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Autore: Dira_    27/12/2009    10 recensioni
La guerra è ormai finita, Harry è un auror e sta per avere il suo secondo bambino.
Degli strani sogni e la misteriosa comparsa di un neonato decisamente particolare turbano la sua pace, tornando a scuotere la famiglia Potter sedici anni dopo, quando Tom, il bambino-che-è-stato-salvato, scoprirà che Hogwarts non solo nasconde misteri, venduti come leggende, ma anche il suo oscuro passato...
La nuova generazione dovrà affrontare misteri, intrighi, nuove amicizie e infine, l'amore.
“Essere amati ci protegge. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle.”
Può davvero l’amore cambiare le carte che il destino ha messo in tavola?
[Next Generation]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Ciao a tutti! Spero abbiato passato buone feste. Io ho subito un’invasione di parenti, e con questo ho detto tutto. :/
@MadWorld: Grazie per i complimenti ^^ Beh, sì, è la mia prima scena d’azione veramente corale, quindi uff, che sollievo sapere di non aver fatto un pastrocchio! ;) Per Sy, beh… diciamo che mi viene naturale come personaggio. Mi piace, e quindi mi riesce semplice caratterizzarlo. Ho preso spunto dalla Row, che ha detto a chiare lettere che Scorpius sarebbe stato meglio del padre. Beh, io l’ho fatto completamente diverso ;D
@Rorothejoy: Ciao, grazie per i complimenti! Lo so, è una grossa rottura dover aspettare, ma mi permette di lavorarci al meglio e darvi una lettura piacevole, senza intoppi. Detesto trovare un’errore o un incongruenza quando vado a rileggere, quindi preferisco farlo ottanta volte… e a volte continuo a trovarci errori! Dai, porta paziente, almeno, bene o male, son sempre puntuale. :P
@ElseW: Grazie! XD Beh, mi fa piacere sapere che la aspetti XD, anzi, superpiacere. Tom non preoccuparti, in qualche modo se la cava sempre. In che modo, poi… beh, questo è tutto da vedere. Leggi un po’, va’… XD Per Sy, beh, ricorda MOLTO Sirius, tranne che per il fatto che è un biondino Malfoy, e quindi molto meno rompipalle e impulsivo. Forse, paradossalmente, è Jamie quello controllato ‘alla Sirius’, cioè per niente. XD Alla prossima!

@SammyMalfoy: Bentornata! Grazie per i complimenti e non preoccuparti. So che la RL succhia un sacco di tempo! Beh, Jamie si sta dando da fare, ma bisogna vedere se Teddy riuscirà a tenere il passo. Scorpius beh… lui è un pazzo furioso, dietro quell’aria da signorotto in vacanza. XD Su Zabini invece, beh… aspettati colpi di coda, mia cara, perché è pur sempre il serpeverde, autoproclamato. Al/Tom ormai sono diventati il pairing ufficiale di questa storia, evviva, non me l’aspettavo visto che uno è pure un pg originale XD Beh, che dire… sono la coppia perfetta, cioè quella assolutamente incasinata e preoccupante. XD Papà Harry se lo scoprirà? Sicuro. Ma dagli tempo, si sa che Harry su certe cose è sempre stato un po’ tardo, e questi sono pure due maschietti. ;) Grazie per la recensione! Adoro che siate prolisse!
@Altovoltaggio: Addirittura sublime?! Aaargh, non farmi arrosire come una scolaretta, non mi merito di certo i complimenti XD Sono solo brava ad infilare due cavolate in croce.
@MissyMary: Ahaha, che scena epica sarebbe un confronto Teddy-Michel. Sai che ci potrei sul serio pensare? :P Per quanto riguarda Hugo dai, povero… ti assicuro che è simpatico se non tenta di prendere il boccino ad Al. Che poi Al, sotto sotto, è il vero stronzetto della situazione. Se non ci fosse stato il megameteorite l’avrebbe disarcionato, stacci sicura. ;) Teddy per il momento non riscuote il mio favore, perché fa il ritroso. Cretino. Dannati pg che si emancipano. ;) Ma abbi fiducia, lo farò ragionare. *agita una roncola in direzione del poveretto* Grazie per le recensioni! ;)
@Trixina: So di meritarmi il titolo di ‘stronza imperiale’ ma che ci vuoi fare, succede se devi infilare vagonate di suspance per dare un senso al rating. :D La cover non è mia, ma della fantastica MyBlindedEyes, che ha avuto la pazienza di darmi retta anche quando rompevo le balle. Mettila pure sul diario, anzi, mi fa piacerissimo! Son sempre due bei giovini, Al e Tom. Per risp alla tua domanda su Ted, sì, ha avuto solo Vic. Non perché non sia un bonazzo (a dire il vero, è più bello persino di Tom, nel senso canonico) solo che è sempre stato troppo timido, pacato, gentile e insomma… NOIOSO per qualsiasi ragazza con gli ormoni al posto giusto. E poi, beh, diciamo che Vic è l’unica ragazza che l’abbia mai interessato. Capisci a me. ;) Per la cover sorry, non posso stressare quella povera donna, e dovrai accontentarti dei miei pasticci con photoshop. T_T
@Ron1111: Ciao! Ho lasciato un messaggino promozionale sulla tua fanfic sulla guferia di NA, spero non ti spiaccia. Pubblicità per una storia che merita davvero! XD Comunque, no, per quanto riguarda Albus, James e Teddy non era voluto che restassero intrappolati. Al è caduto dalla scopa, e così James, che avendo un’aura magica più o meno come un rubinetto aperto è stato subito beccato. Teddy è rimasto per fare l’eroe della situazione. ;) Sulla famiglia Malfoy sono d’accordo con te. Moralmente sono da prendere a calci, ma sono legatissimi l’uno all’altro, quindi non è difficile che anche Draco abbia viziato suo figlio schifosamente, sebbene Sy, per fortuna, abbia un carattere un TANTINO più solare (merito della madre?) Parlerò ancora della famiglia Malfoy, puoi giurarci! Grazie per la recensione! A presto!
@Hel_Selbstmord: Beh, grazie per i complimenti! Non preoccuparti, so che la RL succhia via un sacco di tempo! XD (o forse è internet che lo succhia? Mi confondo sempre…) Rose beh, diciamo che è il personaggio più normale, tra tutti. Quindi ispira immediatamente simpatia, perché è goffa, adolescente, carina ma non di una bellezza eccezionale o ammaliante (Vedesi:Lily, Tom o Zabini). Insomma, una di noi. XD Tom è un rock della new-wave convinto. Non che lo faccia vedere troppo in giro, ma insomma… :D Quando esce alla babbana è indistinguibile da un dark-stile-sobrio. Tanti auguri anche a te, e buone festeee!
@Ombra: Sono stata brava, visto? Aggiornamento quasi puntuale! Dai, dai, coraggio, un giorno tutto questo finirà. E spero non mi odierete. Sono per gli happy-ending, giuro! 

