Socchiudendo gli
occhi poteva contemplare le loro lente evoluzioni tra le braccia del
vento
prima che si depositassero, fragili vascelli dorati, sulla distesa
d’acqua
investita di luce.
Chiuse gli occhi e
si lasciò sommergere, l’acqua del lago era densa e
pesante, gli avvinghiava le
gambe e lo trascinava verso il basso, simile al sonno provocato dal
vino o
dalle Pozioni: greve, irresistibile, sbagliato.
Rimase
immobile,
con le orecchie piene del suono del vuoto e gli occhi socchiusi che
contemplavano
le pozze di luce sul pelo dell’acqua.
Al di sopra di quel
muro di vetro c’erano le foglie dorate di settembre.
Sentì qualcosa
sfiorarlo e riprese coscienza di sé.
IMMACULATE DREAMS
[Love
Crimes]
Mine,
Immaculate
dream,
Made
breath and skin,
I’ve been
waiting for you
La luce
delle candele sospese in aria andava smorzandosi,
segnando delicatamente la fine della cena.
Il tavolo del Gryffindor sembrava racchiuso in un confine
dorato e irreale, nel buio soffice che cominciava ad avvolgere
C’erano candele posate sulla tavola e luce di un oro
intenso e morbido che accendeva di riflessi i calici e i piatti, e
gettava
ombre preziose su una natura morta di frutta e pane. Il rosso sensuale
delle
mele, il verde traslucido dell’uva, profumo
d’arance; ombre fragranti sui
panini dorati al chiarore di un candeliere di bronzo, dove tre candele
andavano
liquefacendosi in lunghe colate di cera; briciole brune di biscotti da
raccogliere con la punta delle dita per portarle alle labbra, di
nascosto.
La semioscurità si allungava carezzevole oscurando il
caldo marrone rossiccio del tavolo, la pietra del muro sullo sfondo,
gusci di
noci su mari di ombre e l’odore fumoso delle castagne
ammucchiate in un angolo.
C’erano cori di auguri, un’allegria fuori dal mondo
che
sembrava dimenticata per sempre, il semplice splendore di una
quotidianità che era
stata solo un ricordo; e le candeline che incendiavano d’oro
il volto di una
ragazza con le mani giunte davanti alle labbra e gli occhi stupiti e
felici
davanti a una torta di compleanno.
Happy birthday to you
Was created for you
Immergere le
dita
in quella crema burrosa e soffice, poi forzarle la bocca, spingerle
all’interno
delle sue labbra e guardarla chiudere gli occhi, sentire la punta della
sua
lingua sfiorarlo.
Chi avrebbe diviso
con lei, su un letto, gli avanzi di quella torta di compleanno?
Sembrava
un quadro, dolci, oscuri stilemi preraffaelliti su
una tela antica, in una cornice aurea e sontuosa: i capelli rossi dei
Weasley
che catturavano i riflessi delle candele, i volti accesi dei ragazzi
che
cantavano, qualcuno la cui voce sovrastava il coro invitando a
esprimere un
desiderio.
Desiderio.
Se c’era qualcosa che sapeva come bruciare mille desideri
alla luce sparsa di quelle fiamme vive, era la mente della ragazza che
adesso
chiudeva gli occhi – polvere d’oro sulle ciglia e
sul viso e tra i capelli, tra
le dita ancora giunte sulle labbra per trattenere qualcosa,
l’attimo prima di
affidarla al fumo che saliva verso il soffitto incantato di un cielo
pieno di
stelle.
Can't ever
keep from falling apart at the seams
Can't I believe you’re taking my heart to pieces
Si domandò che significato avrebbe avuto, bruciare per un
istante negli occhi di lei, nel riflesso delle candele a cui affidava i
suoi
sogni.
In fondo era una fattura molto semplice, pensò, soltanto
un piccolo crimine
(Contro se
stesso)
da
consumare nel segreto di una notte soltanto.
