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Autore: BigMistake    12/01/2010    3 recensioni
Questa storia parla della nostra adorata Nessie al suo decimo compleanno che si trova ad affrontare verità scomode, problemi adolescenziali tutto corredato da una profonda crisi mistica. E poi potranno mai mancare i Volturi a cercare di complicare le cose! Insomma come farà la nostra piccola Nessie a trovare un posto nel mondo quando la sua vita risulta assolutamente intricata? E ora che di mezzo c'è anche l'amore? Scusate se ho profanaticamente provato a sviluppare la storia che ci ha tanto appassionato,ma voglio condividere con altri la mia idea! spero vi piaccia e perdonate gli eventuali errori voluti o non!Buona lettura! PS sarà quasi tutta sotto il punto di vista di Renesmee con qualche piccolo pov qua e là per rendere la storia più dinamica! Rinnovo il mio augurio!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'GREY DAY IN DARKNESS'
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CAPITOLO IX: La vigilia!

Era arrivata la vigilia di Natale. Durante l’intero arco della giornata, mia zia obbligava tutti a sistemare, organizzare, spostare, decorare, cucinare e quant’ altro servisse a rifinire la sua festa. Tutto doveva essere assolutamente perfetto. Mia madre sarebbe arrivata con la nonna nel tardo pomeriggio. Dalle telefonate che ci scambiammo, percepì che non fu facile far accettare la realtà a Renèe, ma come biasimarla. Non deve essere facile realizzare che esiste un mondo parallelo al tuo, di cui non conoscevi l’esistenza, popolato da esseri spaventosi. E magari, dopo aver preso in considerazione che quell’universo visto solo nei film dell’orrore sia reale, venire a conoscenza che tua figlia è diventata una di loro.  Avevo un profondo terrore del parere che si era fatta su quella strana nipote che non aveva mai conosciuto e che a dieci anni ne mostrava diciassette. Mi sentivo molto responsabile per la condizione di mia madre, tanto da temere di ricevere un giudizio inquisitorio anche da parte degl’altri. Tra l’altro Jacob non sarebbe stato lì con me. Già spiegare che esistono i vampiri non era facile, figurarci metterci pure i licantropi in mezzo sarebbe stato troppo. Ciò però non toglieva il fatto che avrei molto gradito la sua presenza e la sicurezza che mi metteva molto a mio agio. Ormai sarebbero arrivati a breve e non sapevo cosa indossare. Volevo sembrare il più carina e angelica possibile, valutando l’idea di mascherarmi da fatina. In questo tipo di casi avrei tanto voluto avere il gusto di zia Alice o di Zia Rose.  

< Mettiti il vestito rosso con il copri spalle verde! > il pensiero di mio padre mi arrivò come se fosse lì. Un momento: ma era lì!

< Papà? > lentamente mi voltai e lo vidi con quel sorriso sghembo appoggiato allo stipite della porta che mi osservava divertito chissà da quanto. Lo faceva sempre. Si acquattava silenziosamente in quella posizione e osservava i miei gesti. Una volta sono riuscita ad estorcergli il perché di quell’atteggiamento: non ottenni una risposta esauriente, però aveva confessato che nei momenti in cui sono sola avevo gli stessi atteggiamenti della Bella, goffa e maldestra che aveva conosciuto.

 “Papà!Siete tornati!” mi buttai fra le sue braccia e lui immancabilmente mi baciò la testa.

 “Divertita tesoro?” alzai un sopracciglio interdetta e lui se la rise di gusto. Certo come potevo divertirmi con Emmett che giocava allo scambio dei ruoli con Rose?  “Ci sei mancata!”

< Anche voi!  > mentre ancora accoccolata fra le sue braccia, mi godevo il  suo ritorno una rivelazione folgorò il mio instancabile ed elucubrativo cervello:

“Ma se siete tornati la nonna è già qui! Noooooo!” presi gl’abiti consigliati e mi catapultai in bagno inciampando su me stessa, cadendo rovinosamente a terra per l’ennesima volta.

< Possibile che di mia madre dovessi prendere le cose peggiori come il cattivo gusto e la sbadataggine! >

< E la cocciutaggine? >

“Spiritoso!Sto bene se t’interessa!” raccolsi la poca stima di me stessa rimasta in quella silente conversazione e mi catapultai in bagno.

