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Autore: Maggie_Lullaby    06/01/2010    11 recensioni
- Ehi, tutto okay? - mi chiede Nick, sfiorandomi la mano.
Mi sento avvampare, mentre annuisco con forza
Perchè non dovrebbe essere tutto okay? Certo, un viaggio a Londra per solo noi due non deve farmi prendere dal panico, non deve assolutamente, figuriamoci!
- Forza, siamo arrivati – continua lui, tenendomi ancora per mano.
Nick e Maggie in una nuova città, nuovi usi, nuove abitudine, ma una cosa uguale a sempre: il loro amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Brothers&Sisters'
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Cosa vuole ancora questa?, forse vi chiederete, e ragazze vi rispondo subito che il mio buon proposito di questo nuovo anno sarà rompervi le scatole all'extremis!

Comunque, senza perderci in chiacchiere inutili, questa è una fic che si dividerà in due soli capitoli.

Il titolo vi ha ricordato qualcosa? Quando ho concluso Brothers and Sisters in molte hanno detto che le sarebbe piaciuto vedere cosa avrebbero combinato Nick e Maggie a Londra ed ecco che mi è venuta l'ispirazione!

Per la prima volta da quasi un anno sono tornata ad usare la prima persona, ma questa fic è un eccezione poiché preferisco di gran lunga scrivere in terza persona e al passato, invece qui scrivo esattamente al contrario, prima persona e al presente! È una sorta di esperimento, spero di aver descritto tutto bene... Questo primo capitolo sarà dal punto di vista di Maggie, il prossimo di Nick.

Buona lettura!!!! <3

London.

[Maggie]

Parte I


Va bene, Maggie, respiro profondo, calmati, va bene? D'accordo, il tuo ragazzo ti ha regalato un viaggio a Londra per soli voi due non c'è bisogno di farsi prendere dal panico.

- Ehi, tutto okay? - mi chiede Nick, sfiorandomi la mano.

Mi sento avvampare, mentre annuisco con forza.

Perchè non dovrebbe essere tutto okay? Certo, un viaggio a Londra per solo noi due non deve farmi prendere dal panico, non deve assolutamente, figuriamoci!

- Forza, siamo arrivati – continua lui, tenendomi ancora per mano.

- Va bene – rispondo incerta, stringendolo mentre l'aereo atterra e a me viene un infarto. Odio volare. Non lo sopporto. Ci sarà un motivo per cui sulla Terra c'è la forza di gravità, e serve per farci restare con i piedi ancorati a terra, non per farci svolazzare in cielo come uccellini.

Il capitano di bordo ci chiede se abbiamo fatto un buon viaggio e ci augura di tornare presto a volare con la sua linea aerea, mentre Nick ed io scendiamo. Io ho solo una piccola borsa, mentre Nick niente, il resto dei bagagli dobbiamo andarli a prendere.

Mi guardo intorno per l'aeroporto inglese, osservando dei gruppi di turisti come noi, che si guardano intorno spaesati mentre famiglie che sono ritornate dalla vacanza girano sicuri, con i loro gilè tipicamente inglesi.

Nick è sicuramente più a mio agio di me, lo vedo che si guarda intorno, tentando di ricordarsi dove si trova il luogo dove si ritirano i bagagli.

Una piccola ruga di concentrazione gli si dipinge sulla fronte.

- Quante volte sei stato qui? - gli chiedo.

Lui si gira verso di me e mi sorride. Sento il mio cuore accelerare i battiti; oddio ogni volta che vedo quel sorriso potrei morire.

- Non lo ricordo esattamente – risponde, cingendomi la vita. -cinque, sei volte... forse di più.

Annuisco, dandogli un breve bacio a fior di labbra su una guancia. È nervoso, forse anche lui per questo viaggio, per un'intera settimana da passare solo noi due. Provo a pensare a Kevin e Maryl, che hanno fatto anche loro un week-end solo per loro a New York e ne erano tornati incolumi, se si esclude il trauma che mia sorella aveva sottoposto il suo ragazzo con il bandi-jumping. Certo, il loro era solo un fine settimana mentre quella fra Nick e me sarebbe stata un'intera settimana, ma particolari.

- Bisogna andare di là – spiega Nick, guidandomi dolcemente, il suo braccio ancora intorno alla mia vita.

Con la coda dell'occhio spio un paio di fotografi che ci stanno scattando qualche foto. Ho come l'impressione che domani finiremo su una rivista scandalistica, di nuovo.

