attenzione, per quanto possibile, la situazione: solo un quarto del corpo del
Vulcan era sotto le macerie, le gambe in particolare, dall’anca in giù, erano
bloccate; si accucciò davanti a lui, sollevandogli il busto, e lo prese da sotto
le ascelle, cercando di trascinarlo
fuori.
La fortuna, si sa, arride agli audaci e dopo qualche
sforzo, il dottore si ritrovò a terra, col Primo Ufficiale svenuto addosso a
lui; arrossì, anche se, doveva ammetterlo, gli era mancato quel
contatto.
Con cautela, riuscì a sdraiarlo, la terra aveva
smesso, almeno per il momento, di
tremare.
Frugò febbrilmente nella borsa e ne estrasse
l’analizzatore, passandolo poi sul corpo dello scienziato: l’apparecchio
segnalava varie fratture alle costole e una brutta ferita al fianco, più
svariati altri graffi superficiali a viso e mani; sospirando, prese la borraccia
e strappò un lembo di maglia della divisa, bagnandolo con
l’acqua.
Il frammento di tessuto fu passato sulla pelle pallida
del viso ma il contatto con la stoffa umida fece trasalire il ferito, che
spalancò gli occhi in una chiara espressione di dolore e stupore; annaspando
come un pesce fuor d’acqua, si agitò, cercando di liberarsi dalla stretta del
dottore, divincolandosi anche con calci e pugni: “Ehi, Spock! Cosa diavolo ti
prende!?” esclamò Bones, colpito al volto; il corpo del Vulcan scivolò via,
spostandosi di pochi passi prima di venire nuovamente afferrato dalla salda
presa di Leonard.
Uno schiaffo di discreta violenza si abbatté sul viso
dello scienziato, abbastanza da fargli aprire di scatto gli occhi, il respiro
corto e affannato, gli occhi appannati e lucidi: “Ha finito di dimenarsi come
un’anguilla?” gridò, cercando di sovrastare il ruggito del vento che aveva
cominciato improvvisamente a soffiare.
Non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, ma
vederlo vivo era stata una vera gioia.
*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§
“Capitano, i dati che ci giungono dalla
superficie sono davvero preoccupanti, il computer segnala insolite scosse
telluriche che stanno letteralmente spezzando il pianeta in due, l’aria si sta
rapidamente saturando di anidride carbonica e zolfo, sono in aumento le eruzioni
vulcaniche.”
La voce timida e bassa di Chekov ruppe il pesante
silenzio che regnava in plancia ormai da parecchie
ore.
Jim si alzò di scatto dalla sua postazione,
raggiungendolo al posto dell’ufficiale scientifico, ruolo temporaneamente
affidato al guardiamarina sovietico in mancanza del
titolare.
Disperso sul pianeta
sottostante.
Pianeta su cui sembrava stesse per abbattersi il
Giudizio Universale.
Kirk scosse il capo, cacciando quei pensieri così poco
consoni a lui e cercò di concentrarsi sui dati che il russo stava pazientemente
interpretando: “Le interferenze magnetiche che hanno interrotto la comunicazione
dieci punto due ore fa e che hanno impedito ulteriori collegamenti si stanno
diradando. Forse è possibile
raggiungere il dottore e il signor Spock e cercare di farli risalire a bordo. Ma
ora come ora, non è possibile prevedere con esattezza come la situazione si
evolverà, e la situazione può solo peggiorare, secondo i dati raccolti.” spiegò
con tono grave il più giovane degli ufficiali, i grandi occhioni color
cioccolato erano segnati e cerchiati di nero, segno che il limite del suo corpo
non era lontano.
Il capitano si guardò attorno, tracce simili di
stanchezza e stress accomunavano tutti gli uomini in servizio, i loro visi erano
specchio del suo, ma non potevano
fermarsi.
