5 – Heidi
Vi ho fatto aspettare
lo so, ma scrivere questa storia sta diventando più complicato del previsto.
Qualcuna di voi ha intuito la direzione degli eventi, ma c’è una spiegazione
che troverete in fondo al capitolo, se arriverete alla fine. Buona lettura.
*****
Convivere con i Volturi in
quegli anni, fu estremamente difficile; forza, volontà e convinzioni venivano
messe a dura prova quasi costantemente.
Nonostante le difficoltà non mi
risolvevo a lasciarli, perché non avevo la fermezza né il coraggio necessari
per affrontare nuovamente una vita di solitudine. Non ero ancora pronto a
ripartire di nuovo da capo, a rimettermi in viaggio alla ricerca di qualcosa
che forse non avrei mai trovato; in fondo in mezzo a loro avevo trovato
qualcosa che assomigliava a una famiglia, costruito dei legami anche sinceri;
non era esattamente ciò che avrei voluto, ma era un inizio.
E poi c’era lei…
Lei che mi faceva paura e mi
stregava da lontano…
Lei, la creatura più sensuale,
affascinante che avessi mai visto…
Lei che guardavo con sospetto e
desiderio…
Lei che ricambiava i miei
sguardi…
Lei che era gentile con Demetri…
Lei che non capivo…
Heidi mi inquietava; era un
misto di grazia ultraterrena unita a una fisicità fatta di carne e sangue.
Sentivo nei suoi confronti una specie di repulsione che si mischiava
all’attrazione. Mi chiedevo se quel fascino oscuro e ambiguo che esercitava su
di me, eccitando i miei pensieri in fantasie pericolose e innominabili, non
fosse la risposta del mio lato più profondo e nascosto che subiva il suo
richiamo; bene e male che si respingevano e si attiravano inevitabilmente.
Avvertivo il pericolo; Heidi
avrebbe potuto rendermi debole, forse più di Aro, e di questo avevo paura.
Cedere a quel potente richiamo avrebbe potuto travolgermi e farmi perdere.
Potevo resistere ad Aro, ma non ero sicuro di riuscire a resistere a lei, al
suo potere seduttivo.
Anche per questo la evitavo.
Oltre a tutto il resto.
Heidi tornava al Palazzo dei
Priori con le sue ignare vittime più o meno una volta alla settimana, con una
regolarità variabile.
Io puntualmente, prima che lei
rientrasse col suo bottino, mi allontanavo velocemente. Facevo il possibile per
non incontrare quelle persone, sentendomi inevitabilmente un vigliacco, ma non
riuscivo a sostenere quella situazione restando indifferente; avevo ancora
nelle orecchie il suono tetro delle urla disperate di uomini e donne aggrediti
da un gruppo di vampiri violenti e assetati, tra cui c’era lei, quella prima
volta in cui ero stato testimone di quella scena raccapricciante. Non potevo
essere tormentato dagli incubi, perché come vampiro mi era precluso il sonno,
ma quella scena straziante angosciava i miei giorni, avvelenandomi in buona
parte l’esistenza già amara.
Ero un medico e questo fatto
cozzava con quello che ero davvero, con quello che avevo giurato di fare per
preservare la vita umana. Ero una contraddizione in termini che camminava:
sapevo quello che accadeva e non potevo fare nulla per impedirlo, complice
rassegnato e silenzioso di quegli atroci delitti. Non mi ero mai sentito così
in colpa verso me stesso, e non avevo mai odiato così ferocemente la belva che
dormiva nel mio animo, come in quel periodo trascorso con loro.
Mi sentivo impotente e
assurdamente inutile; forse ero stato un pazzo a pensare di poter riscattare la
natura bestiale da cui ero posseduto.
Spesso mi tornavano alla mente
le parole dure e sarcastiche di Jane, quando mi aveva accusato di giocare a
fare il medico, sforzandomi di essere quello che non ero e mi chiedevo se non
avesse ragione a ridere di me.
La mia anima delicata come
cristallo, ancora troppo fragile per resistere a simili urti, probabilmente non
era mai stata così combattuta come in quei momenti drammatici in cui ho dovuto
confrontarmi con i Volturi e la loro realtà di vampiri figli delle tenebre.
Era la mia stessa realtà e non
potevo negarlo.
Sarebbe stato inutile.
Era terribile per me doverlo
riconoscere, essere consapevole di cosa potenzialmente potessi diventare. Mai
come in quel frangente mi ero guardato allo specchio e il riflesso deformato e
contorto di quello che vedevo, non mi piaceva.
Eppure la parte più nobile di me
continuava ostinatamente a ribellarsi a quella realtà lottando contro di essa,
quasi facendo violenza su me stesso.
Non era una violenza per
resistere al sangue, che in fondo non mi tentava più di tanto; era lo sforzo
quasi supremo che dovevo fare per convincere me stesso che Aro aveva torto;
solo io potevo essere l’artefice di me stesso, solo io potevo decidere come
vivere e cosa essere.
Nessuno poteva scegliere per me,
non ero costretto ad accettare di essere un mostro omicida, e di questo mi
facevo forte; la mia compassione, atipica per un vampiro, non mi lasciava mai.
