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Autore: BigMistake    12/01/2010    4 recensioni
Questa storia parla della nostra adorata Nessie al suo decimo compleanno che si trova ad affrontare verità scomode, problemi adolescenziali tutto corredato da una profonda crisi mistica. E poi potranno mai mancare i Volturi a cercare di complicare le cose! Insomma come farà la nostra piccola Nessie a trovare un posto nel mondo quando la sua vita risulta assolutamente intricata? E ora che di mezzo c'è anche l'amore? Scusate se ho profanaticamente provato a sviluppare la storia che ci ha tanto appassionato,ma voglio condividere con altri la mia idea! spero vi piaccia e perdonate gli eventuali errori voluti o non!Buona lettura! PS sarà quasi tutta sotto il punto di vista di Renesmee con qualche piccolo pov qua e là per rendere la storia più dinamica! Rinnovo il mio augurio!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'GREY DAY IN DARKNESS'
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Note dell'autrice: Nonostante la mia velocità non ero mai riuscita a postare un capitolo senza che il precedente fosse stato commentato!  Ma in questo sono arrivata prima!

Capitolo molto interessante con un cambio di punto di vist verso la fine particolare, e di chi? vedrete. Dal prossimo però ritorniamo alla nostra Nessie! Fatemi sapere se è piaciuto!

Ringrazio ancora tutti tutti!

 

CAPITOLO X: Salvezza.  

< Non mi va! >

 Stavo sotto le coperte, cercando di mimetizzarmi per restarmene nel letto, non che avessi bisogno di dormire troppo, anzi: in condizioni ottimali potevo resistere un paio di giorni senza riposare. Era più che altro un po’ di pigrizia, un vero e proprio piacere, provato nel poltrire.

“Dai Renesmee! Devi andare a scuola!” mio padre era seduto accanto a me, sdraiata sotto le mie coperte calde.

“Fa freddo!” dissi ovattando la mia voce con il cuscino.

“Renesmee Carlie Cullen se non ti alzi immediatamente ritiro la mia benedizione al tuo matrimonio!” sbuffai capricciosamente, mentre aprivo le coperte alzando lo sguardo al soffitto.

“Va bene! Mi alzo!” scesi dal letto ma la mia mente era ancora saldamente ancorata al mio cuscino, lasciandosi sfuggire una frase che alle orecchie di un padre poteva risultare stridente come unghie sulla lavagna.

 < Non vedo l’ora di essere sposata così smetti di ricattarmi! >

Adoravo quelle scene di vita quotidiana con mio padre e il nostro rapporto si stava facendo più maturo e più profondo di quanto già fosse. Ormai comunicavamo con il pensiero con la stessa facilità con cui riuscivamo a parlare, a parte qualche scivolone da parte mia. Guardai l’orologio convinta che le lancette segnassero il mio solito ritardo.

“Papà, ma a che razza di ora mi hai svegliato?”

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“Nessie!” Joyce mi venne incontro sventolando il giornalino “Hai visto?”

“Se non stai fermo è difficile!”, continuava ad agitare quell’insieme di fogli, in maniera esagitata. Gli bloccai la mano, non controllando a pieno la mia forza vista la foga con cui la muoveva. Piccoli segni rossi, si disegnarono sull’esile polso del mio amico, evidenziando la mia presa sulla sua pelle pallida.

 “Scusa Joy!” dissi con rammarico. Lui scosse la mano dolorante per poi tornare al motivo della sua emozione. Che avesse fatto anche lui un discorsetto sulla suspense con mio padre?

 “Guarda!” stese il giornale davanti ai miei occhi continuando ad osservarmi al di sopra di esso. Lessi avidamente il motivo di tanto interesse per poi afferrarlo velocemente, strappandolo dalle mani di Joyce. L’ osservai più volte sconcertata, leggendolo e rileggendolo sperando che le parole cambiassero. Come una furia mi diressi verso la redazione del giornale scolastico, con Joy che faticava a starmi dietro cercando di mantenere il suo zaino sulla spalla. Entrai sbattendo la porta contro il muro.