L’allarme rosso non era ancora rientrato, la nave era
bloccata in orbita per un guasto ai motori causato dalla forza magnetica che li
aveva catturati poco dopo l’ultimo contatto con la squadra di sbarco e non erano
più riusciti a muoversi.
E neppure a mettersi in contatto coi due dispersi o
con la Federazione.
Erano totalmente
isolati.
E la cosa non gli piaceva
affatto.
“Ben fatto Chekov…” commentò stancamente il
comandante, sfregandosi gli occhi: “Uhura, provi a mettersi in contatto con le
trasmittenti, non appena stabilita la comunicazione mi avverta, signor Sulu,
tenga sotto controllo lo spazio circostante, e speriamo che i Klingon non
vengano a peggiorare la nostra già precaria condizione.” disse, sedendosi alla
sua postazione, “Scotty, come va laggiù?” chiese
nell’interfono.
Il tono esausto e triste del capo-ingegnere lo
sorprese non poco, ma si impose di non darci peso: “I trasportatori sono stati
riparati, ma senza le coordinate non posso salvarli da quell’inferno in cui sono
precipitati.” disse preoccupato, “Per fortuna, i motori stanno ricominciando a
funzionare, attualmente è disponibile solo l’energia base di impulso, ma ci sono
buone possibilità che, una volta abbandonata l’orbita, tutto ritorni alla
normalità.” spiegò lo scozzese a bassa
voce.
Kirk annuì: “Quando ha un attimo, salga quassù, devo
parlarle.” aggiunse, prima di chiudere la
comunicazione.
Un dolore lancinante alla testa lo colpì
improvvisamente, a stento trattenne un gemito di sofferenza; con mano tremante,
prese dalla tasca un cachet e lo inghiottì senza troppe
cerimonie.
“Signore, se continua così rischia di intossicarsi, è
già la quinta pillola che prende in poche ore, non crede di stare esagerando?”
disse Uhura, comparsa alle sue spalle, l’espressione del viso tirata in un
pallido sorriso, “Dovrebbe andare giù da Christine e farsi fare un rapido
controllo.” propose la tenente, “Non possiamo fare più di così, solo aspettare
che rispondano.” aggiunse, sospirando.
Ma il capitano scosse il capo: “Non posso lasciarvi
quassù da soli, è colpa mia se Bones e Spock sono laggiù e noi siamo bloccati
qui. Se non mi fossi messo in testa di fare il Cupido e far riappacificare quei
due testoni, tuttora non sarebbero in pericolo!” proruppe, sbattendo il pugno
sul bracciolo della poltrona; simultaneamente, le teste di Sulu e Chekov si
voltarono verso di lui, Kirk notò con dispiacere un lampo di spavento nei loro
occhi.
Con un cenno, li rassicurò, riportandoli al loro
lavoro.
Una mano si poggiò delicata sulla sua spalla,
facendolo girare: “Ha fatto quello che credeva giusto, e se non lo avesse fatto
lei, ci avremmo pensato noi; l’orgoglio è una brutta bestia, è difficile
ingoiare e chiedere scusa. Ha solo cercato di aiutarli a ricucire un rapporto.”
disse lei senza tanti giri di parole, “Ora, mi ascolti bene, signore, uno di noi
si può anche sostituire se incapace di svolgere i propri compiti, un sostituto
lo si trova sempre. Ma lei, capitano, no e dalla sua integrità mentale dipendono
le vite di tutti noi. Quindi, segua il mio consiglio, vada giù da Christine a
farsi fare un controllo, se riuscissimo a metterci in contatto, la avvertirò
subito.” sorrise lei, aiutandolo ad
alzarsi.
Lo sguardo dell’ufficiale si addolcì: “D’accordo
tenente, seguirò il suo… suggerimento. Sulu, prenda il comando.” ordinò, uscendo
subito dopo, diretto in infermeria.
