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Autore: Mokuren    06/01/2010    1 recensioni
Sono passati sei anni dal tradimento di Sasuke e Konoha è nel bel mezzo di una guerra contro il Villaggio del Suono che potrebbe coinvolgere anche i villaggi vicini. Riusciranno Sakura, Naruto e Shikamaru a raggiungere Suna per chiedere aiuto? L'Akatsuki resterà semplicemente a guardare? E infine... Chi detiene veramente il potere a Oto?
*Storia sospesa*.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki, Altri, Itachi, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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11cVERITAS
11. Rivelazioni




Come sogno non era davvero un granché: quattro lucide pareti bianche, asettiche, monotone e nient’altro. La cosa più buffa era che quell’ambientazione monocromatica aveva in sé qualcosa di volutamente artificioso, quasi una sorta di avvertimento sul grado d’irrealtà dell’ambientazione.
Be’, potevo tranquillamente affermare di non essermi mai imbattuta in un cubo bianco dalle pareti quasi luccicanti, quindi sì, al di là di ogni ragionevole dubbio, stavo proprio sognando.
«Congratulazioni, fronte spaziosa». La voce di Ino. L’avrei riconosciuta tra mille anche senza quell’adorabile “fronte spaziosa” di mezzo. Mi voltai di scatto, preparandomi al faccia a faccia con la mia migliore amica-"rivale" di sempre: eccola, appoggiata ad un tavolino apparso dal nulla, in posa del tutto rilassata e con aria da cospiratrice.
«Congratulazioni per cosa?».
«Per essere giunta fin qui, naturalmente», mormorò come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Mi diede poi le spalle con una mezza piroetta e una scrollata di capelli biondi, senza preoccuparsi di fornirmi la benché minima spiegazione.
Mi avvicinai leggermente, finendo col concentrare tutta la mia attenzione sul tavolino su cui aveva iniziato a trafficare: la superficie era interamente cosparsa da corolle scarlatte e da steli di un verde brillante in egual numero. Si rigirò uno di quegli splendidi fiori tra le mani, controllandone la lunghezza del gambo con fare esperto. «Dovrebbero esserci tutti… ». Diede infine un ultimo sguardo a quella distesa di petali e foglie dai colori vibranti, prima di iniziare a scrutarmi con occhio critico.
«Allora … Ricordi tutto?», chiese infine con impazienza.
La fissai stralunata, sbuffando esasperata per l’assurdità della situazione. Oltre a non essere un granché, questo sogno stava iniziando a diventare decisamente troppo criptico per i miei gusti.
«Non so di cosa tu stia parlando». Il tono era stato brusco, ma, nonostante tutto, riuscivo ancora a sembrare la calma fatta persona. Un punto per me.
«Mhh… Il tuo preparato non deve aver fatto ancora pienamente effetto. Be’, non ci resta che accelerare il processo», disse tra sé e sé come se io non fossi affatto presente. Di bene in meglio. Enigmi e indovinelli potevano essere anche divertenti, certo, ma se finivano per riguardarti in prima persona di tutta l’attrattiva rischiava di rimanere ben poca traccia. Un momento… Il mio preparato?
«Tieniti forte». Il tocco inaspettato della sua mano sulla mia fronte bloccò sul nascere il fiume di domande che stavo per riversarle addosso. Già, con mia somma sorpresa, la semplice idea di porre delle domande - probabilmente di urlarle a squarciagola – diventò all’improvviso superflua, del tutto priva di senso. Le risposte, che non sapevo neppure di stare cercando, apparvero all’improvviso come una luce improvvisa e accecante dopo un inconsapevole periodo di buio.
La sensazione, liberatoria e terrificante al tempo stesso, di tutto quel sapere mi diede una leggera vertigine e un vago senso d’euforia e completezza. Un comprensibile effetto collaterale che, all’epoca del mio accordo con Ino, avevo ampiamente messo in conto.
Già, il mio accordo con Ino.
Tentai di riordinare il flusso caotico, troppo veloce, dei miei pensieri: ero in missione solitaria a caccia d’informazioni sull’Akatsuki; l’Hokage era, per il momento, all’oscuro di ogni cosa; Ino mi aveva fatto un parziale lavaggio del cervello – forse fin troppo riuscito - per rendere più credibile la mia copertura; dovevo cercare di sopravvivere alla forzata convivenza con criminali di classe S, studiarli e, nel frattempo, inviare notizie utili al mio villaggio. Dimenticavo: tecnica o non tecnica, la storia del salvataggio in extremis del Jinchuuriki si era rivelata più convincente del previsto. La prova? Be’, era passata al vaglio del capo dell’Akatsuki in persona ed ero ancora viva, no? Naturalmente, se ne avesse espresso il desiderio e Consiglio della Foglia permettendo, avrei senz'altro cercato di aiutare Naruto a liberarsi dal "fardello a nove code". Ma solo a queste condizioni e, di certo, non a quelle dell'Akatsuki.
Un dubbio, una piccola smagliatura, si insinuò per un istante all’interno del mosaico che avevo appena ricostruito. Probabilmente gettarmi in una situazione del genere non avrebbe portato a nulla di buono e forse - d’accordo, quasi sicuramente - avevo preso troppo sul serio le lezioni di strategia preventiva all’Accademia… d’altro canto, reperire informazioni sull’organizzazione era l’unico modo efficace per attutire eventuali danni e, una volta inviata una cospicua mole d’informazioni, sarei di certo riuscita a trovare un modo, uno stratagemma per tornare a casa.
A grandi linee e salvo catastrofici imprevisti, l’idea era quella.
Sì, per l’appunto: l’idea.
Stavo quasi per convincere me stessa della bontà di fondo del mio piano, quando sentii un colpo di tosse. Più colpi di tosse. Suoni che avevo sentito in una vita che sembrava lontana anni luce e che non mi piacquero affatto. Qualcuno nel mondo reale stava soffrendo nell’affannosa ricerca di un po’ d’aria e il mio sogno si stava apprestando a diventare, altrettanto affannosamente, ricordo.
Il medico che era in me, ancora parzialmente sepolto sotto strati di confusione, mi ordinò di aprire gli occhi all’istante.



