THERE’S NO PLACE LIKE
CAPITOLO
IX
Q |
uando Orlando cominciò a risvegliarsi, tenendo
ancora gli occhi chiusi sospirò; sentiva il leggero peso del corpo di Miranda
su di lui e il pensiero di quella che era nuovamente successo lo fece
innervosire. Non poteva continuare così; sapeva benissimo che la storia fra
loro era ormai giunta al termine e che non aveva più senso andare avanti in
quel modo. Non poteva, ogni volta che lei tornava a casa, cadere nella sua rete
lasciandosi sopraffare dall’istinto. Doveva prendersi un periodo di totale
lontananza da lei; doveva chiudere veloce come la luce quella storia e prendere
armi e bagagli, imbarcandosi sul primo volo per Londra, per andare da lei.
Doveva dirle tutto quello che aveva represso in tutti quegli anni, tutto quello
che non aveva mai avuto il coraggio di dirle; riprendere in mano la sua
carriera e avere la propria vita sotto il suo controllo. Il sogno di quella
notte, con il sapore di poter riprendersi tutto quello che si era lasciato
scappare in quegli ultimi due anni, lo aveva fatto sentire libero, sereno e
tranquillo come non lo era da tempo.
Con questi pensieri per la testa, aprì debolmente
un occhio, poi l’altro; notò subito che il soffitto non era quello della sua
casa di LA… eppure era convintissimo che quella sera si fosse addormentato
nella sua villa. Non fece nemmeno in tempo a guardarsi intorno per cercare di
capire dove si trovava, che sentì Miranda muoversi contro di lui, e abbassò lo
sguardo, nello stesso momento in cui si rese conto che uno dei seni appoggiati
al suo petto non poteva essere assolutamente quello della modella; ma questa
considerazione non fu seguita da alcuna domanda, visto che, non appena abbassò
lo sguardo, Orlando si trovò davanti agli occhi il volto addormentato di Juliet,
con la testa appoggiata al suo torace, mentre una mano era posata accanto ad
esso. Il suo viso era disteso e sorridente come se trovarsi tra le braccia di
lui fosse l’unico posto in cui avrebbe potuto stare… l’unico rifugio sicuro.
Orlando, dapprima stupito da quella piacevolissima
scoperta, ripercorse subito quello che era accaduto la sera prima, dove pensava
che il sogno -che sogno alla fine non era- si fosse concluso.
Ovviamente quando erano tornati al tavolo, Sam
aveva guardato Juliet con un sorriso leggermente indagatorio, poi aveva bevuto
un po’ della sua birra.
“Quando sei libera?” le aveva chiesto, pacata.
“Per pranzo, intendo…”
“Perché?” chiese lei, non lasciando la mano di
Orlando, che però continuava a tenere sotto il tavolo.
“Beh, anche se sei tu, mia madre comunque penso
vorrà parlarti per capire che intenzioni hai con mio fratello…” osservò,
alzando un sopracciglio.
Orlando spalancò gli occhi e Juliet arrossì
lievemente, abbassando lo sguardo.
“È tutta sera che lei ci
prova e la laparoscopia di pochi secondi fa non era di certo discreta…” rispose
Samantha al fratello che l’aveva guardata leggermente perplesso. “Comunque
sempre meglio lei dell’ultima…” aveva infine sorriso.
Per il resto della serata i due non si erano
lasciati più andare troppo, anche se di tanto in tanto si lanciavano qualche
occhiata complice, flirtando e provocandosi come sempre erano soliti fare;
sembrava che fossero i soliti, solo di tanto in tanto uno dei due cercava un
contatto, attraverso una stretta di mano o un bacio semplice lasciato sulla
spalla di lei o sul collo di lui, per cui Juliet aveva scoperto di andare
matta, ripromettendosi di dirglielo, anche se avrebbe comportato una notevole
reazione da parte di Orlando, che di sicuro si sarebbe pavoneggiato per una
buon quarto d’ora…se non di più…
Alle 3 avevano finalmente deciso di tornarsene a
casa tutti quanti, così dopo essersi salutati, ognuno aveva preso la sua
strada. Orlando e Jules, essendo venuti con la macchina di lei, si avviarono
insieme verso l’auto.
“Ti andrebbe di venire da me?” le chiese lui, di
getto, dandosi subito dopo del cretino per averlo fatto.
