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Autore: miseichan    30/12/2009    6 recensioni
L'amore: libero, bello, entusiasmante, eccitante, e chi più ne ha più ne metta. Esiste però anche l'amore colpevole: quello che allo stesso tempo ti logora e ti rapisce, quello che nessuno crederebbe mai di voler provare e che rapisce involontariamente ed irrecuperabilmente. L'amore che, se possibile, rende la persona amata irresistibile per l'aggettivo che vi si associa: proibito.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3 colpevoli

 

Colpevoli amanti

 

Quarantadue giorni prima

 

Elisa aprì la porta della cucina sbuffando.
La madre era ai fornelli e sentendola entrare la salutò allegramente.

Lei rispose con un verso più simile ad un mugugno e lasciata cadere a terra la borsa con i libri si sdraiò di schiena sulla panchina.
Le si chiudevano gli occhi, non che avesse fatto chissà cosa: normale giornata da studentessa universitaria, ma era particolarmente sfinita.
Le piaceva molto studiare, per quanto strano potesse sembrare: lo studio era per lei come un luogo sicuro, in cui si rifugiava, conscia di essere lei a guidare il gioco.
E quella mattina non era successo niente di speciale od entusiasmante: a spossarla era stata la faticaccia che aveva fatto sforzandosi di non lasciar abbassare le palpebre mentre il professor Gargianti faceva la sua spiegazione.
Era un ometto che raggiungeva appena il metro e cinquanta, con i capelli bianchi ed arruffati e gli occhiali a fondo di bottiglia.

Le ricordava uno gnomo, ma non era uno di quelli buoni e coccolosi, era uno gnomo di quelli acidi e scorbutici.
Più di una volta aveva fantasticato di saltargli ripetutamente sulla testa e di seppellirlo così, lasciandogli fuori solamente il naso per respirare: la bocca non gli serviva.
Elisa non metteva in discussione che fosse un bravo professore, preparato sulla sua materia; ma era sicura al cento per cento che non fosse in grado di insegnare ai giovani: l’obiettivo dovrebbe essere quello di accendere nelle nuove menti un forte desiderio di apprendere, quella sottospecie di nano invece riusciva egregiamente solo a spegnere anche quell’ultimo barlume di intelligenza che i molti conservavano gelosamente. 
Stava per darla vinta alla stanchezza quando si ritrovò il viso festoso della madre a pochi centimetri dal suo.
- Tesoro! Com’è andata oggi? -
Elisa represse uno sbadiglio e si alzò a sedere, strofinandosi gli occhi guardò la madre che con le mani sui fianchi la studiava impensierita.

Fece una smorfia e rispose:
- Tutto bene, come al solito. Solo che questa volta non ho retto alla spiegazione del Gargianti e ora devo chiamare Marta, sperando che almeno lei abbia preso qualche appunto vagamente sensato -
La madre annuì con fare comprensivo e con un sorriso le chiese se avesse voglia di un caffè.

Elisa acconsentì indolentemente e ridacchiò fra sé ripensando alla scena di quella mattina: quando Luigi, seduto al suo fianco, le aveva bisbigliato:
- Ho appena ingurgitato un pacchetto di poket coffe, perché non mi risveglio improvvisamente dal torpore come quelli della pubblicità? -
Aveva coperto la bocca con la mano per non lasciar intravedere al professore il suo divertimento, ma quando Marta da dietro aveva risposto:
- Semplice: niente è più forte del potere soporifero di Gargianti, io dico che è Morfeo in incognito! -
Non era più riuscita a trattenere una risata.

Aveva ricevuto un’occhiataccia dal professore ma se ne era altamente infischiata: almeno lei aveva dimostrato di essere viva, cosa alquanto discutibile per quanto riguardava il resto degli studenti.
Prendendo la tazza di caffè dalle mani della madre le cadde l’occhio sull’orologio e la posizione delle lancette la fece sobbalzare: doveva sbrigarsi a chiamare Marta o rischiava di sentirsi rispondere dal padre che era andata a studiare in biblioteca, che poi era il nuovo nome dato alla camera del suo ragazzo dove di certo non avrebbero studiato.