Dovevo credere con costanza che la mia volontà non si sarebbe piegata a nessuno
dei tentativi più o meno subdoli di Aro di “curare” come diceva lui, la mia
natura.
A questo scopo, Aro non smetteva
mai di gettare su di me le sue provocazioni.
“Se tu Carlisle, vuoi davvero
conoscere te stesso e quello che sei davvero, per essere certo della tua forza,
dovresti almeno conoscere quello che rifiuti con tanta determinazione. Non puoi
solo annusare il sangue umano, dovresti almeno una volta provare ad
assaggiarlo; solo così capiresti il tuo limite e vedresti fino a che punto puoi
arrivare. Altrimenti come puoi sapere se veramente sei in grado di resistere al
mostro che vive dentro di te? Non lo hai mai guardato davvero in faccia.”
Infallibilmente Aro, con
magistrale e sottile talento, sapeva come arrivare al cuore del problema e
aveva ragione da vendere, non mi ero mai guardato dentro; non avevo mai voluto
scrutare davvero nel pozzo oscuro che esisteva dentro di me, forse per paura di
cosa avrei trovato.
“Quello che dici non è del tutto
vero; ho sentito ogni graffio che il mostro ha lasciato sulla mia anima,
lacerandola… credo di conoscerlo quanto basta.” Obiettavo lasciando trasparire
il mio disappunto.
“Credi? Ogni uomo dovrebbe
conoscere intimamente se stesso per accettarsi. Non è il tuo caso. Se fosse
così, allora arriveresti a esercitare davvero a fondo la tua professione di
medico e domineresti veramente la tua natura. Altrimenti la tua esistenza sarà
sempre e solo una fuga dalla realtà.”
Mi disse un giorno, mentre
insieme agli altri, aspettavamo seduti nel grande ed elegante salone che Heidi
tornasse.
L’intento di Aro mi era fin
troppo chiaro, sapevo benissimo quello che stava cercando di fare; cercava di
approfittare delle mie insicurezze, di farmi vacillare. Sapeva essere tremendamente
convincente e ogni parola era calcolata e misurata allo scopo di farmi cedere
alla tentazione, perché sapeva quanto in quel momento ero vulnerabile. Per
quanto le sue parole potessero colpirmi, non volli mai scoprire fino a che
punto potesse avere ragione.
Quel giorno, come già altre
volte avevo fatto nelle medesime circostanze, mi affrettai ad andarmene. Per la
prima volta da che ero con loro, tentarono di impedirmelo: fu tale la mia
sorpresa che reagii molto male.
Fui bloccato da Felix.
“Aro vorrebbe che tu restassi,
almeno per una volta; sarebbe gentile accettare l’invito.”
Ero allibito.
Mettermi contro Felix sarebbe
stato impensabile oltre che inutile; una sfida impari contro un grosso vampiro
dalla forza straordinaria abituato a lottare. Fisicamente non potevo competere
con lui, eppure assunsi un tono ostile e quasi ringhiai verso Aro.
“Hai intenzione di obbligarmi,
Aro? Se così fosse non potrei più accettare la tua ospitalità, né considerarti
un amico come ho sempre fatto. Non mi costringerete a bere sangue umano contro
la mia volontà e questo è certo!”
Sibilai senza riuscire a
nascondere un moto profondo di rabbia. Era la prima volta che esplodevo in quel
modo.
Felix continuava a bloccarmi la
strada verso l’uscita, ma io non avevo alcuna intenzione di cedere a quella
violenza e anche il leader dei Volturi, in realtà, non voleva arrivare a tanto.
Fu Marcus ad intervenire, per
placare gli animi.
“Ha ragione: non possiamo
costringerlo a vivere come noi. Inoltre il nostro amico Carlisle, non ha mai
manifestato la volontà di unirsi definitivamente alla nostra famiglia; ha
sempre dichiarato di essere di passaggio.”
Nell’affermazione di Marcus
c’era un messaggio implicito che non colsi subito, ma che dovevo comprendere
molto più avanti nel tempo.
Aro forse aveva sperato in una
mia esitazione. Attese qualche minuto guardandomi più ammirato che deluso;
probabilmente non aveva ancora compreso quanto in realtà fossi determinato a
insistere su quella strada.
“Lascialo andare Felix: il
nostro amico è libero di andare e venire come vuole. – disse non del tutto
rassegnato, poi si rivolse a me - Nessuno ti costringerà a fare ciò che non
vuoi, Carlisle.”
“Voglio la tua parola, Aro.”
Dissi deciso.
“È una promessa.”
Mi rispose tranquillo, ma sapevo
che non avrebbe rinunciato tanto facilmente. Sarebbe tornato ancora alla
carica.
Senza altre obbiezioni guadagnai
in fretta l’uscita.
Era una giornata di sole e di
vento.
Lasciai il palazzo lievemente
amareggiato e mi allontanai da Volterra seguendo i muri all’ombra delle case,
cercando di passare inosservato; uscito dalla città, percorsi diversi
chilometri, correndo attraverso la vallate per raggiungere i boschi vicini, in
totale solitudine.