La risposta di Juliet arrivò distratta, come se a
lei non importasse poi molto quello che stava succedendo loro: annuì
semplicemente, mentre guidava tranquilla in direzione della nuova casa di
Orlando, che aveva comprato dal loro vecchio professore. Quando giunsero a
destinazione, la giornalista parcheggiò di fronte all’abitazione, rimanendo
seduta sull’auto anche quando aveva ormai spento il motore. In realtà aveva
semplicemente paura di quello che sarebbe potuto succedere: si rendeva
benissimo conto che quella che stava accadendo loro era la normale conseguenza
di ciò che provavano l’una per l’altro, ma dall’altra parte temeva -come anche
Orlando, nonostante lei non lo sapesse- che una volta fosse finito tutto, non
sarebbe rimasto più nulla, e anche la loro amicizia si sarebbe tramutata in
cene, incapace di ardere nuovamente.
Orlando stava per scendere dal veicolo, quando si
rese conto dello stato di Juliet, ferma immobile e con lo sguardo fisso nel
vuoto davanti a sé. Così, intuendo forse le ragioni delle sue condizioni,
intrecciò la sua mano con quella di lei, sorridendole non appena ella si voltò
guardandolo interrogativa.
“Jules, se non te la senti…” iniziò, prima di
essere messo a tacere dalle labbra della giornalista che premevano delicate
sulle sue.
“Ora capisco perché tutte ti vogliono ma alla fine
ti mollano… non fai altro che blaterare…” lo provocò, prima di scendere,
avviandosi verso la villa. Con agilità ne scavalcò il cancello, atterrando
all’interno del giardino.
Aveva appena raggiunto la porta, e stava per
voltarsi in attesa dell’attore, quando lui l’attirò a sé, imprigionandola tra
lui e la porta. Appoggiò entrambe le mani su di essa, aprendola con la destra e
facendovi entrare Juliet, che prima di poter anche solo pensare a come
scappare, si trovò nuovamente imprigionata, questa volta tra le braccia di
Orlando, le cui mani avevano già gettato la giacca di lei a terra.
“Te l’ho detto che giocare con il fuoco non è
saggio.” le disse, prima di lasciarle uno studiato, lento e languido bacio sul
collo, liberandola subito dopo dalla presa, rimanendo comunque fermo davanti a
lei.
Jules riaprì gli occhi, mentre il cuore le batteva
all’impazzata, senza la minima intenzione di voler smettere; da anni non
provava una sensazione così forte. Dopo Christian c’erano stati altri ragazzi,
ma nessuno le aveva più scatenato niente di simile, e forse nemmeno l’editore
era stato in grado di farle provare dei sentimenti così forti fin da subito.
Si guardarono negli occhi per qualche istante,
prima di avvicinare nuovamente i loro visi, unendo le loro labbra in un bacio
carico di tutta l’attrazione e il sentimento che provavano l’uno per l’altra;
in quel momento non c’era più nulla, nessun ostacolo o problema di alcun
genere. Erano crollati i dubbi e le barriere con una naturalezza tale che
nessuno dei due si era accorto di aver attraversato il corridoio e raggiunto le
scale, dove Orlando la prese in braccio, facendola ridere divertita.
“Ecco cosa mi succede quando faccio il cavaliere
nella vita reale…” osservò fintamente offeso.
Per tutta risposta Juliet gli baciò il collo
dolcemente continuando a sorridergli. “È deformazione professionale la mia. In
realtà la giornalista è una copertura.”
“E quale sarebbe la tua reale professione?” le
chiese, mentre ormai era arrivato in cima alle scale, senza però dare segno di
volerla posare a terra.
“Sono un’esperta in Bloomologia; ormai mi posso
definire la numero 1 nel settore…” gli spiegò, compenetrata nel suo ruolo,
facendolo sorridere, mentre inarcava un sopracciglio.
“Ah, davvero?” chiese, guardandola scettico.