 
 
****
 
Capitolo XXV


 
 


Through it all, I made my mistakes

I stumble and fall, but I mean these words
I want you to know
With everything I won't let this go, these words are my heart and soul
'Cause I'd bleed my heart out to show/ And I won't let go
(With me, Sum 41)
 
Infermeria. Poco prima di cena.
 
Albus aprì lentamente gli occhi. Mise a fuoco, sempre molto lentamente, il soffitto a volta dell’infermeria.  
“Al, tesoro, come stai?”
Una voce femminile, che avrebbe riconosciuto tra mille: capelli rossi, occhi castani e lineamenti gentili, così simili ai suoi da far immediatamente pensare, ad un ignaro passante, che era ovvio, la donna seduta al suo capezzale era sua madre.

“Mamma…” Mormorò. Si sentiva la testa scoppiare. Cercò di fare il punto della situazione: aveva perso i sensi, di questo era certo.
I Naga… una barriera magica… e poi…
Si alzò a sedere di scatto. “Mamma! Dov’è Tom?” Chiese con urgenza, guardandosi attorno. Scoprì che le tende del letto erano state tirate, impedendogli di guardare fuori.
Tom… Tom è stato preso dai Naga!
Ginny gli sorrise, posandogli una mano sulla spalla, quasi se lo fosse aspettato. “Thomas sta bene.” Disse semplicemente.  “Non è qui perché aveva solo qualche graffio e Madama Chips l’ha mandato via.”
“Non gli hanno… non gli hanno fatto niente?”
Ginny scosse la testa, rincuorante. “Niente. Tuo padre e gli auror sono arrivati in tempo, ringraziando Merlino…”

“Jamie? Teddy?” Chiese, lo sguardo fisso sulla tenda che gli impediva di vedere il resto dell’infermeria. Ginny con un sospiro si alzò, tirandola. Il marito l’aveva chiamata mentre stavano correggendo le bozze che sarebbero andate in stampa quella sera. Inutile dire che aveva lasciato tutto per volare al capezzale dei figli.
“James è laggiù.” Indicò una fila di letti all’entrata. “Ha una gamba rotta, ma nulla che una mezza giornata di degenza non possa sistemare sistemare. Teddy sta bene.”
“Cos’è successo?” Chiese incerto. “Ho sentito la voce di papà e poi ho perso i sensi, credo …”
Ginny annuì, sedendosi sul bordo del letto. “Tuo padre è riuscito a rompere la barriera magica che impediva alle squadre auror di entrare…” Con l’inaspettato aiuto di Malfoy. Da non credersi, veramente. “… a quel punto vi hanno subito individuato.” Continuò a raccontare. “È andato tutto bene. Poteva andare molto peggio…” Sussurrò, tradendo un’espressione preoccupata.

Al non riusciva a capacitarsi: sua madre aveva ragione. Avrebbe potuto, anzi, avrebbe dovuto andare molto peggio.   
“Stanno tutti bene quindi?”
“Abbastanza per non dare un motivo ai genitori di lamentarsi troppo con tuo padre o la scuola.” Gli strizzò l’occhio, complice, facendolo sorridere.

“Dov’è papà?”
“Oh, tuo padre…” Ginny sbuffò. “È occupato fino al collo in questo momento. Probabilmente ti manderà un gufo, in serata, per accertarsi che tu non sia morto.”

“Mamma, dai…” Sorrise conciliante. “Papà è un pezzo grosso…” La fece ridacchiare. “Senti, ma… hai detto che non ci sarebbero stati problemi per lui. Allora perché è occupato?”
“Prima di tutto hanno dovuto catturare i Naga e spedirli all’ufficio regolazione e controllo delle creature magiche… e non è stato affar semplice.”

Al annuì, avido di informazioni. “E poi?”
“E poi ha arrestato chi ha creato quella barriera e obliviato James …”

Al tese le orecchie. “Chi?”
Ginny scosse la testa. “Mi spiace tesoro, ma queste sono informazioni riservate. Non so nulla.”
“Ma tu sei una giornalista!” Protestò abbastanza vivacemente.
“Sportiva, ricordatelo.” Replicò divertita. “Comunque conosci tuo padre… Se potrà dirtelo, sarà il primo a farlo. Ma perché ti interessa così tanto?” Indagò. Al distolse prontamente lo sguardo.