“Esigo una spiegazione!” tutti al loro interno, si girarono verso di me con gli occhi sbarrati.

 “Ciao Renesmee, c’è qualcosa che non va?”  il professore Newton stava davanti a me spaventato dalla mia reazione.

 “Voglio sapere …” trattenni il tono rabbioso a fatica tanto da costringere la mia voce a tremare “… chi vi ha dato l’autorizzazione per questo!?” lui osservò la causa del mio comportamento, che sventolavo di fronte al suo viso adirata.

 “Renesmee, noi non centriamo nulla, la tua media è la più alta di tutti anche se non sei un esempio di rettitudine. E il regolamento prevede che sia un compito dello studente migliore!”

“Io non ho autorizzato niente!" il mio tono si alzò di parecchio mentre cozzai un pugno contro un banco creando una crepa. E pensare che mi stavo controllando, se avessi usato la metà della mia forza lo avrei spezzato.

 “Lo so Renesmee ma non possiamo farci nulla! Lo statuto della scuola parla chiaro!” avrei voluto dissanguare il professore, quindi decisi che era il momento di uscire. Tornata a casa avrei detto a mio padre che se voleva ucciderlo, avrebbe avuto il mio consenso.

 “Nessie, perché te la prendi così tanto!?” Joyce mi stava dietro a fatica. Mi voltai visibilmente sconvolta, con il voltotrafigurato dalla forte irritazione.

 “Non esiste, non voglio i riflettori addosso! E poi da quando in questa scuola sono così popolare?” vidi il terrore disegnarsi sul volto di Joy, segnato da una piccola cicatrice sul sopracciglio, ricordo della nostra notte. Solo allora mi calmai respirando profondamente.

 “Nessie così sortisci l’effetto contrario! E fai anche un po’ paura!” abbassò il tono sussurrandomi.

 “Mi sto calmando!”

“Fiù!” fece finta di asciugarsi la fronte rasserenato dalla mia affermazione. Con quel gesto mi strappo un sorriso, seppur ancora teso.

“Tesoro, non per farmi gli affari tuoi ma non mi sembra così terribile dover fare il discorso di fine anno! Insomma te lo dovevi asp…” bloccai il suo fiume di parole con un ringhio molto profondo.

 “Senti…” dissi ancora comprovata dalla rabbia che sembrava non trovare fine “…io non lo voglio! Tutta questa attenzione non ci voleva proprio…”

“Tesoro perché ti vuoi negare una cosa del genere?” presi un respiro profondo. Le vere motivazioni erano svariate: innanzitutto il discorso ‘riflettori puntati su di me’ non mi andava giù, l’eredità di mia madre in quanto ad avversione per questo tipo di cose era rinomata, per non parlare del discorso da preparare, cosa avrei scritto? ‘Salve sono una mezza vampira con un intelligenza superiore della norma! Dimenticavo non drogatevi!’. E quando lo avrei scritto? Fra una lezione di combattimento e un puma tra i denti? A parte gli scherzi, il punto rimane uno ed uno soltanto: odio mettermi in mostra almeno quanto odio la scuola.

“No. Punto e basta!” lo sguardo di Joy cambiò da spaventato a furbo. Cominciò a guardarmi di traverso.

 “Nemmeno se mi occupo di tutto io? Fammi diventare il tuo manager!” quella domanda mi spiazzò“Sorpresa? Dai sarà divertente e poi sai che faccia farà la simpatica Cheer Leader che tu hai picchiato quando salirai sul palco a dire a tutti quanto sia importante lo studio?”

< Punta sul mio spirito di competizione, diabolico! > “Mi pentirò di quello che sto per dire! Ok Joyce, ma non avrò molto tempo da dedicarti!”

“Non preoccuparti sarà comunque divertente!” mi prese sotto braccio trascinandomi nel corridoio per la scuola.

 

 

Entrai in casa e il mio nervosismo si poteva palpare.