“Quindi sarai di sicuro in grado di dirmi cosa succederà…”
“Veramente sto andando alla scoperta… e sono
proprio curiosa di vedere dove vado a parare…” gli rispose, per poi lanciare
un’occhiata verso il pavimento, facendo sì che l’attore la posasse a terra,
dove lei gli prese la mano. Poi cominciò ad aprire la porta che si trovava
davanti alle scale: come entrò si trovò in una stanza buia, ed accendendo la
luce sorrise in un misto tra il divertito e il critico. Davanti a lei c’erano
diverse mensole, alcune piene di quadernoni le cui scritte a mano facevano
presupporre la presenza all’interno dei vari copioni a cui aveva partecipato,
mentre dall’altra c’erano quelli che aveva rifiutato o solo letto. Sotto la
prima mensola ve n’era un’altra, piena di videocassette e dvd. Alle pareti
campeggiavano alcuni poster oltre ad alcuni costumi di scena e foto, che
raffiguravano soprattutto la sua esperienza in Nuova Zelanda, oltre ad alcuni
eventi che avevano lasciato un segno nella sua carriera e nella sua vita, come
ad esempio la prima foto con Sidi, vestito con il costume di Balian, o una foto
con il costume da Legolas a cavallo davanti a Brett Beatie, controfigura di
John Rhys-Davies.
Proprio davanti a lei, Jules vide una mensola,
piena di strani oggetti, disposti tutti in fila, come se fossero qualcosa di
estremamente sacro: tra di essi c’era una collana con un pezzo di vetro scuro
levigato in maniera esemplare; un anello al cui centro era incastonata una
pietra verde smeraldo; un arco finemente decorato; alcuni pezzi di
artiglieria,…
“Sempre il solito egocentrico…” osservò lei. “Ti
sei pure fatto una collezione privata. La lascerai al British quando passerai a miglior vita?”
Lui le si avvicinò. “Spiritosa… sono ricordi,
nulla più.” concluse, posandole una mano su un fianco e osservando quella
mensola per l’ennesima volta dopo che l’aveva creata.
“Questa è l’unica parte che parla di tutto… a parte
le foto ovviamente.” disse lei, per poi sorridere, “Ma non sono qui per
questo…” e detto ciò riprese la mano di Orlando, trascinandolo fuori dalla
stanza, e riprendendo la sua ricerca. Aprì un paio di porte, accendendone le
luci, per poi spegnerle un attimo dopo e procedere a quella successiva, non
trovando quello che cercava.
“Hai bisogno di una mano?” le chiese lui, non
capendo che stava cercando, prima che lei aprisse la quarta porta e accendesse
la luce.
Quello che vide sembrò soddisfarla, visto che vi
entrò sorridendo; era una stanza da letto. L’arredamento era moderno e minimal:
alla sua destra un letto matrimoniale, davanti a cui c’era un comò di legno
scuro sopra a cui capeggiava uno specchio; sopra al comò una pianta rampicante
verde, ancora giovane, accanto ad alcune foto che lo ritraevano assieme alla
famiglia. Nella parete di fronte alla giornalista si facevano spazio delle ante
scure, che aperte portavano al guardaroba; tra la fine di quella parete e
quella alla sua sinistra (dove c’era il comò) un piccolo passaggio portava ad
una porta finestra che dava sul terrazzo.
Orlando seguiva con lo sguardo la ragazza,
osservandola spostarsi in quella stanza che aveva personalmente arredato, come
del resto tutto il resto della casa, attraverso i ricordi che da quando era
tornato in patria si facevano sempre più nitidi e sicuri. Sorrise quando lei
tornò verso di lui, accarezzandogli una guancia.
“È lei; semplicemente quella che avevamo deciso
che fosse…” disse, “e sa decisamente di te.” concluse, prima di tornare sulle
sue labbra, assaporandole come fossero un frutto gustoso e fresco, mentre le
sue mani, andarono ad intrufolarsi sotto la camicia bianca, che lui aveva
lasciato leggermente sbottonata in alto; con i polpastrelli gli accarezzò i
fianchi, indugiando per un attimo nella posizione in cui sapeva esserci il
tatuaggio, gesto che portò Orlando ad intensificare quel bacio, iniziando ad
accarezzare la schiena della donna con crescente desiderio.
