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Autore: Soul Sister    09/01/2010    8 recensioni
salve! questa storia è un EDWARDXBELLA. Edward e Bella sono migliori amici da una vita, sono cresciuti insieme. I Cullen e gli Swan sono una grande famiglia allargata. La loro amicizia è fortissima, indistruttibile. Bella è innamorata persa di Edward, e viceversa. Solo che per paura di rovinare tutto non hanno mai trovato il coraggio di dichiararsi. Un giorno Renèe fa una telefonata a Bella,una chiamata che sconvolgerà tutto: la vita dei protagonisti, l'amicizia... Tutto scombussolato.
Cosa succederà?
Spero che vi abbia incuriosito questo 'piccolo' spoiler.
Vi prego leggete, è la mia prima ff in assoluto!Spero vi piaccia. PS: STO MODIFICANDO I PRIMI CAPITOLI, CHI LA STESSE SEGUENDO,LE DIA UN'OCCHIATA. CREDO SIA MIGLIORE.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Open your eyes- Togli la maschera'
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POV BELLA
Lunedì…
Era giunto il momento della verità: come l’avrebbero presa? Si sarebbero arrabbiati?
Era la prima volta che mi sentivo così debole, così fiacca. Era come se non mi sentissi, come se non ci fossi. Trasparente, evanescente... troppo affaticata per riprendere le redini della mia vita.
Mi sentivo sporca, in colpa, come se avessi fatto un reato. Tutte le insistenze di Edward mi stavano facendo sentire in colpa in quel momento. Perché, diamine, perché tutto sembrava andare in controcorrente a quello che io desideravo? Non riuscivo a trovare una risposta che potesse essere quella giusta.
Quella mattina mi svegliai mogia, triste, e benché avessi dormito molto, ero stanchissima. E dato che il mio umore, molte volte, andava di paripasso con il tempo- che quel lunedì era orribile-, quel giorno ero ancora più giù.
Chissà perché in questi momenti c’è sempre brutto tempo; forse voleva deprimermi ancora di più.
Appena finii di allacciarmi le stringhe delle scarpe, sentii il clacson della Volvo di Edward avvisarmi del suo arrivo. Senza l'entusiasmo che disolito mi animava, m'incamminai verso l'auto velocemente per non lavarmi.
Partì appena chiusi la portiera, alla massima velocità. Appoggiai la testa sulla portiera, osservando fuori dal finestrino.
Pioggia, pioggia, pioggia...
<< quando hai intenzione di dirlo? >> spezzò quel silenzio, divenuto quasi assordante.
<< oggi pomeriggio, a casa tua, se per te va bene… >> annuì, senza distogliere l'attenzione dalla strada. Lo sentii sospirare. Mentre guidava per la Forks high school, io lo osservavo. Cercai di memorizzare la sua figura - come se non la ricordassi già perfettamente- , in modo da imprimere la sua immagine nei miei ricordi.
Ventiquattro ore e non l’avrei più visto, solo ventiquattro ore e non avrei più potuto sentire la sua voce, ventiquattro ore… e tutto sarebbe finito…
Come se non fosse mai esistito, come se tutto questo fosse stato solo un bellissimo sogno, da cui purtroppo dovevo risvegliarmi.
Ma il ricordo vivido degli angeli del sogno, sarebbe rimasto impresso nel mio cuore. Sarei stata male, perché avrei avuto nostalgia del bel sogno e delle persone che lo popolavano.
Arrivammo a scuola.
Salutai i miei fratelli, come facevo solitamente, senza dare nell’occhio.
Però in quegli abbracci, in tutte le parole che dicevo, c’era un significato alternativo, che avrebbero capito solo dopo.
Edward se ne stava in disparte a osservare, silenzioso. Probabilmente era arrabbiato con me perché non avevo detto subito agli altri la verità. Ma non me l'ero sentita di rovinare la festa a Esme, né tantomeno passare i miei ultimi giorno a Forks con tutti con il muso.
Andai da lui, e mi piazzai di fronte, guardandolo. << sei arrabbiato con me >> dedussi.
<< no, non è vero >> rispose, atono.
<< certo,certo >> commentai, tra me e me. Feci un passo indietro, per andare mia, ma mi richiamò.
<< Bella, sono arrabbiato con me stesso, non con te. C'entri, ma di riflesso. >> mi spiegò. Non capii molto, era così criptico quando rispondeva. Ogni volta che mi parlava, era come se lasciasse qualcosa in sospeso, come se avesse da aggiungere ma lo tenesse per sé.