“Ciao Nessie! Come va?” nonna Esme stava sul divano leggendo un libro. L’osservai da sotto il cappuccio mentre lei speranzosa aspettava una mia risposta. “C’è qualcosa che ti turba cara?”

“No nonna, io devo studiare!” corsi velocemente in camera mia, visto che la mia scusa non reggeva, evitando ulteriori domande. Presi velocemente un libro, cominciando a leggerlo. Stavo sulla stessa riga da mezz’ora. Non riuscivo a mantenere la mia attenzione salda, i miei pensieri volgevano a quell’inutile discorso.

< Ma perché questa cosa mi ha sconvolto così tanto? >

Mi alzai dalla seduta, convinta che mi stesse prendendo un attacco isterico, ed aprì la finestra per respirare. I miei polmoni si gonfiarono dell’aria rarefatta e umida, chiusi gl’occhi inebriandomi dei profumi del bosco che provenivano dall’esterno. Senza che me n’accorgessi ero già fuori.

“Renesmee…” un sospiro al vento giunse al mio speciale udito. M’inoltrai nel fitto della foresta come incantata da quel suono. “…vieni” ancora quella voce, risultava come melodia al mio orecchio, sapevo che non dovevo, tutto mi diceva quanto fosse sbagliato ma non riuscivo a non seguirla. Qualcosa di più forte di me, guidava ciò che il mio istinto mi vietava.

“Chi sei?” provai a ribellarmi ma quella voce mi aveva stregato, non riuscivo a farne a meno.

“Seguimi…”perché la mia volontà sembrava morire al suo suono? Ero totalmente in balia di quel tono che sembrava spirasse, come se il suo tocco non facesse vibrare le corde vocali di alcun essere esistente in natura. Da dove proveniva? Solo quello riuscivo a chiedermi nella convulsa ricerca di qualche essenza fatata. Giunsi in una radura, dove scorreva un piccolo corso d’acqua, ed una donna, in piedi su di una roccia, si tolse il cappuccio rivelando il suo volto dalla rara bellezza. Indossava uno splendido vestito rosso, che risaltava le sue forme armoniose, coperto da una mantella grigia. Il suo odore mi sembrò droga, mi attirava a sé, ne ero completamente inebriata. I suoi occhi erano di un tremendo color cremisi, ma passarono in secondo piano in quello che sembrava un quadro del Botticelli.

“Renesmee…” il suono melodioso che mi aveva richiamato proveniva proprio da lei. Mi squadrava appagata per avermi attirata a se.

“Chi sei?” le chiesi titubante come se l’offendessi con quella domanda.

“Assomigli molto a tuo padre …” alzò un angolo della bocca in un sorriso e mezza bocca, maligno, diverso dall’immagine che invece aveva preso forma nella mia testa; mosse pochi lenti passi verso di me per poi intercorrere lo spazio che mancava, solo come un vampiro poteva fare “…il tuo profumo è invitante!” avvicinò il suo volto al mio collo tanto da costringermi ad indietreggiare. 

“Non mi hai risposto…” dissi con ancora le poche forze che mi erano rimaste. Si allontanò di poco posandomi una mano sotto il mento, accarezzandomi la guancia delicatamente.

“Vuoi saperlo davvero chi sono?” io le annuì debolmente.

“Mi chiamo…” si avvicinò al mio orecchio “…Heidi!” non so chi o cosa mi fece rinvenire. Mi ricordai improvvisamente dei racconti di mio padre, parlava di un vampiro di nome Heidi tra le schiere dei Volturi. La sua fisicità, mi ricordò il motociclista che mia aveva seguita quella notte. Solo un Volturo poteva eludere un intero branco di lupi, con tale abilità.

“Cosa diavolo vuoi da me?” le dissi in un ringhio mentre mi posizionavo pronta alla difesa.