Sarebbe stato sufficiente procurarsi una di quelle
candele, su cui lei aveva soffiato sigillando i propri desideri, magari
nascondendosi
nel buio della Sala Grande e aspettando che tutti fossero andati via.
Lontano da
lui.
Poi doveva soltanto mettere per iscritto su un pezzo di
pergamena ciò che desiderava lei sognasse e spargervi sopra
la cera della
candela.
Attento a
non
scottarsi.
Poi consegnarla al fuoco.
Attento a
non
bruciarsi.
In fondo poteva anche considerarla una sorta di vendetta,
insinuarsi primo nel sogno che lei avrebbe fatto la prima notte del suo
diciassettesimo anno.
***
Ah,
it'll
take a little time, might take a little crime
To come undone
Now
we'll
try to stay blind, to the hope and fear outside
Scrisse una riga, con foga, la
grafia inclinata verso destra quasi la mano volesse anticipare le
parole successive
prima che la sua mente arrivasse a fermarle.
Tirò di nuovo una riga su un
pensiero. Il foglio era pieno di parole e frasi lasciate a
metà, modificate e
poi abbandonate. Distratto da un’idea disegnò
ghirigori di inchiostro, poi
esaminandoli si affrettò a cancellarli.
Esaminò il foglio, frustrato. Se
aveva pensato anche solo per un istante che sarebbe stato semplice
esprimere
con precisione che cosa avrebbe desiderato che lei sognasse, doveva
aver perso
ancora un brandello di raziocinio.
Un
altro ancora.
Fece un gesto brusco e il
candeliere si rovesciò. Sentì la cera della
candela sulle nocche, bruciante
e poi tiepida e poi fredda. Imprecò e si ritrasse,
osservando indignato una
fiammella alzarsi ostinata sullo stoppino annerito, rifiutandosi di
annegare in
quel lago viscoso che scivolava lungo la parete di quel misero moccolo
consumato.
Al di là della luce di quell’unica
candela lei dormiva, pensò.
Ripiegò il foglio,
poco convinto, e l’accostò alla fiammella. La pergamena si incendiò, consumandosi all’istante
fino alle sue dita e lui la lasciò cadere, imprecando. Si
portò il pollice e
l’indice alla bocca, succhiandoli contrariato e poi vi
soffiò sopra cercando
sollievo.
Forse la fattura era riuscita,
forse no.
Abbandonò quel pasticcio sul
tavolo e se ne andò a dormire, tanto qualcuno avrebbe
ripulito la mattina
successiva.
***
Hey
child, stay wilder than the wind
And blow me into cry
Il
giorno dopo, improvvisamente, si fermò al centro del
corridoio ricordandosi che quella notte non era riuscito a dormire.
Era rimasto sveglio ad ascoltare le lancette
dell’orologio che viaggiavano sul quadrante circoscrivendo
nel cerchio delle
ore le sue elucubrazioni.
Mentre lui
era
sveglio, proprio in quel momento, Hermione Granger forse lo stava
sognando.
Le mani sulla fronte, poi tra i capelli, ed era stato
perfettamente consapevole di avere gli occhi sbarrati nei buio e di non
avere
nemmeno il coraggio di accendere una candela.
Spaventato, imbarazzato, irritato, si era attorcigliato
tra le lenzuola, rivoltando i cuscini troppo caldi e scalciato le
coperte
troppo pesanti. Faceva troppo caldo e poi, un attimo dopo, aveva freddo.
Chissà
che cosa
indossava lei per dormire, mentre sognava di lui,
com’era il suo letto.
Due pugni bene assestati a un cuscino di piume
improvvisamente troppo alto per essere comodo e poi la faccia che
affondava
nella stoffa.
Maledizione.
Il suo, di
letto,
sembrava di colpo imbottito di pietre.
Si
era girato e rigirato, cacciando i piedi fuori dalla
sponda del letto, scostando le cortine del baldacchino che lo
soffocavano.