 < Ti attendiamo di sotto! > ringraziai il cielo per le mie doti vampiresche. Uscendo dal bagno feci un respiro profondo, non volevo presentarmi trafelata. Mi sistemai l’abito, ovviamente regalo della zia Alice. Era un vestito rosso scuro leggermente cangiante stile impero, che segnava con un nastro di raso nero il seno. Alle spalle mi ero messa un copri spalle di velluto verde muschio mentre tenevo a bada i miei boccoli con un nastro nero che li avvolgeva delicatamente. Ero molto carina. Almeno lo speravo. Cominciai a camminare verso il salotto da dove provenivano le voci dei miei familiari. Man mano che avanzavo sentivo il cuore aumentare la sua velocità, percependo le sue pulsazioni ovunque i vasi lo consentissero. Rimbombava il suo rintocco nella mia mente tanto che tutti i pensieri che mi avevano colto nel pomeriggio non trovarono più posto. La luce si avvicinava ed io mi arrestai. Ammetto sono una vigliacca! Non volevo affrontare un giudizio che avrebbe potuto rispedirmi nel baratro da  dove ero riuscita a risalire! Stavo per fare marcia indietro, mi voltai e trovai un grande e grosso vampiro testone che mi bloccava il passaggio.

“Mi lasceresti passare per favore? Stai bloccando la mia fuga!”

 “Dove stai andando?”

 “Com’è, mi rivolgi la parola adesso?” ero irritata dal suo comportamento. I suoi cambiamenti di umore mi facevano venire il mal di testa.

 “Non hai risposto!”

 “Neanche tu!”

“Per me possiamo arrivarci fino a domani mattina!”

 “Per me possiamo impiegarci un secolo, tanto il tempo non manca a nessuno dei due!” ci guadammo per qualche secondo adirati per poi trasformare quel sentimento in una sonora risata, ci stavamo comportando da bambini e la cosa non mi dispiaceva affatto. Stavo riavendo uno spiraglio dello zio Emmett: quello che si metteva a discutere con il televisore quando la sua squadra perdeva, che mi comprava le liquirizie rosse di nascosto, che giocava con me a nascondino nonostante fosse un omone altissimo ed io una bimbetta.

 “Nell’altra stanza ti stanno aspettando!”

 “Già ma io stavo scappando! Quindi me ne vado, vi manderò una bella cartolina dal Canada, il Guatemala è troppo caldo!” dissi fermamente convinta di farlo.

 “Perché?” bella domanda che elusi con la grazia di una ballerina che fa un pliè. Cercai di superarlo, quasi riuscendoci, ma prese il mio braccio e mi strattonò verso di sé portando i nostri sguardi ad incrociarsi “Tu sei pazza!”

< E' arrivato quello sano di mente! >stavo per dar voce a quel mio pensiero, per replicare alla sua affermazione, che già mio zio mi stava spingendo verso le scale che permettevano l’accesso al salotto.

 

 “Renesmee tesoro perché c’hai messo tanto?” la voce di mia madre mi arrivò dritta al cuore, in quei giorni mi era mancata tantissimo.

 “Mamma!” corsi tra quelle braccia algide, ma piene d’amore.

 “Ero impaziente di riabbracciarti, mia piccola brontolona!” cominciò a baciarmi ripetutamente la guancia, proprio dove stava la mia fossetta. Raramente ci costringevamo lontane per un lungo periodo come quello. Quando però ci ritrovavamo tutto si annullava ed io mi facevo piccola, piccola lasciandomi cullare dalle sue attenzioni. Si discostò poi per guardarmi, accarezzandomi le spalle.

“Vieni c’è qualcuno che vuole conoscerti!” mi prese per mano e mi portò di fronte ad una donna ed un uomo, sentivo i loro cuori battere e i loro polmoni gonfiarsi in respiri lenti e ritmati. La pelle della donna aveva uno strano sentore familiare, che mi ricordava la mamma, ma non era l’odore che adesso percepivo. Un profumo lasciato nell’angolo più remoto dei miei ricordi, riaffiorava con la presenza della madre di mia madre. Mi guardava con gl’occhi sbarrati, come se al suo cospetto fosse comparso un fantasma. Ma cos’era: Gioia? Sorpresa? Sospetto?Terrore?

 “Mamma, Phil, vi presento Renesmee vostra nipote!” nel tono di mia madre si poteva leggere la fierezza, in fin dei conti per lei sono sempre stata il suo perfetto capolavoro, il suo gioiello più splendente di cui fregiarsi ogni qual volta poteva liberamente dire ‘Questa è mia figlia!’. Intanto la donna mi venne incontro ancora con quell’espressione smarrita e ad ogni suo passo temevo sempre di più di essere odiata. Poi un gesto del tutto inaspettato: prese il mio viso fra le mani, facendo incontrare i nostri occhi illuminati dalle lacrime che esitavano ad uscire, gonfiandosi sulle ciglia.

