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Autore: ireat    09/01/2010    2 recensioni
Lungimirante: di persona dotata di penetrazione, saggezza ed apertura nei confronti dei futuri sviluppi di una situazione. Prima classificata al contest "Due Parole" indetto da niobbe88.
Genere: Sovrannaturale, Mistero, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La solitudine di una caffeinomane

La solitudine di una caffeinomane.

Storia di folletti e caffè.

 

 

Lungimirante: di persona dotata di
penetrazione, saggezza ed apertura
nei confronti dei futuri sviluppi di una
situazione.
 

Dal dizionario della lingua italiana.

 

 

Giona infilò le mani nel cespuglio di rovi e si fece spazio, per spiare oltre. Il tintinnare gentile sentito dal sentiero che passava tangente alla villa lo aveva attirato fin lì. Fra le more ancora acerbe intravide un giardino coperto di piante di fragoline di bosco. Strabuzzò gli occhi e si portò le mani graffiate al viso, pizzicandosi la guancia. Le fragole erano ancora lì, rosse come le ferite sulle sue mani. Erano così tante che le lumache, voraci e insaziabili, ciondolavano loro attorno nell’attesa che la fame tornasse.

Alla fine del giardino poteva intravedere una villa, dai muri coperti d’edera. Il portico si protendeva verso il campo di fragole come una trapunta su un letto in inverno. Giona alzò lo sguardo e scoprì la provenienza del tintinnio: lungo tutto il portico correva una fila di cucchiaini da caffè appesi, uno affianco all’altro, ad uno spago; alla minima brezza cozzavano fra loro producendo un suono simile alla risata di un folletto.

Il sole aveva passato la metà del suo percorso e Giona decise che era il momento di fare merenda. Allungò le manine grassocce oltre i rovi nel tentativo di afferrare una fragola quando una voce lo fermò:

«Ehi, tu, bambino, non toccare le mie fragole» esclamò la vocina, squillante. Giona allargò ancora di più i rovi e spiò con attenzione. Sotto il portico, seduta al tavolo, stava la bambina più grassoccia che avesse mai visto e reggeva in mano una tazzina fumante.

Giona provò a nascondersi, ma ormai era stato visto. Così si alzò in piedi, si spolverò le ginocchia, e guardò verso la bambina. «Guarda quante fragole hai! Non riuscirai mai a mangiarle tutte.»

«Oh, non ho nessuna intenzione di mangiarle» rispose lei, girando il cucchiaino nella tazzina e soffiandoci dentro.

«Ma allora…»

«Quelle fragole sono per le mie lumache» disse. Giona abbassò lo sguardo, appena in tempo per vedere una lumaca adagiarsi sopra una piantina fino ad inglobare la fragola.

«E’ molto stupido.»

«Oh no, non lo è affatto» ribatté lei. «Tuttavia, riconosco che sia scortese non offrirti nulla quando è chiaramente ora della merenda. Quindi entra e siediti con me.»

Giona, ancora timoroso, esitò. Si fece largo fra i rovi e alzò il piede. Mentre lo abbassava, le piante di fragole si discostarono, aprendo un sentiero. Giona appoggiò il piede, poi sollevò l’altro e poi lo riabbassò e così via, fino a che non raggiunse la bambina sotto il portico. Da vicino poté vederla meglio: era davvero grassoccia, infilata in un vestito verde che non copriva le gambe bianche come due caciotte. Non calzava scarpe e le dita dei piedi si muovevano come funghetti. Aveva gli occhi grigi e il capo era coronato da un cappello dello stesso colore del vestito. I capelli castani uscivano a ciocche.

Si sedette sulla sedia si fronte a lei e dondolò le gambe. Gli allungò un vassoio colmo di pasticcini alla crema. «Come ti chiami?»

«Giona» rispose lui.

«Io mi chiamo Lungimirante» rispose lei, avvicinando le labbra alla tazzina.

«Ma…non è un nome da bambina.»

«Infatti io non sono una bambina» disse lei, posando la tazzina con stizza.

Giona scosse la testa: «E allora cosa?»

«Io sono un folletto.»

A Giona venne da ridere. «I folletti non esistono.»

«Se i folletti non esistessero ora io non sarei davanti a te e tu non staresti per mangiare le mie paste alla crema.»

Giona esitò. Si schiarì la voce e chiese: «E ci sono altri folletti come te, Lungimirante?»

«Come me no, Giona. Ce ne sono di diversi, ma come me proprio no. Come me ci sono solo io» disse scotendo la testa.

«E non ti senti sola?»

«Non sono sola» disse lei. «Con me vive il giardiniere: Occasione.»

«E dov’è?» chiese Giona curioso.

«E’ lì, in mezzo al campo. Sta curando le mie piante di fragole.»

Giona si voltò e scrutò il campo in lungo e in largo: «Ma non c’è nessuno!»

«C’è, ma tu non lo puoi vedere» disse Lungimirante. Avvicinò di nuovo la tazzina alle labbra ma poi esitò.

«Non ce l’hai una famiglia?» chiese Giona.