*****


Quella particolare ala della prigione, apparentemente lasciata in balia dell’umidità e di qualche occasionale ragnatela ben ramificata, aveva senz’altro vissuto tempi migliori. Certo, le torce che illuminavano ad intervalli regolari le diverse celle e la roccia scura che costituiva l’ossatura portante dell’intera struttura erano sicuramente indice di una non ben precisata presenza umana, ma solo osservando con particolare attenzione e facendo correre lo sguardo fino all’estremità del lungo corridoio, si sarebbe potuta notare la presenza di un uomo dal volto parzialmente mascherato intento a divorare - a volte addirittura a rileggere – le pagine di un libro dalla copertina color arancio acceso.
Al di là delle apparenze, Kakashi Hatake non stava semplicemente leggendo, in un posto decisamente insolito, l’ultima opera del più grande romanziere del paese del Fuoco o forse di tutte le terre ninja; certo che no. Stava sorvegliando un pericoloso prigioniero apparentemente addormentato, un criminale di classe S, un suo vecchio allievo, o quello che ne restava, alle prese con dei seri problemi d’identità.
O forse sarebbe stato più opportuno parlare di “coabitazione”.
Un suono secco, quello della copertina rigida di un libro richiusa con uno scatto, pose fine alla recita ormai priva di senso del guardiano distratto e del prigioniero incosciente.
«Sasuke», si limitò a dire il Ninja-Copia, sollevando leggermente la testa a mo’ di saluto.
«Se ne è accorto», rispose dopo diversi secondi una voce proveniente dal fondo della cella.
Si trattava della voce di Sasuke, naturalmente, forse solo più fredda e tagliente rispetto a come la ricordava il suo vecchio maestro.
«Be’, avevo una possibilità su due e, a quanto pare, ho indovinato».
«Per il momento», aggiunse monocorde la voce dentro la cella.
«Già, per il momento… », sospirò Kakashi, scrollando leggermente le spalle. Il silenzio non l’aveva mai infastidito, tuttavia pensò fosse giunto il momento di fare qualcosa per sbloccare una conversazione che aveva tutta l’aria di essere partita col piede sbagliato. Sempre che di conversazione si potesse parlare.
«Forse sarai curioso di conoscere gli ultimi aggiornamenti, visto che ti riguardano in prima persona… Una parte del Consiglio ha fatto pressioni per ottenere una condanna esemplare, ma l’Hokage è riuscita a far prevalere l’opzione “prigione”… almeno per il momento. Hai qualche dichiarazione da fare?».
«Sono giunto fin qui per fare uno scambio, non per marcire a vita in questa segreta», specificò Sasuke, mostrandosi finalmente a soli pochi centimetri dalle sbarre con i suoi consueti occhi rossi.
«Non sei esattamente nella posizione ideale per trattare, ma sentiamo… Che cosa avresti in mente?» domandò lo shinobi mascherato con una punta di moderato interesse nella voce.
«La fine della guerra e informazioni dettagliate sul quartier generale del Suono».
«In cambio di cosa?».
«In cambio di un salvacondotto e di una “cura”».
«In altre parole vorresti liberarti del sannin rinnegato e lasciare questa segreta come se nulla fosse?».
«Esattamente».
Riferirò la tua proposta al Consiglio… », mormorò Kakashi quasi sovrappensiero. «A proposito: la squadra medica si è già permessa di prelevare un campione del tuo sangue», concluse come se nulla fosse, prima di scomparire in una nuvola di fumo grigio, lo stesso colore della roccia su cui era appoggiato solo fino a qualche istante prima.
La solitudine appena ritrovata dal prigioniero finì, paradossalmente, per incrinarsi quasi subito: il rosso nei suoi occhi si spense per qualche istante, come la fiamma di una candela improvvisamente a corto di ossigeno. Non gli rimase altro da fare che  stringere con forza una delle sbarre che lo tenevano separato dal resto del mondo e aspettare. Aspettare che quella risata sinistra e roca sparisse completamente dalla sua testa, possibilmente con la stessa rapidità con cui aveva fatto la sua comparsa.
Del resto, pensò Sasuke sfiorando con la fronte pallida il metallo gelido della sua nuova gabbia, perché preoccuparsi eccessivamente della Serpe? Presto, in un modo o nell’altro, se ne sarebbe comunque sbarazzato.