 “Capisco perché Bella!” il perché. Io ero il perché! Dall’intonazione della sua voce percepivo che non era una frase di sdegno o ripudio. No. Aveva tutt’altra connotazione. Rinunciare alla propria anima, per trovarne una nuova in quella del figlio che avevi custodito nel grembo. Fu solo allora che ancora rotta dall’emozione, riuscì a parlare.  

 “Piacere di conoscerti, nonna!” mi abbracciò stretta. Non era un abbraccio bollente o gelido. Era tiepido, poco al di sotto della mia temperatura. Sorrisi. Ero riuscita a conquistare il cuore della donna a cui avevo strappato la figlia. Ero nata ed ero un perché: il perché della rinuncia di un cuore, il perché della rinuncia di un respiro, il perché della rinuncia della vita. Per un attimo fui catapultata nei panni di mia madre: se mai avessi dentro di me un figlio, se lo sentissi crescere, muoversi, se sentissi il suo cuorino battere anche solo per un istante, rinuncerei a tutto pur di donargli la vita. Per un attimo, il dubbio che con il nonno ci eravamo posti sulla mia fertilità portò una piccola lacrima a bagnare la spalla di Renèe. Tutti la interpretarono come una lacrima di gioia per il momento che stavo vivendo, solo una persona oltre me sapeva la vera ragione per la quale era uscita.

<  Renesmee, non sarai mai sola …  > sapevo che in quel momento, mio padre stava provando la mia stessa amarezza.

<  Ti prego non dirlo a nessuno! Si preoccuperebbero! >  

“A me non mi presenta nessuno!” sentii l’uomo sbottare scherzoso, tutti si misero a ridere e noi ci sciogliemmo da quell’abbraccio, anche se Renèe continuava ad osservarmi come se fossi stato l’oggetto più bello mai visto. Intanto io mi riprendevo cercando di cancellare quel nuovo dubbio sulla giustezza della mia esistenza. Dovevo vivere il momento non il futuro, perché altrimenti avrei rischiato di perderlo nuovamente. Sorrisi.

 “Renesmee questo è Phil il marito della nonna!” lui mi sorrise affabile porgendomi la mano.

 “Piacere di conoscerti Renesmee”  la presi e la legai alla mia.

 “Che bella stretta!” disse lui cercando di riprendere la sensibilità delle dita, visto che per l’emozione non avevo dosato la forza.

 “Scusa! Non volevo!” prima figuraccia! Ecco ero tornata nuovamente io!

“E quindi tutti voi siete…” disse la nonna osservandosi attorno cercando la conferma di ciò che sembrava risultare assurdo.

“...si mamma siamo vampiri!” mia madre rimarcò il concetto, cercando di renderlo più vero.

“Io lo sono solo per metà!” precisai io alzando la mano come se fossi tra i banchi di scuola e volessi rispondere ad una domanda, in realtà solo per imporre la mia presenza, provocando molta ilarità.  Ero tornata la buffa ed infantile Renesmee.

Le ore del pomeriggio trascorsero liete, anche se Esme vagava fra noi e la cucina impegnata nel preparare la cena per gl’ospiti che avrebbero mangiato. Dopo un po’ ci raggiunsero anche Charlie e Sue. Il breve momento di debolezza che avevo avuto quando incontrai la nonna ormai sembrava solo l’eco lontana di una voce che avrei nascosto per non cedere. Anche perché era arrivata l’ora della cena a cui avremmo partecipato in pochi. Raggiungemmo l’enorme ed elegante sala da pranzo, mai utilizzata.

 “Bella ed Edward non vi muovete!” Alice bloccò i miei genitori alla porta d’accesso , proprio sotto ad un piccolo ciuffo verde di vischio che lei aveva messo appositamente.

 “Fratellino bisogna rispettare la tradizione! Devi darle un bacio!” mio padre emise un lieve ringhio verso mia Zia esaltata dalla situazione.