Il vento scuoteva le chiome
frondose degli alberi, ma non arrivava all’interno della boscaglia. Immerso nei
suoi odori selvaggi di legno, resina, muschio ed erbe del sottobosco, e lontano
dall’umanità del mondo, mi sentivo sempre rinvigorito da un’ energia positiva
che sembrava scorrere attraverso me. Avevo bisogno di quell’intimità con madre
natura per sentirmi davvero vivo, ritrovare la pace con me stesso, e nel
periodo che vissi con i Volturi ricercavo quel contatto ancestrale molto più
spesso che in passato. Durante la caccia, lasciavo che tutti i miei istinti di
predatore emergessero, dando libero sfogo alla belva famelica e imbattibile che
mi dominava; se mi fossi visto in uno specchio forse non avrei riconosciuto
l’essere riflesso nei miei occhi dalla sfumatura dorata.
I miei sensi erano tesi e
concentrati al massimo, eppure non mi accorsi di essere seguito: trascinato
dalla caccia non avevo fatto caso al suo profumo famigliare, il che era strano,
dal momento che conoscevo perfettamente il suo odore e il potere ammaliante che
aveva su di me.
Senza che io la notassi,
muovendosi sottovento, Heidi mi aveva seguito attraverso i boschi; avevo appena
finito di dissanguare una delle mie prede, un grosso cervo maschio, quando
percepii la sua presenza. La vidi a una certa distanza che mi fissava con le
sue iridi affascinanti e curiose. Sembrava diversa dalla prima volta che
l’avevo vista, ma l’impatto che aveva su di me era il medesimo; la sua
avvenenza mi sbalordiva, le sue chiome fluenti erano onde sciolte nel vento
leggero che l’accarezzava e mi portava il suo aroma conturbante alle narici.
Era vestita in maniera maschile e sobria, ma il corpo sinuoso era messo
dolcemente in evidenza dalla casacca che si chiudeva sul petto. Era aggrappata
al ramo basso di un albero e sembrava mi stesse studiando con attenzione. Ero
davvero sorpreso di trovarla lì e in un moto istintivo ringhiai al suo
indirizzo, forse lievemente infastidito dalla sua presenza. Improvvisamente mi
sentivo come se qualcuno avesse violato la mia intimità, una sensazione del
tutto nuova per me.
Lei non si scompose minimamente,
anzi si aprì in un sorriso luminoso; dopo qualche minuto, parlò con fare
tranquillo e la sua voce seducente mi incantò esattamente come il primo giorno
che l’avevo udita.
“Volevo vedere se era vero…”
Non compresi subito il senso delle
sue parole, ma superato lo stordimento iniziale, captai una nota strana nella
sua voce che mi allarmò.
“Cosa ci fai qui Heidi? Per
caso, Aro ti ha chiesto di seguirmi?”
Il mio sarcasmo la sorprese
lievemente.
“Sono qui di mia iniziativa;
nessuno mi ha chiesto di seguirti.”
Ora la sorpresa, da lei era
passata a me.
“Non capisco…”
“Non riuscivo davvero a credere
che ti cibassi di sangue animale, mi sembrava qualcosa di impossibile…”
“Non puoi credere che un vampiro
possa rinunciare per sua scelta al sangue umano, è così?”
La guardai sorridendole mio
malgrado, ammaliato dalla sua avvenenza provocante; Heidi avrebbe potuto
stregare chiunque, era davvero quasi impossibile resisterle, anche per me.
Capivo come riuscisse con estrema semplicità a imbambolare le sue prede.
“Mi sembra qualcosa di troppo
difficile, considerando cosa il sangue rappresenta per noi. Ma tu Carlisle, sei
diverso; provi vera compassione per gli umani. Io non ho mai incontrato nessun
vampiro come te…”
Nella voce della bellissima
vampira percepivo una sfumatura di compiacimento che non avevo mai notato
prima. Forse stava giocando. Diventai sospettoso: era forse un espediente per
incantarmi? Mi aveva seguito davvero di sua iniziativa, oppure era un altro dei
tentativi di Aro di plagiarmi?
“Fino all’altro giorno mi hai
ignorato Heidi. Trovo davvero strano tutto questo improvviso interesse da parte
tua…” Commentai scettico, mentre allontanavo da me la carcassa dell’animale che
avevo dissanguato.
“Tu mi affascini Carlisle, devo
ammetterlo. Non so esattamente perché… mi è capitato di ascoltare alcune delle
discussioni tra te ed Aro; in te c’è qualcosa di profondamente umano che mi
turba molto, è non è solo il tuo modo di porti verso gli uomini.”
Le sue parole mi sorpresero
nuovamente, ma riconobbi che era sincera. Non riuscii a evitare di sorridere
compiaciuto; attirare l’attenzione di una vampira del calibro di Heidi sarebbe
stato un punto d’orgoglio per chiunque. Il mio ego maschile si sentì
gratificato.
Però era strano che proprio
Heidi avesse notato la mia umanità, visto il ruolo che ricopriva tra i Volturi.
Questo poteva voler dire qualcosa d’ importante: lei sembrava possedere una
notevole sensibilità che non avevo ancora notato in nessun altro vampiro.
Ne fui certo quando parlò di
nuovo.
“Mi dispiace per come sono
andate le cose la prima volta…”
Si avvicinò a me, muovendosi tra
il fogliame odoroso con sinuosa eleganza.
“Cosa?”
“Ti ricordi il nostro primo
incontro?”