Verso le tre del mattino aveva fatto un giro in sala comune senza
sapere
nemmeno lui, con esattezza, che cosa stesse cercando. Aveva trovato un
pacchetto di sigarette sottili alla menta, che aveva intascato senza
alcuno
scrupolo.
Era rimasto nel buio a guardare la piccola brace che
consumava la pergamena, grattandosi la tempia con un dito, con tanta
insistenza
che probabilmente si era scavato un buco in testa.
Riflettendo sul suo disgusto per quella ragazza, era
rimasto impigliato in una serie di domande - che
cosa avrebbe detto l’indomani, come lo avrebbe guardato
- ed
era tornato in camera, inciampando a ogni passo, a ogni pensiero che
sopravveniva, più fastidioso, molesto e inquietante del
precedente.
Un frammento oscuro che si annidava in fondo a ogni
considerazione, parole che non poteva nemmeno formulare per intero,
neanche
nella sua mente (piacere, attrazione)
perfettamente consapevole che qualcosa che si può pensare si
può anche fare.
Avrebbe tenuto a freno la curiosità che insieme a quella
punta di (doveroso, altroché)
disgusto gli ronzava nei meandri del cervello accavallandosi a una
miriade di
immagini spontanee (pelle liscia, profumo
di more, distese di muschio, letti di spine) e, per questo
motivo, molto
scomode.
- Malfoy, - si era detto ad alta voce rivolto al soffitto – Ma
cosa vai farneticando? -
Adesso parlava anche da solo, come i pazzi.
C’era qualcosa dentro di lui che rideva, torbido e
malizioso, sussurrandogli sottopelle quanto fosse inutile fare e
disfare
supposizioni (cosa stava accadendo in
quel sogno, che consistenza avesse la sua pelle, se lei poteva sentire
davvero
il profumo della sua colonia e del suo corpo) e quanto fosse
stupido
guardarsi le mani e ascoltare il suono del proprio respiro affrettato (le sue braccia, le sue mani e il loro
tocco, se la stretta che gli prendeva lo stomaco fosse ripugnanza o
anticipazione) quasi si aspettasse da un momento
all’altro di sentire un
paio di mani posarsi sul proprio petto.
Who
do
you need?
Who do you love?
When you
come undone
***
- Sono nel
cortile –
Scalpiccio e ticchettare di scarpe sulla pietra
del pavimento, due ragazzine di Hufflepuff che correvano verso una
finestra.
- Stanno duellando per gioco –
- Potter è così bello
–
Un sospiro, stupido come la risatina che seguì.
- Ma stanno insieme? -
- Non lo so. A volte si direbbe di sì – fu la
risposta,
il tono troppo diffidente per potersi definire semplicemente gelosia.
Dopotutto, pensò lui, la ragazza in questione era
Caposcuola del Gryffindor. Troppo temuta, troppo inflessibile per
essere
davvero popolare. La protagonista di quelle storie raccontate nel
segreto dei
dormitori, successive a corse a perdifiato lungo i corridoi dopo
essersi
trattenuti di nascosto fuori dalle porte degli studi degli insegnanti o
dopo
aver colto qualche brandello di conversazione sul quale creare ore di
congetture.
Lei era la migliore amica di Potter, il suo scrigno dei
segreti.
Una fitta.
-
Sciocchezze, lei sta con Weasley –
- No, lo ha lasciato – pausa - Questa mattina –
Proprio in
mezzo al
petto.
-
Perché? –
- Non lo so, si tratta della Granger
e di Weasley: loro non fanno confidenze ai comuni mortali -
Words,
playing me deja vù, like a
radio tune
I swear I've heard
before
Chill, is it something real
Or the magic I'm feeding off your fingers
Fingendosi annoiato, Draco Malfoy si allontanò in
direzione di un’altra finestra, una di quelle che dal secondo
piano si aprivano
a perdita d’occhio sui prati, fino al muro
d’oscurità della Foresta Proibita e,
ancora più distante, all’ulteriore sfondo azzurrato
delle montagne.