Pochi attimi e la camicia di lui finì da qualche
parte nella stanza; per un attimo i due si fermarono, guardandosi dritti negli
occhi, come a voler leggere i pensieri e le paure dell’altro. Poi Orlando con
delicatezza, fece risalire le sue mani lungo la schiena, andando a liberare con
estrema lentezza il busto di Jules dal vestito che le ricadde sulla vita,
fermato dalla cintura. La osservò per qualche attimo, prima di riprendere a
baciarle il collo, mentre la trascinava con sé verso il letto, dove atterrarono
con un sorriso. Ben presto si ritrovarono pelle contro pelle, senza ormai più
barriere a dividerli, abbracciati l’uno all’altro, mentre la stanza si riempiva
delle loro sensazioni e dei loro respiri, e l’amore li univa come un vortice
musicale, talmente armonico da poterne produrre una dolce melodia che li avvolse
per tutta la notte, tra le coperte di quel letto che li aveva visti dolci ed
appassionati amanti per quella che sembrava essere una notte infinta, mentre i
raggi della luna illuminavano debolmente la stanza.
Ancora col fiato corto, continuarono ad osservarsi,
in silenzio, lasciando di tanto in tanto un bacio sulla pelle dell’altro,
mentre le loro mani non smettevano di coccolarsi vicendevolmente, almeno finché
lui non si addormentò accoccolato a lei, che sorridendo, gli si strinse contro,
abbracciandolo ed inspirando il suo odore, prima di cadere a sua volta
prigioniera di Morfeo.
Orlando stava ancora osservando Juliet dormire tra
le sue braccia, e non poteva fare a meno di sorridere al pensiero di quello che
da lì in poi sarebbe successo; questa volta aveva intenzione di fare le cose
sul serio. Sapeva benissimo che non sarebbe stato facile, perché i loro
caratteri rimanevano comunque abbastanza diversi, nonostante si somigliassero
per certi versi; inoltre il lavoro di lui non aiutava il suo desiderio, che
sapeva essere condiviso anche da Juliet, di mantenere questa situazione il più
nascosto possibile, specialmente alla stampa che chissà quali idiozie avrebbe
potuto inventarsi pur di distruggere psicologicamente la giornalista, che
avrebbe rischiato di perdere anche il lavoro. Mentre era perso in quei
pensieri, Jules si mosse nuovamente nel sonno, stringendosi maggiormente
all’attore, che sorrise, per poi iniziare a darle alcuni piccoli baci sulla
spalla, continuando lungo il collo, in modo da svegliarla nella maniera meno
indolore possibile.
Juliet inizialmente storse lievemente la bocca,
svegliandosi con la strana sensazione di trovarsi in uno strano posto; poi
sentì le labbra di Orlando, che riconobbe come se fossero le uniche che avesse
mai sentito sopra la sua pelle, che le assaporavano delicatamente la pelle poco
sotto l’orecchio. Così sorrise, ed aprendo gli occhi, alzò il volto verso di
lui, che non appena la vide le destinò un meraviglioso sorriso.
“Buongiorno.” lo salutò, prima di fare un timido
sbadiglio, allungandosi per dargli un bacio sulle labbra, gesto che fece
gongolare Orlando come un bambino che si trova sotto l’albero il regalo che
desidera per Natale. “Che ore sono?”
“Le
Jules lo osservò, e vederlo nuovamente con gli
occhi leggermente abbottonati dal sonno, i capelli sparati in aria come se gli
fosse scoppiata una bomba in testa, cosa che lo faceva assomigliare parecchio a
Sidi appena uscito da un bagno (nonostante Orlando fosse asciuttissimo), la
fece sentire leggera e si beò di quella visione per qualche attimo, prima di
rispondergli.
“Perfettamente pronto non lo sarai mai, a meno che
tu prima non abbia una visita con un chirurgo plastico.”
Per tutta risposta, Orlando le fece una linguaccia
con i controfiocchi, trasformando il suo viso in una maniera talmente buffa che
Juliet non potè non ridacchiare.
“Questa notte mi sembrava che apprezzassi.” le
fece notare, con la sua irrimediabile faccia da schiaffi.
Jules roteò gli occhi, critica: ci avrebbe
scommesso che lui avrebbe subito tirato fuori quella frase; era qualcosa di
tipica di ogni maschio, se per giunta ci si aggiungeva l’abbondante dose di
egocentrismo di Orlando, beh, la sua uscita diventava più che prevedibile.
“Come sei prevedibile…” gli rispose, quindi, prima
di sgattaiolare fuori dal suo abbraccio, voltandosi in procinto di alzarsi da
quel letto. Infondo, nonostante un poco se lo aspettasse, la giornalista non
aveva molto apprezzato l’uscita dell’attore, e immediatamente i dubbi erano
tornati tali da farla scattare in posizione di difesa.