Alzò una mano con grazia verso
la mia fronte e in un gesto lento, tolse una foglia secca dai miei capelli
biondi. Il suo profumo mi inondò violento, e avvertii un brivido scorrermi
sulla pelle.
Eravamo troppo vicini.
Mi guardava negli occhi e più il
tempo passava più la mia attrazione verso di lei cresceva. Sentivo qualcosa che
si muoveva nel mio petto, un’ emozione sconosciuta che mi solleticava e mi dava
piacere.
Era incredibile che mi potessi
sentire così, in così breve tempo.
“Non potrei mai scordarlo.”
Esclamai in un soffio, senza riuscire a staccare gli occhi da lei.
“Se avessi potuto immaginare il
tuo disagio, non ti avrei mai indotto ad assistere alla nostra festicciola.”
Altre immagini affollarono la
mia mentre e tornai lucido.
“Tu la chiami festicciola, un
macabro massacro di persone innocenti?”
“I nostri occhi sono diversi dai
tuoi e vediamo le cose in modo diverso; per noi sono cibo.”
Rispose con ovvietà quasi
disarmante. Ma non stava cercando di convincermi di nulla.
“Già, spesso lo dimentico. Però
ti ringrazio; sei la prima che dimostra un briciolo di comprensione per il mio
malessere. Sei stata gentile.”
Restò in silenzio alcuni secondi
fissandomi intensamente e il suo sguardo, fatto di fuoco acceso mi turbò
enormemente.
“Posso accompagnarti per un po’?
O forse, preferisci stare solo?”
Me lo chiese quasi con timidezza
come se temesse un mio rifiuto. Ma non avrei potuto rifiutarla.
No, non volevo stare solo. Non
volevo che se ne andasse.
“Resta ti prego. Mi farebbe
piacere.”
E nel dirlo le accarezzai un
polso e la scossa fremente che attraversò me, la sentì anche lei. Ci guardammo
negli occhi per un lungo istante e potevo leggere il mio stesso turbamento nel
suo sguardo e da quel momento, tutto quello che accadde dopo ci avrebbe portati
all’epilogo naturale di quella strana intimità appena nata.
Ci incamminammo attraverso il
bosco parlando con estrema famigliarità come tra me e lei non era mai accaduto;
era tutto estremamente naturale e spontaneo. Erano mesi, più di un anno che
vivevo con i Volturi, e io e lei non avevamo mai assunto uno verso l’altra un
atteggiamento così aperto e disinvolto. Tra l’altro fino a quel momento
potendo, l’avevo sempre evitata. Ci eravamo sempre studiati da lontano quasi
con sospetto. Ma ora mi sentivo catturato dalla sua vicinanza e col passare
delle ore mi accorgevo che in me cresceva una frenesia eccitante che mi
procurava un benessere estremo. I nostri sguardi dicevano più delle parole. Mi
confessò che non era la prima volta che mi seguiva; era già successo in
un’altra occasione, mentre andavo a prestare i miei servizi come medico. Aveva
creduto che il mio lavoro fosse legato al mio lato eccentrico, un interesse
puramente speculativo. Quella confessione non solo mi sorprese, ma mi fece
sentire inadeguato; o Heidi era maledettamente in gamba, oppure i miei sensi di
vampiro non valevano niente se non mi ero mai accorto di lei. Di fronte alla
mia perplessità, lei capì e si mise a ridere.
“Non prendertela: quando voglio,
sono molto brava a non farmi notare.” Trovavo difficile crederlo.
Volevo sapere tutto di lei e
dirle tutto di me, aprirle la mia anima perché sentivo che mi potevo fidare.
Nel tramonto rosso che calava
sulla campagna attorno a Volterra, tornammo verso il palazzo con l’ansia di una
strana aspettativa, consapevoli che ormai tra noi era accaduto qualcosa: la
scintilla si era accesa e ci saremmo lasciati travolgere da quel fuoco che ci
avrebbe fatto sentire incredibilmente vivi.
Quella stessa sera Heidi non
esitò a venire da me e io sapevo che sarebbe venuta. Fu come un richiamo a cui
nessuno di noi poteva sottrarsi; sfrontata e senza pudore, sentii le sue labbra
avvolgere le mie con dolcezza mista a
furia, facendomi sentire tutto il desiderio che avevo scatenato in lei,
e io non sarei più riuscito a nasconderle il mio. Ormai la volevo in modo
febbrile e non pensavo ad altro.
La trascinai con me quasi con
forza e lei rispose nello stesso modo, abbandonandosi al mio stesso trasporto.
Baci e carezze scottavano la nostra pelle e i nostri sensi erano troppo acuti
per sopportarle senza quasi urlare e ringhiare di piacere.
Bisbigliai sulla sua bocca
stravolto, mentre le mie mani violavano i suoi vestiti.
“Sei proprio sicura?”
“Carlisle, ti prego; non ho mai
sentito per nessuno quello che sento ora, e so che per te è lo stesso. Non ti
chiedo di amarmi, lascia che io possa amare te, mi basterebbe per l’eternità…”
Mi illusi che forse sarebbe
bastato anche a me.
