Come promesso
sono qui!
Un giorno
di anticipo addirittura!
Questo,
lo dichiaro ufficialmente, è il seguito di A Little Big
Love.
Spero non
vi deluda e vi piaccia come il primo.
Io personalmente
non lo so. Ho scritto il primo capitolo e lo posto subito.
Poi … boh!
Vi lascio
leggere!
Ciaociao
Lui.
In questo momento, testuali parole di mia madre, sono uno
zombie.
Un bruttissimo zombie, con occhiaie nere come la pece sotto
gli occhi, magro come uno stecchino.
Non mangio, non dormo, vomito, piango.
Le mie giornate si susseguono in questo modo da due
settimane.
Da quando ho beccato quel disgraziato. Pensava di passarla
liscia, ma non è stato così.
Dio, in questo momento lo odio come non ho mai fatto in vita
mia.
Lo
odio. Lo odio. Lo odio. Lo odio.
Mi ha rovinato la vita, mi ha resa infelice come non ero mai
stata.
Si è preso il mio cuore, l’ha strappato in mille pezzi, non
contento la buttato nel fuoco, l’ha innaffiato di benzina e gli ha dato fuoco.
Ho voglia di andarlo a prendere, riempirlo di calci e non so
cos’altro li farei.
Ricordo tutto con ogni minimo dettaglio, e se ci ripenso,
gli occhi mi bruciano e il cuore sussulta.
Sono masochista. Lo so.
Inizio
Flashback
Era un pomeriggio di giugno, abbastanza soleggiato, normale
per Los Angeles.
Io e … lui avevamo
deciso di portare Isabella in giro, al parco. Si era appena ripresa da una
brutta febbre, ma a trascorrere le giornate dentro casa stava diventando
musona.
Così ci eravamo preparati, avevo messo nel borsone tutto
l’occorrente e preso il cestino eravamo andati a fare il nostro pic-nic.
Al parco c’era moltissima gente. Bambini, adulti, ragazzi,
nonni.
Tutti insieme in famiglia o tra gli amici, proprio come noi
tre.
Avevamo pranzato ridendo e scherzando, poi Rob si era alzato
per andare a fumare. Non gli avrei mai permesso di farlo vicino alla piccola.
Nel frattempo io e lei iniziammo a camminare.
Isabella rideva e batteva le mani, vedendo i cagnolini
rincorrersi e gli uccellini mangiare le briciole di pane.
Era tutto perfetto.
Poi però, avevo iniziato a chiamarlo.
“Rob??Rob??”
Non mi aveva risposto. Ero davvero preoccupata. Era andato
via da una buona mezz’ora.
Ma in mezz’ora si fanno tante cose. In mezz’ora mio nonno
era morto.
Beh … lui non era
morto. No … lui mi stava tradendo.
L’avevo trovato dietro un piccolo bar di gelati. Era avvinghiato
ad una tipa bionda, una che non avevo mai visto in vita mia, ma che lui conosceva sicuro.
Ero scappata via.
Le lacrime che scendevano lungo le guance, bollenti di
rabbia e la bimba che piangeva, schiacciata contro il mio petto.
Avevo preso tutte le nostre … mie … cose, ed ero tornata a casa. Avevo chiamato Ashley, che mi
aveva aiutato a preparare la valigia, e mi ero trasferita da mia mamma.
Fine
Flashback
“Kris?
Sei in camera?”
La voce di Ash mi perfora i timpani. Signore santo come urla
da pescivendola quella benedetta ragazza.
“Si
Ash, sono …”
Neanche il tempo di finire la frase che è già entrata. Tra
le mani stringe non so quanti sacchetti e come se non bastasse riesce anche a
tenere la piccola.
Wow, forzuta la nanetta.
“Vestiti.
Usciamo. Si rimorchia stasera”
Dice, lanciandomi qualche busta.
Si rimorchia? Stasera? Bene, anche lei si è rincitrullita.
“Ash
non so cosa ti sei fumata, ma non ho intenzione di uscire”
Chiaro e diretto, ecco il mio nuovo motto.
“No
cara la mia nonnina, ora ti vesti e usciamo”
Nonnina. Aveva appena detto nonnina a me. Kristen Stewart. A
me.
Beh, dopotutto aveva ragione.
Forse mi mancavano solo le rughe per essere una nonna a
tutti gli effetti.
Le occhiaie ce le avevo e avevo mangiato molto gelato. Scontato
dire che di conseguenze ero ingrassata.
Ma … bel il gelato era diventato l’unica cosa in grado di
darmi piacere.
Con lui mi sentivo amata. Ero buono, dolce e si faceva
mangiare.
Nella mia mente presero vita i momenti che avevo passato con lui.
Dallo scontro con mia padre quando gli avevo detto che ero
incinta a quando mi si erano rotte le acque.
Le lacrime mi riempirono gli occhi, senza che me ne rendessi
conto.
“Kristen
ti prego ritorna in te. Kristen sono Ash …”
Si lo so che sei Ash, pensai. Ma poi aprii gli occhi, che
avevo chiuso involontariamente, e mi ritrovai raggomitolata su me stessa,
mentre mi dondolavo.
Avevo i pugni talmente stretti che dalla mano destra mi
usciva sangue.
Mi ero tagliata con le unghie.
Appena riuscii a rilassarmi un po’ Ash mi circondo le spalle
con le braccia, stringendomi forte a sé. Era la migliore amica che potessi mai
desiderare.
“Forse
sono stata un po’ troppo avventata. Se non te la senti di uscire restiamo qui a
vedere un film”
La guardai smarrita, annuendo con la testa.
Uscire … no, tutto mi avrebbe ricordato lui.
Anche se un giorno sarei stata costretta a farlo.
Isabella era una bambina, che non aveva colpe, e anche lei
aveva bisogno di uscire e vedere il padre.
Facevo finta di niente, ma la vedevo, quando suonavano alla
porta, cercare di vedere chi fosse, sperando fosse lui.
Forse … forse speravo anche io fosse lui.
Speravo che tutto fosse stato un semplice sogno.