Ciò che mi propongo di fare con questa ff è di raccontare la vita di Tom Riddle, conosciuto anche come Lord Voldemort, dal giorno della sua nascita a quello della sua morte, passando attraverso a tutti gli episodi più importanti avvenuti in essa.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
<<
Avanti bambini, sbrigatevi e non rimanete troppo indietro,
perché se vi perdete poi ci rimanete nel bosco
>> urla la signora Cole. Come ogni anno
ci ha portati a fare la gita, il bosco è più o
meno come l’ho lasciato due anni fa. Odio la signora
Cole. E’
una stupida donna, non molto vecchia in realtà ma
così... rigida. Tra di noi si
dice che sia venuta a lavorare all’orfanotrofio
perché non può avere figli ma non credo sia
così... non mi sembra ci ami molto. Non me, comunque. Sono uno dei
pochi bambini dei quali si sa con precisione che fine abbiano fatto i
genitori, per lo meno, uno dei due. Mi sarò fatto raccontare
miliardi di volte della notte in cui mia madre è venuta a
bussare alle porte dell’orfanotrofio, stremata. Mi hanno
detto che era giovane, ma che non ne conoscono il nome. Che ha fatto in
tempo a dire solo come mi dovessi chiamare io: Tom, come mio
padre,Orvoloson come mio nonno e il cognome, Riddle. Quante
volte ho sperato che un giorno comparisse davanti alla porta
dell’orfanotrofio Tom, mio padre o Orvoloson, mio nonno! Ma
ogni giorno si è rivelato identico al precedente, mai
nessuno è venuto a prendermi. Odio come ci
trattano, neanche fossimo merce da vendere o pacchi postali. Ogni
tanto qualche famiglia che non può avere figli biologici
viene e allora la signora Cole, ci fa lavare, pettinare e mettere i
vestiti, le divise grige, migliori che abbiamo “per fare
bella impressione, che magari qualcuno vi porta via”. Odio come ci
dobbiamo mettere tutti in fila mentre loro passano davanti a noi,
facendoci domande, sorridendo compassionevoli. Spesso si
fermano davanti a me, mi chiedono come mi chiamo, ma io rimango sempre
in silenzio, non rispondo mai. Non mi faccio
trattare come un oggetto. E poi,
chissà? Magari il mio vero papà potrebbe venire a
prendermi. Qualcuno mi
tira una spallata, alzo lo sguardo e incontro il volto lentigginoso di
Billy Stubbs <<
Avanti, Riddle, non hai sentito quello che ha detto la signora Cole?
>> continuo a camminare, ignorandolo, con
un’altra spallata mi supera. E per un attimo, tutto
ciò che desidero, è che cada in terra, che si
faccia male, che provi un po’ del dolore che provo io. Incredibilmente
il mio desiderio si avvera. Sotto i miei
occhi Stubbs cade in terra, sbucciandosi le ginocchia e incominciando a
perdere sangue. <<
E’ stato LUI! >> urla, immediatamente, con la
voce tremante nel tentativo piuttosto maldestro di trattenere le
lacrime. Tutta la
comitiva si ferma e la signora Cole viene a vedere cosa è
successo. Aiuta Billy a
tirarsi su mentre lui continua a ripetere <<
Riddle, è stata colpa di Riddle, di quel piccolo mostro...
