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Autore: Akemichan    04/07/2005    1 recensioni
Un triangolo a tre fra una famosa regina, il suo più fedele servitore e una pittrice... Ai tempi dell'antico Egitto!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Antichità
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Il corridoio che portava alle stanze reali era qualcosa di veramente straordinario, tanto da poter superare qualsiasi immagina

 

 

Il corridoio che portava alle stanze reali era qualcosa di veramente straordinario, tanto da poter superare qualsiasi immaginazione umana. L’oro, i rubini e i lapislazzuli coi quali erano stati realizzati, tempo addietro, i dipinti per festeggiare la vittoria sugli Hyksos1, accecavano la vista, quasi a dimostrare che la regalità e l’ascendenza divina dei Faraoni e delle loro spose era qualcosa che gli esseri umani non potevano vedere. Era troppo per loro, quasi una fiamma viva che bruciava le pupille al primo contatto, senza possibilità di scampo. Questo pensava Senmut, mentre attraversava con passi lenti e prudenti il corridoio, illuminato da ampie finestre che mostravano la grande e maestosa Tebe, così come i suoi signori l’avevano resa, potente più di qualsiasi altra città.

 

Mentre camminava, cercava di ignorare i commenti che provenivano attutiti alle sue orecchie, come se fosse immerso nelle acque limpide del Nilo, dalle persone che, come lui, passavano per quel corridoio. Non era tanto stupido da non capire che stessero parlando di lui, tuttavia non gli interessava sapere cosa dicessero. La sua carriera, iniziata come semplice apprendista di un scriba e terminata con la carica di intendente reale2 all’incoronazione, alcuni giorni prima, di Tuthmosis II e della sua consorte Hatshepsut, era perfettamente regolare, frutto solo dei suoi sforzi. E se la regina lo aveva convocato nella sua stanza, il motivo era unicamente di lavoro. Lei era troppo stanca per incontrarlo nello studio: solo e semplicemente per questo era stato autorizzato, e dal Faraone in persona, a recarsi nella sua camera personale. Finchè aveva la fiducia dei sovrani, ciò che le malelingue pensavano di lui non aveva alcuna importanza.

 

Bussò alla porta in ebano, che trovò sciatta rispetto al resto del corridoio.

 

«Entra, Senmut» sentì la voce di Hatshepsut chiamarlo da dentro. «Ti aspettavo»

 

Lui aprì lentamente la porta e si affacciò sulla soglia. Le pareti erano, se ciò fosse stato possibile, ancora più ricche e magnificenti di quelle del corridoio, benché i disegni fossero più dolci alla vista, poiché raffiguravano scene di vita quotidiana, che gli davano un senso di tranquillità. Tuttavia, benché Senmut  si trattenesse anche solo dal pensare una cosa simile, il gioiello più bello e luminoso della stanza era sicuramente Hatshepsut, in quel momento sdraiata mollemente sul suo letto, fra le pieghe del leggero lenzuolo, mentre una serva, brutta al paragone, le massaggiava delicatamente la schiena. Ad un cenno della regina, smise e, dopo un piccolo inchinò, uscì velocemente senza fare alcun rumore.

 

Hatshepsut si alzò dal letto e si avvicinò a lui. «Andavano bene le mie offerte al tempio di Amon?»

 

Senmut deglutì. Nonostante il suo cuore continuasse a suggerirgli di guardare la regina negli occhi, poiché, sebbene potesse considerarsi un gesto troppo ardito, era sempre meglio che abbassare lo sguardo e scontrarsi con le forme procaci e invitanti di lei, completamente nude. Gli prudevano la mani, mentre le braccia e le vene erano scosse da un tremito quasi volessero disobbedire alla sua stessa volontà. Il desiderio di abbracciarla diventava sempre più forte, insostenibile, man mano che le sue labbra si piegavano in un sorriso seducente e le sue braccia incrociate stringevano con maggior vigore i seni per farli risaltare.

 

«Andavano benissimo!» esclamò infine, voltandosi di scatto verso la porta. «Ora, maestà, ti prego di coprirti»

 

«Non mi imbarazzi» Hatshepsut fece una piccola risatina.