Con un colpo di bacchetta spalancò i vetri accogliendo
l’abbaglio del sole che gli investì il volto.
Per un istante sentì soltanto il calore del raggi sul
viso e lo schermo della mano che frappose tra sé e tutta
quella luce non impedì
alle macchie livide di danzare davanti ai suoi occhi mentre li
abbassava in
direzione del prato.
Un lampo di luce violetta striò il suo campo visivo e una
risata scrosciò nell’aria, perdendosi nel fruscio
degli uccelli in volo sopra
Se davvero lei quella mattina aveva rotto una relazione
di anni, i suoi sentimenti erano
nascosti con cura dietro il suo sguardo tranquillo e il sorriso sagace
che
lanciò all’amico.
- Oh, Harry! -
Adesso rideva e di nuovo disegnava in aria un fregio
complicato con la punta della bacchetta.
Un attimo dopo si piegava in avanti, ridacchiando,
seguita da buona parte degli spettatori: il suolo sotto i piedi di
Harry Potter
aveva preso a ribollire e lunghi fili di folta erba verde erano
improvvisamente
spuntati da terra mandandolo a gambe per aria.
- Harry, stai forse aspettando che ti cresca l’erba sotto
i piedi? –
Potter le restituì uno sguardo stupefatto, affondando in
un soffice manto verde dal quale cominciavano a sbocciare margheritine
bianche.
Si rialzò con una mossa agile, suscitando un coretto
sommesso di sospiri.
Malfoy pensò che doveva avere fatto parecchia pratica,
considerando la quantità di volte con cui era finito col
sedere per terra.
Il gesto con cui Potter si spinse gli occhiali sul naso
aveva l’inconsapevolezza della vecchia abitudine, di chi li
aveva rotti tante
di quelle volte che la magia non teneva più così
bene – forse anche per non
aver eseguito sempre correttamente l’incantesimo.
- Ma che spiritosa – esclamò con gaiezza,
indirizzando
all’amica uno dei suoi sguardi sbarazzini da dietro quelle
lenti praticamente
sudice di ditate, mentre con una mano cercava di togliersi dalla fronte
quei
capelli che si sollevavano in tutte le direzioni.
Stavano giocando con gusto, più occupati a creare magia
che a scagliarsela addosso. Anche Potter, che all’inizio
appariva teso – quasi
il riflesso automatico gli imponesse di rispondere agli attacchi come se
si
trattasse di una minaccia autentica – sembrava divertirsi e
rideva.
Nondimeno la sua tecnica di combattimento era eccellente:
girava intorno alla Granger senza staccale gli occhi di dosso un
istante; la
bacchetta sembrava un prolungamento della mano, fremeva tale e
quale a
carne viva percorsa da nervature e tendini.
Parò una Fattura Gambemolli, mandò a vuoto un
getto
d’acqua puzzolente che
Lui sembrava anticipare l’azione della sua antagonista quando
questa
era solo allo stadio di pensiero, ma, d’altra parte,
Le farfalle rosse, fiori nell’azzurro limpido del cielo
di settembre, le circondarono per qualche istante il viso, esaltando
col loro
colore violento la pelle chiara e i riccioli scuri raccolti sulla nuca
con una
matita, poi disparvero nei prati alla ricerca degli ultimi fiori
d’estate.
Il duello ricominciò. I due avversari giravano in
cerchio, le bacchette levate e le gambe pronte a scattare, gli sguardi
concentrati dietro il sorriso, l’istinto verso la conoscenza,
l’impeto contro
una solida calma, l’impulso di fronte alla tecnica.
Brandelli di nuvole indugiarono quieti davanti al sole e quando si allontanarono, Malfoy sollevò nuovamente la mano, con un gesto disattento,
per schermarsi gli
occhi da un bagliore improvvisamente più forte.