“Beh, curiosità…” Borbottò. Non era particolarmente bravo a mentire ai genitori. Tutta colpa di un’educazione basata sulla trasparenza, ironizzava spesso Tom.
Tom…
Era preoccupato, naturalmente. Certo, si fidava delle parole della madre, ma era sempre meglio avere un riscontro visivo.
E poi… non sembrava stare tanto bene.
Ginny gli lanciò un’occhiata, poi sospirò. “È stata una fortuna che sia finita così, Al. Non rompertici troppo la testa.”
Al annuì, apparentemente soddisfatto. “Quando credi che sarò dimesso?”
Aveva molto da fare. Doveva cercare Tom, ma prima di tutto doveva cercare Rose e metterla al corrente di quello che sapeva.

E magari sentire se sa qualcosa in più…
Ginny sbuffò divertita. “Al, non credi sia il caso di riposare?”
“Ma sto bene adesso!” Mentì. “Voglio solo tornare in camera mia e farmi una doccia. Mi sento uno schifo…” Mugugnò, guardandola con occhi da cucciolo. Sapeva che funzionavano. Era una vita che li usava impunemente.

Ginny si morse un labbro, come sempre faceva quando era indecisa. “Al, Poppy mi staccherà la testa… questo è il suo regno, e qui neppure io ho giurisdizione. E sono tua madre.” 
Al sospirò. Lì urgeva andare d’astuzia.
“Okay…” Sospirò. “Almeno puoi chiamarmi Rosie? Devo parlarle…”
“Va bene. Ne approfitto per andare a vedere come sta tua sorella.”

Rose arrivò poco dopo. Si era cambiata, indossando abiti babbani e probabilmente si era anche fatta una doccia, visto l’aria riposata. La invidiò profondamente.
“Al!” Esclamò, prima di gettargli le braccia al collo con trasporto. Al serrò le palpebre, ignorando la fitta di emicrania che lo aggredì feroce.
“Rosie…” Uggiolò, facendole così mollare la presa.
“Oddio, scusa! Male?”
“No, è solo la testa. Mi sembra che sia un cocomero.” Le sorrise. “Sto bene, davvero. Piuttosto… hai visto Tom?”
La ragazza esitò, poi scosse la testa. “Sono fuori dall’infermeria da un po’. Non l’ho visto, quindi credo sia uscito quasi subito.”
Al sospirò: tipico di Thomas. Non sopportava essere costretto in un posto, anche se era per il suo bene. In un certo senso era confortante che si fosse comportato da irragionevole come suo solito. “Non fa niente. Senti, sai dirmi che diavolo è successo? Io sono svenuto sul più bello…”  

Rose si sedette sul ciglio del letto, cospiratrice. “C’era una barriera, alimentata da un mago, il colpevole, che impediva agli auror di entrare.”
“Ma la gente usciva…” Obbiettò.
“Era una barriera magica a senso unico. Lasciava uscire, ma non faceva entrare.”  

“Strano.” Commentò pensieroso. “Beh, e il mago?”
“Si nascondeva tra la folla. Quando l’hanno preso, hanno detto a noi prefetti di accompagnare tutti nelle rispettive Sale Comuni, genitori compresi. Sono rimasta lì finché non hanno levato le tende.”
“Voci di corridoio?”
“Niente di importante. Si sa che è quel mago è stato subito portato via e così i serpentoni. Che per inciso, sono arrivati con l’advolo celeriter.” 

Al esitò, poi sospirò appena. “Sì, lo so.” Al sospirò. Niente di nuovo. “Scorpius dov’è?”
Rose parve indispettita. “Malfoy…” Si limitò a sibilare.

“… Avete litigato?”
Di nuovo?
“Ma no!” Sbuffò di nuovo. “Parlavo di suo padre, Draco. È venuto con noi, ovviamente, ma non appena è entrato in Sala Comune si è subito gettato su Scorpius e l’ha trascinato via. Che uomo odioso.” Concluse.
Al si trattenne stoicamente dal ridacchiare. “Problemi coi genitori, vedo…”
Rose arrossì. “Lasciamo perdere. In ogni caso non lo vedo da ore, quindi non so dirti se sappia qualcosa che io non so. A proposito, forse Jamie sa qualcosa.”

Al sospirò. “Jamie? Ti posso ricordare che è tendenzialmente un deficiente?”
Rose fece una smorfia. “Era sveglio quando l’hanno portato qui…”
“A differenza del sottoscritto. Va bene, se proprio dobbiamo …” Borbottò tirandosi in piedi.

Rose gli diede una mano ad alzarsi, prendendolo a braccetto con disinvoltura. Poppy era occupata con un paio di genitori eccessivamente ansiosi, e dava loro le spalle. Si diressero verso il lettino di James. “Siete stati fantastici, lo sai? A tenere a bada i Naga e tutto il resto, dico.” Gli sorrise. “Non si parla d’altro.”
Albus sbuffò. “Io non ho fatto niente. Ero pure senza bacchetta.”
A dirla tutta, nessuno di noi ha fatto granché. Non è che ci siamo difesi, visto che non ci hanno neanche attaccato.

Tutto questo è così assurdo…
Ehilà, Albie!” Li accolse James, non appena furono a portata d’orecchio. “Lo sai? Pare che la partita l’abbiamo vinta noi, Hugo ha preso il boccino!”
Rose sbuffò. “Oh, sta’ zitto Jam! Come se fosse questo l’importante…”
James, la cui gamba era retta da un complesso meccanismo di tiranti e leve, sogghignò senza ribattere. Sul comodino facevano bella mostra di sé una pila di cioccorane e una confezione gigante di piume di zucchero. “I gemelli mi hanno portato qualcosa per festeggiare la vittoria.” Chiocciò gongolante. “Volete favorire?”
“Magari dopo. Magari ti ci strozzo.” Ipotizzò Al con un sorriso urbano. Rose alzò gli occhi al cielo, facendolo sedere sulla sedia libera accanto al letto.