 

«Non è per quello…» Infatti era lui ad essere in imbarazzo! Ormai stava quasi per mangiarsi il cuore, e il sudore rischiava nuovamente di fargli appiccicare la parrucca al viso. Se la tolse del tutto, rivelando una leggera capigliatura corvina, e la usò come ventaglio. «Solo che non penso che la Grande Sposa Reale debba parlare di lavoro con un suo suddito nuda, come qualsiasi altra serva»

 

Le labbra di Hatshepsut dipinsero un’espressione di profondo disappunto, mentre con scatto seccato afferrava il lenzuolo sul letto. «Meglio?» Teneva una mano appoggiata al centro dei seni, in modo da lasciarli per metà scoperte. Le spalle e le lunghe gambe rimanevano nude.

 

Senmut pensò che in questo modo la sua bellezza risaltava ancora di più, poiché il formicolio si era allargato anche alle gambe muscolose, frutto dei suoi lunghi viaggi. «S-si…» esalò. «Domani, maestà, dovrai incontrare il Gran Sacerdote del tempio di Abido… Solo tu hai la facoltà di scegliere le nuove danzatrici sacre… Quindi dovrai recarti ad Elefantina, per il rito del primo pomeriggio… per il pomeriggio, sarai libera…» Parlare di lavoro e terminare in fretta ciò che aveva da dirle ed andarsene, questa era l’unica cosa da fare, o non avrebbe resistito ancora a lungo alla tentazione di saltarle addosso.

 

«Domani pomeriggio mi dovrò occupare della supervisione dei granai» lo contraddisse Hatshepsut, lasciando scorrere le dita fra i suoi capelli notte. «Il re ha intenzione di recarsi in Nubia per soffocare la rivolta in Kush… Nel frattempo mi occuperò io dello stato» Abbassò le palpebre per guardarlo sorridente. «Sarai anche tu con me alle riunioni, vero?»

 

«Se è questo che la tua maestà desidera» si limitò a rispondere Senmut. Non che fosse triste di dover passare del tempo con lei, semplicemente, si sentiva in colpa per questo. E non voleva mostrare all’esterno il suo desiderio. Era debolezza di un mortale innamorarsi della moglie di un dio. «Ho la mattina occupata, però. Devo recarmi nella valle dei re per dare ulteriori disposizioni per la tomba del Faraone, che egli possa avere sempre salute e forza»

 

Gli occhi di Hatshepsut si accesero improvvisamente di gelosia come un fulmine incendia un albero, ma subito li controllò come se fossero dei cavalli impazziti da sottomettere alla sua volontà.5 «E come sta la cara Teti?» domandò quindi, velenosa.

 

«Non ne ho idea, maestà» mentì Senmut, improvvisamente preoccupato che potesse equivocare qualcosa ne rapporto con la loro amica comune. «Il lavoro non mi ha consentito di recarmi a Per-Maat»

 

Bugia. Hatshepsut poteva notarlo nel suo tono di voce. «Capisco» disse solo, ignorando i battiti accelerati che quelle parole le avevano provocato. Non erano di rabbia. Non erano di gelosia. «Non ho altro da dirti. Puoi ritirati» Erano di dolore. Per questo erano così più terribili, simili ai rintocchi dei sistri che aprono le porte dell’aldilà. Terribile. Non desiderava vederlo mai più! Ma se lo avesse fatto, quelle porte si sarebbero aperte davvero.

 

«Come ordini, maestà» Senmut, sollevato, uscì in fretta. Tuttavia, non appena si ritrovò solo nel corridoio dipinto, non provò altro desiderio che rientrare. Lo represse come potè, allontanandosi, facendo attenzione che i suoi sandali in cuoio non facessero rumore sul pavimento di granito, affinché non accentuassero i battiti del cuore.

 

Nella stanza, Hatshepsut gettò con violenza il lenzuolo sul letto. Come aveva potuto comportarsi in modo così stupido? Molte volte si era divertita a conquistare uomini grazie alla sua bellezza degna della dea Hathor, ma solo perché intendeva usarli per i suoi scopi. Era la prima volta che, invece, desiderava condividere tutto con qualcuno, i suoi pregi e i suoi difetti. Unire il suo Ba3 con quello di Senmut e provare il piacere di un amore unico, intenso e inimmaginabile, se non da chi non l’ha provato almeno una volta.