 “Edward smettila che spaventi gl’ospiti!”disse la mamma a mezza bocca scatenando risate e commenti da chi l’aveva potuta sentire.  Fu allora che i miei si scambiarono un dolcissimo bacio a fior di labbra. Guardai nonno Charlie che aveva alzato gli occhi al cielo. Che buffo che era quando faceva così! La cena proseguì sempre in maniera gioviale fra risate e chiacchiere, sembrammo quasi una famiglia normale. Gli uomini parlavano di sport da un lato, mentre le donne si erano riunite a parlare del mio matrimonio, come se io non fossi lì e tutto sembrò scorrere liscio come l’olio. Ma la vera tragedia doveva ancora avere atto; ci trasferimmo nella sala della musica dove mia zia aveva preparato la custodia del mio violino sullo sgabello del pianoforte. Alice si avvicinò a me, che stavo esplodendo dalla rabbia, dondolando con le mani dietro la schiena. Lo sguardo visto e furbetto roteava mentre dalle sue labbra un leggero fischiettio come di chi fa l’indifferente.

  “Renesmee suona il violino divinamente!” disse tutto d’un fiato per non farsi zittire “Poi se viene accompagnata da Edward al piano è ancora meglio!”

 < Lo sapevo io che mi avrebbe messo alle strette! >

< Dai brontolona! È da tanto che non suoniamo insieme, perché non fai contento il tuo papà preferito? >

“Perché no!” tutti sobbalzarono a quella mia affermazione apparentemente non giustificata.

 “Scusateli, ogni tanto si scordano che non tutti in questa stanza possono leggere il pensiero!” vidi gli sguardi interdetti dei nostri parenti mortali ed io sorrisi stranita come se fossi sotto un interrogatorio.

 “Ma non  è solo Edward che può leggere nel pensiero?” nonno Charlie pose la domanda del secolo, in effetti il mio nuovo potere non lo conosceva neanche Jacob.

 “In realtà Nessie riesce a sentire soltanto i pensieri del padre, probabilmente il loro legame è così forte che hanno potenziato i loro poteri!” a quel punto fu nonno Carlisle a fornire la spiegazione scientifica e precisa.

 “Poteri, Bella? Non mi avevi parlato di poteri!” anche se la nonna non lo sapeva la maggior parte dei presenti poteva ascoltare i suoi bisbigli.

 “Mamma poi ti spiego anche questo!” rispose tranquilla come se quella che stava avvenendo fosse una conversazione normale.

 “Allora! Nessie  perché non ci suoni qualcosa assieme ad Edward!”disse Alice cercando di mettermi definitivamente con le spalle al muro. Aveva quella luce negl’occhi di chi stava gridando vittoria.

 “Questa me la paghi!” ringhiai verso mia zia, e tutti si ammutolirono.

 “Tale padre tale figlia!” disse Phil scatenando un’ulteriore risata. Intanto si avvicinò nonna Esme cingendomi le spalle.

 “Dai Nessie è così tanto che non ci allieti con il tuo violino, perché non rendiamo questa serata ancor più speciale?!” guardai torva nuovamente mia zia indicando mia nonna.

 “Hai coinvolto anche lei? La carta Esme è un colpo basso e lo sai! Sei diabolica!” chiunque mi conosce sa che a una richiesta della nonna non so resistere.

 “No, no io non centro niente!” continuava a fare l’angioletto, la nanetta pestifera e dispettosa. Presi per una mano mio padre che se ne stava impalato a godersi la scena, e lo trascinai fino al piano con una falcata degna di un atleta. Afferrai il nero cofanetto di pelle rimanendo basita dalla reazione che provocò: in quel momento fu come distaccarsi dalla realtà. Aprii la custodia e l’odore del legno appena lucidato, mi avvolse completamente. Erano tre anni che non toccavo il mio violino, da quando avevo iniziato la scuola più o meno, troppo presa a nascondere le mie doti avevo dimenticato la musica ponendola da parte. Imparai a suonarlo quando avevo una decina di anni all’apparenza, come se fossi nata per fare solo quello. Con il piano mi riuscì altrettanto facile, ma il violino era completamente diverso. Lo suonavo in una maniera così naturale, sorprendente a detta di mio padre.

< Chopin? >

< Il notturno? > annuimmo, mentre accolsi il mio violino, fra le mani. Lo posai sotto il mio mento, pizzicando le corde per vedere se era accordato.

 < Sei stato tu? > mi dedicò quel sorriso sghembo come se l’avessi colto sul fatto.