“Mia cara, sono venuta qui a prenderti!” avvicinò ulteriormente il suo viso al mio ed io allentai la presa dalla mia posizione ancora incantata da quel tono. Allora lei afferrò il mio polso con violenza iniziando a torcerlo mentre con i suoi occhi mi fissava senza battere ciglio. Raramente ho provato dolore nella mia vita, le mie ossa stavano cedendo alla sua morsa ed io urlai. Presi coraggio e con la mano libera la spinsi via, con una tale forza da farla urtare contro un giovane albero. Comincia a correre verso la direzione opposta sperando che uno dei miei familiari avesse ascoltato le mie grida. D’un tratto me la trovai davanti.

“Riesci a correre molto velocemente, mi è stato difficile starti dietro”s’avvicinò con movenze eleganti costringendomi ad indietreggiare un’altra volta. L’attacco è la miglior difesa. Mi accucciai per poi balzare al suo collo, riuscii a prenderla di sorpresa, buttandola a terra. Lei velocemente mi fu sopra, ribaltando la nostra situazione. Era molto più forte, mi potevo dimenare appena.

“Nessuno si offenderà se ne assaggio un po’ … ” le sue parole risuonarono nella mia mente come una sentenza di morte, mentre cercavo di divincolarmi per salvarmi. Ora sapevo esattamente le sensazioni che le mie prede provavano. La voglia disperata di riuscire ad evitare l’inevitabile, la percezione che tutto sfuggisse al proprio controllo. Troppo tardi. Sentii i suoi denti affondare nella mia carne a fatica. Dovette premere con una tale forza per lacerare la mia pelle di diamante che sembrò quasi segarla, ma il dolore non fu pari al fuoco del veleno che entrava nelle mie vene. Urlai ancora più forte mentre la vita stava lentamente abbandonando il mio corpo. Ma proprio mentre mi stavo arrendendo, un grosso lupo si avventò sulla vampira rotolando lontano da me. La vista cominciava a cedere. I miei muscoli tremavano ed io non potevo controllarmi. Degli spasmi governavano le mie membra e la mia schiena facendomi contorcere dal dolore. 

“N-Nonna…”

“Shh…tesoro siamo qui! Venite l’ho trovata!”

“Nessie!”

Le ultime parole che udii prima che il dolore mi privassi della coscienza.

 

Mi svegliai nel mio letto confusa. Era buio.

< È stato un incubo? > la testa non faceva male, il dolore era passato. Mi alzai in piedi e mi accorsi di indossare un abito bianco, che scendeva morbido,  lungo fino alle caviglie.

< Strano, perché sono vestita se stavo dormendo?  > uscì dalla mia camera, l’intera casa era completamente avvolta nell’oscurità, tanto che riuscivo a muovermi solo grazie alla memoria.

“Non c’è nessuno?” mormorai, essendo sicura di poter essere udita, ed andai in cucina. Stessa situazione. “Dove siete?” mi diressi al bagno. Nulla. Ispezionai ogni camera ogni angolo, finché una strana eco, proveniente dalla mia camera attirò la mia attenzione. Vidi il mio specchio coperto da un pesante drappo di velluto rosso. Lo scostai lentamente.

La mia immagine riflessa era strana. Sembravo molto più bella: la mia pelle, il mio viso, i miei capelli tutto era più armonioso, tranne gli occhi che erano tinti di un rosso vermiglio. Toccai il mio volto e la mia immagine non si mosse.

“Siamo sole Renesmee!” sobbalzai quando la sua voce si mosse senza che io la comandassi.

“Chi sei?”

“Io sono te stessa, la tua parte oscura…”

“Cosa vuoi da me?”mi sembrava di ripetere la scena che avevo vissuto nella foresta con la vampira.

“Sono qui per te Nessie!”

 

 

POV Edward

Mi sedevo accanto a lei. Eravamo arrivati tardi, non potevamo più estrarre il veleno. Carlisle era più confuso di noi.