Chekov si avvicinò ai due amici: “Dire che l’ha presa
male è eufemistico, vero?” interloquì sibillino, sedendosi alla sua postazione,
“Già, speriamo che si risolva tutto in fretta, e che non ci intercetti una
pattuglia Klingon, siamo vicini ai primi avamposti dell’Impero.” asserì
l’asiatico esausto, “Una volta finito tutto, non mi muovo da letto per un giorno
intero.” gemette, concentrandosi sul
radar.
*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§
Un rumore metallico scosse Bones dal torpore in cui
era caduto.
Si sedette di scatto, scorgendo, nella semi oscurità
della grotta in cui aveva trovato rifugio, una figura muoversi a carponi,
avvicinandosi alla parete.
Confuso e stremato, tese l’orecchio, tutto sembrava
tranquillo, le esplosioni erano cessate e così pure la terra aveva finalmente
smesso di tremare.
Aguzzò la vista, una debole luce proveniva
dall’imboccatura della grotta, illuminando la figura rannicchiata del Primo
Ufficiale, i grandi occhi scuri aperti e insistentemente fissi su di
lui.
Restarono così, fermi a fissarsi per qualche
lunghissimo istante quando il gracchiare insistente dei trasmettitori non li
fece letteralmente sobbalzare: “Enterprise su frequenza d’emergenza,
rispondete”.
Spock fu
il primo ad afferrarlo, con un sussulto doloroso al cuore il medico sentì la
stanchezza e la sofferenza nella voce dell’alieno: “Qui Spock.” disse solo,
trattenendo a stento un gemito, la voce di Uhura fu quasi un sollievo per le
orecchie del dottore, “Grazie al cielo state bene!” proruppe il tenente con tono
sollevato, “il segnale è disturbato, abbiamo poco tempo… cercate di portarvi in
un luogo aperto, così potremmo riportarvi su.” istruì lei, “Però dovete
sbrigarvi, i dati che ci giungono dalla superficie sono alquanto preoccupanti,
c’è il forte rischio che il pianeta si spezzi in due, le reazioni di magma nel
nucleo sono sempre più veloci.”.
La donna chiuse la
comunicazione.
*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§
L’interfono nell’infermeria gracchiò insistentemente
per qualche istante, prima che la signorina Chapel
rispondesse.
“Qui Infermeria” rispose, sfregandosi stancamente gli
occhi, “Christine, il capitano è ancora lì?” chiese il tenente dal ponte,
“Certo, ho dovuto sedarlo. Ora dorme. Quando il dottor McCoy rientrerà a bordo,
una lavata di testa non me la leverà nessuno” replicò lei, “Sveglialo, è
urgente, siamo riusciti a metterci in contatto.” annunciò trionfante
Uhura.
*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§
Sapete quando una giornata comincia male e finisce
peggio?
Ecco, quei giorni che sin dal mattino si sa che
saranno pessimi e il buonsenso vorrebbe l’eclissarsi completo sotto le coperte
in attesa che suddetto giorno infausto passi senza troppi
danni.
Ed è proprio quello che Bones stava desiderando in
quel momento, l’aver totalmente ignorato la sveglia di inizio turno ed essersi
nascosto nel suo ufficio, dietro una improbabile pila di improbabili rapporti da
compilare e ignorando bellamente le richieste di Jim di raggiungerlo sul
ponte.
Nemmeno avesse bisogno di
compagnia.
Avrebbe dovuto saperlo che stava macchinando qualcosa,
sin dal primo momento che aveva visto l’avvicinarsi del pianeta sullo
schermo.
Oh, ma una volta rientrati a bordo, si sarebbe
vendicato.
Non sapeva ancora come, ma lo avrebbe trovato un modo
per prendersi la sua giusta vendetta.
Senza dubbio.
La voce sottile e sofferente dell’alieno lo riscosse
dai suoi propositi di vendetta: “Dottore, non mi sembra in condizione di
proseguire la marcia, non con il mio peso sulle spalle. Se vuole posso camminare
da solo.”.