E io avevo bisogno di sentirmi
amato, di non sentirmi solo. Fino a quel momento non avevo mai capito quanto;
forse avevo bisogno di una ragione profonda per restare lì, a Volterra. Allora
mi concessi il suo corpo e la sua anima di creatura dannata e ci concedemmo il
nostro paradiso personale, un lembo di felicità rincorsa e inseguita, e mai
raggiunta prima.
E finché durò fu totale e
straordinaria.
Probabilmente lei fu davvero la
sola ragione per cui restai per oltre un decennio con i Volturi, nient’ altro
avrebbe potuto trattenermi così a lungo.
Certamente non Aro, nonostante
tutta la sua dialettica.
Con Heidi scoprii cosa fosse il
sesso per uno come me; un istinto potente quasi quanto la sete. Mi fece
scoprire tutta la mia lussuria e la mia lascivia; non mi stancavo mai di noi,
del suo corpo forte e candido come un giglio, che si modellava e si plasmava
sotto le mie mani avide e rapaci, che si apriva mentre si donava completamente
a me. Bramavo ogni bacio della sua bocca che mi accarezzava, che osava
provocarmi e farmi suo nel modo più innocente e perverso.
Ci volevamo nello stesso modo,
con la stessa urgenza.
Non c’erano freni o inibizioni;
era un bisogno istintivo che dipendeva dalla nostra natura, perché da umano non
so se mi sarei comportato nello stesso modo.
Ero talmente schiavo dei sensi;
per stare con lei dimenticavo anche di nutrirmi adeguatamente. Se mi seguiva
durante la caccia, cosa che a volte accadeva, smettevo di inseguire la mia
preda per farla mia nel mezzo della foresta; captavo il suo profumo e
immediatamente capivo perché lei era lì.
Sentivo la sua voglia
implacabile di avermi.
Fummo felici del nostro piccolo
angolo di paradiso in mezzo all’inferno.
Eppure non ero sicuro che fosse
davvero amore il nostro.
Ma in quel momento non mi
importava sapere cosa fosse in realtà, mi bastava averlo perché faceva star
bene entrambi.
Pensai che anche per Heidi quasi
sicuramente, fosse così; in realtà lei mi amò più di quanto non abbia saputo
fare io, che spesso giudicai il mio sentimento, solo come il frutto proibito di
una potente attrazione. Tendevo a definirla così anche davanti a chi era
testimone della nostra relazione. In realtà era molto di più. Scoprii solo
troppo tardi quanto questa passione si fosse incisa nelle pieghe delle nostre
anime.
Godevamo della nostra intimità
con costanza senza preoccuparci troppo di chi ci stava attorno, a palazzo, ma
anche fuori. Una volta facemmo l’amore tra papaveri e spighe di grano, in
aperta campagna sotto un cielo limpido e inondato di sole che faceva brillare
le nostre pelli nude.
Ci piaceva restare abbracciati a
parlare dopo l’amore; erano momenti di una dolcezza struggente da cui ci
lasciavamo cullare, prima di farci assalire ancora dal desiderio. Parlavamo di
noi: a volte affioravano anche i nostri ricordi umani.
Rammento con particolare
chiarezza e tenero rimpianto uno di questi momenti.
Heidi era nel mio letto e il lenzuolo
bianco la copriva parzialmente confondendosi con la sua pelle candida.
“Sei bellissima; chissà com’eri
da umana…- le chiesi mentre seguivo la curva dolce del suo zigomo. - Sai, mi
sono sempre chiesto una cosa: è stato Aro a trasformarti?”
“No, ero già una vampira quando
sono arrivata a Volterra. Ero una nomade ed ero sempre stata sola. Aro ha
notato la mia avvenenza e ha pensato che potessi essergli utile. Ho accettato
di restare qui, perché ero stanca della mia vita solitaria e mi sono sentita subito
benvoluta.”
Restai davvero sorpreso.
“Chi ti ha trasformata, allora?”
“Oh, non lo ricordo; forse un
vampiro di troppo che ho tentato di sedurre. Sai, dovevo essere un’ accalappia
uomini anche da umana.”
Risi con lei.
E intanto pensai al vecchio
Etienne, ma poi ricordai che lui non lasciava in vita le sue conquiste, e
ritenevo improbabile che Heidi fosse mai stata in Francia.
Ma un istante dopo Heidi divenne
pensierosa.
“Tu credi che anch’io possa
avere un’ anima?” mi chiese titubante.
Si strinse a me accarezzando il
mio torace nudo.
“Certo. Perché me lo chiedi?” le
domandai curioso, posando la mia mano sulla sua.
“Non so. Non mi sono mai posta
queste domande, ma da quando ti ho conosciuto… da quando stiamo insieme
qualcosa è cambiato in me.”
La guardai negli occhi profondi
e vi lessi un turbamento ignorato fino a quel momento.
“Di cosa parli?” le chiesi
incerto di aver capito.
“Parlo di quello che sento,
Carlisle. Da dove viene?”
“Quello che senti?”
“A volte mi sento strana: non
riesco più a fare il mio lavoro come prima; è come se mi sentissi a disagio.”
Non ero preparato alle parole di
Heidi; solo in quell’istante compresi quanto in realtà la mia vicinanza la
influenzasse. Continuai ad ascoltarla quasi commosso, senza poter interrompere
quelle sue confidenze inaspettate.
