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Autore: Paloma    05/01/2010    3 recensioni
Draco/Nuovo Personaggio (Isobel Victoria Lovett)
"Io e l'amore non siamo compatibili, perché io e Draco lo siamo di più."
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Nuovo personaggio, Theodore Nott
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Capitolo 11

“Signorina Lovett, potrebbe essere così gentile da prestare attenzione?” tuonò la McGranitt.
Alzai gli occhi dal libro che stavo leggendo e la fissai vacua; lo richiusi, senza lo scatto secco che avrei potuto, e fissai persa la lavagna piena di scritte, nella calligrafia severa della professoressa.
“Si sente bene?” mi chiese interdetta dal mio comportamento.
Continuai a perdermi nei meandri dei suoi ghirigori e annuì. Lei mi scrutò non troppo convinta, poi lasciò perdere e riprese a spiegare da dove si era interrotta.
Lasciai l'aula più lentamente possibile, aspettando di essere l'ultima ad uscire.
Camminavo tenendo il naso incollato al libro che non avevo potuto leggere durante la lezione. Fu inevitabile scontarmi con qualcuno. Una mano mi aiutò ad alzarmi.
“Come stai?”
Mi domandai mentalmente di quale colpa mi fossi macchiata, per aver avuto la sfortuna di incappare proprio in lui.
“Sto bene, Nott.”
Non era cambiato per niente. Sempre troppo premuroso, avido di conversare e studiare le persone.
Mi divincolai dalla sua presenza e continuai a camminare e leggere. Giunta nella Sala Grande, non feci caso alle disposizioni delle tavolate, e quando alzai di fuggita gli occhi dal libro, notai impassibile che Hermione Granger mi fissava stranita. Anzi a dir la verità l'intera casa dei Grifondoro mi guardava sorpresa. Come se nulla fosse iniziai a mangiare, ignorando soprattutto le maledizioni lanciate sul mio collo dai Serpeverde dietro di me.
Immaginai Weasley e Potter , scambiarsi veloci occhiate e comunicare a gesti, mentre la Granger li ammoniva di non essere maleducati.
“Ehm... scusa, tu sei Isobel, giusto?” tentennò la ragazza.
Gli prestai attenzione.
“Si dice così in giro?” le chiesi atona.
“No, certo che no... cioè, per la verità, non credo si parli del tuo nome... ecco, vedi, io volevo soltanto...” balbettò, andando nel panico e rivolgendo sguardi carichi di apprensione ai suoi amici.
“Si, sono Isobel” le risposi con un sospiro, stanca.
Sembrò riprendere colore e sollevata disse, eccessivamente espansiva: “ Che libro stai leggendo?”
Voltai la copertina verso di lei.
“Ma è un libro Babbano!” esclamò quasi indignata.
“Tu fai distinzione tra libri Babbani e magici?”
“Bé, no assolutamente.”
“Allora perchè dovrei farlo io?”
“Perchè... perchè tu sei una Serpeverde!”
“E quindi, Granger? Non ci ritieni forse degni di leggere anche i tuoi libri?”
“Veramente, Lovett, siete voi a disprezzare tutto ciò che non appartiene al mondo dei maghi” si intromise Potter.
Notai subito che, al contrario degli altri due, conosceva il mio cognome.
Lo guardai come si guarda qualcuno che ti ha appena chiesto l'ora.
“Quanti di noi Serpeverde conosci, Potter?”
“Tutti, Lovett. Non passate certo inosservati” rispose, ridacchiando.
“Sbagliato: tu conosci solo Malfoy, e neanche tanto.”
“Pff, Malfoy. Lo conoscono tutti.”
“Cosa sai di lui?”
“Il necessario per odiarlo. Non si rende certo sopportabile” ride ancora, questa volta lanciando un'occhiata agli amici, per contro se la sua battuta avesse sortito l'effetto sperato.
“Quante parole vuote. Non fare il paraculo, Potter. Ti si addice, certo, ma non approfittarne.”
“Dì un po', signorina mi-siedo-ai-tavoli-altrui, cosa vuoi da noi?” abbaiò Weasley.
“Sino a prova contraria siete stati voi a rivolgermi la parola per primi. Io non volevo e non voglio niente dai Grifondoro. Chiedete pure alla Granger, lei vi dirà che nel regolamento non è vietato pranzare ai tavoli di altre case, perciò ho tutto il diritto di stare seduta qui.”
“Hermione?” chiese Ron.
“Ha ragione” ammise lei con un sospiro.
Il rosso si eclissò di scena, affondando lo sguardo nella sua zuppa, rosso in volto, mentre le Granger mi guardava imbarazzata e Potter si era voltato a scrutare Malfoy dall'altro lato della sala.
“Ora perdonatemi, ma devo proprio andare, signori. Mi ha fatto piacere... ecco, si, conversare con voi” dissi falsamente cerimoniosa, alzandomi.
“Scusa la nostra invasione, Isobel. Non avevamo nessun diritto di farci gli affari tuoi” cercò di rimediare la Granger.
“Hermione Jane Granger, stai chiedendo scusa a un Serpeverde!” le sussurrò, non tanto piano Ron, stizzito.
Prima che la ragazza potesse rispondergli, intervenni a tono: “Weasley, evita di far sì che la tua ragazza diventi come te. Ha più cervello di entrambi voi maschi messi insieme, perciò non impedirle di dire ciò che preferisce, nonostante vada contro le vostre regole di avversione nei nostri confronti. Comunque ti ringrazio per le scuse, Granger. Spero tu sia altrettanto perspicace da capire che i Serpeverde non sono tutti uguali.”
Girai sui tacchi e uscì dalla Sala Grande.