 < Grazie! >

 In quel momento mi sentii come se una parte del mio braccio mutilata fosse tornata al suo posto. Perché avevo smesso!? Sentii l’attacco e mi accodai alla melodia che tanto amavo. Le nostre note riecheggiavano nell’acustica perfetta della sala. Io chiusi gl’occhi ed in quel momento mi trovai da sola. Non sentivo gli sguardi attenti, che avevano rivolto a noi, incantati da quel prezioso suonare.  Lasciai che l’archetto scivolasse sulle corde diventando un tutt’uno con le note del piano. Mi abbandonai completamente alla melodia volgendo qualche sguardo a mio padre che dettava mentalmente i tempi. Continuiamo per più di tre minuti a suonare come se ci avessero incantati. E così arrivarono le note finali. Il battito delle mani dei presenti entrò nel nostro mondo, quello che usavamo per escluderci dalla realtà, risvegliandoci dal quel torpore comune.

“Brava tesoro, ma perché non volevi suonare?” mi disse Reneè venendomi incontro, in realtà non lo ricordavo nemmeno io.

“La sciocchina si vergognava!” Soddisfatta mia zia trotterellava attorno alla stanza, pavoneggiandosi di avermi sconfitta.

 “Non dovresti, tu suoni divinamente!” disse Sue. Cercai con lo sguardo mia madre. La vidi in un angolo con gl’occhi colmi di lacrime che non poteva versare, piena di ammirazione e di amore per noi due. D’un tratto ci venne incontro abbracciandoci entrambi.

 “Mi devi promettere di non abbandonare più il tuo violino chiaro?” la mia dolce mamma. Quanto vedeva in me di mio padre. Eravamo simili anche in quello. Forse amare uno di noi due significava amarci entrambi. 

“Che bel quadretto! Siete la famiglia perfetta anche se sembrate più fratelli che genitori e figlia!” di nuovo quella ilarità che aveva caratterizzato la serata tornò a riempire i volti di tutti. Tutti tranne Emmet. Per me aveva riservato quello sguardo malinconico di chi sta perdendo qualcosa di prezioso. Non avrei mai voluto ferirlo in quel modo.

 

Venne il momento dei regali e c’era un pensiero per ciascuno. La zia aveva pensato a tutti. Vidi lo sguardo trasognante di Reneè  nel vedere i meravigliosi doni accuratamente scelti da Alice da parte di tutta la famiglia.

“Nessie, questo è il tuo regalo!” la zia si era alzata sulla punta dei piedi, evidentemente emozionata ed impaziente. Aveva tra le mani una grande scatola bianca, adornata da un grande fiocco di organza bianco. Sopra una rosa rossa ed un biglietto con scritto ‘Il più bello per la più bella. La tua famiglia!’ mi sedei sul divano accanto a mia madre, mettendo la scatola sulle ginocchia con le mani tremanti di chi, forse, aveva intuito.

 “Dai aprilo!” incalzò zia Alice, battendo le mani gioiosa, ulteriore indizio inquisitorio sulla parentela con Joyce. Feci scivolare un lembo del fiocco, sciogliendolo lentamente. Scostai il nastro lasciando che la scatola fosse libera per poi osservarla qualche secondo cercando il coraggio di togliere il coperchio. Mille foglietti di velina rossa coprivano il suo contenuto. Le lasciai svolazzare in aria rimanendo a bocca aperta, gl’occhi sgranati in quella visione celestiale. Il mio abito da sposa, quello che avevo visto nel negozio del centro commerciale, era lì. Presi il vestito alzandomi in piedi, lasciando che la scatola scivolasse a terra.

 “Ve l’avevo detto che le sarebbe piaciuto!” Alice saltellava contenta, cominciando a battere sempre più freneticamente le mani, gli altri compiaciuti restavano a guardare la mia espressione beata “Appena abbiamo un attimo te lo proverai e lo sistemiamo!” le mie corde vocali erano immobilizzate dopo tutte quelle emozioni nel termine di poche ore. Cercai gli sguardi delle persone che amavo, dai quali mancavano due all’appello.

“Dove sono papà e lo zio Emm?” chiesi con un tocco d’agitazione nella voce.

“Tesoro lo Zio è andato fuori e tuo padre l’ha seguito!” adagiai immediatamente l’abito sul divano e mi precipitai verso l’ingresso. Volevo chiarire quella situazione, non avrei potuto sostenerla in altro modo. Avvicinandomi alla porta riuscì ad udire le loro voci:

“Emmet non ti accorgi che con questo atteggiamento ferisci Nessie!” sentii l’accento aspro di mio padre nel dire quelle parole.

