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Autore: cabol    10/01/2010    2 recensioni
Siverius Nilboloc, un ricco e potente mercante, è riuscito nell'impresa di farsi odiare praticamente da tutti coloro che lo conoscono. Dunque, nulla di particolarmente strano che, una mattina di capodanno, venga ritrovato morto. Ma perché uccidere anche i suoi pesci rossi? Un giallo classico in ambientazione fantasy. II classificata al concorso Arsenico e Vecchi Merletti di Immaginifico.com
Genere: Avventura, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4

Era buio negli appartamenti che erano appartenuti a messer Nilboloc. E freddo. Seduti nella camera da letto, il capitano Cragg e Holverius Nilboloc tenevano d'occhio la botola aperta sullo studio, proprio sopra la vasca dei pesci, ormai piena solo d'acqua.

«Mi chiedo cosa mi abbia convinto a perdere così la mia serata».

«Probabilmente l'oro che vi ho offerto, capitano».

«Avrei dovuto chiedervene di più. È mezzanotte e ancora non si è visto nulla. E avrei fatto meglio a far liberare la signora Berifaol, senza dare ascolto alle vostre sciocchezze».

«Pazientate, fra poco avremo l'assassino».

«Ma chi diavolo vi ha messo in testa un'idea tanto balzana?».

«Silenzio, capitano! La porta si sta aprendo».

Un'esile lama di luce parve tagliare in due il grande studio. Un'ombra s'introdusse furtiva nel locale e la luce si rivelò una tremolante candela, parzialmente coperta da una mano. La figura si muoveva in silenzio, avanzando lentamente verso il centro della stanza, avvicinandosi alla vasca.

Il capitano Cragg aguzzò la vista. Chi era? Da quella prospettiva non riusciva a capirlo, non riusciva neppure a distinguere se si trattava di un uomo o di una donna. Lanciò un'occhiata furtiva a Holverius che pareva completamente assorto a spiare la figura nell'oscurità, irregolarmente illuminata dalla luce della candela.

Lo sconosciuto era giunto alla vasca e aveva tolto la mano che mascherava la candela per immergerla con decisione nell'acqua. La fiammella si rifletteva sulla superficie increspata creando una fantasmagoria di luci e colori.

Ora Cragg cominciava a distinguere qualcosa di più. Improvvisamente comprese.

Rimase un attimo paralizzato dalla sorpresa, poi scattò. Con un balzo acrobatico si gettò nel vuoto, piombando sulla figura ancora china sulla vasca. La candela cadde nell'acqua e si spense sfrigolando.

La lotta fu breve. La forza e la giovinezza non consentirono a Daniel Berifaol di avere la meglio dell'esperto soldato, oltretutto favorito dalla sorpresa. Il pugno di Cragg si abbatté sul bel volto distorto dalla rabbia e il giovane si afflosciò sotto di lui.

Holverius stava scendendo le scala con una lampada accesa. Cragg aveva raccolto dalla mano di Daniel un anello con un grosso castone e si avvicinò alla luce per studiarlo.

«Bravo capitano. Ora avete l'assassino».

«Lo sapevate?».

Cragg guardò il mercante con aria diffidente.

«Avevo alcuni sospetti».

Gli occhi dell'ufficiale si erano fatti attenti. In quel momento si sarebbe potuto credere che nulla al mondo avrebbe potuto distogliere l'attenzione di Cragg, completamente rivolta al suo interlocutore.

«Perché?».

«Perché non capivo come mia madre potesse aver fatto sparire l'anello. Le sarebbe bastato riempirne nuovamente il castone e lasciarlo fra le sue cose. Nessuno avrebbe potuto dimostrare che era stato usato».

«Poteva essere sconvolta, in certe circostanze...». Lo scetticismo cominciava a sparire dalla voce di Cragg, sostituito da un tono vagamente insinuante.

«Difficile crederlo. Ha sempre avuto un grande autocontrollo, altrimenti avrebbe cavato gli occhi a mio padre un centinaio di volte».