“Sono quasi certa di non aver
mai conosciuto l’amore - fece una pausa - amore… non sono neppure sicura
che i vampiri possano provarlo; siamo creature inclini al male…” ammise quasi
con tristezza.
Cercai di calmare quello strano
turbamento che avvertivo in lei.
“Bene e male, amore e odio sono
dualismi che esistevano già nella nostra esistenza umana, non c’è nulla di
strano. Cosa stai cercando di dirmi, che mi ami e ti senti in colpa per quello
che fai? O che non sei sicura di amarmi…”
Le sfuggì un sospiro pesante.
“Se io ti amassi, Carlisle,
significherebbe avere un’ anima?”
“Beh, suppongo di sì; i
sentimenti sono il linguaggio dell’anima.”
“Questo vale per gli esseri
umani.” Obbiettò.
“Anche noi vampiri possiamo
amare, provare emozioni forti, essere felici o tristi. Non sei d’accordo con me
su questo?” la guardai negli occhi e la strinsi tra le mie braccia.
“Sì, certo. Ma l’amore, quello
con l’A maiuscola, ho sempre pensato che ci fosse precluso. Sono confusa, non
riesco a capire perché mi sento così…”
“Mi stai dicendo che da quando
vivi con Aro e gli altri, non ti è mai accaduto?”
“No, mai… E vivo qui da molto
tempo. Te l’ho detto, Carlisle: nessuno mi ha fatto sentire come… come mi fai
sentire tu.”
E io sentii tutto il dolore, l’incertezza
del mio sentimento, mentre lei pronunciava quelle parole. I miei dubbi erano i
suoi; in fondo neppure io mi ero mai sentito così.
“E come ti faccio sentire,
Heidi?” le chiesi abbandonandomi sopra di lei.
Mi diede un bacio prima di
rispondere.
“Nonostante tutto, sono felice,
Carlisle… per la prima volta. Se devo soffrire, accetto anche questo.”
“Oh, Heidi non sai cosa sono per
me queste tue parole. Anch’io, sono felice…”
E lo ero davvero.
Eppure non ero sicuro che io e
Heidi ci completassimo; con lei non potevo condividere tutto. Lei non è mai
stata come Esme, o forse non ha potuto esserlo, perché il tempo e le
circostanze non lo permisero. Forse non avrebbe voluto né potuto adattarsi al
mio stile di vita così diverso da quello cui era abituata. In effetti quella
era l’unica cosa che ci divideva creando difficoltà, e impediva di avvicinarci
completamente uno all’altra.
Le gioie della nostra vita
inevitabilmente si scontravano con l’attività di Heidi. Il nostro legame fu
sufficiente a mettere in crisi la sua esistenza, scandita dall’ingresso delle
sue prede a palazzo. Eppure non tentai mai di forzarla o biasimarla, nonostante
l’angoscia che inevitabilmente provavo. Succedeva e io dovevo lasciarla andare,
perché per quanto lei mi volesse, per quanto soffrisse, non poteva smettere di
fare quello che faceva.
Su di noi la cosa a lungo andare
ebbe un’ influenza nefasta.
Quando lei se ne andava, io
stavo male.
Mi sentivo come se subissi una
sorta di tradimento e sapevo di non poter pretendere nulla.
“Quello che fai, non mi piace
Heidi.” Le dicevo amareggiato, mentre la guardavo rivestirsi per uscire a
cercare le sue vittime.
“Lo so, ma cosa vuoi che faccia?
Cosa dovrei fare, secondo te?”
La voce sconvolta, sentivo che
anche per lei era difficile, sapeva che mi stava dando un dolore e non avrebbe
voluto.
Potevo capire il suo conflitto e
io non ero in grado di aiutarla.
“Fallo fare a qualcun altro…”
dicevo afflitto, senza riuscire a nascondere il mio risentimento.
“Questo ti farebbe sentire meno
colpevole?”
Chiese dolente. Aveva capito
ogni cosa di me.
“No, hai ragione. Per me non
cambierebbe nulla…”
Sospirai abbassando la testa;
forse fu in quell’istante che compresi che nulla mi avrebbe fatto sentire
meglio, neanche l’amore che nutrivo per quell’angelo della morte. Il problema
non era lei, ma ero io.
E questo lo capirono anche gli
altri attorno a noi.
Il malessere di Heidi diventò
sempre più evidente anche per Caius e Marcus che informarono subito Aro. La
nostra relazione si stava ripercuotendo sui Volturi e influenzava l’ordine
regolare delle cose che Aro aveva costruito con tenacia e costanza. Ci fu anche
chi come Dimitri, esortò Heidi a lasciarmi, e non escludo che il vampiro in
questione avesse un suo interesse personale. Dimitri non si era mai mostrato
geloso verso di me, anzi avevo un ottimo rapporto con lui, quasi cameratesco.
Non mi preoccupai mai
eccessivamente, finché un giorno per caso, non colsi dietro una porta chiusa,
una conversazione privata tra Caius e Aro, che mi fece comprendere la triste
verità.
Parlavano a bassa voce, ma il
mio udito mi permise di distinguere ogni parola, ogni intonazione trattenuta
dall’ansia.