“Senti…” Tagliò corto Rose, onde evitare stragi fraterne. “Sai dirci che diavolo è successo dopo che…”
“… Al è svenuto come una femminuccia?”

“Attento Jamie, hai una gamba fratturata a portata.” Sibilò il ragazzo.
James sbuffò. “Scherzavo, dai… con la botta che hai preso è un miracolo che tu stia parlando. In ogni caso la spinta che ti ha tirato Tom non ha aiutato.” Offrì conciliante.
Rose lo guardò sbalordita. “Ti ha tirato una spinta?”
Al si affrettò a spiegare, fulminando il fratello con lo sguardo. “L’ha fatto solo per togliermi dalla traiettoria della coda di un Naga. Ha preso il mio posto…”  
“Che riflessi…” Commentò colpita.  
“Macché riflessi! Tommy li ha sentiti chiacchierare. L’avrà sentito avvicinarsi, quindi…”  
James!” Albus si frenò dallo spaccargli la testa.
Rose corrugò le sopracciglia. “Parlavano? I Naga?”
“Non saprei. Li ha sentiti solo lui.” Spiegò James, ignorando l’occhiata linciante del fratello. “È vero Al, ha completamente sbroccato là dentro!”
“Era solo teso… lo eravamo tutti.”  

Rose prese un’aria assorta. “I Naga… sono serpenti.” Rifletté. “Se avessero parlato un dialetto indiano, umano, non li avreste capiti, sicuro, ma li avreste sentiti.”
Al inspirò; non gli piaceva dove il discorso stava andando a parare.

“Sì, fin qui ci sto.” Concesse James, incrociando le braccia al petto. “E quindi? Si ritorna al solito punto. Tommy è mezzo matto.”
“No, Jam.” Lo fermò Rose. “Tom non è matto. Ma forse è un rettilofono.”

Al inspirò, premurandosi di mantenere una facciata di quieta incredulità.
“Come?” Sbottò James. Fece una risata. “Rosie, i rettilofoni si sono estinti! L’ultimo era papà ed ha smesso di esserlo quando Voldemort è morto!”
“Sei davvero un idiota.” Sbuffò Rose. “Gli eredi di Salazar Serpeverde non erano gli unici rettilofoni al mondo. E poi, pensaci, avrebbe senso. Solo i rettilofoni possono capire il serpentese. E cosa credi che parlino tra di loro degli uomini-serpente?”
James assunse un’aria assorta. “Okay.” Ammise. “Ma rimane il fatto che essere un rettilofono non è una cosa bella.”
“Sempre che lo sia.” Obbiettò Al. “Forse semplicemente ha sentito qualcosa che credeva fossero sussurri.”
“Certo, tipico di Tommy dare di matto per un po’ di vento, vero?” Replicò James beffardo.

Rose lanciò uno sguardo ad Albus: notò l’espressione. “È solo una supposizione…” Cambiò subito rotta. “Voglio dire, parlare il serpentese è una cosa estremamente rara.”
“Anche non avere l’ombelico lo è.” Rimbeccò James.
“Sono due cose diverse.” Gli tenne testa Rose. “Comunque sai qualcosa? Dico, sul colpevole?”
James fece una smorfia. “No, niente. Anzi, aggiornami un po’…”

Al non disse nulla, ascoltandoli distratto: le sue priorità adesso erano cambiate.
… Devo trovare Tom.   
“Io vado.” Disse alzandosi. “Ho bisogno di farmi una doccia e cambiarmi.”
“Poppy non ti ha ancora dimesso.” Obbiettò Rose. “Non ti farà mai uscire…”
“Solo se mi vedrà. James, dai il meglio di te. Piano B.” Disse al fratello, che annuì, lieto all’idea di poter combattere, anche da degente, l’autorità costituita.

Uscì indisturbato, non appena James cominciò ad urlare ad alta voce di avere orride visioni di orchi volanti a causa della pozione corroborante.
A volte paga, avere un fratello deficiente.
E ora, Tom.
 
****
 
Torre di Astronomia, ora di cena.
 
Tom aveva sempre pensato di essere una persona razionale.
Quando si era al dunque però, spesso si era reso conto di non saper gestire i propri impulsi. Quello di spingere Albus non era stato propriamente funzionale alla sua auto-conservazione, per esempio.
Fortuna aveva voluto che gli auror fossero entrati proprio in quel momento e uno di loro, che sapeva essere una vecchia collega del padrino, aveva neutralizzato il suo Naga con un incarceramus che l’aveva fatto vergognare del suo patetico tentativo di difendersi nella Foresta.
Adesso era sulla Torre di Astronomia, lontano da domande inopportune e, soprattutto, da occhi indiscreti; era riuscito a eludere parenti e amici, perché sapeva che doveva farlo.
Le spiegazioni le chiederanno a Ted o James. Sono sicuro saranno felicissimi di sbrodolarsi addosso complimenti l’un l’altro…
Si appoggiò al parapetto, tirando fuori il medaglione, che teneva sotto la maglietta.
Aspettava. Aspettava perché sapeva che lui l’avrebbe chiamato.
Dop un’estenuante attesa il medaglione divenne tiepido. Poi caldo. Poi bollente.

Lo aprì e il familiare e spiacevole strappo all’ombelico fu quasi un trionfo personale.
La sensazione si protrasse per poco però; impattò duramente con il pavimento della stanza in cui era stato portato. Si rialzò in piedi, stordito.
Il ragazzo era seduto nella stessa poltrona dell’ultima volta. Stavolta il fuoco era spento.
“Bentornato Thomas.” Sorrise. “Brutto atterraggio, eh?”
Tom si passò il dorso della mano sotto il naso. Era sporco di sangue. Non gli puntò addosso la bacchetta, sebbene la tentazione fosse forte. Non era il momento di dare in escandescenze.