Si alzò per prendere il telefono ma non appena ebbe poggiato le dita sul cordless fu fermata dalla madre che scosse la testa ansiosamente:
- E’ occupato: Viviana -
Diede quella come unica spiegazione: il nome della sorella.

Elisa sospirò e si diresse verso la sua camera, trascinandosi dietro la borsa.
Si accasciò davanti alla scrivania e iniziò a borbottare: Viviana!

Da più di un mese non faceva altro che parlare di quel nuovo ragazzo, incessantemente… sempre, solo ed unicamente di lui.

E quando non parlava di lui, era solamente perché stava chiacchierando con lui al telefono: dialoghi infiniti e sconclusionati che era arrivata ad odiare con tutto il cuore.
Un pomeriggio che Elisa era particolarmente nervosa, aveva tentato di fare una carognata alla sorella: aveva cercato di convincere la madre a proibirle di usare il telefono usando a proprio favore le bollette salate, ma non aveva ottenuto niente. La madre infatti se ne era uscita con discorsi romantici e sdolcinati su come fossero carini assieme quei due e per concludere in bellezza aveva fatto una bella predica ad Elisa perché lei non stava mai con nessuno per più di due settimane.
Stava ancora rimuginando quando la porta si aprì lasciando entrare Viviana, ancora attaccata al telefono:
- No, attacca tu. No tu. Tocca a te! -
Elisa nascose il viso fra le mani, ponderando l’idea di attaccare lei: avrebbe fatto un favore a tutti così.
Come odiava quelle conversazioni mielose!  
Non aveva mai fatto qualcosa del genere con nessuno dei suoi ragazzi, e ne aveva avuti tanti…
Dopo qualche altro minuto di “No, tu” Elisa sentì il clic che indicava la conclusione di una chiamata e piegò la testa all’indietro per osservare la sorella seduta sul suo letto: era tutta sorridente, con gli occhi che trasudavano eccitazione.

Elisa non riuscì a non ricambiare il suo sorriso, nonostante non ne contraccambiasse la felicità.
Viviana si lasciò cadere all’indietro sul materasso con un sospiro di pura gioia:
- Eli! Quando ti deciderai ad incontrare il mio Stefano? -
Elisa avvicinò la sedia al letto ed allungò le gambe accanto a quelle della sorella.
Non le andava per niente di incontrarlo: non aveva mai voluto conoscere nessuno dei ragazzi della sorella e per altro Viviana non glielo aveva mai chiesto, quello era il primo per cui insisteva tanto. Viviana percepì la contrarietà della sorella ma non si arrese, e anzi si alzò a sedere, come per fronteggiare meglio la discussione:
- Eli, per favore! E’ importante questa volta! Ci tengo a che tu lo conosca. Che dici di un caffè tutti assieme più tardi? -
Elisa scosse la testa: no, preferiva studiare.
Distolse lo sguardo dagli occhi supplicanti della sorella: ma che le importava del suo parere?

Mica se non le fosse piaciuto lo avrebbe lasciato o sarebbe minimamente cambiato qualcosa?
Viviana emise un sospiro di impazienza:
- Ma perché sei così testarda? Dai, oggi non devo neanche fare praticantato all’ospedale, vieni con noi! Non puoi nemmeno usare la scusa che già non lo sopporti, non sai niente di lui: lo so che non mi ascolti quando farnetico di lui! -
Aggiunse quasi fosse una minaccia.

Ad Elisa venne da ridere: aveva perfettamente ragione, non sapeva niente di quel tipo.

Cercò velocemente qualche informazione su di lui che poteva aver immagazzinato casualmente e le venne in mente come puzzasse la sorella quando tornava da un appuntamento con lui. Sorrise trionfante:
- E’ un fumatore. Lo sai che non sopporto il fumo -
Viviana rimase un attimo sorpresa da quell’affermazione, poi però tornò a sorridere:
- Allora ti prometto che mi impegnerò a non fargli accendere nemmeno una sigaretta mentre ci sei anche tu. Ora non hai più giustificazioni: ci vediamo fra un’ora al bar all’angolo, puntuale! -
Detto questo Viviana si alzò e si avviò alla porta, ignorando la smorfia di disappunto della sorella. Prima di uscire la sentì dire:
- Almeno facciamo ad un bar che mi piace: quello vicino all’università! -

 

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