“Aro sono seriamente
preoccupato: questa relazione che c’è tra Carlisle e Heidi, sta creando non
pochi problemi. Lui la sta influenzando in modo pericoloso; per due volte Heidi
si è rifiutata di andare a caccia. Non possiamo più ignorare la cosa.”
“Temi che lei possa diventare
vegetariana?”
Colsi dell’ironia nelle parole
di Aro e mi parve davvero insolito per uno come lui.
“Non dovresti prendere la cosa
tanto alla leggera.” Sibilò il vampiro, frustrato.
“Come sei melodrammatico. Ah, se
almeno Carlisle si convertisse al nostro stile di vita; è così testardo, eppure
dev’esserci un modo…”
“Ci speri ancora? Non sei
riuscito a convincerlo e non ci riuscirai: rassegnati.”
Poi sentii una voce femminile
dal timbro cristallino che riconobbi immediatamente.
“Signore, se permettete, io
credo che dovremmo obbligare Carlisle ad andarsene se non vuole adattarsi al
nostro stile di vita. Francamente la prima possibilità mi sembra la più
plausibile.”
Jane, quella vampira sadica e
perversa; potevo sentire tutto il suo veleno trasudare dalle sue parole ostili.
Sapevo che mal tollerava la mia presenza a Volterra e sapevo anche perché;
aveva visto concretizzarsi attraverso Heidi i suoi timori. Ma Jane non avrebbe
mai posseduto la sensibilità, la dolcezza della mia Heidi.
“Non vorrei essere costretto ad
allontanare Carlisle, mi dispiacerebbe in fondo. È un buon amico. Però è vero,
non possiamo più ignorare la cosa. Dobbiamo porre Carlisle di fronte a una
scelta, agiremo sul suo legame con Heidi; se intende restare con lei dovrà sposare
in ogni senso, lo stile di vita della sua compagna.”
Le ultime parole di Aro arrivarono
sul mio cuore come pezzi di vetro acuminati; non avrei avuto bisogno di
ascoltare altro.
Tutto mi fu subito chiaro; la
mia permanenza a Volterra stava per finire e staccarmi da quel mondo non
sarebbe stato indolore. Per nessuno.
Ero diventato un elemento
instabile nella loro comunità e non avrei potuto continuare a frequentarli
senza conseguenze per me e per loro.
La mia unione con Heidi aveva
minato quella stabilità rigida che era sempre esistita all’interno dei Volturi
e questo fatto non poteva che mettere in allarme Aro e gli altri.
Mi allontanai in preda al più
grande sconforto che avessi mai provato da quando ero diventato un vampiro. Non
pensai neppure per un momento di poter avere un’ altra possibilità, perché non
c’era niente che avrei potuto fare, se non andarmene. Era una certezza che
cresceva col passare delle ore, ma era pesante come l’angoscia che di lì a poco
sarebbe piombata addosso a me, come a lei. Il dolore era il prezzo che avrei
dovuto pagare in ogni caso.
E non l’avrei pagato solo io,
purtroppo.
Il dolore della separazione da
colei che era stata capace di darmi un istante di felicità lungo come
l’eternità della mia non vita, si univa al dolore della lotta per la mia
libertà a cui non sarei mai stato capace di rinunciare. Forse il mio amore non
era abbastanza forte per trattenermi a Volterra, o forse il suo lo sarebbe
stato abbastanza per lasciarmi andare.
Corsi da lei senza indugio; mi
stava aspettando nella sua stanza.
Mi sentivo morire al pensiero di
quello che stavo per dirle e sperai che lei riuscisse a capire; quasi mi
augurai che il suo per me, non fosse un amore tanto profondo da lasciarle
addosso i segni della sofferenza.
Era una debole illusione, lo
sapevo e per capirlo mi bastò incontrare i suoi occhi; allora sentii quel
dolore immenso, come se una stilettata mi avesse colpito trafiggendomi il
petto.
Sul mio volto era dipinto il
dramma che stavo vivendo, e lei, ancor prima che parlassi, comprese ogni cosa.
“Carlisle sei venuto a dirmi
addio?”
Il suo tono disperato era rassegnato,
avrebbe potuto farmi crollare a terra, ma dovevo essere forte.
“Heidi, ascolta: devo lasciare
Volterra.”
Attesi la sua reazione e
all’inizio pensai che non avesse capito.
“Vuoi andartene per sempre, è
così? Posso venire con te?”
Si era seduta sul letto con le
mani in grembo e io mi affiancai a lei. Mi sembrava tremendamente indifesa.
Presi le sue mani tra le mie.
“Lo vorresti davvero? Verresti
con me, sapresti adattarti a vivere a modo mio? So che è difficile quello che
ti sto chiedendo.”
Non tentai di nasconderle
niente; doveva avere ben chiari i miei motivi.
“Lo so, ma non importa. Sapevo
che alla fine sarebbe accaduto. Temevo che questo giorno sarebbe arrivato. Speravo
fosse ancora lontano; ti prego, dimmi solo che non è a causa mia…”
La voce le tremava, potevo
sentire tutta l’angoscia che avrebbe voluto poter uscire attraverso le sue
lacrime impossibili.