<< non preoccuparti stellina, mi passerà… un giorno… >> disse, facendo un sorriso amaro.
<< non sono ancora tranquilla… >> dissi, diffidente. Lo scrutai attentamente, cercando quella verità nascosta.
<< sei irrecuperabile. >> disse sorridendo, ancora. Un sorriso falso, tirato, d’obbligo: non era un sorriso spontaneo, di quelli che gli illuminavano gli occhi. Potevo scommettere il mio adorato pick up, che non sarebbe riuscito a fare un suo bellissimo sorriso sghembo, nemmeno con tutta la sua forza di volontà e la sua dote di attore. Ed Edward era un bravissimo attore, ed un ottimo persuasore.
<< anche tu. - dissi - Edward… >>
<< dimmi >> sospirò lui, guardandomi negli occhi.
<< con me non fare sorrisi falsi: è meglio se non li fai proprio. >> dissi, e lui annuì.
<< bene >> continuai. La campanella suonò, e insieme agli altri entrammo nell’edificio.
POV EDWARD
Mancavano poche ore: poche ore, e sarei morto di dolore.
Poche ore e l’avrei persa, per sempre.
Poche ore e non avrei mai più potuto vederla, abbracciarla, accarezzarla, consolarla… Non avrei mai più sentito il suo dolce profumo, o incrociato quei due occhi marroni, profondissimi, così espressivi…
Non avrei più potuto stuzzicarla, ridere con lei, fare lunghe chiacchierate, o fare chilometriche passeggiate, in cui dovevo controllare ogni suo passo, se non la volevo ritrovare per terra.
Poche ore, e non sarei stato più l’unico a soffrire così…
Che egoista, non volevo essere l’unico a soffrire.
Perché pensavo di essere l’unico a soffrire, qui. Ed egoisticamente pensavo di essere quello che soffriva di più: ma non era così. Charlie sicuramente soffriva più di me, per esempio. Avrebbe perso sua figlia.
Bella,…Bella avrebbe sofferto di più ancora: lei perdeva un’intera famiglia, gli affetti a lei più cari…
<< Edward, cos’hai? >> mi chiese Alice, durante l’ora trigonometria.
<< nulla… >>
<< non mi pare. Edward, non prendermi in giro. >> insistette.
<< nulla, ho detto. >> dissi brusco. Probabilmente la offesi…
Bene, stavo facendo del male a Alice, anche. Non chiese più nulla per tutta l’ora.
La giornata scolastica finì troppo velocemente.
Verso le tre del pomeriggio, sentimmo il decrepito pick up di Bella parcheggiare di fronte a casa nostra. C’eravamo tutti: nessuno si sarebbe salvato.
Mi sedetti in un angolo buio del grande salone di casa mia, per terra.
Alice e Esme si fiondarono ad aprire. << ciao tesoro! >> esclamarono in coro.
" ciao…" sentii dire da Bella, con voce atona.
Emmet e Jasper avevano interrotto una partita a scacchi con l’arrivo della loro sorellina. Carlisle, aveva chiuso il libro di medicina che stava leggendo. Rose, che aveva sentito il rombo del motore dell’auto di Bella, si era fiondata giu dalle scale.
<< come è andato il weekend? >> domandò Bella, mentre entravano nella stanza.
<< magnificamente! è stato tutto così romantico, così perfetto… >> disse Esme, con occhi sognanti, al ricordo dei momenti passati a Parigi. Mia madre accarezzò la testa a mio padre, che le sorrise amorevolmente.
Poi l’attenzione tornò su di Bella: << io…- prese un respiro- sono venuta oggi… p- per dirvi una cosa… >> disse lei, con voce tremante. Ebbi l’impulso di alzarmi ed abbracciarla, ma lo repressi.
<< dicci, cara… >> Esme era già preoccupata, a lei non dfuggiva nulla.
<< io... mi, mi trasferisco… so-sono venuta per salutarvi… >> sussurrò, a capo chino.
<< cosa?! >> esclamarono Emmet e Jasper all’unisono, esterrefatti. Esme aveva sgranato gli occhi, Carlisle e Rosalie si erano pietrificati. Alice mi guardò attentamente, poi riportò lo sguardo su Bella. << non è possibile… >> sussurrò la folletta.
<< non puoi… non puoi lasciarci… >> aggiunse Rosalie. Il mio cuore si sbriciolava, e a Bella sfuggì un singhiozzo.
<< da quando lo sai? Quando parti..? >> chiese Alice, con tono accusativo.