“Ti rendi conto di cosa hai fatto?” Si limitò a ringhiare. “Hai rischiato di farci ammazzare da quei mostri…”
L’altro ragazzo ridacchiò. “Non esagerare adesso. Piuttosto, hai sentito? È stato arrestato il colpevole… un certo Parva Duil.” Scosse la testa, con un’aria desolata. “Pare che non avesse mai accettato di essere stato espulso da Hogwarts. Lo sapevi? E' stato espulso per aver praticato magia sulla propria fidanzata babbana, anni fa. Messa sotto imperium, davvero una brutta storia…” Si accese una sigaretta, con un movimento consumato, inadatto al goffo adolescente che impersonava. “Oh, probabilmente ancora non lo sai. Ma verrà scoperto presto.”
“Hai organizzato tutto tu…” Non era una domanda. Era una costatazione.

Il ragazzo annuì. “I nostri comuni amici con le squame erano diventati un po’ troppo ingombranti… Quel James Potter, pessima idea obliarlo.” Sospirò. “Pessima idea, in effetti.”
“Sei stato tu ad obliviarlo?”
“Naturalmente. Peccato che ci fosse un contro-incantesimo.” Gli fece cenno di sedersi.

Tom lo ignorò. “Il memento…”   
Quindi lo sapeva…
Teoricamente era un’informazione di dominio strettamente riservato. Ma come sempre ad Hogwarts  era difficile tenere un segreto, specie se riguardava James Sirius Potter. Si narrava da giorni di come avesse affrontato – davvero ridicolo – i Naga e di come avesse visto in faccia il colpevole e per questo fosse stato obliviato.
Non era difficile immaginare che anche il ragazzo ne fosse venuto a conoscenza.
“E se ti avesse visto in faccia?” Chiese, spiando le sue reazioni.  
L’altro si limitò a scrollare le spalle. “Non l’ha fatto. Non ha visto questa faccia, più che altro…”
“Eri tu o no?”
Il ragazzo fece un sorrisetto divertito. “Ti vedo bello deciso oggi, eh?”
“Rispondi.”
“Diciamo che ero camuffato…” Ribatté placido. Probabilmente, dal suo punto di vista, quella giornata orribile era stata calcolata al minimo dettaglio. “… da colpevole.”

“Da Parva Duil.” Concluse per lui. “Ha preso il tuo posto, praticamente. L’hai incastrato.”
Incastrato?” Rise brevemente. “Oh, no! Chi pensi che mi abbia portato i Naga? È stato lui. Per venti galeoni. Neppure Giuda tradì per così poco…” Sghignazzò. Sembrava trovarlo molto divertente.
Gli mise i brividi.
“Ciò non toglie che tu l’abbia fatto.”
“Sei dispiaciuto per lui Thomas, davvero?” Lo guardò con curiosità. “Ti dispiace?”
Tom ci rifletté: no, non gli dispiaceva. Non riusciva a provare pietà per un uomo che si era fatto corrompere da una manciata di galeoni, facendo così rischiare la vita a lui e ad altri studenti. Forse avrebbe dovuto, ma non provava la minima empatia.

Se vendi te stesso per così poco, vuol dire una cosa sola. Che non vali niente.
“Non riesco a dispiacermi per i deboli.” Spiegò.
Il ragazzo sorrise. Sembrava soddisfatto dalla risposta. “Già. Lo sospettavo… Beh, comunque non devi preoccuparti di lui.”

“Dipende…” Replicò salace. “Non hai pensato all’eventualità che ti denunci? Per salvarsi da Azkaban. Sai, con la prospettiva della prigione molte persone tendono a scaricare la colpa ad altri… e nel suo caso, l’altro c’è.” Concluse, scrutandolo attentamente.
Il ragazzo non parve particolarmente impressionato. “Vero.” Rispose, con un’irritante alzata di spalle. “Te l’ho detto. È tutto sistemato. Il caso verrà archiviato, i nostri amici rispediti in patria e il colpevole verrà crocifisso per il bene della nazione. Questa storia non è stata una bella pubblicità per il primo ministro e il favoloso Harry Potter…” Osservò distrattamente. “Non devi preoccuparti per me, Thomas. Ho le spalle coperte.”
Tom fece un breve cenno d’assenso.

Le spalle coperte… significa che non agisce da solo. Non si può essere così tranquilli, ad agire in solitaria. A meno di non essere totalmente avulsi dalla realtà.
Possibilità che non escludo… Questa storia della sciarada, degli uomini-serpente e del gioco dell’oca è da folli…
“Parlo il serpentese.” Disse a bruciapelo. L’altro ragazzo rimase in silenzio, poi assentì.
“Certo, lo parli. Ma non ti servo io per una conferma, no?”
“Perché lo parlo?”
“Beh, dei del cielo… perché ne sei in grado!” Rise.

Tom tirò fuori la bacchetta dalla tasca della giacca. Gliela puntò contro. Non si premurò neanche di vedere se l’altro era armato. “Perché?” Chiese di nuovo. 
Il ragazzo alzò le mani, quasi volesse fargli intendere che era disarmato. Non ci credette neppure per un secondo. “Ti sei documentato su Tom Riddle?” Gli chiese invece.
Tom fece una smorfia: non avrebbe smesso con i suoi giochetti mentali neanche sotto minaccia di una bacchetta, era evidente. “Sì. Tom Riddle era Lord Voldemort prima che diventasse un mago oscuro…” Rispose atono.
“Esattamente. Non lo sapevi?”
“Lo conoscevo solo con il suo pseudonimo.” Ribatté. Sentiva la rabbia crescere, montare lentamente, ad ondate. Era una cosa a livello profondo. Quel ragazzo riusciva sempre a farlo sentire estremamente vicino a perdere il controllo, come nella Foresta, con quel Naga. “Cosa c’entra questo con me?”
“Tom Riddle era un rettilofono.”