«Ma era soggetta a crisi isteriche, mi dicono».

«Una donna in preda a una crisi può bere il veleno ma non avere la freddezza di avvelenare di nascosto il bicchiere di un altro».

«Forse avete ragione. Fatto sta che ora si spiega come sono morti i pesci». Ora la voce del capitano pareva distante, come se la sua mente stesse vagando lontano da quella stanza.

«Certo. Daniel ha gettato l'anello nella vasca quando doveva esserci ancora un po' di veleno».

Gli occhi dell'ufficiale non si allontanavano neppure per un attimo da Holverius.

«Ma perché? Se voleva dare la colpa a vostra madre...».

«Questa era sicuramente la sua idea iniziale. Ma poi ha scoperto il furto e il biglietto di Blackwind e ha pensato di addossargli la colpa».

«Poteva sottrarre il biglietto ...».

«Sì, ma il furto? Accusare mia madre dell'omicidio poteva essere credibile ma nessuno avrebbe creduto al furto. Deve aver pensato che far sparire l'anello fosse la soluzione migliore».

«Ma come avete sospettato di lui?».

C'era una nuova diffidenza nella voce dell'ufficiale che si era arrochita. Un dubbio si stava insinuando nella sua mente.

«Come faceva Daniel a sapere che il veleno era stato versato direttamente nel boccale del vino? Quel particolare era noto solo a noi due».

«Sì, tutto quadra. Devo farvi i complimenti, messere. Potreste arruolarvi con noi».

C'era ironia nella voce del capitano ma Holverius non parve accorgersene.

«Vi ringrazio, capitano ma non è tutta farina del mio sacco».

L'ufficiale guardò il mercante con una strana espressione. I suoi sospetti stavano prendendo sempre più consistenza.

«Ah, no? E chi vi ha dato l'imbeccata, messere?».

Holverius sorrise.

«Venite con me, così chiariremo tutto».

Gli occhi dell'ufficiale si strinsero.

«Molto volentieri. Sono certo che potremo chiarire tante cose... ma dov'è Daniel?».

La figura sdraiata a terra non c'era più.

«Maledizione! Ha approfittato della nostra distrazione ed è scappato!».

«Dovevo colpirlo più forte! Manderò subito una pattuglia a cercarlo. Non andrà lontano, statene certo! Andiamo dal vostro informatore, prima che sparisca anche lui».

«Perché dovrebbe sparire, capitano?».

Holverius uscì dallo studio e si diresse verso i quartieri della servitù. Raggiunta la stanza del maggiordomo, fece per aprire la porta ma l'ufficiale lo prevenne spalancandola con un calcio. Aveva la spada in pugno.

«Benvenuto, messer Holverius. Capitano Cragg, è un onore».

Bartholomeus Winthrop era in piedi, al centro della stanza. Il suo portamento non sembrava più quello di un anziano e anche la voce era diventata più giovanile, permeata da una forte vena d'ironia.

«Brutto furfante, non la farai franca».

Cragg si avventò sul maggiordomo ma dovette fermarsi quasi subito, quando si accorse che nella sua mano era comparso uno stocco che parò senza difficoltà il fendente dell'ufficiale.

«Risparmiatevi le smargiassate, capitano. Per catturarmi lascereste scappare un assassino?».

Il tono beffardo del servitore fece esasperare ulteriormente il già furibondo mercenario.

«Siete morto, signor bandito!».

Un violento affondo incontrò l'aria e il successivo venne bloccato dalla lama avversaria.

«Santi numi, quanta foga! Calmatevi, capitano o vi prenderà un colpo. Oplà, parato, e ora?».

«Capitano, piantatela!». Holverius non riusciva a provare avversione per il suo fidato maggiordomo, pur avendo ormai compreso che si trattava di un impostore.

«Non mi sfuggirà questo bandito! Prendi questo!».

Un altro fendente venne deviato facilmente dall'agilissimo maggiordomo.