<< lo so da lunedì sera, parto domani… >> disse Bella, con voce rotta.
<< perché non ce l’hai detto prima Bella… perché?! >> urlò Alice piangendo , scuotendola per le spalle. Bella non reagiva, piangeva e basta. << volevo vedervi felici, prima che partissi… volevo ricordarvi felici, col sorriso… volevo passare gli ultimi giorni qui, con voi sereni… e non volevo rovinare il compleanno a Esme…>> sussurrò.
Alice era crollata a terra, in un pianto isterico. Rosalie non stava meglio, tra le braccia di Emmet.
Jasper probabilmente non aveva ancora chiaro tutto, perchè se ne stava seduto sul divano con sguardo perso nel nulla.
Anche il mio cervello aveva recepito quelle informazioni a rallentatore. Io almeno avevo avuto il tempo materiale per assimilare la dolorosa notizia.
Jasper scattò in piedi, come scottato, e diede un calcio al divano su cui era seduto prima.
<< te ne vai… - fece una risata isterica, sembrava pazzo- non puoi… non puoi Bella… così ci fai male, molto male, Bella…tu… sei parte della nostra vita… >> aveva cominciato a piangere anche lui.
Esme era distrutta, piangeva, piangeva, i singhiozzi fortissimi le scuotevano il petto. Carlisle la abbracciava, piangendo silenziosamente.
Bella singhiozzava, in piedi al centro della stanza, consapevole o no, di starci rovinando la vita.
Piangeva lacrime di dolore, come quelle che piangevano Alice, Esme, Rosalie, Jasper, Carlisle e Emmet.
<< non è possibile, diamine! Ditemi che un incubo… voglio svegliarmi, voglio svegliarmi! >> urlò Emmet, isterico.
Esme poi, si staccò da Carlisle, e abbracciò Bella. << domani perderò una figlia… >> disse piangendo e Bella la strinse di più. Tutto quel dolore… Bella probabilmente si sentiva terribilmente in colpa.
<< ti voglio bene, mamma Esme… >> disse tra le lacrime e i singhiozzi.
<< anche io tesoro… anche io… >> Rosalie scivolò dalle braccia di Emmet, e si unì all’abbraccio di Esme e Bella. Lo fece anche Alice. Poi anche Carlisle, Jasper e Emmet. Io rimanevo in disparte, con la testa tra le mani, disperandomi: la mia vita finiva quel giorno.
<< mi mancherete… >> mormorò.
<< anche tu ci mancherai piccola… >> disse Carlisle, rispondendo per tutti. L’abbraccio di gruppo si sciolse, Rose, però l’abbracciò ancora, piangendo sulla sua spalla. << ti vorrò sempre bene, sorellina… >> le disse.
<< anche io Rose… >> quando sciolse l’abbraccio, fu il turno di Carlisle, poi quello di Jasper.
<< piccola… sarai sempre la mia eterna sorellina… se ti dovesse succedere qualcosa, sai chi chiamare per spaccare la faccia a quell’animale che ti ha fatto soffrire. >>
Bella sorrise, poi rispose:<< lo farò… Jazz… >> si lasciarono.
Emmett la prese per i fianchi Bella e l’alzò: << scricciolo… ho scoperto cosa ti faceva soffrire… fa soffrire anche me, ora… diamine, quanto mi mancherai… ti voglio bene sorellina, non ti scorderò mai… >>
<< neanche io, Emmet. Ti voglio bene… >> si strinsero maggiormente, poi la fece scendere.
Alice le getto le braccia al collo: << Bella… >> mormorò. A Bella sfuggì un singhiozzo più forte.
<< Alice… >>
La folletta l’allontanò di poco per guardarla negli occhi. << non mi dimenticare Bella. Non farlo mai. Promettilo… >>
<< mai Alice… te lo prometto, non ti dimenticherò. Saremo amiche per sempre. >>
<< per sempre… >> ripeté Alice.
<< Bella… perché vai via, non puoi dire di no? >> chiese poi, speranzosa.
<< lunedì sera mia madre mi ha telefonato, chiedendomi se ero pronta per la partenza, ma io non ne sapevo nulla. Charlie era già d'accordo, e non mi ha detto nulla. Mi ha spiegato che lei e Phil si trasferivano… non…ricordo bene dove… e mi ha detto poi che io dovevo partire con lei, che Charlie lo sapeva e che era d’accordo che passassimo del tempo insieme… io e lei… perché dopotutto io avevo sempre vissuto a Forks, e non ero mai stata con mia madre… >>
<< ma tu potevi rifiutare!! >> esclamai, scattando in piedi. Lei mi guardò, il viso contorto dal dolore, e ora anche dalla rabbia.