 

La porta si aprì non altrettanto gentilmente rispetto all’entrata di Senmut, perciò l’umore negativo delle ragazza peggiorò ancora, capendo di chi si trattava. Horus incarnato4, il signore delle due terre, il Faraone Tuthmosis II, suo marito, era venuto a trovarla. Erano sposati solo da un mese, ossia dal giorno della loro incoronazione, ma non era passata nemmeno una sera senza che loro due giacessero nello stesso letto. Questo era logico, poiché i due sovrani avrebbero dovuto impegnarsi a garantire la successione del sangue di Amon, tuttavia Hatshepsut ringraziava gli dei per l’imminente partenza del marito.

 

Senza parlare, si sdraiò sul letto, lasciando che lui facesse ciò che doveva fare. Non che fosse un cattivo amante, anzi, o un uomo particolarmente orripilante, ma lei provava un disgusto incomprensibile non appena veniva toccata da lui. La voglia di sboccargli sul viso era quasi insopportabile, ma fortunatamente l’auto controllo era sempre stata una delle sue doti migliori. Qual’era il motivo di tanta repulsione? Lei stessa non se lo spiegava. Gli sembrava di tradire. Ma chi? Se stessa? Senmut? Che strana sensazione… Sarebbe stata lei a tradire l’Egitto, se si fosse rifiutata di avere rapporti con Tuthmosis, e questo non lo poteva permettere. Che facesse di lei ciò che voleva, purchè fosse per il bene della sua dolce terra. Chiuse gli occhi, revocando alla memoria la prima immagine di Senmut, con il volto affannato per la corsa, le leggere gocce di sudore che scendevano fino alle carnose labbra, semiaperte nel respiro stanco, gli occhi azzurri come il cielo del mattino, e altrettanto belli. Il piacere che le derivò fu più intenso del solito.

 

Fuori, il mantello di Nut6 era di un blu talmente scuro da sembrare una caverna dell’aldilà, sebbene le stelle pigolassero forte, quasi a piangere l’umore tetro di Senmut che, fermo nel guardino del palazzo, esattamente in mezzo al viale, alzava lo sguardo verso la finestra della stanza della regina, ancora illuminata dalla tenue lampada ad olio. Gli occhi azzurri sembravano pozze d’acqua sulla riva del Nilo. Probabilmente, in quel momento, lei stava con il Faraone, com’era giusto. Doveva smetterla di pensarci. Non ne era realmente innamorato, non poteva esserlo, poiché a nessun mortale sarebbe stato concesso. Ciò che di lei amava era probabilmente il suo comportamento verso l’Egitto. Doveva essere così. Tutti amavano la regina Hatshepsut come l’amava lui, come si amava una sovrana. Senmut, sospirando di sollievo per questa conclusione felice, abbassò lo sguardo e si diresse verso il cancello d’uscita. Come tutti, lui aveva un posto dove ritornare, da una donna da amare come Osiride amava Iside. Teti lo stava aspettando. Lei, bella nonostante gli abiti lisi e le mani perennemente sporche di pittura. Lei, autentica e pura come l’acqua delle fontane. Lei, la sua donna.

 

 

1.      Gli hyksos erano una popolazione straniera che aveva conquistato il Basso Egitto al tempo della XVII° dinastia. Il Basso Egitto è poi stato riconquistato da Amosis, sovrano di Tebe, che appartiene alla XVIII°, della quale fa parte anche Hatshepsut

2.      Intendente reale: colui che si occupa degli impegni dei sovrani. Per la precisione, è l’unico che può autorizzare le persone a conferire con i sovrani.

3.      Ba: l’anima umana

4.      I Faraoni erano considerati l’incarnazione in terra del dio Horus, il quale era stato sovrano a sua volta

5.      Citazione manzoniana ^^

6.      Nut: dea del cielo

 

 

Noesis: grazie della recensione ^///^ Mi fa piacere che per ora ti piaccia, spero che continuerai a seguirla perché mi piacerebbe continuare avere la tua opinione ^^ In effetti si, l’antico Egitto mi piace moltissimo! Cosa intendi precisamente per “speculare”?

 

   
 
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