«Mi state deludendo, capitano, vi manca proprio il senso dell'umorismo. E quello dell'equilibrio, state più attento!». Improvvisamente, il fuorilegge era passato all'attacco con un turbine di attacchi che avevano costretto Cragg a indietreggiare precipitosamente, fino a farlo inciampare sul letto.

«Aiuto!».

«Ora basta, signor capitano. Via quel ferro!». Un colpo di spada e l'arma volò via dalle mani dell'ufficiale che diede sfogo alla rabbia e alla frustrazione con una sequela d'improperi.

«Maledetto bastardo schifoso!».

«Ed io Blackwind, molto lieto». Il celebre ladro si esibì in un beffardo inchino.

L'ufficiale guardò con occhi pieni d'odio il suo avversario. La spada era ormai irraggiungibile e Blackwind gli era praticamente sfuggito. Restava solo una possibilità. Balzò all'indietro e prese la porta, correndo verso le scale. C'era ancora da catturare Daniel Berifaol. Blackwind non accennò neppure a rincorrerlo, limitandosi a seguirlo con uno sguardo ironico.

Holverius si portò di fronte al fuorilegge.

« Bartholomeus Winthrop. B e W. Blackwind. Magnifica interpretazione messere. Dovrei essere in collera ma vi sono grato per avermi aiutato a scoprire il vero assassino e scagionare mia madre. Come l'avevate capito?».

Blackwind si sedette sul bordo del letto, guardando con interesse il mercante.

« L'anello. Chi aveva ucciso vostro padre aveva progettato di accusare vostra madre, altrimenti non avrebbe rischiato per rubarlo. Petra quasi certamente ne ignorava l'esistenza. Lo sapevate voi, grazie alla curiosità di vostra figlia, Daniel e Crown per lo stesso motivo e vostro padre. Né voi né Beryl potevate essere stati perché non avreste mai fatto ricadere la colpa su vostra madre».

Il mercante sedette accanto al bandito, con aria pensierosa.

«Dunque l'assassino poteva essere solo uno fra Crown e Daniel».

«Appunto. Ma Crown aveva buone ragioni per odiare vostro padre ma non aveva nulla contro la signora Lory e nulla da guadagnarci nell'accusarla. Allora perché correre il rischio di rubare l'anello?».

Holverius sospirò. Aveva senso ma doveva capire meglio.

«Ma Daniel cos'aveva contro mia madre?».

«Temo che vi sia sfuggito un particolare essenziale. Daniel è vostro fratellastro per parte di padre. In realtà si può ipotizzare già guardandolo ma nessuno aveva mai osato dar voce a quel sospetto. Petra deve aver fatto ricorso anche a quell'argomento per convincere messer Siverius a tornare sulle sue decisioni».

La rivelazione non parve sorprendere particolarmente il mercante. Era un'ipotesi che aveva già preso più volte in considerazione e che, tutto sommato, non lo turbava. Conoscendo suo padre, la schiera dei suoi fratellastri rischiava di essere alquanto nutrita.

«Lui lo sapeva?».

«Immagino di sì, è probabile che avesse anche chiesto a vostro padre di riconoscerlo».

Il giovane Nilboloc sorrise tristemente.

«E mio padre deve averci riso sopra. Mi pare di vederlo».

Blackwind annuì gravemente.

«Per questo ha pianificato la sua vendetta, verso suo padre e verso la donna che riteneva responsabile del suo mancato riconoscimento».

Holverius protestò.

«Ma mia madre probabilmente non si sarebbe opposta».

«Forse. Ma Daniel non lo sapeva. Non credo la conoscesse abbastanza».

Nilboloc rimase in silenzio, guardando il viso del suo interlocutore, ancora parzialmente coperto dai residui del trucco che lo aveva trasformato in un anziano e innocuo maggiordomo. Si stupì nel provare ammirazione per la costanza di quell'uomo, capace di recitare per mesi quella parte, allo scopo di preparare accuratamente un furto che avrebbe dovuto avere il sapore della beffa. Blackwind doveva avere una volontà straordinariamente forte.