Lui, rendendosi conto della sua reazione, la
guardò stranito, per poi fermarla bloccandole un braccio, stringendolo con la
mano. “Che è successo? Mi spieghi cosa c’è?” le chiese, mentre stava iniziando
ad innervosirsi.
“Non te ne rendi nemmeno conto di come ti
comporti? Non sei il centro del mondo, Orlando, men che meno del mio…”
“Ma si può sapere che ti prende? Stavo scherzando,
lo sai…”
“Beh, io mi sono stancata di scherzare. Possibile
che tutto quello che fai si debba ridurre a dire cazzate? Non hai più
vent’anni, ma 32! Cresci una buona volta!” esclamò lei, liberando il braccio
dalla presa di lui, e alzandosi raccolse alcuni indumenti, che si rimise alla
velocità della luce, prima di sparire al di là della porta, fuori dalla stanza.
Orlando si infilò i boxer alla svelta, correndo
poi fuori dalla camera, per andare verso Jules, che sembrava avere tutta
l’intenzione di voler andarsene; quando la raggiunse, la trovò ferma
nell’ingresso, al telefono con il suo capo, o almeno così sembrava dal tono che
aveva assunto non solo vocale, ma anche fisico. Sembrava che quell’abito
sminuisse la figura assolutamente composta e fredda che ora si stagliava davanti
ai suoi occhi.
“Certo… arrivo subito. Non preoccuparti… dammi
solo il tempo di vestirmi e arrivo in ufficio.” concluse, chiudendo la chiamata
e voltandosi verso l’attore.
“Non ho tempo per stare qui a litigare; il mio
capo mi vuole in ufficio, e stasera devo presenziare ad un party della
redazione… alla faccia del giorno libero che dovevo avere.” commentò,
amaramente. “Quindi lascia perdere tutto; cancella quello che è successo dalla
tua mente e ricominciamo dall’altra sera a casa mia.” disse, mentre recuperava
la borsa e la giacca.
Orlando non poteva credere alle sue orecchie: non
poteva essere vero. In quel momento sperava ardentemente di essere nel suo
letto, addormentato, ma ben presto di rese conto di star vivendo la realtà, e
se non avesse fatto qualcosa Jules sarebbe uscita dalla porta di casa sua,
portandosi via quella notte, e lui non poteva assolutamente permetterlo. Senza
che potesse prevedere alcunché, la giornalista fu attirata contro il corpo
dell’attore, che la bloccò stringendola a sé, non mollando la presa nemmeno per
un attimo.
“Non puoi farlo… non puoi sparire così.” le disse,
accorato.
“Non sto sparendo,” si difese lei, “sto andando al
lavoro.”
“Stai scappando per paura…” le rispose lui, prima
di metterle una ciocca dietro l’orecchio e abbassare il suo viso per baciarla
sulle labbra; inizialmente fu solo un lieve sfioramento, poi passò con la punta
della lingua sopra le labbra di lei, facendole schiudere e approfondendo così
maggiormente quel bacio, che la coinvolse molto più di quanto lei stessa
avrebbe voluto. Orlando sembrava sapere esattamente come farla crollare e come
baciarla, cosa di cui Juliet se ne rese ben presto conto, quando si trovò
nuovamente nella stanza di lui, senza che nemmeno se ne fosse resa conto.
“Orlando… ti prego…” sussurrò, con il fiato ormai
corto, tra un bacio e l’altro.
In risposta lui si staccò controvoglia,
guardandola con gli occhi lucidi, per il desiderio che aveva di lei; non
l’avrebbe lasciata andare per nessun motivo in quel momento, ma quelle sue
parole lo fecero fermare per qualche attimo, in preda alle domande che ancora
non si era voluto porre. Aveva attribuito l’uscita di Jules ad un momento di
rabbia nei suoi confronti, e si era intestardito su questa convinzione: ora
invece stava cominciando a chiedersi se quella reazione provenisse da qualche
altra parte, se lei credeva veramente in quelle parole tanto da voler chiudere
definitivamente quel capitolo, cancellando l’episodio con un colpo di spugna… e
questa alternativa lo stava consumando di dubbi e di paura.