<< tu cosa avresti fatto, cosa avresti detto?! Eh?! 'No grazie'?! Non credo… io, mia madre, la vedo poco e niente. Se tu e Esme non vi vedeste quasi mai, rifiuteresti di passare del tempo con lei perché egoisticamente preferisci non soffrire?! >> rimasi in silenzio, poi dissi: << ma così fai soffrire anche noi… non soffri solo tu. >>
<< sai…vorrei dirti che il mio mondo non ruota intorno a voi, a te soprattutto. Ma mentirei… voi siete le persone a cui voglio più bene al mondo, siete la mia famiglia… ma anche Renèe fa parte della mia famiglia, e non voglio farla soffrire… Come non vorrei far soffrire voi… >>
<< ma se rimani qui, chi soffre sarà solo una persona… se parti, le persone che staranno male saranno molte di più… io, Esme, Carlisle, Emmet, Alice, Rose, Jasper, Charlie…è tuo padre diamine! Ti ha cresciuta lui, dopotutto! Se tu non volessi separarti da lui, lei non potrebbe mai fartene una colpa! Lei ha lasciato tuo padre, lei se ne è andata! E poi soffrirai anche tu andandotene. >> dissi, anzi urlai, sputando le parole con rabbia e dolore, avanzando verso di lei di un passo piuttosto lungo.
<< ma questo è essere egoista! Mettere in primo piano la mia felicità, e trascurando il dolore altrui! Soprattutto quello di mia madre! E mio padre era d’accordo! >> avanzò di un passo verso di me, alzando la voce come avevo fatto io.
<< ma ci soffre pure lui! Non vorrebbe che te ne andassi! E non è essere egoisti, ma umani! E se te ne vai, trascuri il nostro di dolore! Non so se ti rendi conto di quanto tu sia essenziale nella nostra vita, Bella! >> calcai bene la parola 'essenziale', perché era vero. Soprattutto per me, lei era come la mia aria.
<< ragazzi… >> mamma cercò di placare le acque, ma non l'ascoltammo. Io e Bella ci guardavamo in cagnesco, ma i nostri occhi trasparivano tutto il nostro malessere.
<< tu non capisci proprio niente… sei così cieco… >> mormorò, tra le lacrime. Rimasi di sasso: io ero il cieco?
Eppure era lei che non s'accorgeva dell'immenso sentimento che provavo nei suoi confronti. Ma perché ero cieco? Non riuscii a formulare la domanda, che lei m'interruppe.
<< devo andare, addio… >> uscì dal salone, e poi dalla casa. Il fracasso del motore del pick up si affievoliva, man mano che Bella si allontanava dalla nostra casa, da noi, da me, per sempre…
Come un automa, andai in camera mia, chiusi la porta e mi lasciai andare sul pavimento. Ma non piansi.
<< Edward… >> la voce di Alice, resa più bassa e roca dalle lacrime, mi chiamò. Mi si avvicinò cautamente, come se avesse paura della mia reazione. Ma quello che voleva fare, era quello di cui avevo bisogno: mi abbracciò forte, consolandomi, come solo una sorella sapeva fare.
Il piccolo corpicino di Alice era scosso da violenti singhiozzi, e mi venne da pensare che quei sussulti potessero romperle qualcosa. Mi sembrava quasi più fragile di Bella.
Quasi…
Alice aveva i tratti più delicati, era più minuta, ma era più… beh, era meno, ecco.
Bella si faceva male spesso, molto spesso. All’ospedale ormai tutti le erano amici, l’infermiera della scuola ormai la conosceva come le sue tasche: c’era anche una certa complicità tra le due.
In un modo o nell’altro, Bella era capace di fracassarsi qualcosa. Non capivo come potesse
Era capace di inciampare su una superficie perfettamente piana e liscia, senza ostacoli… Era incredibile. Era lei.
E Bella domani sarebbe partita, e io non avrei potuto proteggerla come avevo sempre fatto. Se si fosse fatta male, io non sarei stato li ad aiutarla. Avrebbe dovuto cavarsela da sola, senza me, il suo angelo protettore - così mi chiamava.
Ma perché continuavo a pensare a lei? Sapevo che mi faceva male, ma ogni cosa che succedeva, in un modo o nell’altro me la ricordava. Era incredibile quanto l’amassi, quanto lei fosse il mio pensiero costante, tutti i giorni, tutte le ore, sempre, in ogni secondo.

  
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