Un brontolio simile a un tuono troncò sul nascere ogni
altra discussione: “Dove pensa di voler andare? È ancora fortunato se può dirsi
vivo, con quella brutta ferita al fianco e tutto quel sangue verde che ha sparso
per il pianeta… E poi, non sono così incapace come crede, eh?” cercò di
sorridere, ignorando con tutto sé stesso il dolore lancinante alla gamba, la
sentiva gonfia e pulsante, insensibile a qualunque stimolazione
esterna.
Il Primo Ufficiale scosse la testa, poggiandola sulla
schiena dell’ufficiale medico, esausto.
Era vero, non avrebbe potuto fare molta strada senza
l’aiuto del dottore, aveva perso troppo sangue e le gambe non lo avrebbero retto
a lungo.
Ormai mancava poco, stavano per raggiungere uno
spiazzo abbastanza largo da permettere ai loro compagni a bordo di identificarli
e riportarli su.
Forse fu la stanchezza a ottenebrare i sensi dei due
compagni, oppure la debolezza, ma il pianeta nascondeva più insidie di quello
che credevano.
Non seppero mai in cosa si fossero
imbattuti.
Eppure, l’esplosione che seguì e il grido lancinante
di dolore dei due ufficiali fu l’ultima cosa che l’attonito staff di plancia
dell’Enterprise udì, prima che le comunicazioni cessarono del
tutto.
*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§
Il capitano si rizzò in piedi, pallido come un
cadavere: “Sulu, a lei il comando.” Disse con un filo di voce, correndo fuori
dalla stanza; prese il turbo ascensore e raggiunse la sala
teletrasporto.
Scotty si spaventò nel vederlo in quelle
condizioni.
Eppure, quando, con voce quasi strozzata, il suo
superiore gli ordinò di mandarlo sul pianeta, non se la sentì di lasciarlo
andare da solo.
“Non se ne parla, scendo con lei capitano!” esclamò
serio, “Kyle, ci mandi sulla superficie.” ordinò, cingendo con il braccio le
spalle sussultanti del comandante; si issarono sulla piattaforma e, qualche
istante dopo, scomparvero.
*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§
Li trovarono a pochissima distanza dal punto di
arrivo, sdraiati a terra.
Rovine e distruzione regnavano in ogni dove, il
pressante silenzio di morte era l’unica cosa che le loro orecchie potevano
registrare.
Nessun altro
rumore.
Lo stomaco di Scotty ebbe un brutto sobbalzo quando
vide i suoi due compagni rannicchiati a terra, la terra attorno a loro era
sporca di sangue, sangue rosso, sangue
umano.
Il sangue del
dottore.
Lottando contro il pressante desiderio di vomitare, si
impose di controllare le loro condizioni; non era un medico, ma le principali
nozioni di pronto soccorso non gli erano
ignote.
Non poteva aspettarsi grande aiuto dal capitano, il
viso pallido e sconvolto del suo superiore gli aveva fatto capire che non era in
condizione di fare alcunché.
Doveva occuparsene
lui.
Si inginocchiò accanto ai due ufficiali, le divise
strappate e sporche.
Con un sospiro di sollievo, si accorse che erano
ancora vivi, ma dovevano riportarli a bordo subito; prese la trasmittente:
“Kyle, qui Scott, chiami subito la signorina Chapel e una squadra medica,
preparate due barelle!” sbottò, cercando di trattenere i singhiozzi che
minacciavano prepotentemente di uscire dalla sua bocca, “E ci riporti su!”
aggiunse, prima di chiudere la
comunicazione.
Si avvicinò al capitano, sino a quel momento non aveva
aperto bocca; gli poggiò una mano sulla spalla: “Jim,” disse con dolcezza,
“Dobbiamo riportarli a bordo, ma da solo non posso farcela. Lei prenda il
dottore, io mi occupo di Spock.”.
