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Autore: Seshiro_Sama    06/01/2010    0 recensioni
Un mukenin solo, in un mondo sconosciuto, dove tutto quello che credeva vero sta per essere cambiato, grazie a nuovi incontri e nuove scoperte.
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Nuovo Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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i senzagilda

I Senzagilda

 

La stanza che li circondava era ampia e spaziosa e si estendeva in tutta la sua grandezza formando un vasto cerchio allungato; dalla sua nuova posizione Itachi poteva finalmente vederlo quel luogo tanto curioso dove era finito, quel luogo dove aveva ripreso conoscenza accolto dai grandi occhi di Akire, quel luogo da dove sarebbe cominciata la sua avventura di cui egli ignorava ancora l’esistenza.

Il buio e l’oscurità facevano da padroni e le uniche fonti di luci erano costituite dalle tenui fiammelle delle torce fissate lungo le pareti di pietra; era difficile orientarsi, ma lo Sharingan permise all’Uchiha di avere una visione completa di tutti gli elementi intorno a lui: corte e strette finestre con sbarre rigide e ben fissate, robuste colonne scanalate addossate ai muri, un enorme portale di marmo grigio decorato con strani simboli a rilievo e, infine, unico dettaglio che suscitò, più degli altri, l’attenzione del ninja, lei, Akire che, lo osservava dal centro della stanza.

Semplice graziosa era la ragazza; alta e snella, con limpidi occhi castani e fluenti capelli arancioni, il suo abbigliamento era più o meno simile a quello di Itachi: una maglietta sciupata, un paio di pantaloncini rattoppati e degli stivaletti logori e consunti, simbolo di fatica e di duro lavoro.

“Ti sarei molto grata se mi dicessi come ti chiami, per favore;” gli disse la fanciulla con un tono dolce e gentile che rispecchiava la solarità del suo volto; “avrai anche tu un nome, no?”, continuò scherzando.

Egli non tardò a rispondere, non poteva di certo deluderla, “Il mio nome è Itachi, Itachi Uchiha, il piacere è tutto mio; ti ringrazio di esserti presa cura di me per tutto questo tempo, te ne sono grato”.

“Di nulla, non c’è problema.”gli rispose soddisfatta Akire mentre si sedeva a gambe incrociate.

Itachi approfittò della situazione e chiese: “ Dove ci troviamo?, ricordo di essere stato tramortito e di aver perso i sensi, ma perché mi hanno catturato e portato qui?”, concluse voltandosi verso i suoi polsi immobilizzati e indolenziti.

“Quante domande!”, rispose la ragazza quasi divertita, “Ci troviamo in una delle numerose celle di detenzione di Orzhova, la Chiesa degli Accordi; un luogo cupo e isolato, nascosto agli occhi degli altri quartieri di Ravnica; è qui che vengono portati e marchiati i Senzagilda, è il nostro destino e non possiamo farci nulla”.

“Marchiati?”, chiese Itachi, che, ormai, cominciava davvero a non capire più nulla; era stanco e stufo, solo, sperduto, lontano dal suo mondo, in un luogo nascosto, dimenticato, privo di logica e razionalità: gilde capricciose con manie di protagonismo, funzionari corroti e, pure, razzisti, congiure perverse e complotti da telenovelas; “Potrebbe andare peggio di così?” le disse, rassegnato.

“Sì, è la risposta”annuì con tono ironico Akire; “Come a tutti i Senzagilda,”continuò,”ti è stato apportato sulla fronte un simbolo, un marchio, un segno che, ehm…è difficile da spiegare, blocca ogni tipo di energia fisica e psichica all’interno del del nostro corpo, in altre parole, è come se dimeticassi tutto ciò che hai imparato realtivo al combattere; serve a tenerci sotto controllo, lo chiamano l’Anello dell’Oblio.”

“Ora basta, Akire! Gli hai già raccontato troppo; è pur sempre uno straniero! Non ha il diritto di sapere, scoprirà tutto a sue spese” le dissero, adirati, gli altri Senzagilda presenti nella stanza.

L’Uchiha aveva dato loro poca importanza, non si era curato della loro presenza; ricordava le loro voci tristi e turbate, colme d’odio, paura e sgomento, tutti sentimenti provocati da una presenza, una presenza, per loro, nefasta e malvagia, la sua.

“Probabilmente saranno rimasti nell’ombra fino ad ora” pensò.

Strani e bizzarri erano i Senzagilda.

Incappucciati e vestiti di stracci, con sguardi vuoti e spenti, camminavano a stento, zoppicando e trascinandosi a fatica come se portassero un peso immenso di cui non si sarebbero mai liberati.

Non c’erano solo uomini, ma anche altre creature di cui il ninja ignorava l’esistenza e la natura: elfi dalle lunghe orecchie a punta; goblin piccoli, verdi, e, pure, brutti; centauri poderosi e grotteschi minotauri; “Un vero zoo dell’Ibrido” rifletté Itachi scherzoso.

Alti, bassi, gobbi, zoppi, ciechi, biondi, mori, molteplici e differenti erano le caratteristiche di questi prigionieri senza nome; uno ed un solo elemento li accomunava, un elemento cupo e buio come l’oscurità che li avvolgeva, un elemento che l’Uchiha conosceva molto bene: l’Angoscia.

Angosciosi erano i loro volti, gli sguardi, i gesti e le andature; la tristezza dominava i loro cuori così come regnava sovrana sui sotterranei di Orzhova.

Solo Akire sembrava distaccata da quella tetra marmaglia; come la fiamma di una candela arde stoica e vigorosa nelle tenebre della notte, così la ragazza con i suoi occhi e il suo sorriso, rendeva quell’ambiente meno oscuro e tenebroso, “illuminando” anche gli angoli più bui della stanza.

“Lasciatelo in pace,” gridò Akire, furiosa, “non ci farà del male”; esterrefatto, il ninja non intervenne, non avrebbe potuto fare nulla; debole e senza forze, rimase in silenzio.

“Come fai a dirlo? Non lo conosci neppure” le dissero con tono severo e ostile mentre avanzavano lentamente verso di lei.

La fanciulla replicò: “Anche lui è un Senzagilda, come me e tutti voi, non vi permetterò di toccarlo perché  io…”

Non fece in tempo a finire la frase; il portone della cella si aprì con un assordante cigolìo e la stanza fu invasa da un fragoroso rumore metallico, seguito da un immediato “Prendeteli!”

  
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