#02: »Catene.
“ When
chains imprison me in you. ”
Lo
guardava,
e lo guarda tutt’ora.
Dalla
prima volta che l’aveva incontrato non aveva mai smesso di
osservarlo, che
fosse uno sguardo di rabbia o di compassione poco importava, la
realtà era
quella: non aveva smesso di osservarlo.
Era
rimasta
colpita, come incatenata dai suoi occhi, divertita dalle sue orecchie e
affascinata da lui; non dal suo carattere né dal suo viso ma
proprio da lui,
non sapeva come spiegarlo.
Ed
aveva
capito, quasi subito in realtà, che si stava innamorando; lo
aveva capito dalla
gelosia che alle volte la coglieva impreparata ma, soprattutto, da
quelle catene
che sembravano legarla a lui indissolubilmente.
Ogni
volta
che si allontanava, ogni volta che era lui
ad allontanarsi, il suo cuore veniva stritolato in una morsa ferrea e
lei lo
sapeva, erano invisibili catene quelle che la martoriavano,
stracciandole il
cuore fino a farlo sanguinare, testimoniando la distanza che li
separava e la
mancanza che sentiva.
Doveva
ritornare da lui e non era per amore ma per dolore: era
dolore quello che sentiva e quelle catene
non la lasciavano respirare; era un obbligo, doveva
ritornare.
E
quando
era lui a venirla a prendere il cuore di Kagome diventava sempre
più leggero, e
i suoi occhi non lo abbandonavano mai, mai,
fissava i suoi occhi cercando imprimerne il colore nella memoria ma,
puntualmente, non vi riusciva.
Lo
guardava,
e ne moriva, quando non erano i suoi occhi quelli che vedeva ma la sua
schiena
voltata e i suoi passi veloci che si allontanavano verso di lei.
Lo
aspettava
sempre, restando sveglia fino a tardi, riscaldandosi in una coperta
davanti ad
un fuoco che, lentamente, lasciava il posto alle braci, lo aspettava
sentendo
su di sé gli occhi dei suoi compagni di viaggio: preoccupati
per lei ed
arrabbiati con lui.
Quando
ritornava, Kagome lo guardava sorridendogli appena, ma lui distoglieva
lo
sguardo; si sentiva in colpa? Non voleva vederla? Non voleva vederla
perché le
assomigliava troppo?
Lei
non
lo sapeva e ne moriva lentamente, lo guardava anche nel sonno,
osservava quella
sua espressione corrugata, le sopracciglia aggrottate anche nel
torpore, e
desiderava con tutto il cuore di poter dividere tutto il peso che
soleva
portarsi dentro, desiderava con tutto il cuore di potergli stare
accanto e
guardarlo negli occhi. Sempre.
Voleva
toccarlo, accarezzargli una guancia, sentirselo più vicino,
soprattutto quando
ritornava all’accampamento dopo averla vista; voleva fargli capire
che
lei ci sarebbe stata sempre, che non l’avrebbe tradito mai.
Ma la mano rimaneva
sempre a mezz’aria, incapace di fare alcun che, invisibili
catene la
trattenevano perché non poteva, non poteva forzarlo, non
poteva costringerlo in
quei momenti in cui era così debole.
E
allora
chiudeva la mano, stringeva il pugno e ritirava il braccio verso il
petto, cingendosi
le ginocchia con entrambe le braccia, desiderando che fosse il suo
calore ad
abbracciarla e non quello artificiale di una coperta.
Lo
guardava
mentre dormiva, mentre parlava, lo osservava respirare, beveva tutto
ciò che
faceva come fosse acqua e lo amava, lo amava così tanto che
faceva male.
Faceva
male al cuore, stretto da catene, faceva male a se stessa che
continuava ad
aspettare un abbraccio, faceva male ai suoi occhi quando lo cercava e
lui
sfuggiva.
Faceva
male, tanto male, ma aveva imparato ad accettare anche questo, ad amare
anche
questo dolore perché era lui a somministrarglielo, e si
accontentava di una frase
più gentile del solito e di un sorriso appena accennato, si
accontentava dei
suoi rari abbracci e del colore ambrato dei suoi occhi.
E
si
ripeteva che tutto quello non era poco, che prima ancora di essersene
innamorata lei era diventata sua amica, e come amica ci sarebbe stata
sempre; InuYasha
lo sapeva e per questo l’amava - ma
quanto, quanto l’amava?
Non
lo
sapeva, forse non glielo avrebbe mai detto, forse avrebbe lasciato che
le cose,
semplicemente, trovassero il loro ordine e scivolassero al loro posto,
forse
sarebbe andata così e lei amava pensarlo ma per ora le
bastava sentirlo vicino
come in quel momento, mentre condividevano la stessa coperta ed
InuYasha arrossiva
impacciato.
Tutto
sarebbe andato per il verso giusto, lo sentiva, e un giorno non avrebbe
più pensato
al dolore e alle lacrime inespresse, nemmeno ai suoi abbracci negati;
sarebbe
stata felicemente, semplicemente e meravigliosamente felice.
Avrebbe
aspettato e finalmente sarebbe riuscita ad accarezzarlo, a sentirlo
più vicino,
e a distruggere con la forza di una carezza quelle catene dolcemente
diaboliche
che la stringevano a
lui ma non la
facevano respirare.
Aspettando quel momento, il momento in cui tutte le cose sarebbero scivolate nel verso giusto, l’avrebbe guardato camminare e ridere, vivere e respirare, bevendo il colore nei suoi occhi lasciando che gli scavasse l’anima, con il sorriso sulle labbra perché questo era l’unico modo di vivere con lui: vivere per lui.
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Ho seriamente pensato di non pubblicarla, che gioia. XD
In questo periodo non mi piace per niente ciò che scrivo ma
ciò, ovviamente, non mi impedisce di farlo. *riot-
Uhm, vorrei ringraziare
ryanforever e Bellatrix_Indomita per aver
recensito, credevo di rivere qualche commento in più dato il
'successo' del prequel di questa raccolta a quanto pare sto diventando
strafottente, me ne scuso. ç.ç
Ringrazio anche i 4 preferiti.
Spero tanto che vi sia piaciuta.
*sbrill,sbrill-
Alla prossima!
Red.