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Autore: Glance    13/01/2010    3 recensioni
Sei mesi, la conoscevo da soli sei mesi. Eppure potevo dire di esistere veramente solo da quando il battito del suo cuore scandiva ogni momento che passavo con lei. Sei mesi e oggi sarebbe stata la ricorrenza della sua nascita, il suo compleanno. Il fatto che fosse nata era qualcosa per cui festeggiare, qualcosa che bastava a giustificare la creazione dell’intero mondo.(Quello che di Edward non é stato scritto in NEW MOON)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Sei mesi, la conoscevo da soli sei mesi. Eppure potevo dire di esistere veramente solo da quando il battito del suo cuore scandiva ogni momento che passavo con lei.
Sei mesi e oggi sarebbe stata la ricorrenza della sua nascita, il suo compleanno.
Il fatto che fosse nata era qualcosa per cui festeggiare, qualcosa che bastava a giustificare la creazione dell’intero mondo.
Continuavo a domandarmi che cosa avessi mai fatto per meritarla.
L’unica volta in cui ero veramente stato grato a ciò che ero, fu quando la strappai alla morte nel piazzale della scuola e mi odiai come non mai, quando pensai di non arrivare in tempo per salvarla dalle mani sadiche di James, l’unica volta dove il pensiero di morire mi era sembrata la sola alternativa per concludere quell’esistenza.
Oggi però lei era qui con me e avrei fatto di tutto per tenere fede alla promessa che le avevo fatto. Le sarei stato accanto, proteggerla sarebbe stato il mio solo e unico scopo, la sola ragione, anche se non dimenticavo quello che le avevo detto mentre era in ospedale sofferente e ferita. Sarei rimasto finché questo non avesse rappresentato per lei un pericolo, fino a quando sarebbe stata al sicuro. Di certo non mi sarei risparmiato per garantirle ogni protezione.
L’amavo come non credevo potesse essere possibile, come non pensavo di essere capace.
Lei aveva cambiato il mio mondo, era diventata indispensabile e aveva portato gioia ed entusiasmo anche nella mia famiglia.
A parte Rosalie che continuava ad avere verso di lei pensieri e comportamenti al limite dell’ostilità, gli altri membri di casa Cullen l’adoravano. Prima fra tutte mia sorella Alice.
Era sempre stato difficile contenere la sua esuberanza e nessuno di noi aveva mai veramente voluto farlo. Da quando Bella era venuta a conoscenza del nostro segreto, mia sorella aveva trovato una vera amica.
L’affetto che le dimostrava era sincero, lo sapevo bene, e l’entusiasmo che metteva nel manifestarglielo era qualcosa che mi stupiva ogni volta.
Volevo veramente bene a quella piccola peste e le ero infinitamente grato per come trattava Bella, facendola sentire parte di noi.
Del resto anche Bella era adorabile. Non dava mai modo a nessuno della famiglia di sentirsi in imbarazzo. Vicino a lei alle volte si faceva fatica a ricordare quello che eravamo per i suoi modi spontanei e disinvolti Non aveva mai avuto paura, non aveva mai dimostrato né disagio, né apprensione e ai suoi occhi non eravamo che dei semplici ragazzi, una famiglia come tante. Ai suoi occhi eravamo umani come lei.
La maggior parte delle volte non approvavo questa sua disinvoltura, mi faceva essere troppo sicuro, ed in sua presenza non potevo permettermi di dimenticare ciò che ero realmente.
Per me era tutto nuovo e bellissimo. La sua dolcezza, il suo coraggio, il suo essere tanto più grande dell’età che aveva. Così matura. Il silenzio dei suoi pensieri, tutto di lei era disarmante e mi rapiva.
Bella non pensava mai che fossero gli altri in difetto, ma che fosse lei ad avere qualcosa che non andava. Generosa oltre ogni limite.
Lei riusciva a colmare i miei vuoti, rendendomi completo.
Il mio mondo ormai era tutto racchiuso in quella sua natura fragile e così determinata. L’amore mi aveva reso imprudente e lei così brillante da essere accecante. Riusciva ad esserlo anche più di me.
I suoi occhi scuri indebolivano i miei sensi con uno sguardo.
In qualche modo tramite lei riuscivo a sentirmi ancora vivo.
Stringerla tra le braccia era un sfida perenne, ma affrontavo la sofferenza data dalla sua vicinanza come il modo per espiare le colpe per quello che ero stato e rappresentavo.
La felicità di sentirla accanto a me, di sentire il suo cuore battere nel silenzio del mio petto era il regalo più grande che mai avrei sperato di ricevere.
Lei era calda, soffice e delicata come i petali di una rosa, come il cristallo, capace d’infrangersi solo con uno sguardo, ed era mia, mi amava, ed io non riuscivo ancora a crederci.
Non sapevo se a quelli come me fosse concesso di essere felici, ma non avrei saputo come definire in un altro modo ciò che provavo.