Kirk annuì e prese delicatamente in braccio il corpo
del medico, l’ingegnere fece lo stesso con il primo
ufficiale.
Il familiare ronzio del teletrasporto precedette la
smaterializzazione e il capitano sperò vivamente di non dover dire addio a uno
dei due.
*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§
Quando rientrarono a bordo, il team medico capitanato
dalla Chapel era già pronto per riceverli; le mani dell’ingegnere strapparono
dalle braccia del comandante il corpo di Leonard, con dolore, egli vide i suoi
due migliori amici sparire fuori dalla sala del teletrasporto, intubati e
seguiti dalle grida della giovane capoinfermiera che sbraitava qualche
ordine.
Quella ragazza stava diventando sempre più simile al
suo diretto superiore.
Privo di sostegno, Jim si lasciò cadere in ginocchio,
la divisa gialla sporca di sangue.
Il dolore e la disperazione che era riuscito
faticosamente a tenere a bada in quelle lunghe ore lo assalirono con la violenza
di un pugno nello stomaco, le lacrime minacciarono prepotentemente di uscire, la
consapevolezza che tutto quello che accaduto per colpa sua era forte, troppo
forte.
Se uno di loro fosse morto, come avrebbe mai potuto
perdonarselo?
Come avrebbe mai potuto più guardare in faccia il
sopravvissuto?
Come avrebbe mai potuto mantenere il comando con
quella consapevolezza a martoriargli la
coscienza?
Come avrebbe mai potuto continuare a vivere sapendo
che uno dei suoi migliori amici aveva perso la vita per colpa
sua?
Un senso di nausea lo colse all’improvviso, sentì
qualcosa di viscido e bollente salirgli su per l’esofago, sentì un gusto ferroso
in bocca.
E poi più nulla, a parte la sensazione di umido sulle
guance e la stretta forte delle braccia di Scotty; rimase in silenzio,
inginocchiato a terra per qualche minuto prima che lo scozzese lo aiutasse a
mettersi in piedi, voltandolo di modo che i loro occhi s’incrociassero: “Jim, si
svegli! Non risolveremo nulla stando qui. Andiamo in infermeria a controllare
come stanno.” disse con tono serio.
*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§
Quando arrivarono nella stanza, la prima cosa che
notarono con sollievo furono gli occhi aperti di
Spock.
Fissi sulla vetrata che lo separava dalla sala in cui
la Chapel e i suoi colleghi si stavano occupando del
dottore.
I tre ufficiali si avvicinarono lentamente al vetro,
assistendo senza possibilità di intervenire nel lavoro dei medici, potevano solo
stare lì, immobili, sperando che tutto finisse in fretta e nel migliore dei
modi.
McCoy era disteso sul lettino, circondato dalle
braccia dei suoi sottoposti, la chioma bionda di Christine sovrastava tutto, i
suoi ordini venivano eseguiti
all’istante.
Se avesse creduto in qualcosa, Jim avrebbe anche
pregato in quel momento.
E fu proprio lui il primo ad accorgersi di ciò che
stava accadendo.
I macchinari infernali che Bones tanto amava
emettevano suoni strani e poco rassicuranti, istintivamente, afferrò il braccio
del suo primo ufficiale alieno, gli occhi di entrambi fissi sulla
scena.
“i battiti del cuore stanno diminuendo troppo
velocemente…” sussurrò con gli occhi sgranati il capitano, la vista cominciava
ad annebbiarsi, sentiva le pupille bruciare per le
lacrime.
“Sta morendo…” mormorò Scotty, non curandosi di
nascondere l’immenso dolore che provava.
I due amici si voltarono verso Spock, cercando
qualcosa, una conferma, una qualunque conferma che tutto quello che stavano
vedendo fosse solo un fottuto incubo.
Eppure non era
così.
Il Vulcan poggiò la fronte sul vetro, non un
movimento, nulla di nulla, somigliava incredibilmente a una statua di sale,
l’espressione del viso mutata in una smorfia di
sofferenza.