In quel momento Hermione Granger sollevò lo sguardo verso le
finestre del secondo piano e alzò la mano destra con la
bacchetta portandola sopra la
fronte. Nel riflesso del sole troppo forte, socchiuse gli occhi come per
metterlo a fuoco.
La sua parata arrivò con un istante di ritardo, quando
l’attacco di Potter aveva già oltrepassato la
linea ideale di sicurezza, così
l’Incantesimo Scudo riuscì soltanto a smorzarne la
potenza.
Con un grido lei cadde in terra.
- Hermione! Ti sei fatta male? -
Anche adesso Potter non riusciva semplicemente a pensare
di poter abbassare la bacchetta.
Anche mentre si piegava su un ginocchio, tendendo una mano alla sua
migliore
amica per aiutarla a rialzarsi, l’altra restava pronta, la
bacchetta spianata,
come se dovesse difendere se stesso e la ragazza da qualcosa o da
qualcuno.
Riflessi incondizionati: anche i loro giochi ormai, dopo anni,
portavano i
segni di quella che era stata la loro vita.
- Sto bene –
Can't I believe you’re taking my heart to pieces
Hermione Granger, tuttavia, stava guardando ancora in
alto.
Verso di lui.
Quella notte
lo
aveva sognato?
Una
raffica di vento agitò mantelli neri e rubò una
miriade di foglie dorate agli alberi del parco, lacerò le
nuvole sopra di loro
lasciando che lame di sole terminassero di squarciarle.
Il braccio di Potter tentava di trascinarla via, lei non
si muoveva.
Chissà se si era svegliata col cuore che batteva forte (Disgustata? Affascinata?), ricolma di
qualcosa che non sapeva spiegare e di piacere colpevole.
Lo stava ancora guardando e la luce era troppo forte per
distinguere i suoi occhi oltre l’oro bruno delle ciglia e lui
rispose
all’impulso di ritrarsi in fretta, nella cornice della
finestra, con le spalle
al muro. Agitato.
Poi da cosa? Si domandò, togliendosi lentamente una mano
dal petto.
Spiando
oltre il davanzale, vide che Potter dirigeva con
fermezza la sua migliore amica verso una porta secondaria.
Mentre gli spettatori si disperdevano, lui rimase a
osservare una singola farfalla, rossa come una macchia di sangue,
posarsi su
uno stelo d’erba e lasciarsi trascinare via da una raffica
dorata di foglie.
Poi pensò che in fondo faceva ancora abbastanza caldo per
andare a nuotare nel lago.
Magari con una pietra attaccata al collo che spedisse il
suo cadavere fresco di giornata a dividere le sorti con
***
L’acqua
si era già chiusa sulla sua testa quando, lentamente,
aveva avvertito un tocco gentile dietro la schiena.
Impalpabile, simile a una corrente appena più calda di
quelle che correvano sotto la superficie, aveva tuttavia qualcosa di
inequivocabilmente umano.
Una carezza.
Qualcosa che gli aveva punto il cuore fino a svegliarlo
dalla pace sospesa che, quando poteva, inseguiva nelle acque del lago
–
l’assenza di pensieri, la lontananza dalla terra –
fino a spingerlo a cercare
di nuovo il suolo e il mondo.
Scosse lievemente il capo, cercando di riafferrare la
sensazione che ormai andava svanendo, ma non riusciva a relazionarla a
nulla di
conosciuto.
Attese ancora un attimo, poi i polmoni cominciarono a
bruciargli e iniziò a battere i piedi.
La superficie di vetro dell’acqua si infranse alla spinta
del suo corpo. Nuotò verso la riva, lentamente, controllando
la respirazione, con
lunghe bracciate voluttuose, i muscoli concentrati nello sforzo di
vincere la
resistenza pesante dell’acqua del lago.