Tom fece una risata secca, sgradevole persino alle sue orecchie. “E con questo, dove vuoi arrivare? Non vorrai farmi credere che ho a che fare con lui…”
“Coleridge lo credeva. È questo il motivo per cui ti rapì. Pensava di crescerti come un novello Signore Oscuro. Non è divertente?” Sorrise. Tom si sentì soffocare. La stanza era grande e spoglia, ma lui si sentiva oppresso come in uno sgabuzzino buio e polveroso.

Si impose di restare dov’era: non gliel’avrebbe data vinta.
“Non lo è affatto…” Sibilò. “Cosa credeva, che fossi il suo erede?”
“Era pazzo, su questo non c’è alcun dubbio. Ma bisogna ammettere che hai parecchio in comune con uno dei maghi più geniali e terribili di tutti i tempi…” Indicò attorno a sé con un cenno esplicativo. “Sei brillante, intelligente, incredibilmente dotato. Nel tuo caso l’espressione la magia gli scorre nelle vene è perfettamente calzante. Già a sei anni sapevi controllare la magia accidentale in modo ammirevole, considerando che, appunto, è accidentale. Sai che anche Tom Riddle ne era capace?”

Tom si sentì qualcosa di spiacevole all’altezza della nuca. Come uno stiletto gelido.
“Come fai a saperlo…?”
“Di Riddle? C’è scritto in qualsiasi libro di Storia della Magia… Certo, alla voce Voldemort.”
“No.” Ringhiò. “Di me.”
Il ragazzo scrollò le spalle con orribile noncuranza. “Te l’ho detto. So molte cose di te.”  
Tom gli lanciò un’occhiata feroce. Alla rabbia adesso si mischiava l’angoscia.

Ridicolo. Cerca di mettermi dubbi che neppure sussistono. Non ho nulla a che fare con Voldemort. Nulla.
“Voldemort è morto anni prima che io nascessi. Il mio rapitore era un pazzo mitomane. A chi mi ha rapito? Da dove vengo?”
“Una cosa per volta, Thomas. Ricordati chi conduce il gioco qui…”
Tom emise un ringhio frustrato. Non gli avrebbe mai risposto direttamente. Ebbe l’impulso di afferrare la bacchetta e…

Inspirò lentamente.
E cosa? Vuoi torturarlo? Estorcergli informazioni?
Oh, avrebbe voluto. In quel momento si rese conto che avrebbe fatto di tutto per essere in possesso di quelle risposte.
Il ragazzo sorrise, quasi avesse indovinato i suoi pensieri.
Tom non ce la fece più. Il suo autocontrollo aveva un limite.
Sentì di nuovo quel fuoco, un fuoco liquido, scorrergli nelle vene. Era la sua rabbia. Si alzò in piedi, di scatto, puntandogli la bacchetta contro.
Non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo che si trovò a terra, senza fiato.
Senza riuscire a respirare.
Cercò di incamerare aria, ma non ci riuscì. Era come se qualcosa impedisse ai polmoni di farlo.
Il ragazzo aveva la bacchetta puntata contro di lui. Quando l’aveva tirata fuori?
Poi se ne accorse: il ragazzo non era più tale. Era un uomo adulto, dai capelli dello stesso biondo sporco, solo rasati. Aveva il fisico alto, ben piazzato. L’uniforme che indossava era tesa fino allo spasmo e le cuciture in più punti erano grossolanamente strappate.
“Non farlo mai più…” Sillabò con gentilezza terrificante. “Non sei ancora in grado di tenermi testa, bambino…” Lo guardò con palese scherno, poi agitò la bacchetta.
Thomas sentì l’aria riempirgli i polmoni. Tossì un paio di volte, mettendosi a sedere. Ci vollero un paio di minuti perché riuscisse di nuovo a parlare.
Un incantesimo non verbale… Non è un mago comune.
“Questo… è il tuo vero aspetto?” Chiese lentamente. Si sentiva il respiro ancora spiacevolmente compresso.
L’uomo fece un sorrisetto. “Bingo. Se il tuo scatto d’ira era tutto un artificio per smascherarmi, tanto di cappello. Quando decidi di giocare, giochi pesante …” Assunse di nuovo il suo aspetto adolescenziale, con aria divertita. “Su, alzati.”

Tom si tirò in piedi, appoggiandosi alla sedia. Ne ebbe necessità, per quanto fosse umiliante. “Voglio un altro indizio…” Sussurrò. “Dammi un altro indizio.”  
Ormai era chiaro. Quell’uomo aveva il coltello dalla parte del manico. Le regole le dettava lui e finché non avesse capito come aggirarle, come metterlo sotto scacco, era costretto a rispettarle.
Quello sorrise. “Un indizio… Va bene. Ti consiglio di seguire le lezioni di Trasfigurazione. È una materia profondamente fraintesa in Inghilterra.”
“Trasfigurazione?” Si morse l’interno della guancia. “Perché?”
“Perché è grazie ad essa che sei nato. Dovrebbe interessarti, no?”

 
****
 
Nei pressi della Torre di Astronomia.
Dopocena.
 