“Edward, Nessie è un caso raro, non posso prevedere nulla! L’unica cosa è aspettare che si svegli standole accanto…” mi aveva detto qualche ora fa. Era attaccata a delle macchine che monitoravano il suo battito, la sua pressione. Il suo cuore era naturalmente accelerato, lo riconoscerei tra una folla di persone per la sua unicità. Assomiglia al battito d’ali di un uccellino, anche se ormai, il suo ritmo era notevolmente rallentato, tanto da sembrare umano, così come la sua temperatura che stava scendendo. Guardavo l’orologio spesso, ma il tempo sembrava congelato, come se non passasse mai. Jacob dormiva su un’altra poltrona; non voleva allontanarsi, nonostante le ferite che gl’erano state inferte. Gli avevo detto che poteva andare a casa a riposarsi, che noi avremmo vegliato su di lei sempre, non avendo la necessità di dormire. Il suo fu un rifiuto categorico e nessuno se la sentì di controbattere. In fin dei conti Renesmee fra qualche mese sarà sua moglie, non potevo negare di starle accanto, soprattutto dopo che l’ha difesa mettendo a repentaglio la sua stessa vita. Sembrava così indifesa, esile e fragile, un piccolo oggetto di cristallo da tenere in una teca infrangibile. Giaceva lì, tremante nel nostro letto con gl’occhi serrati in un sonno forzato dal dolore. La vedevo combattere contro qualcosa d’invisibile, mi sentivo impotente, in questa situazione frustrante. Erano passati tre giorni e non si era svegliata. Non sapevamo che effetti avrebbe sortito il veleno, se l’avrebbe trasformata o distrutta. Una mano leggera si posò sulla mia spalla, mi voltai e vidi lo sguardo di mia moglie totalmente spaventato.

“Novità?” scossi la testa tornando ai miei pensieri “Sento che ce la farà Edward!” mi alzai prendendola fra le mie braccia sperando di confortare il suo animo. Ma cosa avrei potuto fare se l’avessi perduta?

“Hai ragione! Ce la farà!” le dissi più per autoconvincermi “Ti amo!” lei mi rispose stringendomi ancora di più.

“Sai cosa sta sognando?”

“No, non ho visto nulla. E non ho il coraggio di guardare!”

“Dovresti! Forse l’aiuteresti ad uscirne!” presi le sue mani e le portai al mio petto muto, sperando che si sentisse un eco lontano delle emozioni umane perdute. Mi voltai verso nostra figlia che aveva stretto il lenzuolo fra le sue mani. Mi sedetti sul letto e con una pezza le asciugai la fronte madida di sudore. L’avevo giurato a me stesso, l’avevo giurato a lei: non l’avrei mai lasciata sola!

“Cosa posso fare Renesmee?” non c’erano risposte se non le sue labbra contorte in una smorfia sofferente. Serrò ancora di più i pugni strappando le lenzuola che la coprivano. Istintivamente le presi le mani per darle conforto, per farle sapere che stavo mantenendo la mia promessa ed improvvisamente mi trovai spettatore del suo sogno come se fossi lì. Era davanti al suo specchio che non rifletteva nulla se non un’immagine distorta e confusa.

“Cosa vuoi dire?”

“Sono qui perché voglio uscire fuori, non puoi tenermi sopita per sempre! Tu sei un predatore Nessie quanto potrai fingere! Noi siamo…” una voce simile a quella di Renesmee proveniva dallo specchio. La guardavo incredulo ma lei non sembrava accorgersi della mia presenza.

“No, non dirlo!” Renesmee appoggiò le mani al muro in preda al panico.

“…Assasine!”una risata satanica risuonò nel silenzio della nostra casa.

“NOOOOOOOOOOO!” afferrò lo specchio e le infranse a terra con tutta la forza che aveva in corpo. La vidi cadere sulle ginocchia in preda alle lacrime.

“Nessie!”cercai di attirare la sua attenzione.