Non avevo mai capito perchè la casata dei Grifondoro venisse definita “culla dei coraggiosi di cuore”, dato che di ciò i suoi componenti avevano ben poco. Nessuno aveva avuto questo famoso coraggio di dirmi esplicitamente che lì, al loro tavolo, non ero affatto gradita. Li definirei più “culla dei codardi di cuore”. Non che noi Serpeverde eccellessimo in virtù, ma almeno avevamo sempre la premura di dire ciò che pensavamo, in modo diretto.
Tenere la mente occupata in simili pensieri non fece altro che incrementare le fugaci immagini di quella mattina nella casa sull'albero.
Parlare in modo diretto, ormai non era che un particolare di poca rilevanza in me.
Malfoy aveva avuto la forza di dirmi che mi stava mollando, così, su due piedi, quando sino alla notte prima aveva speso valorose parole che dicevano di virtù e coraggio, di protezione e futuro.
Era partito quella mattina stessa, ed io ero rimasta raggomitolata con le ginocchia al petto nel mio rifugio invisibile. Quella volta c'era voluto un po' per incidere, tra la materia grigia astratta del mio cervello, il cassetto destinato a Draco Lucius Malfoy. Era difettoso: a volte si apriva senza che me rendessi conto, perchè troppo oliato. Avrei dovuto chiuderlo con la forza e far arrugginire abbastanza la serratura in modo che sarebbe stato difficoltoso anche volerlo forzare con la chiave.
Dal canto suo, Draco sembrava condurre l'esistenza perfetta di pochi mesi prima, almeno solo apparentemente. Lo conoscevo abbastanza da sapere che la mia scappatella al tavolo dei Grifondoro non lo aveva reso più allegro del solito, e me ne compiacevo.
Mai gli avrei rivolto la parola per prima; mai avrei ammesso a lui, che stavo facendo tutto questo in modo che, in maniera casuale, lui mi riparlasse di nuovo.
Non era una questione d'orgoglio, quello era stato messo via da molto tempo ormai, ma sapevo che Draco ancora non conosceva tutto di me, e perciò avrei scommesso che non aspettasse altro che un solo passo falso per potermi dire che ero stata solo un'illusa a credere che, di tutte le ragazze, io avrei potuto ottenere qualcosa di più che un letto.
Parliamoci chiaro, Draco Malfoy non era un mostro senza cuore. Mi aveva difeso nel vedermi in difficoltà, ma aveva sbagliato a pensare di farlo solo perchè geloso che qualcosa di suo venisse danneggiato. Io non appartenevo a nessuno, e se solo non fossi stata così ingenua da pensare (sperare) che mi avesse salvata perchè teneva a me, allora non sarei stata costretta ad essermi seduta a quel tavolo; a fumare due pacchetti di sigarette al giorno; ad aver passato la notte sulla casa dell'albero, ricucendo, con ago e fil di ferro, quel muscolo sanguinante che avevo in mezzo al petto.

Un pomeriggio trovai Pansy in lacrime, piegata in due sul pavimento del bagno. I rubinetti del bagno dei Prefetti avrebbero espulso meno acqua dei suoi occhi.
Quando si accorse di me, che la guardavo dallo stipite della porta, non tentò neanche di ricomporsi, ma, anzi, aumentò l'intensità del pianto.
“Cosa è successo?” le chiesi, cercando di assumere un tono normale. Non mi piaceva vedere le persone piangere.
“Che ti importa?” sbottò lei, mostrandomi due guance rigate di mascara e due pupille rosse.
“Nulla, in effetti; era solo una domanda di circostanza” risposi, mentre le voltavo le spalle e mi incamminavo verso il letto.
“No... aspetta...” la sentì dire fioca.
Ritornai al mio posto.
“Malfoy... mi ha mollata!” singhiozzò senza ritegno.
A quella frase nella mia testa esplosero così tante reazioni, che non seppi contenerle tutte e dovetti scappare via.
Corsi si quando non ebbi più fiato nel polmoni; mi lasciai scivolare per terra, tenendomi il petto con una mano. Respirai a fondo.
Ciò a cui avevo assistito era, e non v'era alcun dubbio in proposito, la mia reazione allo sguardo d'abbandono che Draco mi aveva rivolto poche settimane prima.
Pansy Parkinson straziata dal dolore era il mio alter-ego, se solo io fossi stata così disgustosamente espansiva e sensibile, e non un carcere per emozioni.
Si, ero un carcere di emozioni; un campo di concentramento per i sentimenti diversi, sbagliati, catalogati sotto “allegria, felicità, amore”, ma reietti dalla mia gabbia toracica che li conteneva tutti, li segregava e pian piano li uccideva, lasciando solo uno spazio vuoto e freddo, che era il mio carattere.
Intanto il cassetto “Draco Lucius Malfoy” si dimenava come impazzito, e ciò che conteneva scalpitava in preda alla furia. Fu la nicotina a salvarmi. Alla decima sigaretta tutto si placò, e potei pensare razionalmente; sorridere compiaciuta che lui fosse visibilmente irritato. Colpa mia o meno, non importava. L'importante era che si sentisse nervoso e parecchio irritabile, perchè al primo segno di cedimento, raro ma possibile, io gli avrei sferzato il colpo di grazia e lì avrebbe necessariamente dovuto scagliarsi contro di me.

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Ringrazio di cuore Miss_Slyterin, Dully e la nuova lettrice AlisMitchell per le loro recensioni! Non immaginate neanche quanto mi abbiano fatto piacere. Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto *-*
(Perdonatemi se non vi rispondo singolarmente, ma sono di frettissima!)
Alla prossima! Un bacio:*

  
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