>> la signora Cole si volta verso di me <<
Cosa hai fatto, Tom? Gli hai fatto lo sgambetto? >> <<
Non ho fatto niente >> rispondo, con totale distacco. Non
volontariamente, per lo meno. <<
E’ stato lui, signora, l’ho visto io
>> afferma un ragazzo più grande di me e
Billy. Uno di quelli che “sorveglia” noi
più piccoli. La signora Cole mi si avvicina e mi tira un
ceffone in faccia, poi un altro e un altro ancora. <<
Come te lo devo dire, Tom? Le bugie non si dicono. Bisogna prendersi la
responsabilità di ciò che si fa >>
e senza un’altra parola si volta, riprendendo la gita. Vedo
Stubbs girarsi e farmi una linguccia. Sento le guance
pulsare, mentre uno strano pizzicore invade i miei occhi. So cosa sta
per succedere, ma non voglio. Piangere è da deboli, io non
piango mai. La signora Cole
non fa altro che ripetere che non l’ho mai fatto nenache da
piccolo. Io non ho
bisogno di piangere, io sono forte. Sono speciale. Nessuno riesce
a fare ciò che so fare io, nessuno. Qualche anno fa
non era un potere che riuscivo a controllare, succedeva e basta. Di
solito quando ero particolarmente arrabbiato o spaventato. Adesso basta
volerlo,
con ogni parte del corpo, con ogni grammo dell’animo. Volerlo, fino a
quando non senti che il desiderio non ti scorre nelle vene. L’unica
cosa che non riesco ad ottenere, però, è
l’unica cosa che davvero vorrei. <<
Vieni, vieni da me... e
ti aiuterò... vieni >> Come se non mi
rendessi conto di ciò che faccio, mi addentro fra gli
alberi, lasciando il sentiero e tutti i miei compagni, attirato da
quella voce così seducente e sibilante. <<
Vieni, ancora un
po’ e ci sei. Ancora un po’ e sarai mio
>> Mi ritrovo nel
fitto degli alberi. Senza avere la minima idea dove di preciso. Ma quella voce,
quella voce... era
sì, la stessa che ieri mi aveva spaventato ma questa volta
aveva avuto un’attrazione irresistibile. Non ho saputo
resistere alla tentazione di seguirla. Ma adesso è
scomparsa e mi ritrovo semplicemnte solo, in mezzo a degli alberi
tutti, tristemente uguali. Sento un
fruscio sopra di me e non faccio in tempo ad alzare il capo che la
testa di un serpente sbuca fra le foglie. Spaventato faccio qualche
passo indietro, inciampo in una pietra e cado rovinosamente a terra.
Lentamente il serpente scende dal ramo, sibilando. <<
Mio, finalmente, mio.
>> Cerco di
strisciare un po’indietro. Ho paura della morte e morire
mangiato da un serpente non è mai stato neanche conteplato
da me. Sarà
doloroso? <<
Per favore, non farmi
male >> Lo dico senza
neanche rendermene conto, come se il serpente potesse davvero sentirmi.
Incredibilmente l’animale si ferma, guardandomi con i suoi
occhi gialli dalla pupilla verticale, senza palpebre. Inclina la
testa da un lato, incuriosito. << Come conosci la mia lingua?
>> Mi domanda, io
tiro un sospiro. <<
Non lo so. Sto parlando
una lingua diversa da quella degli... em... umani? >> << Sei strano, cucciolo
d’uomo >> Mi dice
avvicinandosi e ignorando bellamente la mia domanda <<
Avevo sentito di umani
che parlano il Serpentese, la nostra lingua, la lingua dei Serpenti. Le
nostre leggende ne parlano come di umani stranamente affini a noi. Non
solo comprendono la nostra lingua, ma sono molto vicini a noi anche
sotto diversi punti di vista... non credevo ne avrei mai incontrato
uno. >> Si avvicina
sempre di più a me, fino a sfiorare la mia mano ed io,
meccanicamente, incomincio ad accarezzare il suo capo, ogni traccia di
paura scomparsa. La sua pelle è diversa da come la
immaginavo. Il primo aggetivo che mi è sempre venuto in
mente pensando ad un serpente è
“viscido”, ma non è così.
Sento le scaglie scorrere sotto i miei polpastrelli. Il suo corpo
è caldo e all’improvviso sento il desiderio di
prenderlo e attorcigliarlo. Sembra di avere fra le dita del pongo. <<
Come ti chiami?
>> Gli domando,
non sapendo bene che altro dire. << Cosa? >> <<
Qual è il tuo
nome? >> <<
Non ho un nome. Non ne
abbiamo bisogno, per riconoscerci. Voi sì?