Aspettiamo pazientemente di poter ritirare i nostri bagagli, mentre Nick gioca con una ciocca dei miei capelli. Sorrido e gli passo una mano fra i riccioli ribelli, per poi accarezzargli con una mano il profilo del viso, fino alla bocca, per poi baciarlo ancora.

- Sai di fragola – mormora Nick, fra un bacio e l'altro.

Arrossisco copiosamente e mi stringo a lui, senza rispondere.

Appena possiamo prendiamo i nostri bagagli e ci dirigiamo verso l'uscita. Non appena varchiamo la porta un vento gelido mi colpisce il viso. Mi avevano detto che a Londra faceva decisamente più freddo che in California, ma rimango comunque sorpresa, mentre mi stringo la sciarpa al collo e il giubbotto di jeans.

Non mi tiene sempre per la vita, un paio di occhiali da sole sugli occhi, per nascondersi da eventuali fan.

Ci dirigiamo verso un taxi parcheggiato sulla strada e infiliamo le valige nel bagagliaio.

- Ci porti al Resort Queen Hotel, grazie – indica Nick al tassista, lasciandomi la vita e mettendomi il braccio intorno al collo, mentre io appoggio la testa sulla sua spalla.

Non oso immaginare che hotel sia quello appena citato dal mio ragazzo, conoscendolo avrà esagerato, come suo solito, e prenotato in una sottospecie di reggia dove una stanza per una notte costa all'incirca come un occhio della testa, e il fischio di ammirazione del tassista non fa' altro che confermare i miei sospetti.

- Americani? - ci chiede il tassista, guardandoci dallo specchietto retrovisore, immergendosi nelle strade cittadine.

- Sì – risponde Nick, - dalla California.

Mentre lui e il tassista iniziano a parlare io non seguo più la conversazione e guardo fuori dal finestrino, osservando il paesaggio londinese.

Wow, non immaginavo fosse così bello. La città è ricca di colori, i palazzi hanno un loro stile, impossibile da trovare in una città moderna come Los Angeles.

Il tassista ci indica i vari monumenti man mano che ci passiamo accanto, specialmente il London Eye, il Big Ben e infine ci avverte che stiamo passando sopra al Tamigi.

Nick mi bacia i capelli, sussurrandomi nelle orecchie dove mi vuole portare in questa settimana, mentre io dipingo con un indice dei cerchi sul dorso della sua mano.

Il proprietario del taxi si ferma poco dopo il Tamigi, davanti a un edificio che chiamare bello è un insulto. In effetti mi ero sbagliata, Nick non aveva prenotato in una reggia, ma in un castello!

E' costruito con una particolare pietra grigia, simile a roccia, che gli da' un'aria rustica ma allo stesso tempo elegante, il nome dell'albergo è scritto in oro, con delle decorazioni in bronzo, fuori dal pesante cancello in ferro ci sono due uomini vestiti elegantemente, che rivolgono sorrisi e cenni con il capo a tutti quelli che entrano. All'interno del cancello, davanti all'hotel c'è un meraviglioso giardino, e all'interno una fontana, dentro alla quale vi sono delle statue in puro oro massiccio.

Non riesco a trattenere un sospiro di ammirazione; questo posto è bellissimo!

- Et voila, siamo arrivati! - esclama Nick, osservandomi divertito, devo avere una faccia da pesce lesso stampata sul viso.

- Tu sei pazzo! - lo accuso, indicandolo. - Non puoi aver prenotato qui!

- E invece l'ho fatto, tesoro, ed è meglio che ti ci abitui – mi dice con finto tono minaccioso, strizzando un occhio, - passeremo qui tutte le notti di questa settimana.

Ancora con la bocce mezza aperta sento il mio ragazzo ridacchiare e chiedere al tassista di aiutarlo a prendere le valige, poco dopo sento il rumore di una portiera sbattere e il taxi ripartire.

Afferro la mia valigia, ancora mezza in trance, certo che Nick poteva avvertirmi! Io qui rischio l'infarto!

Divertito dalla mia espressione di puro stupore Nick mi stampa un bacio su una guancia e poi, spingendomi dolcemente con una mano, ci dirigiamo verso l'ingresso.

L'atrio, se possibile, è ancora più elegante di quando mi immaginassi: dal pavimento in marmo sul quale si trova un mosaico di epoca Persiana, che mi ricordo aver visto di sfuggita in un mio libro scolastico di Storia dell'Arte, al lampadario enorme in cristallo posto sopra di esso è tutto estremamente elegante e raffinato.

