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Autore: candidalametta    21/12/2009    5 recensioni
“avanti dormiglione non puoi rimanere lì a poltrire tutto il santo giorno!” urlò Shannon alla massa di lana e plaid vicino al rigonfiamento che sembrava essere la testa del chitarrista. Una violenta frenata determinò il risveglio del croato. Shannon per controbilanciare il colpo afferrò il materasso trascinandolo con sé in una spettacolare caduta verso la moquette rossa. Le risate isteriche del batterista furono presto coperte dalle urla selvagge di Tomo che ancora incastrato nelle coperte cercava di aggredirlo. “E POI TI CHIEDI PERCHÉ TI CHIAMINO SHANNIMAL!!!”.
Genere: Drammatico, Suspence, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Shannon era entrato in clinica sveglio da 48 ore, occhiaie profonde e una borsa sdrucita piena di simboli logorati dagli spostamenti frenetici di una vita in tour. “voglio ricoverarmi” aveva detto ad occhi bassi alla reception.
La segretaria lo aveva guardato un lungo minuto per capire quanto fosse effettivamente distrutto l’uomo che le stava di fronte, con i gomiti poggiati al banco e il volto nascosto tra le mani e decise che era il caso di risparmiargli la lettura delle pratiche.
“nome?” chiese cortesemente
“Shannon Christopher Leto” sospirò cercando di ignorare il simbolo della sua famiglia che restava su di lui come un anatema, ricordandogli chi restava oltre le mura della villa.
“nato?”, “9 marzo 1970 ... a … Bossier City, in Luisiana” e i pensieri dentro lo pungolavano ricordandogli che solo un anno dopo la stessa città avrebbe visto nascere il fratello.
La donna quasi mormorò l’ultima domanda indispensabile, “richiesta per il ricovero?”, e la voce di Shannon si spezzò, inevitabilmente, insieme all’unica cosa che non avrebbe voluto fare, “ho … ho aggredito mio fratello” e la segretaria quasi mortificata gli allungò il modulo per una firma.

Era una clinica costosa, la migliore di tutta Los Angeles sicuramente, Shannon ne era sicuro perché la pubblicità era sobria e la villa imponente arrampicata sulle colline dall’altra parte della città rispetto a dove abitualmente passava le sue giornate.

Era stato condotto nella sala principale dove psicologi e psichiatri passavano il tempo libero tra una visita e l’altra e li, seduti intorno ad un tavolo a scambiarsi libri, c’erano almeno quattro persone di diverse età e nazionalità.
Almeno a prima vista.
Shannon si avvicinò al più anziano, un volto scarno coperto da una rada barbetta bianca e coronato da degli strani capelli nuvolosi, il dottore gli aveva sorriso mestamente stringendo appena i suoi occhi azzurri in una espressione di sincera curiosità. Il personale si allontanò discretamente tranne un’infermiera che allungò al medico il fascicolo appena inaugurato con la domanda di ricovero.
“lei sarà il mio dottore?” aveva chiesto con apprensione, l’uomo lo soppesò con lo sguardo cercando qualcosa negli occhi di Shannon, riuscendo solo a scontrarsi con una preoccupazione prega di stanchezza. “solo dopo che avrà dormito, Gladis, accompagna il signor Leto in camera sua e organizza un nostro incontro domani mattina” disse lo psichiatra all’infermiera li vicino stringendo la mano di Shannon in un saluto rassicurante.
Il batterista non gli lasciò la mano stringendola con timore, “dottore, io non posso dormire”, l’uomo lo osservò gravemente comprendendo l’ansia, “provvederemo noi a questo, si riposi signor Leto, vedrà che domattina andrà meglio”, “lo spero davvero” mormorò Shannon facendosi condurre via dall’infermiera.