Abbassò lo sguardo, mesto, per poi recuperare quel
poco di dignità tale da fargli alzare la testa e sorriderle in modo tirato.
“Hai ragione… devi andare…” disse solo, cercando di apparire tranquillo, ma
Juliet vide nei suoi occhi quello che lui stava cercando di nascondere con una
frase. Gli accarezzò una guancia e lo guardò dritta negli occhi.
“Starei qui anche per una vita intera con te.”
Iniziò, a fatica. “E stanotte sei stato semplicemente magnifico, però… ho
paura.” confessò infine. “Ti prego, cerca di capirmi: scompari per 6 anni e non
appena torni sembra che tutto sia tornato indietro nel tempo. Mi sono rivista
com’ero a 14 anni e mi sono resa conto che quella cotta non mi era mai passata,
nemmeno per un secondo e…” provò a continuare, fermata dalle labbra di Orlando
che per l’ennesima volta premettero sulle sue.
“Non m’importa.” gli rispose, stazzandosi da lei.
“Lo so che posso sembrare l’ultima persona adatta per fare una cosa simile, ma
ti prometto che non ho intenzione di fare il coglione un’ennesima volta.” le
disse. “Non posso permettermi di rovinare l’unica cosa bella che mi è stata
data in una vita intera; e non lo farò… ho troppa paura di perderla…” concluse,
con un sorriso, spiazzando Juliet a tal punto, che lo guardò con gli occhi spalancati,
prima di gettargli le braccia al collo e stringerlo a sé, abbracciandolo
stretta.
“Scusami, sono una stupida e una sciocca.”
sussurrò, nascosta contro il petto di lui, che sorrise, cingendole la schiena
delicatamente.
“Non fa niente, Jules. Io non avrei dovuto fare il
deficiente di prima mattina…” si scusò a sua volta.
“Ma tu sei deficiente 24 ore su 24!” protestò lei.
“Io mica posso aspettarmi il principe azzurro…” commentò, quasi
autofustigandosi.
“Ti ci riabituerai, te lo assicuro; ho intenzione
di starti particolarmente appiccicato, specialmente ora…” le confessò.
“Sei il solito Don Giovanni in carenza d’affetto.”
lo sfotté allegramente, dandogli poi un ennesimo bacio sul collo. “Basta, ora,
devo staccarmi da te altrimenti non vado più via! Devo anche passare da casa a
cambiarmi.” sentenziò, decisa.
“Ti presto io qualcosa di Sam… e ora andiamo a
farci una doccia, perché ne abbiamo bisogno entrambi. Tu non puoi presentarti
in redazione tutta sudata, ed io devo essere bello profumato per il photoshoot…
e voglio le coccole…” concluse, usando la voce di un bimbo.
A quell’ultima frase Jules rise di gusto, in
maniera talmente cristallina che ad Orlando sembrò illuminare per qualche
secondo la stanza di una nuova luce.
“E doccia sia…” diede lei il benestare, e di nuovo
gli baciò l’attaccatura del collo, per poi ridacchiare. “Ora non tirartela, ma
mi fa sbarellare il tuo collo.” gli confessò.
“Vedo, vedo…” osservò lui, trascinandola verso il
bagno. “E comunque io faccio TUTTO sbarellare.” concluse, con un sorriso, prima
di sparire in una stanza, dove recuperò una tuta di Sam, mentre Juliet si
spogliava ed entrava nella doccia, dove fu raggiunta poco dopo anche da
Orlando. Vi restarono dentro una decina di minuti, dedicandosi l’uno all’altra
con estrema dedizione, tra coccole e giochi, schizzandosi a vicenda come due
bambini piccoli.
Usciti da lì, Orlando avvolse la ragazza in un
accappatoio, mentre lui si cinse solamente un asciugamano in vita, cosa che la
giornalista notò subito.
“Tiratela meno, Bloom; guarda che ti mollo
all’istante.” lo minacciò.
“Ah, perché, stiamo insieme?” chiese, fintamente
ignaro, mentre Jules si avvicinava a lui.
“Ovvio, e vedi di rigare dritto altrimenti ti
taglio i viveri…” sentenziò, minacciosa, per poi baciarlo appassionatamente e
scappare via nella camera dove si rivestì, legandosi i capelli in una coda
alta.