< Papà sei tu? > alzò lo sguardo verso di me. Non aveva più l’aspetto di una diciassettenne, ma quello di una bambina, che mi guardava spaventata con quegl’immensi occhi cioccolata una volta appartenuti alla madre. Improvvisamente tutto attorno a noi scomparve in un vortice, e ci trovammo nella foresta. Heidi era alle sue spalle e si avvicinava minacciosa. Meccanicamente mi frapposi fra loro facendole scudo con il mio corpo.

“Vattene!”le ringhiai contro. Lei non rispose. Sentì Renesmee prendermi la mano, era terrorizzata e si nascondeva dietro di me. Heidi continuava a venirci incontro ed io presi a ringhiare più forte. La cosa pareva divertirla, dato il ghigno che aveva sul volto. Sentivo la mia bambina tremare mentre la vampira iniziò a correre verso di noi. Io feci altrettanto cercando di afferrarla al collo. Appena le nostre pelli vennero a contatto, lei svanì in una illusoria nuvola porpora facendo andare il mio colpo al vuoto. Restai interdetto per qualche secondo. Mi voltai verso Nessie, ancora sussultante.

“Papà!” disse a fil di voce. Mi abbassai alla sua altezza allargando le braccia. Lei mi corse incontro allacciando le sue piccole braccia al collo; sentivo le sue calde lacrime bagnarmi la camicia. Era da tempo che non mi sentivo così necessario per lei e quel momento avrei voluto non finisse mai.

“C’è il tuo papà qui, non devi aver paura!”

“Non ho più paura!” alzò il suo dolce visino verso il mio, e un delicato sorriso aveva trovato spazio fra le lacrime segnando le guancie con tenere fossette. Le baciai e lei sorrise con più gusto.

“Papà, non mi lasciare andare!” il suo viso trasfigurò in preoccupazione. Non capì immediatamente il senso delle sue parole ma di nuovo quel vortice avvolse gl’alberi che si trovavano intorno a noi, la terra sotto i nostri piedi cominciò a tremare e a sgretolarsi. Prima che potessi fare qualcosa Nessie cadde nel baratro. Con le mani era riuscita ad aggrapparsi al ciglio ma la vedevo arrancare, come se le forze la stessero abbandonando.

“Papà aiutami!” gridava terrorizzata mentre osservava il vuoto sotto i suoi piedini penzoloni.

“Nessie, guarda me, non guardare giù!”lei ubbidì. Una scarpetta le scivolò, urtando una roccia. Non la sentì toccare terra e a quel punto la paura stava per prendere il sopravvento. Piuttosto che farla cadere mi sarei gettato io.

“Papà non ce la faccio!” proprio in quel momento il pezzo di roccia sotto la sua manina, cedette rimanendo solo con una mano come appiglio. Questo mi fece rinvenire dal mio terrore. L’afferrai con forza sotto le braccia e la trassi a me. Le accarezzai i capelli dolcemente, cercando di farla smettere di tremare. Di nuovo quel vortice. La strinsi ancora di più ed affondai il mio volto nei suoi capelli. Cominciai a cullarla, intonando la ninna nanna che avevo scritto per la madre.

“Papà!”non avevo più fra le mie braccia una bambina. La scostai lentamente guardandola negl’occhi. Avevamo entrambi il fiatone. Lo so che non era possibile, ma sembrò mancarmi il respiro, forse le emozioni provate mi avevano costretto a ritrovare le funzioni vitali della mia umanità. Mi guardai intorno cercando di capire dove ci trovavamo. Vidi il letto dove ero seduto, la grande cabina armadio di mia moglie, le macchine che ora segnavano il battito d’ali del mio uccellino. L’occhio cadde sulla benda che copriva il morso: una macchia rossa si era disegnata. Era il suo sangue ma l’odore era diverso, sembrava quasi quello di un vampiro. Lo sguardo incredulo di Bella mi fece comprendere di essere uscito dalla sua mente. Cercai nuovamente i suoi occhi ed eccoli: i caldi occhi color cioccolato di sua madre, non rossi come temevo li riaprisse.

“Ci sei riuscito papà! Mi hai salvata!”

   
 
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