«No.»

«E non ti senti sola?»

«A volte. Ma con me c’è sempre Occasione.» Spinse ancora verso di lui il vassoio: «Assaggiane uno.»

«Non mi va» rispose lui. «Vorrei delle fragole.»

«Non si può. Te l’ho già detto: non sono per te quelle fragole.»

«Ma…»

«Niente ma…sorseggia un po’ di caffè, allora» disse, spingendo verso di lui una tazza, un cucchiaio ed una caffettiera fumante.

«La mamma dice che non posso bere il caffè» disse Giona. «E neppure tu potresti berlo.»

Lungimirante sorrise e alzò lo sguardo verso un mondo che poteva vedere solo lei. Si morse le labbra e quando parlò sembrò sul punto di piangere: «Grazie al caffè riesco ad andare avanti. Se io non lo bevessi mi addormenterei e se io mi addormentassi scoprirei quanto sia bello dormire e dimenticare questa lancinante solitudine che ogni giorno mi attanaglia sempre di più, come l’edera che attanaglia la mia villa. Se mi addormentassi una volta non desidererei mai più svegliarmi. Piccolo Giona, tieni bene a mente le mie parole: dal momento in cui nasci al momento in cui muori sarai solo; il segreto sta nel trovare un trucco, uno stratagemma per tirare avanti. E il mio è il caffè.» Spinse ancora di più verso di lui la tazzina e la caffettiera. Giona si alzò di scatto. «Bevi.»

«No!» gridò. «Lo so, hai fatto qualche maleficio al tuo intruglio. Io lo berrò e sarò per sempre tuo schiavo o morirò o…»

«E non è forse questo che più di ogni altra cosa puoi agognare?» parlò atona Lungimirante. Si alzò sulla sedia, salì sul tavolo e prese il cucchiaino dalla tazzina. Lo leccò con un piacere perverso negli occhi e lo appese ad uno degli spaghi, ancora libero. Giona approfittò del momento di distrazione e cominciò a correre verso il giardino. «Hai fame, non è vero, Giona?» disse lei.

Il bambino non si fermò e continuò a correre. Cadde, rotolò fra le piante di fragole, che si richiusero sopra di lui.

«E’ ora di merenda, non hai toccato nulla. Di sicuro avrai fame» disse, serrando il nodo che avrebbe legato il cucchiaino.

Giona vide intorno a sé nient’altro che fragole, fragole ogni dove. Allungò la mano, con stanchezza, arrancò fino ad un frutto rosso. Lo portò alla bocca e masticò e deglutì. E prese un altro frutto e masticò e deglutì. E così via fino a che tutte le sue mani non si furono macchiate di rosso. Cominciò a piangere ed anche le sue lacrime si fecero rosse.

«Te l’avevo detto che non potevi mangiarle» mormorò lei, scendendo dal tavolo. «Occasione, occupati di lui» disse.

Occasione, trascinandosi dietro la scia di bava, si avvicinò a lui con la lentezza che si addice agli animali della sua specie.

Il corpo di Giona era stato sostituito dalla viscida figura di una lumaca, già sporca di fragole. Occasione si avvicinò a lui e mosse le antenne nella sua direzione.

«Ora sì. Ora può mangiare le fragole del mio giardino» disse Lungimirante e si sedette.

Prese in mano la tazzina di caffè e scosse la testa con tristezza. «Alla fine anche tu hai ceduto. Peccato, mi sarebbe piaciuto avere un amico. Ma che ci posso fare: è nel destino degli umani bramare il proprio male. Nessuno di loro comprenderà mai le mie ragioni.»

Sorseggiò finalmente il suo caffè e si leccò le labbra soddisfatta. La brezza fece tintinnare i cucchiaini come fossero i denti di un bambino che trema. Davanti a lei si formavano infiniti mondi e ciascuno di essi ne conteneva altrettanti che a loro volta fluivano nei primi, senza regole, senza alcuno schema. Chiuse gli occhi estasiata.

Nessuno poteva capire la solitudine di una caffeinomane.

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Erano tre anni che desideravo scrivere un racconto su delle fragole avvelenate e un anno che desideravo scrivere un racconto con un personaggio di nome Lungimirante che coltivava fragole ed allevava lumache e viveva col giardiniere. Che soddisfazione!

Non cercate significati nascosti in questa storia, se non una mia totale dipendenza dal caffè.

Ringrazio niobbe88 (Onigiri su EFP) per la stupenda idea che ha avuto proponendo il concorso per il quale ho scritto questo racconto. Davvero, mi hai dato l'ispirazione!
I risultati del concorso sono qui --> http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8732867&p=10

Poi ringrazio tutti quelli che la leggeranno e commenteranno, la mia shore (MeMedesima) che legge ogni mia cazzata e la mia compagna di banco (AL) che ha un cugino che si chiama Giona.

Adios!

ireat

PS: non credo esista la parola "caffeinomane" (almeno sul mio dizionario non c'è, ne ho uno vetusto) ma non credo ci siano dubbi sul suo significato, no?

   
 
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