Ci avviciniamo alla reception, anche Nick sembra leggermente stupito di quel luogo così curato, di certo da come l'aveva visto nei dépliant non sembrava così.

- Benvenuti al Resort Queen Hotel – ci sorride la receptionist, una donna pallida e bionda, - prego, come posso aiutarla?

- Ho prenotato una camera per due al nome di Nicholas Jerry Jonas – dice Nick, mostrandole un documento, mentre io mi appoggio con un braccio sul bancone in marmo, decorato con migliaia di piccole pietre colorate.

La donna controlla sul computer la prenotazione e infine ci sorride amabile.

- Certo, signor Jonas, la stanza è la numero 524, al quinto piano, lasciate pure qui i bagagli, provvederemo noi a portarveli di sopra, ora se volete seguirmi vi mostro la vostra camera, prego – si offre, sempre con un sorriso e un marcato accento inglese, alzandosi dalla sedia su cui era seduta e dicendo a un collega di sostituirla per qualche minuto.

Ci fa strada lungo l'atrio, indicandoci la sala pranzo, la sala gioco, la sala fumatori, la sala lettori e infine la sala della musica. A quel nome vedo Nick sorridere, sono certa che domani sera finiremo casualmente in quella camera.

L'ascensore è, più che altro, una stanza molto grande, fittamente decorata in oro e rifiniture marroni, un po' troppo pacchiano, ad essere sincera, spero solo che anche la suite non sia così.

Arrivati al quanto piano, piuttosto in basso considerando che ce ne sono almeno una quindicina, la receptionist ci conduce lungo un largo corridoio illuminato e dopo pochi istanti ci indica la nostra stanza, che apre con un passepartout ed entra, mostrandoci la camerata.

Trattengo a malapena un sospiro di sollievo, la suite non ha niente a che fare con il resto dell'albergo: delle tende in seta bianca sono appesa alle ampie finestre, che danno sull'ampio cortile e, più in là, Buckingam Palace, le pareti sono decorate con colori caldi, il tutto decorato con dei vasi pieni di fiori, che trasmettono nell'aria un odore dolce.

- Spero sia di vostro gradimento – dice la donna, - per ogni cosa non fatevi scrupoli a contattare la reception, basta schiacciare il tasto 1 del telefono qui sul comodino – continua, avvicinandosi all'uscita. - Spero che vi troviate bene qui al Resort Queen Hotel, buona permanenza – e con quelle parole esce, lasciandoci soli.

Nicholas è fermo in mezzo alla stanza, con le braccia aperte e un'espressione da cucciolo abbandonato dipinta sul bel viso.

Senza nemmeno pensare corro verso di lui e lo stringo forte, baciandolo sulle labbra.

- Nick, è tutto fantastico, non dovevi, davvero! - sussurro fra un bacio e l'altro.

Lui mi ignora, mi prende in braccio e in una scena molto da film mi posa sul grande letto della stanza, un matrimoniale nel quale ci starebbero quattro persone e anche comodamente, con cuscini morbidi e soffici.

Non stacco la mia bocca della sua per tutto il tempo, neanche quando sento qualcosa pungermi la schiena, sento solo Nick, il suo respiro, il battito del suo cuore, il suo profumo, le sue labbra sulle mie.

Quando sento nuovamente qualcosa pungermi allontano le mie labbra per un istante, con una piccola smorfia, mettendomi a sedere, controllando sotto le lenzuola cosa ha rovinato quel momento.

- Che hai? - mi chiede Nick, vagamente irritato.

- Qualcosa mi ha punto – rispondo, continuando a cercare sotto le lenzuola. - Ma che...? - estraggo una rosa rossa, purtroppo ormai schiacciata dal mio peso e quello di Nick, e la accarezzo, annusandone comunque l'odore.

Il mio ragazzo arrossisce, imbarazzato.

- Oddio, scusa amore mi ero dimenticato! - dice alzandosi con uno scatto. - Ti sei fatta male?

No, vorrei rispondere, le spine non mi hanno fatto niente, ma non ci riesco. Mi alzo colta da un pensiero improvviso e tolgo il copriletto, presa da un'idea forse sciocca. Guardo e sorrido, avevo ragione.

Sul lenzuolo sono posate centinaia boccioli di rosa, dal ramo lungo, che formano un cuore, ormai sbilenco a causa mia, ma all'interno è ancora chiara la scritta, sempre con delle rose, M+N=Fly with me, my lover.