«Ma come avete saputo dell'anello?».

«In realtà non ne sapevo nulla. Fu la morte dei pesci rossi a farmi capire che nella vasca era stato gettato il contenitore del veleno. Quando vidi l'anello e lo riconobbi rimasi stupito ma mi spiegai la scena isterica di ieri mattina e compresi subito che qualcuno lo aveva sottratto a vostra madre. Voi non eravate stato. Beryl non avrebbe osato ritentare il colpo. E si ritorna al ragionamento di prima».

Ancora gli occhi di Holverius si allontanarono dal ladro per vagare chissà dove.

«Capisco. Daniel doveva odiare veramente molto mio... nostro padre».

«Temo di sì. E temo che anche Daniel abbia assistito all'alterco fra vostro padre e sua madre. Probabilmente, nell'avvicinarsi alla camera di messer Siverius, ha sentito la voce di sua madre e ha ascoltato tutto nascondendosi in cima alle scale. Questo deve avergli fugato gli ultimi scrupoli».

«Quindi è entrato nella stanza e ha affrontato mio padre. Durante la discussione ha approfittato di un suo attimo di distrazione e ha avvelenato il vino». Holverius si chiese perché, anziché rabbia, provava una profonda compassione per tutti gli attori di quella tragedia. La voce di Blackwind lo riportò alla realtà.

«Poi ha finto di andarsene ed ha atteso che messer Siverius fosse morto. È rientrato per lasciare l'anello nella stanza e lì deve avere scoperto il furto. Il che, poi è stato quello che lo ha indotto a commettere l'errore che lo ha perduto».

«Già... quando lo avete compiuto?».

«Ovviamente mentre vostro padre era impegnato nella camera della sguattera. Era il momento migliore. Immaginavo che vostro padre lo avrebbe scoperto prima di andare a dormire o al risveglio. Quando non udii nulla fino alla tarda mattinata mi resi conto che c'era qualcosa che non andava».

Un triste sorriso aleggiò sulle labbra di Holverius.

«Immagino cos'abbiate provato nello scoprire il cadavere ...».

«Vi assicuro che non sono mai stato tanto costernato in vita mia. Volevo dare una lezione a messer Siverius ma quando l'ho visto sul letto, ormai cadavere, mi è dispiaciuto sinceramente».

«Non mi direte che avevate simpatia per mio padre!».

«No. Non ne avevo. Sinceramente, vostro padre si meritava una bella lezione. Ma la morte... quella no. Chi siamo noi per decretarla ai nostri simili?».

L'erede dell'impero dei Nilboloc si alzò in piedi.

«Ditemi, c'è un'ultima curiosità. Lord Boxis dichiara di essere andato al porto per ispezionare una nave, ieri sera. Ma nessuna nave arriva o parte in questa stagione».

Un lampo divertito passò negli occhi di Blackwind.

«Volete davvero saperlo? Vostro cognato frequenta da anni una singolare matrona che lo delizia prendendolo a scapaccioni, quando non addirittura a frustate».

Gli occhi del mercante si spalancarono per la sorpresa. Fece veramente fatica per non mettersi a ridere.

«Siete davvero un tipo straordinario. Immagino che dovrei farvi arrestare ma vi sono debitore».

Blackwind si alzò e raccolse le sue cose, accingendosi a uscire. Sulla porta si fermò e lanciò un'occhiata sorniona al mercante.

«C'è molto di buono in voi, Holverius Nilboloc. Avete un'occasione per rimediare agli errori di vostro padre. Non fatevela sfuggire. Mi seccherebbe tornare in questa casa per giocarvi un tiro simile a quello che avevo organizzato per messer Siverius».

Detto questo, il celebre bandito uscì.

«Seccherebbe più a me, messere».

E Holverius Nilboloc si concesse, finalmente, un sorriso sereno.

  
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