Il grido delle macchine si fece più intenso, ma nulla
in confronto a ciò che accadde un istante
dopo.
Jim e Scotty videro il Primo Ufficiale scrollare il
capo, avrebbero giurato di sentirlo singhiozzare, e sbattere i pugni contro il
vetro.
L’urlo che ne seguì li lasciò increduli:
“LEONARD!!!”.
L’infermeria si ammutolì per un istante, anche i
macchinari tacquero, con grande stupore degli ufficiali e dei
presenti.
E poi, una voce sottile che aveva il sapore di un
miracolo, seguita da una risata strozzata, ruppe il silenzio: “In tanti anni che
ci conosciamo… Non mi hai mai chiamato per nome… maledetto demonio dal sangue
verde…”.
*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§
La notizia che i due uomini scesi sul pianeta erano
rientrati, anche se non in ottime condizioni, ma vivi, portò grande gioia e
sollievo nell’equipaggio, e l’ordine che il capitano diede ancora di
più.
Quando Sulu rivide Kirk sul ponte, il viso stanco ma
sollevato, e lo sentì dare il comando di allontanarsi alla massima velocità dal
pianeta e dalla sua orbita, quasi proruppe in una esclamazione di gioia,
trattenendosi a stento.
Limitandosi a scambiare uno sguardo con Chekov e Uhura
e affrettandosi a eseguire l’ordine il più rapidamente
possibile.
L’allarme rientrò subito, l’atmosfera si rasserenò a
bordo e tutti poterono finalmente tornare a respirare liberamente, fu come se un
grande peso si fu dissolto dai cuori di
tutti.
Scotty fu visto fischiettare per tutto il tempo che il
medico stette confinato nei suoi alloggi, sparendo spesso per andarlo a trovare,
e così anche molti altri, nelle ore e nei giorni seguenti, abbandonarono per
qualche minuto i propri posti per andare a trovare il vecchio dottore
brontolone.
Superiori e capisezione notarono queste improvvise
sparizioni, ma si guardarono bene dal fare rapporti disciplinari, sapevano
benissimo dove i loro sottoposti sparissero, e la cosa non poteva fare che
piacere, Bones, come ormai l’intera nave, e non solo il capitano, lo chiamava
affettuosamente, era particolarmente amato da
tutti.
*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*§
“Signore, il Comando di Flotta desidera parlare con
lei, è una comunicazione contrassegnata con il grado di
emergenza.”
La voce
preoccupata di Uhura raggiunse Kirk nell’alloggio privato del medico, dove si
trovava anche con il suo luogotenente e il capo ingegnere, attraverso
l’interfono; con uno sbuffo seccato, Leonard dovette interrompere il suo
avvincente racconto.
Sorridendo, Jim si alzò dal letto e accese lo schermo:
“Si, tenente, me lo passi.” disse, allacciando le dita dietro la
nuca.
Il viso del comandante di Starfleet comparve sullo
schermo: “Capitano Kirk, ho ricevuto comunicazione dal centro di controllo che
la sua nave si trova a 12 parsec distante dai primi avamposti klingon, in pieno
quadrante 54.” disse asciutto il suo superiore, “Si, signore… Sino a due giorni
fa eravamo in quella zona, credo che il mio rapporto le sia già pervenuto.”
replicò lui, “Nessuna aggressione e ci stiamo allontanando il più velocemente
possibile.” aggiunse.
“Il centro di controllo mi ha anche riferito,”
continuò il Comandante, ignorando le parole del più giovane, “Che avete mandato
due uomini in esplorazione su un pianeta che non era segnalato negli archivi,
come la vostra missione richiede.” concluse egli, squadrandolo con aria
severa.
Il trentaduenne annuì, guardando i suoi compagni poco
lontano: “Certo signore.” replicò secco, “beh... Capitano… C’è stato uno sbaglio
da parte del centro di controllo. Quel pianeta era già segnato negli archivi.”
dichiarò il Comandante in Capo della
Flotta.