“Edward io non  ce la faccio! Per me è troppo presto! Non riesco a pensare che si possa allontanare!”

“Questa conversazione ha del ridicolo. Io sono il padre, io dovrei avere paura di perderla, perché se lo abbiamo accettato noi, tu non riesci ad essere contento per lei!”

“ Te e Bella siete i genitori! Non potrebbe mai abbandonarvi. Avrà sempre bisogno di voi, ma quando uscirà da quella porta che ne sarà di noi?” non potevo crederci, Zio Jazz c’aveva visto giusto. Era giunta l’ora di affrontarci. Aprì la porta; mi trovai dietro entrambi. Con una mano sfiorai la spalla di mio padre che si volse verso di me.

“Di cos’hai paura Emmet? Non pensi forse che il mio affetto nei tuoi confronti sia sincero?” a quel punto si voltò anche lui. Mio padre mi diede un bacio sulla fronte e rientrò in casa.

“Non è questo il punto Renesmee!”

“E qual è allora il punto? Spiegamelo perché non riesco a capire…”

“Quando tu avrai la tua vita, non ci sarà più posto, sarai troppo impegnata a viverla con lui per poterti preoccupare degli zii che ti hanno accudita ed amata come una figlia. Non sopporto di perdere la ragazzina con cui giocavo fino a poco tempo fa! Questa cosa mi sta facendo impazzire!”

“Su una cosa sola hai pienamente ragione: sei impazzito! Come puoi dire una cosa del genere! A me manca il mio vecchio Zio Emm, quello con cui facevo la lotta con i cuscini e che mi faceva addormentare sul suo petto! Viviamo nella stessa casa, ti vedo tutti i giorni, eppure mi manchi! Possibile che tu non abbia capito che tutto questo silenzio fra noi mi fa soffrire!” una lacrima latitante, scese lungo il mio viso morendo sulla mia bocca, mentre il suo sapore salato copriva l’amarezza che le parole di Emmett avevano scaturito “Zio, vi voglio troppo bene per escludervi dalla mia vita. A chi mi appoggerei per un consiglio, per un conforto o anche solo per un abbraccio? Devi comprendere che nel mio cuore c’è posto per tutti, e mi ferisce sapere che tu non ti fidi a tal punto!Eppure dovresti conoscermi! Se mi costringi a scegliere sarò infelice per sempre, come fai a non rendertene conto? ” ero così arrabbiata, frustrata ed esausta che le parole uscivano stentate tra le lacrime. Avrei voluto dire molto altro, ma ormai non riuscivo più a far trapelare niente oltre che un pianto soffocato e sofferente.  

“Ti prego non fare così!”a quel punto la distanza fra noi, fisica e non, fu azzerata sentii avvolgermi dalle sue forti braccia. Non so se per le parole che gli avevo dedicato, se per la situazione che stava diventando asfissiante, o per il mio pianto esasperato. So solo che lo zio aveva accettato. Aveva accettato di vedermi felice accanto al mio Jacob.

“Era ora brutto testone! Ti voglio bene!”dissi strozzando una risata di gioia in mezzo a tutte quelle lacrime.

“Anch’io troppo! Mi vuoi ancora come tuo testimone?” io sciolsi l’abbraccio interrogandolo con lo sguardo. “Prenditela con Jazz, non ha saputo resistere.”

Finalmente in quello spiraglio che rappresentava la mia vita compresi. Tutto quello che sembra allontanarmi dai miei scopi o dai miei desideri prima o poi mi porta ad un punto. Quella vita che sembrava sfuggisse ad ogni mio controllo stava per realizzarsi. Avevo ripreso le redini dei mie rapporti, avevo Jacob, avevo tutta la mia famiglia. La mia ricerca era finita.

 

Note dell'autrice: ragazze nuovo capitolo natalizio per ricordare le feste. Vi è piaciuto? Lo spero tanto! Comunque nel prossimo si avrà un po' di azione e come regalo di natale ritroveremo Joyce. In realtà la parte iniziale del capitolo non è utile al fine della storia, o almeno non ora. Verà ripresa nella famosa seconda parte!

Sinead: se mi fai un altro complimento finirò con il montarmi la testa! Spero che questo capitolo un po' di passaggio sia stato di tuo gradimento! 

Avviso importante: il prossimo sarà uno dei capitoli centrali e ci sarà uno specialissimo POV non vi dico di chi sarà!Me crudele muhahahahaha! Grazie a tutti quelli che mi seguono!

   
 
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