Albus aveva perlustrato l’intera scuola. Beh, non proprio tutta naturalmente, ma buona parte.
Aveva letteralmente setacciato tutti i posti in cui pensava potesse essere Thomas.
Dal dormitorio, dove aveva incontrato Loki che con un cinismo impressionante si stava organizzando per vendere i barili di whiskey ai Grifondoro, fino alla biblioteca.
La giornata stava volgendo al termine e le prime stelle apparivano sul soffitto meteoropatico della Sala Grande. I genitori se n’erano andati. Gli studenti avevano cenato, lui compreso, e il portone della scuola era stato chiuso. Lentamente Hogwarts riprendeva i suoi ritmi; tutto faceva presagire una notte tranquilla.
La cosiddetta quiete dopo la tempesta…
E Thomas, naturalmente, era introvabile.
Si fermò di fronte alla Torre di Astronomia. Era l’ultima opzione, pensò con un sospiro.  
Salì la ripida scala a chiocciola, ben attento che nessuno lo vedesse: tra poco sarebbe scattato il suo coprifuoco e senza la sua spilla da prefetto rischiava un rapporto disciplinare.
Arrivò all’ultimo piano, battuto da una brezza gelida perché aperto. Si strinse le braccia attorno al petto, sbuffando insofferente.
Era una notte serena. La luce della luna illuminava lattiginosa la stanza.
Appoggiato al parapetto c’era Tom.
Sospirò di sollievo, avvicinandosi. Vide che teneva sul braccio il proprio famiglio, il corvo Kafka.
“Tom?”
Il ragazzo si voltò. Aveva un’espressione indecifrabile. Indossava ancora il cappotto di quel pomeriggio e aveva i capelli arruffati, ma tutto sommato sembrava stare bene.

“Al…” Rispose. “Non dovresti essere in infermeria?”
Il ragazzo sorrise. “Scappato.”

Tom ricambiò appena il sorriso, lasciandolo avvicinare. Al si appoggiò al parapetto, guardando verso il lago nero. Era una notte limpidissima. Era incredibile pensare che solo poche ore prima avevano rischiato la vita.
“Che stavi facendo?” Chiese. Tom passò due dita sul dorso del corvo che gliele becchettò affettuosamente.
“Alicia mi ha mandato una lettera… o meglio, ha risposto a quella che ho mandato a casa tre settimane fa.” Spiegò.
Al annuì. Solo Alicia mostrava curiosità verso il mondo del fratello, ed era l’unica a mantenere la corrispondenza durante il periodo scolastico.  
Tom aveva un rapporto strano con i suoi: non ne parlava mai, a tal punto che un giorno Nott gli aveva chiesto se non fosse orfano. Eppure, quando al terzo anno Michel si era lasciato sfuggire un’offesa contro i babbani, Tom gli aveva spedito una fattura che l’aveva costretto a girare per due settimane con due gigantesche orecchie d’asino.
C’erano voluti sei mesi prima che Michel gli rivolgesse nuovamente la parola.
Ma da allora era stato chiaro a tutti che, sebbene Tom non parlasse mai della sua vita coi babbani, ciò non significava che li trovasse stupidi o, come aveva detto Michel, primitivi.
Tom vuole bene alla sua famiglia… ma essere a Serpeverde, che ha un’affluenza di purosangue quasi imbarazzante, ti spinge ad evitare di far sapere in giro che hai un cellulare e sei appassionato di rock babbano.
“Come sta Alicia?” Sentiva che non era il caso di parlare quel pomeriggio. Non subito almeno. Tom aveva lo sguardo fisso su Kafka e non l’aveva guardato in faccia neanche una volta.
“Bene direi…” Fece un sorrisetto. “Si è trovata il ragazzo.”
“Come suo fratello…” Scherzò, cauto. Si rilassò quando vide Tom sorridergli e lanciargli un’occhiata, breve ma abbastanza rincuorante.

“La situazione è un po’ diversa.” Commentò, tendendo il braccio al di là del parapetto. La cornacchia spiccò il volo, sparendo tra la fitta boscaglia della Foresta Proibita.
Al sospirò: sentiva che qualcosa non andava con Tom. Di nuovo. Era frustrante ammetterlo, ma sembrava si fosse chiuso in se stesso. Ancora.
“Non proprio…” Obbiettò. “Anche noi stiamo assieme.”
“Alicia può portare a casa il suo ragazzo. Io porto a casa mio cugino.” Ribatté, appoggiandosi accanto a lui. “Come vedi, è diverso.”
“Non siamo davvero cugini.” Replicò, quieto, anche se si sentiva un nodo alla gola. “Vuoi rimangiarti quello che è successo stamattina?”
Tom si irrigidì e poi con suo grandissimo sollievo, scosse la testa. “No.”
“Bene, perché ti avrei buttato di sotto.” Scherzò. “Stai bene?” Chiese poi. Non ce l’aveva fatta. Aveva bisogno di sapere come stava.

Tom esitò. Sembrava in preda ad un grosso conflitto interiore, da come si morse un labbro.
“Sto bene.”
“Risposta sbagliata. Ti sei guardato allo specchio? Anzi, sei passato in bagno a darti una sistemata?”
“No.” Adesso sembrava infastidito. Decise di fregarsene.

Se non avessi deciso di fregarmene la sera in cui ha fatto rissa con Michel, stamattina mi sarei svegliato di nuovo in una stanza vuota.
“Avresti dovuto.” Lo riprese. “Senti… quello che ci è successo avrebbe mandato in crisi persino un auror. Abbiamo rischiato la vita…”
Tom serrò le labbra in una linea sottile. “No.” Disse. Fissava un punto indefinito della foresta con ferocia. “Non ci avrebbero ucciso.”
“Come fai a saperlo?”


Tom non si riteneva un idiota. Sapeva che Al stava cercando di capire cosa stesse combinando. E lo conosceva abbastanza per sapere che non si sarebbe fermato davanti ad un semplice ‘sto bene’. Albus Severus era uno dei tipi più determinati che conoscesse, quando c’era qualcosa che stuzzicava la sua attenzione.
E lui era un argomento sufficientemente interessante, se ne rendeva conto.
Specie alla luce dei nuovi avvenimenti nella sua storia personale.
Trasfigurazione… il modo in cui sono nato.
Ridicolo. Cosa c’entra la trasfigurazione con la nascita di un essere vivente?
Potrei capire pozioni, esistono pozioni per favorire il parto, o per guidare una gravidanza.
Ma trasfigurazione…
Ancora domande. Maledizione.
 