*****


Forse sarebbe stato meglio continuare a tenere gli occhi chiusi.
Per una manciata di secondi mi trovai nella sgradevole di non sapere assolutamente che fare. Qualsiasi mossa, in una situazione del genere, avrebbe potuto rivelarsi un grosso errore ma… fare finta di nulla era del tutto fuori discussione: sarebbe stato da vigliacchi e anche controproducente per la missione. Aiutare criminali e ricercati non era esattamente in cima alla lista delle mie priorità, ma, considerata la situazione, si trattava di qualcosa che semplicemente andava fatto.
Eravamo forse stati attaccati? No, non c’erano segni visibili di combattimenti da nessuna parte. Diedi un rapido sguardo attorno alla grotta alla ricerca dell’Uomo Squalo: ottimo, nessuna traccia di spade giganti e ghigni appuntiti all’orizzonte.
Riuscii a scorgere solo la persona che avevo visto dopo il mio brusco risveglio: Itachi Uchiha in controluce, nei pressi dell’apertura della grotta, intento ad aspettare la fine di quella che aveva tutta l’aria di essere una crisi respiratoria...
Una crisi? Il mondo aveva forse cominciato a girare alla rovescia?
Mi alzai, attenta a non fare il più piccolo rumore, facendo qualche passo in direzione della persona che avevo ormai deciso di considerare, in maniera ovviamente del tutto unilaterale, una sorta di potenziale paziente.
«Che succede?», mi decisi infine a domandare con una punta di cautela nella voce.
Si voltò verso di me, fissandomi con occhi scuri velati da qualcosa di più profondo della semplice stanchezza. «Sei libera di trarre le conclusioni silenziose che preferisci».
Perfetto. Mi trovavo di fronte a un soggetto decisamente poco “collaborativo”, la specie peggiore in assoluto e, come se non bastasse, non mi erano affatto sfuggite le leggere tracce di sangue attorno alle sue labbra. Pessimo, pessimo segno.
Rimasi per un istante perfettamente immobile, dimenticandomi quasi di far circolare aria nei polmoni. Si stava allontanando, verso la luce intensa che proveniva dall’esterno o verso chissà dove, deciso a non sprecare ulteriori parole per me, la testimone scomoda della situazione.
Bene, visto che l’approccio morbido non era servito a nulla, avrei dovuto tentare con qualcosa di più “convincente”.
Fece solo un paio di passi verso l’uscita, con estrema calma e compostezza, senza la benché la minima fretta. Tutta quell’indifferenza… Non la sopportavo e, soprattutto, non la capivo.
Con irruenza e quasi senza rendermene del tutto conto feci tre, quattro, cinque passi, afferrandolo per un braccio.









Note dell'autrice
* I fiori rossi presenti nel "sogno" simboleggiano tutte le informazioni sigillate da Ino.
@pein10: grazie, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!
@robertuzzabedda: la lentezza negli aggiornamenti (sono un caso senza speranza) è ormai il mio marchio di fabbrica... Grazie comunque per il tuo commento!
Un grazie anche a tutti quelli che stanno seguendo questa storia!
  
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