>> Non avere un
nome, che strano. Non hanno bisogno di riconoscersi... <<
Io sì,
cioè noi umani ne abbiamo... bisogno >>. O forse
è solo una tradizione? <<
Io mi chiamo Tom.
>> Dico,
aggrottando le soppracciglia. Che nome
insulso. Tom. Semplice,
non ha un bel suono, un suono che ti attrae. Non
è speciale, non è come me. In effetti il
nome Tom non mi identifica affatto, ci vorrebbe un nome
più... regale, nobile, lungo. Che
crei timore. << Non ti piace, il nome Tom?
>> Mi chiede il
serpente, avvicinando il suo volto al mio. <<
Non molto, per la
verità. E’ troppo... semplice. Come ti posso
chiamare? Non posso riferirmi a te solo come... serpente. >> << Perché no? >> Non riesco a
trovare una risposta a questa domanda. <<
Puoi trovarmi un nome
te, se vuoi. Se per te è così importante,
cucciolo d’uomo. >> <<
Sei un maschio o una
femmina? >> Alla mi domanda
il seprente si ritrae da me, infastidito, come offeso. <<
Ho detto qualche cosa di
sbagliato? >> <<
Non si vede? Non si
capisce? Io sono una femmina! >> Femmine,
permalose indifferentemente alla razza alla quale appartengono. <<
Scusa, non volevo
offenderti. Sei il primo serpente che incontro.
>> Rimango
sovrappensiero per un po’, cercando il nome più
adatto per un serpente. Lo osservo attentamente, è
già di dimensioni notevoli, ma credo non abbia ancora finito
di svilupparsi. <<
Nagini!Ti piace Nagini? >> Domando, come
folgorato. So che non è un cobra*, ma Nagini mi piace.
E’ un bel nome per un seprente. <<
Nagini?
Perché no. Per me un nome vale l’altro. Era tua
sorella la cucciola d’uomo che era con te ieri... Tom? >> <<
In un certo senso
>> <<
Cosa significa? >> <<
Io non ho i genitori.
Sto in un orfanotrofio: un edificio in cui ci sono tutti i bambini
senza genitori. >> <<
Non ti piace stare
lì? >> <<
No. Sento che non
appartengo a quel luogo. Io sono diverso. Faccio succedere cose strane.
Riesco a spostare gli oggetti senza toccarli e posso fare stare male
quelli che mi fanno soffrire e beh, adesso so che posso parlare con i
serpenti. >> << Perché non vai via
se non ti piace rimanere lì? >> <<
Perché... >> ma immediatamente mi blocco. Non
ho mai neanche pensato ad andarmene, ho sempre pensato che stare
lì fosse normale, l’unica alternativa. Ed in
effetti è così. <<
Dove potrei andare? Non
ho un soldo, non ho una casa, non so dove siano i miei parenti.
E’ l’unico posto per me, quello.
>> Rimaniamo in
silenzio per parecchi istanti, quando mi rendo conto che sta
incominciando a scendere la notte. Mi alzo in piedi, di scatto. Nagini
sibila infastidita. <<
Dove vai? >> <<
Devo tornare in paese!
E’ tardissimo. >> Mi volto da una
parte all’altra. Ma è inutile. Non so quale sia la
strada, mi sono perso. Forse se desidero di ritrovare la via giusta i
miei poteri... <<
Te la indico io la via,
cucciolo d’uomo, se vuoi. >> Mi volto verso
Nagini, la prima ed unica amica che ho. La prima persona con cui sia
riuscito a fare un discorso, a parlare sul serio. Quando mi rendo
miseramente conto che non è una persona a cui ho parlato, ma
ad un animale. <<
Mi faresti, un favore
sì. >> << Seguimi, Tom.
>>
<<
Dove sei stato Tom? >> mi chiede urlando la signora Cole,
appena metto piede nella mensa. Tutti si
voltano. <<
Ero nel bosco >> rispondo brusco e facendo per superarla. <<
Non avevo detto di non rimanere troppo indietro? Di stare al passo?