“Tom?”
Si accorse che Al lo stava guardando. Si concentrò per servirgli una spiegazione convincente. Non era semplice: alla fine si risolse a dirgli una mezza verità.
“Non volevano ucciderci, altrimenti l’avrebbero fatto. E… li ho sentiti parlare.” Si sentì disgustosamente ansioso, all’idea che Al potesse reagire male. Ma continuò. “Non serve che ti spieghi cosa significa, vero?”
Al si morse l’interno della guancia. Sembrava pensieroso, ma non disgustato. La cosa gli diede un sollievo enorme, con suo grande imbarazzo. “Sei… un rettilofono?” Chiese.
Si limitò ad assentire. 

“Da quanto lo sai?”
“Da oggi?” Replicò ironico. “È la prima volta che avevo a che fare con dei rettili. Abito nel Surrey, non nella foresta amazzonica. E odio gli zoo. Fai i tuoi calcoli.”
Al assunse di nuovo quell’aria pensosa. Rifletteva molto, per avere fenotipo Potter marchiato nelle vene. “Devi dirlo a papà.” Decretò infine.

Tom fece una smorfia, cercando di non mostrarsi troppo insofferente. “Non credo sarebbe una buona idea…”
Non è neppure riuscito a sapere da chi sono nato. Ho dovuto fare un patto con un uomo equivoco, e presumibilmente pericoloso per avere la possibilità di capirci qualcosa.
“Perché no? Potrebbe fare delle ricerche. Forse ha a che fare con la tua nascita…” Suggerì. “Forse… anche uno dei tuoi genitori era rettilofono. Si passa per discendenza, no?”
“Sì, ma questo non c’entra niente. I rettilofoni non hanno l’obbligo di registrarsi al Ministero, quindi potrebbe cercare ben poco.” Lo scoraggiò da ulteriori speculazioni. In quella storia Albus non doveva entrare. Affatto.

E se devo coinvolgere zio Harry per tenerlo buono, lo farò…
A modo mio, naturalmente.  
“Devi parlarne con papà…” Ripeté Al. “Davvero, devi farlo. Essere un rettilofono non è una cosa così terribile. È solo… beh, rara.” Cercò di incoraggiarlo, intuendo che forse era quello uno dei problemi che lo angosciavano maggiormente.
Tom non rispose. “Gli spedirò un gufo…” Promise invece.
Poi lasciò parlare la sua voglia di non pensare a nulla. Lo afferrò, tirandoselo contro.
Al non oppose resistenza, anzi rispose all’abbraccio senza esitazioni, seppellendogli il viso contro la stoffa spessa del cappotto.
Dopo un po’ però, tirò un lieve sospiro. “Non per fare il guastafeste Tom… ma tu hai il cappotto, io no. Sto morendo di freddo.”
Tom sbuffò. “Allora muori…” Decretò.

Al, esasperato, cercò di tirargli un pizzicotto sul fianco, che lui però intercettò subito, afferrandogli la mano. Non ci pensò neppure troppo, prima di intrecciare le dita alle sue. Albus rispose alla stretta, forte.
“Sai, basta chiedere.” Disse, alzando la testa con un sorrisetto inquietantemente saputo. “Al, voglio rimanere ancora abbracciato a te…” Cantilenò.
Tom sentì curiosamente le guance scaldarsi. Non replicò, del resto ci aveva preso in pieno.
Era ridicolo come in lui si agitassero sentimenti tanto contraddittori, riflettè mentre lo stringeva meglio: se da una parte desiderava allontanare Al e occuparsi solo di sé stesso, dall’altra desiderava Al, solo per sé stesso. Perché quei momenti con lui erano assolutamente perfetti.
Momenti in cui le preoccupazioni, i sensi di colpa, tutto, semplicemente spariva.
Come quando da bambini si spingevano lontanissimi da casa, attraverso sentieri a malapena battuti. Erano completamente soli e il mondo era ai loro piedi.
Momenti perfetti. E adesso erano tornati, sebbene sotto una forma diversa.
Tutto cambia. A volte in peggio. A volte, in meglio.
“Tom…” Lo richiamò.
“Mhh. Che c’è adesso?”

“Devi promettermi che se fossi nei guai…” Inspirò. “Devi promettermi che se le cose andassero veramente male, mi chiederai aiuto.”
“Chiederti… aiuto?” Cercò di non fare una faccia troppo sbalordita. I Potter erano dei gran permalosi. Persino Al, che era il più controllato.
Al infatti sbuffò. “Invece dovresti farci un pensierino. Sono ben ammanicato dopotutto. Sai, sarei tipo il figlio del Salvatore del mondo magico…” Ridacchiò.   

Tom lo guardò, cercando di capire se avesse intuito qualcosa. I suoi occhi scintillavano di una luce maledettamente seria.
“Non sono nei guai…” Sondò il terreno. “I Naga sono stati presi e il colpevole arrestato. È tutto finito.”  
“Lo so, lo so. Ma tu prometti.”
Tom esitò, poi si limitò ad un semplice cenno di assenso.
Al decise di farselo bastare. Per il momento.
 
Vorrei che questo momento non finisse mai,
dove tutto è niente, senza di te.
 
 
****
 
Note:
Questa è una piccola raccolta di drabble che ho fatto per Natale. È una raccolta di missing-moments che proprio non riesco a far entrare nel continuum della storia. Dateci un’occhiata, se vi va.
 
  
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