L’oscurità delle acque lo richiamava indietro, una
voce
bassa e dolce che lui ignorò, attratto dalle dita che
si allargavano
sull’acqua, nei pressi della riva, protese verso di lui. Talmente
bianche e morbide
all’aspetto, quanto il fondo del lago era scuro e duro di
pietre lisce sulle
quali sarebbe stato semplice scivolare.
Trovarsi a
terra, davanti ai
suoi piedi.
Guardò la propria mano, come se non gli appartenesse,
emergere grondando acqua appena intiepidita dal suo corpo e avvicinarsi
a
quella di lei; ma all’ultimo istante esitò e con
un colpo secco allontanò le
dita pronte ad afferrare le sue.
- Malfoy – lei si massaggiò la mano, Malfoy non pensava
di
averla colpita così forte – Avrei dovuto lasciarti
affogare –
Senza risponderle uscì dal lago e si passò una
mano tra i
capelli per scrollare via l’acqua, lasciandoli in disordine
intorno al viso.
Il sole del primo pomeriggio era un brivido gradevole
sulla pelle che iniziava a scaldarsi.
Si lasciò cadere sulla riva e guardò in direzione
della
ragazza, gli occhi grigi duri e scintillanti come le pietre sotto il
velo
luminoso dell’acqua.
- Perché sei venuta a disturbarmi, Granger? –
Lei aveva le guance leggermente imporporate e
all’improvviso Malfoy realizzò di essere seminudo.
Le ricambiò lo sguardo,
sfacciato. La vide rubare un’occhiata alle sue braccia nude
lucide d’acqua e
poi umettarsi leggermente le labbra e sostenere ancora i suoi occhi,
tranquilla. Un momento di insicurezza, il suo, ma sarebbe morta prima
di lasciarglielo
capire, pensò.
Adesso lei
sapeva
com’erano le sue braccia?
-
Che è successo questa notte? –
Pensava che lei gli avrebbe scagliato contro quella domanda,
quando con sommo stupore sentì la propria voce
formularla.
Come accadeva a lui, a volte.
Sentì un rivolo d’acqua intiepidita dal sole
scivolargli
dai capelli sulla nuca e poi lungo la schiena Senza distogliere gli
occhi da
quelli di lei, trasalì a quella sensazione inaspettatamente
piacevole.
- Non lo sai? – domandò lei, la voce bassa e cauta.
Le rispose con uno sguardo di sfida – No – disse
– Vuoi
raccontarmelo tu? –
All’improvviso ricordò i suoi occhi levati verso
di lui,
la mano vicino al viso, mentre lo sorprendeva a osservarla
dall’alto di una
finestra. La rivide pagare quella piccola vittoria cadendo per terra.
Perdendo un
duello.
Who do you love?
When you
come undone
Poteva catturare con lo sguardo soltanto
un’oscurità
conturbante, un’essenza torbida nella quale perdere
lucidità; un buio complice
dove cercare sprazzi d’oro, e che non avrebbe rivelato niente.
Non a lui,
almeno.
-
Perché non me lo racconti tu? – disse lei.
Avrebbe dovuto saperlo che quell’istante di vergogna
deliziosa consumata mentre i loro sguardi si incontravano ancora non le
avrebbe
tolto un granello di arroganza.
Si alzò e le si avvicinò, domandandosi se lei
avrebbe
avvertito l’ondata gelida del suo corpo ancora bagnato. Le
afferrò un polso talmente
sottile che si perdeva quasi nel cerchio delle sue dita, le
sollevò il braccio. Non si era mai accorto di essere tanto
più alto di lei. Non aveva
mai capito veramente che cosa avrebbe significato vederla piegare la
testa all'indietro per poterlo guardare negli occhi, sentire la sua
fragilità fisica
pensando che in quel corpo minuto si celava un potere magico
così grande da
poterlo anche uccidere.
Si chinò verso il suo orecchio. Parlò.
La sentì ansimare, la vide chiudere gli occhi di colpo, vide
il rossore affluirle alle guance, con le dita percepì il
battito del suo sangue
accelerare sotto la pelle sottile del polso.