>> domanda, alzando sempre di più il tono
della voce e afferrandomi per la divisa. Sento il suo alito sul mio
volto e mi rendo conto che ha bevuto. << Mi sono
distratto >> <<
Cosa ti ha distratto? E non mentire! >> <<
Io... >> Mi blocco, servirebbe a qualche
cosadire una bugia? << Un serpente, mi chiamava e io sono
stato attratto dalla sua voce e... poi abbiamo parlato...
>> non faccio in tempo a finire che la signora Cole mi
tira un altro ceffone in faccia, il quarto oggi, seguito dalle risate
di tutti i miei compagni. Mi sento umiliato. <<
Te l’ho già detto questo pomeriggio, Riddle, non
si dicono le bugie! Nessuno sa parlare con i serpenti >> Vorrei solo
vederla in terra, straziata dal dolore e umiliata, proprio come mi
sento io adesso. Cerco di trattenere questo desiderio, però.
Peggiorerebbe solo la situazione. Perché
nessuno mi crede? <<
Ma è questa la verità! Mi ha parlato.
>> <<
Magari era solo il suo amico immaginario. Non avendone di reali...
>> mi interrompe Stubbs, ironicamente. E di nuovo tutti a
ridere. <<
Per il resto della vacanza non uscirai da questo edificio Riddle e
stasera niente cena e aiuterai i proprietari a lavare i piatti e adesso
levati dalla mia vista >>. Scrollando le
spalle mi dirigo verso l’uscita. Vedo Marjory rivolgermi un
debole sorriso, ignorandola varco la porta.
*** * Nagini è il nome Hindi per la femmina di
cobra (Wikipedia), ma secondo me Nagini è un pitone
reticolato. La Rowling ci dice che è "spessa come una coscia
d'uomo" e la sua lunghezza deve essere di circa nove metri.
L'unico serpente che corrisponde a questi requisiti è il
pitone reticolato che, fra l'altro, è uno dei pochi serpenti
che aggredisce l'uomo, per lo meno, queste sono le informazioni che io
sono riuscita a trovare in rete.
Quindi mi sono chiesta: perché Voldemort avrebbe dovuto dare
ad un pitone il nome indiano per riferirsi al cobra femmina? Mi sono
risposta che magari era perché l'ha conosciuta quando era
piccolo, e poi mi piaceva il fatto che Nagini fosse il primo serpente
con cui Tom abbia mai parlato, rafforza il loro legame, secondo me.
Ad ogni modo, questo,a mio parere, è il capitolo peggiore
che abbia scritto. Ho provato a rifarlo diverse volte, ma il risultato
non è mutato di molto. Trovo Tom un po' troppo... banale...
ma purtroppo non sono riuscita a fare di meglio! Se
qualcuno dovesse trovare Tom OOC me lo dica, perché
è l'unica cosa che davvero vorrei evitare.
Ringrazio tutti quelli che leggono, chi ha inserito la storia fra le
seguite e i preferiti: grazie ^^
979: grazie
per la tua recensione, davvero! Ma non devi sentirti in obbligo a
commentare la mia storia solo perché io commento le tue...
ovviamente se la segui mi fai davvero strafelice ma, nel caso non ti
dovesse piacere, tranquilla!
Sono una tua fan accanita e non basterebbe questo per non farmi
più leggere/commentare le tue storie per tua (s)fortuna,
dipende dai punti di vista! ^^
ThePirateSDaughter: grazie per il commento, spero
continuerai a seguire la storia... tra poco dovrebbero arrivare gli
episodi "del coniglio" e "della caverna". Spero, inoltre, di continuare
a mantenere Tom IC, nonostante ogni tanto abbia, forse, qualche
sentimentalismo di troppo. Ma, sotto il mio punto di vista,
è dura per un bambino, sebbene quel bambino
diventerà poi Voldemort, non venire accettato da nessuno.
Grazie ancora!