Sento delle lacrime di gioia scivolarmi lungo una guancia e pochi secondi dopo mi ritrovo di nuovo fra le braccia di Nick, che mi stringe forte, ma con dolcezza.

- Grazie! - dico. - È bellissimo, grazie!

Lui sorride e mi bacia il collo.

- Figurati, per me è stato un piacere – sussurra nel mio orecchio. - Lo rifarei, per te.

A quelle parole mi sciolgo, dio mio, ma dove l'avrei trovato un altro ragazzo così? Dolce, romantico, sensibile, divertente... dove?

La notte è diventata ancora più scura, do' una breve occhiata all'orologio, sono le undici e mezza. Mi sento stanca, il viaggio mi ha spossato.

- Amore, io vado a prepararmi per dormire – gli dico qualche minuto dopo. - Sono stanca...

Nick annuisce, mentre io prendo la mia valigia e la porto in bagno, emozionata. Questa sarebbe stata la mia prima notte vera con Nicholas Jonas, per la prima volta avremmo dormito insieme.

Apro la valigia, mentre le mani mi tremano, e ne estraggo uno spazzolino, il dentifricio, la mia camicia da notte preferita, un regalo che mi ero fatta durante una vacanza a Parigi l'anno prima, a Natale, prima che la mia vita e quella di Nick si incrociassero.

Nervosa mi pettino i capelli, come tutte le sere prima di dormire, non so perchè lo faccio, forse per calmarmi, o forse perchè detesto svegliarmi la mattina dopo con i nodi.

Mi ricordo che quando ero bambina mia madre pettinava sempre sia Lexi che me, cantandoci delle canzoni. Sorrido a quei ricordi così vivi nella mia mente, che sono quasi come un tesoro per me.

Mi sfilo i vestiti del viaggio, li infilo in una cesta su cui vi è scritto “Da lavare” e mi infilo la camicia da notte, sempre tremando.

Passo dieci minuti buoni a lavarmi i denti e mi sciacquo il viso con l'acqua fredda, chiudendo gli occhi.

Esco dal bagno con un sorriso nervoso fin troppo visibile sul viso, Nick ha tolto tutte le rose e le ha poggiate su un grande mobile vicino alla porta, ne annuso ancora una volta una mentre vado a stendermi sul letto, dove mi aspetta lui.

- Non devi andar in bagno? - chiedo, appoggiando la testa sulla sua spalla. Lui guarda le mie gambe lasciate nude dalla camicia da notte, poi scuote la testa come se si stesse riprendendo da una lunga trance e mi sorride amabile.

- Sono andato nell'altro – mi dice, accarezzandomi un braccio e accenna con la testa a una porta che non avevo notato.

Inarco le sopracciglia, wow non ero mai stata in un albergo in cui in una singola stanza, per quanto fosse grande, avesse due bagni.

Nick inizia ad accarezzarmi i capelli, mentre sento un brivido lungo la schiena.

- Domani inizio a farti vedere la città – mi sussurra, - andremo anche al London Eye...

- Ma perchè dobbiamo sempre staccare i piedi da terra quando siamo insieme? - gli chiedo, deglutendo. - Non possiamo rimanere qui al pian terreno?

Lui sorride.

- Ma se saliamo tu ti spaventi e mi abbracci, è questo il fine di tutto, amore – mormora, dovertito.

- Se è per quello possiamo anche evitare – ridacchio, - non ho nessuna intenzione di non abbracciarti più – avvicino ancor di più il mio viso al suo – o baciarti – e le nostre labbra si toccano.

Un altro brivido mi percorre la schiena, un brivido di piacere, di amore.

- Va bene, forse il London Eye lo evitiamo – dice Nick a un certo punto, - però vedremo... magari un giorno ti porterò in cima alla Torre Eifel...

Gli lancio un'occhiataccia mista finta rabbia e divertimento.

- Sei sadico.

- Oui, mon amour, oui – sussurra.

Trattengo il respiro; oh mio Dio, quando parla francese diventa ancora più impossibile tentare di stargli lontano.

Lo bacio, zittendolo mentre sta ricominciando a parlare di torri molto alte su cui portarmi; d'altronde io non gli devo resistere!

Passiamo del tempo così, non so se passano i secondi, i minuti o le ora, so solo che quando le nostre labbra si separano è perchè siamo caduti fra le braccia di Morfeo.

  
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