Orlando, rimasto imbambolato per un attimo dal
bacio, si riprese alla minaccia, seguendola stancamente verso la stanza, dove
si appoggiò allo stipite della porta che collegava le due stanze, intento ad
osservarla mentre si rivestiva. Si sentiva estremamente leggero e sereno,
pronto ad affrontare qualunque ostacolo gli si parasse davanti quel giorno.
Quando fu pronta, la giornalista si voltò verso di
lui sorridendogli. “Bene, io scappo, altrimenti il mio capo mi fa lo scalpo.”
disse, andandogli incontro. “Tu fai il bravo e non strapazzarti.” si
raccomandò, materna.
“Tu invece fai la brava alla festa, e vedi di non
andare a rimorchio, perché hai un ragazzo estremamente geloso.”
“Ah, perché,
stiamo insieme?” chiese, imitandolo.
In risposta ricevette una linguaccia. “Poi sono io
il bambino…” commentò lui, per poi tornare serio. “Ti aspetto, sappilo.”
“Cosa?”
“Dai, vieni qui…” la implorò, facendo il labbrino.
“Ma cosa ho fatto di male io per non riuscire a
liberarmi dei Bloom?” chiese lei, alzando gli occhi al cielo. Dopo di ché gli
diede un veloce bacio sulle labbra. “Vedo che riesco a fare… e se non finisco
all’alba.” gli promise, “Ci sentiamo appena posso…” e dettò ciò lo salutò con
un altro bacio e scappò via, uscendo di casa a tutta birra.
Entrò in macchina e gettata borsa e giacca nel
sedile accanto a lei, infilò le chiavi nel quadro e ingranata la marcia, partì
alla volta della redazione, parcheggiando poco lontano dall’ufficio, verso cui
si precipitò, entrandovi con foga; prese l’ascensore, e scese al quarto piano,
mentre di tanto in tanto qualche collega la salutava, scrutandone lo strano
abbigliamento con occhi leggermente critici.
Dopo aver percorso un paio di lunghi corridoi,
abbastanza di fretta, raggiunse lo studio del suo capo, salutando con un
radioso sorriso la sua segretaria, che le sorrise a sua volta in maniera
particolarmente tirata, cosa di cui però Juliet non si curò, non prima di aver
aperto la porta, dove trovò non solo il suo capo, Sarah McMiller, seduta alla
sua solita sedia di pelle nera, ma anche una ragazza, seduta dall’altra parte
della scrivania. Portava un mini abitino a righe colorate che terminava a metà
coscia; i capelli castani chiari le ricadevano lisci lungo le spalle e non
appena si voltò, la giornalista capì di trovarsi in una situazione non proprio
semplice. Davanti a lei, a separarla dalla scrivania del suo capo, gli occhi di
Miranda Kerr la stavano osservando.
Ed eccomi qua! Chiedo umilmente perdono per non avervi finito il
capitolo per la vigilia, ma oltre ai vari impegni causa feste natalizie che
tutti abbiamo, la storia aveva improvvisamente preso due strade, e l’autore
(alias me) si è trovata in un profondo dubbio amletico, trovandosi così a
scrivere due capitoli allo stesso momento, prediligendo a volte uno e a volte l’altro
(che alla fine è rimasto a metà, nonostante sia più che intenzionata a finirlo,
appena potrò). Alla fine questo è il risultato e spero gradiate vivamente.
Come al solito mi premuro di ringraziare le mie lettrici che
recensiscono:
Lady Elizabeth: sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e
che continui ad appassionarti.
Bebe: tesoro, datti pazienza e te lo dirò cosa succede dopo il
bacio, mica posso scrivere dei capitoli lunghi 20 pagine, altrimenti non ve li
posto più e ci mettete ore e ore a leggerli….
Eminae: baro… no, non baro… alla fine non so nemmeno io cosa
succederà -vedi il doppio nono capitolo-, ed anche in questo capitolo ci sono
cose che inizialmente non erano previste ed altre che ho dovuto eliminare…
quindi boh, alla fine non so se lo si può chiamare barare o andare ad istinto…
Grazie anche alle lettrici silenti che sembrano seguire… detto
ciò vi saluto, augurandovi un buon week-end, oltre ad un buon anno, anche se
fortemente in ritardo. Ci vediamo al prox aggiornamento!
Besos,
Klood