“Heidi, se sono rimasto qui
tutto questo tempo è perché c’eri tu, col tuo amore a trattenermi: mi hai dato
quella felicità in cui non avrei mai sperato. Mi hai fatto dimenticare la mia
grande solitudine, e di questo non ti ringrazierò mai abbastanza. Ma ora devo
farlo, devo andar via. Se resto qui, Aro prima o poi, mi obbligherà a nutrirmi
di sangue umano, e questo mi getterebbe in quell’abisso a cui ho cercato di
sfuggire da sempre. E le cose sono peggiorate da quando stiamo insieme, ma non
è colpa tua. Loro non vedono bene l’influenza che ho su di te.”
“Aro sa che tengo a te, non ti
manderà via, me l’ha promesso.”
Obbiettò in tono quasi infantile.
“Infatti non vorrebbe mandarmi
via, ma farà pressioni per ottenere ciò che desidera. Sa che tu non avresti la
forza di seguirmi, ma pensa che per stare con te, io possa accettare di subire
un ricatto. Ma per quanto io sia legato a te, non posso, lo capisci?”
A quel punto Heidi mi interruppe
bruscamente.
“Certo che lo capisco!! Non te
lo chiederei mai, Carlisle. Non rinunciare a te stesso per me. Non devi farlo
assolutamente!!”
“Heidi, mi dispiace…” scossi la
testa pieno di rammarico, mentre incontravo i suoi occhi. Non poteva piangere,
ma sentivo tutta l’amarezza che la sommergeva nel tono della sua voce. Quello
strazio contagiava anche me.
Non avrei mai pensato di poter
stare così male, ma stavo anche peggio forse.
“Non dire niente, Carlisle; Aro
ha ragione. Io non avrei il coraggio né la forza di seguirti, ma se li avessi,
ti giuro che per nessun altro lo farei. Per te, sarei disposta a cambiare vita…
Non ti chiederei mai di essere diverso da ciò che sei, perché è dell’uomo buono
che sei che mi sono innamorata.”
Tentai di parlare, ma mi posò
una mano davanti alla bocca.
“Però ho il coraggio che mi
serve per lasciarti andare. È l’azione più buona che io abbia mai fatto. Sei
libero, Carlisle. Non sentirti obbligato con me…”
“Oh, cara… cara, io non vorrei
perderti, vieni con me Heidi, ti aiuterò…” le chiesi col cuore che mi usciva
dal petto, quasi disperato.
“No amore mio… - mi accarezzò il
viso, spalancando i suoi occhi incredibilmente tristi. Non l’avevo mai vista
così. - Aro mi inseguirebbe, e alla fine troverebbe entrambi; non posso
permetterlo.”
Sapevo che aveva ragione;
conoscevo abbastanza Aro, da sapere che lo avrebbe fatto. Se fossi andato via
da solo non ci sarebbero stati problemi.
Il fatto che fosse così
comprensiva, così disposta a lasciarmi libero, mi fece capire quanto il suo
cuore fosse generoso e pieno di quell’amore di cui io invece avevo spesso a
torto, dubitato. Mi sentii indegno di lei. Heidi mi stava dando la più grande
prova d’amore che potesse esistere e ne fui enormemente commosso.
Si stava aprendo uno squarcio
tra noi che non si sarebbe richiuso tanto presto e che ci avrebbe segnati per
l’eternità.
Eppure ci eravamo fatti un
grande dono che nessuno avrebbe mai potuto rubarci. Ci abbracciammo per
l’ultima volta, stringendoci disperati.
“Con te ho scoperto l’amore,
Carlisle, quello con l’A maiuscola. Credimi se ti dico che non ti dimenticherò
mai.”
Con quelle parole si separò da
me e corse via, senza che io potessi fermarla neppure per darle un ultimo
bacio, farle un’ultima carezza.
Restai lì nella sua stanza a
raccogliere nei miei polmoni il suo profumo prezioso per portarlo con me nei
miei ricordi, oltre il tempo e lo spazio che ci avrebbe divisi. Mi sentivo
quasi senza forze.
Mi allontanai dopo una buona
mezzora; ero completamente abbattuto.
Eppure dovevo andare da Aro.
Dovevo comunicargli la mia
decisione.
Continua…
Questo è stato un
capitolo davvero sofferto e difficile da scrivere, ma era necessario per
spiegare alcune cose. Qualcuna di voi aveva intuito l’evolversi degli eventi;
non era mio interesse sconvolgere le coppie e non c’è una motivazione
provocatoria in quello che ho scritto. Penso che tutto sia ai fini della storia
e faccia parte dell’evoluzione del personaggio: il suo passaggio tra i Volturi
poteva aver lasciato il segno anche sui vampiri di Volterra. È la sua ricerca
di se stesso e Esme per ora, non è ancora apparsa nella vita di Carlisle. Ma
un’ esperienza del genere avrebbe potuto far capire qualcosa al nostro dottore
su quello che vuole davvero. Tra tutte le figure femminili nei Volturi, quella
di Heidi mi sembrava la più probabile a far scoprire a Carlisle certi
turbamenti. Spero che vi sia piaciuto anche se può sembrarvi un po’ triste.
Come sempre ringrazio tutti quelli che stanno seguendo questa storia,
come preferita o meno, per i vostri commenti e anche chi non commenta, ma legge
soltanto. Un saluto.