La camera era confortevole, senza dubbio, pulita, accogliente.
Toni chiari alle pareti, tende per proteggersi dal sole a volte troppo forte di Los Angeles.
Respirò sollevato, nessuna sbarra alle finestre, la sua più grande paura al momento.
L’infermiera che lo aveva accompagnato gli porse un bicchierino di plastica pieno di un denso sciroppo. “lei è sicura che funzioni? Potrei avere il sonno … agitato”, la donna lo guardò comprensiva, “non si preoccupi, noi veglieremo perché lei non faccia del male agli altri o a se stesso”. Shannon deglutì lo sciroppo con il rimorso fresco nelle parole troppo vere dell’infermiera, “bene, molto bene”, si girò dall’altra parte per non mostrare gli occhi già lucidi dal dolore di troppe scoperte, donna lo lasciò solo nella stanza con il borsone logoro che stonava sulle sedie eleganti della stanza. Per un attimo Shannon avrebbe voluto spaccare tutto, ridurre in pezzetti non più grande di un fiammifero ogni cosa all’interno della stanza, invece respirò profondamente, si voltò per chiudere la porta, sicuro della mancanza di una chiave all’interno e si buttò sul letto, lasciando che le lacrime finalmente impregnassero il cuscino.
Cercando di annegare nel suo stesso dolore senza riuscirci, sentendolo come un mare troppo lontano. Perché non riusciva neanche a raggiungere il suo dolore? Era indegno anche di soffrire dopo tutto quello che aveva fatto? Non provare neanche un po’ del male che aveva sofferto suo fratello in chissà quanti anni.
“Jay …” mormorò con un nodo in gola che non avrebbe mai sciolto del tutto.
E ripensò a tutte quelle volte in cui Jared gli aveva evitato la visione del suo corpo con battute scherzose che nascondevano la paura di essere scoperto.
Gli vennero in mente piccole espressioni di dolore che il fratello attribuiva a crampi immaginari, ricordò la volontà suicida di gettarsi tra la folla, forse per dare scusa a qualche livido troppo evidente e a quanto erano davvero inopportune le sue sciarpe in molti giorni estivi con la scusa di riparare una gola sensibile, sensibile alla stretta delle sue dita.
Capì perché dormisse in una stanza da solo, lontano da tutti ma senza chiuderla a chiave, mai; e ricordò i dettagli di quella notte in cui si era svegliato nella camera d’albergo che era di Jared, ricordò il sangue sui suoi pantaloncini e la lampada fracassata sul pavimento, credeva di essere entrato per controllare Jared ma ora … ora non ne era più sicuro … e l’immagine di suo fratello in pigiama, sanguinante, eppure calmo arrivò come un pugno allo stomaco dal buio del suo cervello in cui era nascosto.
Ricordò tutte quelle volte in cui Jared non si lasciava abbracciare, e l’urlo che aveva mandato una volta, quando era arrivato di soppiatto, in cucina, mentre il fratello preparava la cena, per fargli uno scherzo, illudendosi che fosse un’espressione di sorpresa e non di terrore come gli era sembrata.
Come era in realtà.
Piangendo ricordò a se stesso come il corpo del fratello era un rigido fascio di muscoli quando i suoi occhioni azzurri gli strappavano una carezza e di come si scusasse poi della freddezza dimostrata abbracciandolo di slancio, con quell’affetto sconsiderato che provava per lui.
E gli occhi di Tomo, una volta caldi di affetto per lui che negli ultimi mesi erano diventati freddi e distanti, incapaci di una risposta che andasse oltre la cordialità e lui, stupidamente, aveva pensato che fosse ancora in collera con Matt, il suo distacco, l’incapacità di restare nella stessa stanza e la morbosa attenzione di non lasciarlo mai solo con Jared.
E Matt, di cui ricordava le ultime parole dette in un attimo di rabbia prima di sbattere la porta ed andare via, pensando di non essere visto, “non potrai tenermelo segreto per sempre Jay!”
Anche lui aveva capito, senza sapere …
Tomo che sapeva tutto e non aveva parlato, per amore di Jared che lo aveva supplicato di non raccontarglielo, perché avrebbe fatto quello che era effettivamente successo, scappare da lui, da suo fratello, per salvarlo da se stesso, per non fargli male un secondo di più. Povero Tomo, chissà che ansia in questi mesi, uno in più sulla lista delle persone che aveva ferito.
Anche se solo lui contava nella sua mente, quegli occhi azzurri che amava più di se stesso, la vita che mai e poi mai avrebbe voluto mettere in pericolo e che invece era stata maltrattata chissà quante notti.
Il sole scendeva dietro le finestre spesse, ma Shannon non se ne rese conto perché stava scivolando nel sonno, unica cosa tranquilla tra i suoi pensieri.
Unico rifugio.
Sbatté le palpebre un paio di volte e due lente lacrime lo accompagnarono nel mondo in cui era pericoloso per l’unica persona che amava davvero.



Floriana
non posso assicurati che a Jared non succederà più nulla, purtroppo lui è un po’ come me, incredibilmente autolesionista quando si tratta di non dare dolore agli altri. Testardo fino alla fine… potrei provare a rinchiuderlo in una stanza imbottita ma non credo che riuscirebbe a produrre molto la dentro :( in ogni caso farò del mio meglio lo giuro! Baci anche a te!
Artemide
ti prego dimmi che sei uscita da quella stanza, capisco che l’ospedale è la tua professione ma noi abbiamo bisogno di te anche fuori di li! … la scoperta di Shan è stata devastante e ho cercato di regalargli un capitolo per poter esprimere tutto il suo rammarico, spero di esserci riuscita. Un saluto affettuoso, a presto.
Shanna
si, anche io credo che sia il migliore, ci ho buttato una notte ma credo che ne sia valsa la pena perché mi sono sentita esattamente come Tomo mentre scrivevo, e se anche io mi perdo nelle emozioni dei miei personaggi significa che la cosa funziona. Io.. non ho parole per ringraziarti. Di tutto, davvero, un bacio
bluelilith
ad ogni autore fa piacere pensare, nello sconforto delle poche recensioni, che da qualche parte ci sia qualcuno che apprezza, ma non commenta perché … beh, ci sono un miliardo di perché e io da lettrice li conosco tutti. Nonostante questo non posso che sentirmi onorata per il tuo intervento, perché so che devo averti ‘scosso’ per portarti a scrivere. Grazie per i complimenti dello stile, è una cosa a cui tengo davvero tanto. Mi auguro che il resto delle storia continui a piacerti ;) buona lettura!
  
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