La abbandonò all’improvviso così come
l’aveva afferrata,
sentendo ancora la forma delle sue ossa contro il palmo, lasciandole
una
traccia d’acqua sul polsino.
- Le candele della mia torta – sussurrò lei
– Quando le
ho contate ne mancava una –
Brillante. Sapeva che due pensieri potevano fondersi
nella sua mente senza impiegare nemmeno l’intervallo di un
momento. Eppure
abbastanza ingenua da non proteggersi, da non pensare che qualcuno
avrebbe potuto
approfittare della porta rappresentata dalla semplice luce di una
candela.
Per raggiungere qualcosa di lei,
anche solo in sogno.
- Non può essere –
Lui piegò il capo verso la spalla e le rivolse uno
sguardo ironico.
- No? – sussurrò.
- Può essere una coincidenza – replicò
lei, decisa.
- Allora mi sogni spesso, Granger? –
Era ancora davanti a lei, abbastanza vicino che avrebbe
solo dovuto allungare una mano per toccarla ancora.
Invece fu la mano di lei a raggiungerlo.
Una folata di vento li investì entrambi, dissimulando il
tremito
violento che lo assalì quando le dita di lei si posarono sulla
pelle del suo addome.
Non riuscì a impedirsi di contrarre i muscoli e il respiro
si fermò quando
sentì, oltre che vedere, quelle dita gentili e decise che
scivolavano verso il
basso. Con l’indice lei agganciò l’orlo superiore
del suo costume da bagno, abbassandolo quanto bastava per scoprire la linea armoniosa
del
fianco, la zona vulnerabile sotto l’osso dell’anca.
Il suo tocco si arrestò
sulla minuscola voglia rosea che intaccava la liscia perfezione della
pelle.
Lei aveva gli occhi sbarrati. Allontanò la mano da lui e
indietreggiò di un passo.
To come undone
- Oh – fece lui, la voce soffice – Sì
che lo è, ne hai la
prova. Delusa che non fosse qualcun altro? –
- Non è questo – rispose lei d’impulso,
i pugni stretti,
l’espressione sconvolta – E’ che non puoi
essere tu –
Un’altra folata di vento si portò lontano quelle
parole.
Tenere foglie di un giallo appena punteggiato di marrone si staccarono
dagli
alberi sopra le loro teste, planando dolcemente sul lago. Una nevicata
dorata,
foglie che ondeggiavano, dolci, sulla superficie delle acque scure.
- Non potevi essere tu, stanotte. Non ci credo –
Con uno sguardo inorridito, da bambina colta sul fatto,
lei si coprì la bocca con entrambe le mani e lui
provò l’impulso di
allontanarle i polsi con la forza per permettere alle parole di uscirle
dalle
labbra.
- Perché? –
Avrebbe voluto per quella domanda il tono insolente con
cui la omaggiava di solito, invece gli uscì piatta e
semplice, impossibile da
aggirare con un rimprovero.
- Perché non potevo essere io, Granger? -
Lei distolse lo sguardo, l’incredulità che si
lasciava
ancora contemplare in ogni tratto del suo viso, la lacerazione che gli
mostrò
un attimo prima di chiudere gli occhi.
Si era sbagliato, anche in quell’oscurità poteva
affiorare qualcosa.
Qualcosa per
lui.
All’improvviso
il pensiero inopportuno che aveva tenuto a
bada per tutto il giorno gli ferì il cervello, simile a un
bisturi d’argento piantato
nelle tempie.
Hermione Granger, l’impudente che non aveva mai avuto la
minima esitazione a riversargli addosso tutto il suo disprezzo, si
rifiutava di
guardarlo negli occhi, e ancora si premeva le nocche della destra
contro le
labbra.
- Le sue fattezze. Le tue
fattezze non erano sempre chiare. Non avrei mai potuto immaginarti
così – disse
piano, quando Malfoy ormai pensava che non l’avrebbe
più sentita proferire parola.