Un silenzio gelido cadde nella
stanza.
“Cosa intende, signore?” domandò con tono
improvvisamente serio l’americano, “Intendo dire, che quel pianeta è sotto
segreto militare, è un pianeta che la Flotta utilizza per la sperimentazione di
armi automatiche e apparecchi
scientifici.”.
Le parole del superiore furono un colpo per
tutti.
Stupore e incredulità erano le sole espressioni
presenti sui loro volti.
“Cioè, mi faccia capire, signore,” la voce del
capitano suonava stranamente stridula, “due miei uomini hanno rischiato di
morire nell’adempimento del loro incarico per una mancata segnalazione da parte
vostra?” domando secco.
La risposta non si fece attendere:
“Si.”.
Il silenzio si fece più gelido e
pressante.
“Con tutto il rispetto, comandante, non posso
accettare le sue parole come una giustificazione. Il dottor McCoy e il signor
Spock hanno riportato gravissime ferite e l’Enterprise è rimasta bloccata per
ore, attratta dalla forza magnetica del pianeta e sotto rischio costante di
attacco klingon.” assentì Kirk con tono furioso, a stento tenuto a bada, “E io
non le sto chiedendo di accettarle come una giustificazione, la responsabilità è
solo nostra. La prego di portare le mie scuse ufficiali e i miei auguri di
pronta guarigione ai feriti.” concluse il superiore, prima di chiudere la
comunicazione.
Fumante di rabbia, Jim tornò a sedersi sul letto
accanto a Bones: “Roba da pazzi…” borbottò furibondo il capoingegnere, “tanto
siamo noi a rischiare la vita quassù, mica quei pecoroni scalda - poltrone, il
rischio massimo per loro è che non gli arrivi il caffè preparatogli dalle
solerti segretarie.” sbuffò il tecnico, incrociando le
braccia.
Una risata accompagnò l’affermazione dello scozzese:
“è la vita che abbiamo scelto, mio caro Scotty, semplici incidenti di percorso.”
dichiarò sibillino il medico, affossandosi sotto le coperte, “Però lei, dottore,
ha rischiato seriamente di rimetterci la vita.” assentì con tono neutro il
Vulcan.
Bones scrollò le spalle: “Eppure sono ancora qua a
tormentarvi tutti.” sogghignò, battendo giocosamente una mano sulla spalla
fasciata dello scienziato.
Kirk sorrise debolmente: “A quanto pare avete
finalmente ripreso a parlarvi voi due!” esclamò sornione, cercando di lasciarsi
alle spalle il nervosismo, “Diciamo di si.” replicò asciutto il Vulcan,
scivolando con la mano sotto la pesante trapunta; afferrò con forza le dita del
medico, accarezzandole leggermente.
Lo scozzese e il capitano non dissero nulla, si
limitarono a guardarsi, serenità e gioia presero il posto della rabbia che la
comunicazione con il comando aveva lasciato dietro di
sé.
Tutto era tornato alla
normalità.
ANGOLO DEL LEMURE
VIOLETTO:
E rieccomi
qui!
Finalmente l’ultimo capitolo di EXPLORING è nelle
vostre mani; ho dato fondo alle mie riserve di angst e sofferenza per donarvi il
meglio della Maison Charlie.
Beh, credo che dica tutto
lui^*^
Ci ho messo un po’ di tempo stavolta, perché gli
impegni mi hanno pressato da ogni parte, ma credo che il risultato sia
soddisfacente.
GRAZIE PER AVER
LETTO!!
GRAZIE A EERYA E ROWEN E A FANGE69, mi hanno fatto
veramente piacere le vostre recensioni, sono felice che il mio lavoro sia letto
e apprezzato.*^*
Spero che anche questo capitolo vi
piaccia.
UN BACIONE
SHUN