Di nuovo lei lasciò saettare lo sguardo fino al suo
fianco, dove le dita avevano cercato con precisione quel piccolo segno.
- Continua – le disse – Che cosa non avresti
immaginato?
-
C’erano segreti lunghi un’intera notte custoditi
nella
sua mente, che probabilmente non gli avrebbe mai raccontato e lui si
accorse di
sentirsi defraudato. Avrebbe voluto afferrarla e scuoterla fino a
farglieli
sputare, chiederle come era stato, che cosa aveva provato, che cosa era
riuscita a leggergli tra le mani e sul corpo mentre lo toccava.
Mentre lui
toccava
lei.
Hermione Granger parve riacquistare a fatica un minimo di
calma, di nuovo la lucidità le distese il volto, le spalle
si rilassarono.
- Hai detto la verità – disse, lentamente - Se si
tratta
della fattura che penso, tu puoi avere disposto quello che sarebbe
successo nel
mio sogno ma non puoi avervi partecipato in prima persona. Non hai visto –
Un sollievo più grande di lei parve farla barcollare.
Appoggiò una mano al tronco immediatamente alla sua destra,
il vento agitò
ancora le fronde, mandando un’altra ondata di foglie a
cospargere d’oro lo
specchio del lago, disegnando merletti d’ombra mutevole sul
viso di lei.
- Tu non sai niente, Malfoy –
Pronunciò quelle parole senza esultanza o perfidia.
Semplicemente un sorriso segreto le sfiorò le labbra, il
sapore di un mistero
che conosceva lei soltanto.
Lo studiò di nuovo in volto, con calma questa volta. Le
emozioni della paura e dell’imbarazzo erano scomparse,
lasciando il posto a schietta
curiosità.
Poi, quasi non potesse farne a meno, i suoi occhi
traditori gli scivolarono ancora addosso, sul collo e sul petto nudo.
Si
soffermò sulle braccia e il sangue le affluì di
nuovo alla guance, le ciglia si
piegarono troppo in fretta perché lui potesse tentare di
sondarle lo sguardo.
Il suono del suo respiro trattenuto però lo colpì
come un
pugno nello stomaco.
Quella mattina, lei
aveva lasciato Weasley.
Le voltò le spalle, con rabbia – Adesso vattene,
Granger
– esclamò – Mi hai già fatto
perdere abbastanza tempo -
Senza aggiungere altro, lei si staccò dal tronco
dov’era
appoggiata e si diresse verso il sentiero tra gli alberi.
Now
we'll
try to stay blind to the hope and fear outside
Hey child stay wilder than the wind
And blow me into cry
***
Si voltò, appena un
baluginare di riflessi dorati nell’oscurità che
spandeva dolcemente
sommergendo il tavolo.
- Cinque giugno,
vero? –
Lui si voltò, il
suo sguardo gli mandò in frantumi l’ultimo
pensiero formulato.
Non le rispose, si
limitò a guardarla.
- E’ il giorno del
tuo compleanno – insisté lei.
- E anche se fosse?
–
C’era qualcosa
dietro la sua arroganza, forse un’attesa che lui non aveva mai
potuto scorgere
prima di allora. Una certa aspettativa, come se tentasse di misurare la
sua
reazione.
- Hai intenzione di
vendicarti? – le domandò.
Questa volta
fu lei
a non rispondere, limitandosi a sorridere ancora.
In fondo era
soltanto un piccolo crimine, pensò
(contro
di lui)
da consumare
nel
segreto di un’altra notte ancora.
Who
do
you love?
When you
come undone
Come Undone, Duran Duran
*****
Ciao a tutti!
Eccomi di nuovo
qui. Natale è passato da qualche ora, ma posso sperare che
il vostro sia stato
felicissimo oltre che augurarvi delle bellissime feste e un
meraviglioso nuovo
anno.
Savannah