Ero felice oltre qualsiasi immaginazione e la mia felicità era tutta racchiusa in quella fragile ragazza umana. Sapeva farmi ridere ed era la sola in grado di potermi spaventare, o farmi male. Lei sola poteva distruggermi con una parola o un gesto. Ogni suo bisogno era diventato il mio. Non riuscivo a leggere i suoi pensieri, ma avevo imparato a capire le sue infinite espressioni. Aveva mille modi diversi di atteggiare il viso asseconda di quello che provava. Una piccola ruga compariva in mezzo alle sue sopracciglia quando era pensierosa o qualcosa la ostacolava.
Il suo modo di torturarsi le labbra quando era imbarazzata o la maniera che aveva di arrossire quando la guardavo o le sorridevo. Ero consapevole che il merito era dovuto alle mie capacità che mi rendevano un predatore temibile, ma con lei era facile credere che non fosse così.
Il suo sguardo adorante mi accarezzava sempre con tenerezza infinita.
Sapevo che Bella soffriva insieme a me dei miei tormenti, sapevo che avrebbe voluto prendere su di se quel peso, lo sentivo ogni volta nel tono della sua voce, nel modo che aveva di parlarmi. Non mancava mai di farmi sapere che per lei ero il regalo più bello e prezioso. L’avrei voluta viziare in ogni modo, ma non me lo permetteva, diceva che lei non aveva niente da darmi in cambio e non capiva che per me ogni giorno il suo regalo era l’amore incondizionato e sincero che mi dava, era il suo respiro caldo sulle labbra quando raccogliendo tutto il mio coraggio la baciavo, era il suo saper essere comprensiva anche quando capiva il mio disaggio, la lotta che dovevo ingaggiare con me stesso per non permettere al mio istinto peggiore di avere il sopravvento. Ero egoista lo sapevo e me lo ripetevo ogni momento, mi rendevo conto di rubare attimi importanti alla sua vita, ma non potevo farne a meno come non potevo fare a meno di passare ogni notte a guardarla dormire. Era lo spettacolo più bello.Il momento in cui capivo che sognava me pronunciando in un sospiro il mio nome.
Avrei voluto ancora essere in grado di sognare, solo per potere avere la possibilità nell’incoscienza del sonno di starle accanto senza pericoli e senza paure.
Quanto desideravo poter essere un qualsiasi ragazzo, uno di quei tanti ragazzi che mi invidiavano perché aveva scelto me, che quando passavamo tenendoci per mano pensavano a quanto fossi fortunato. Ero orgoglioso che fosse mia, e impazzivo di gelosia ascoltando nelle loro menti gli apprezzamenti che le facevano. Anche quella notte l’avevo tenuta tra le braccia avvolta nella nostra coperta che serviva a ripararla dal gelo del mio corpo e come ogni volta quando l’avevo dovuta lasciare tutto quello che mi circondava smetteva di avere un significato. Rimanevo sospeso nell’attesa di poterle nuovamente essere vicino. Era come avere fame d’aria e non riuscire a respirare. La sensazione poi di ritornare completo solo vedendola apparire all’orizzonte come stava succedendo adesso che la guardavo arrivare appoggiato alla mia macchina, nella posa più naturale e umana che riuscivo ad assumere nel suo mondo. Il suo viso, il suo sorriso e quel colorito sulle guance che vedevo chiaramente anche se ancora era distante da me. Se fossi stato umano non me ne sarei potuto accorgere e mi sarebbe sfuggito lo sguardo dei suoi occhi costantemente meravigliati ogni volta che mi vedeva. Sei mesi insieme e un’intera estate accanto a lei, la più bella che avessi mai avuto e ancora non riuscivo a credere che fosse tutto vero.
Al mio fianco si materializzò mia sorella Alice, ma prima ancora ero stato raggiunto dai suoi pensieri.
“Se questo non è amore” pensava “la guardi come se non la vedessi da un’eternità, come se fosse sempre la prima volta.”
Mi voltai sorridendole - Non riesco neanche a descrivere quello che lei significa per me, Alice, dire che è tutto il mio mondo non renderebbe neanche lontanamente l’idea.- Mia sorella mi guardò ricambiando a sua volta il mio sorriso. “Ne sono felice” pensò” e lessi nella sua mente la parola festa mentre stringeva tra le mani il suo regalo per Bella.
-Sai che non sarà d’accoro- le dissi- né per il regalo, né per ciò che hai in mente di fare.
Alzò le spalle e il suo sorriso si allargò.- Non sarà così.- Disse con la sua espressione impertinente.
Scossi il capo rassegnato era una guerra persa quando si metteva in mente qualcosa.
Bella parcheggiò il suo pick-up e vidi Alice andarle incontro e quasi le urlò il suo buon compleanno, sollevando le sue proteste.
Mi avvicinai offrendo la mano a Bella. – Alice, non essere invadente, sai come la pensa al riguardo di festeggiare. Quindi, se ho ben capito- proseguii mentre intrecciavo le mie dita alle sue fissandola negli occhi e sentendo il suo cuore accelerare -come stabilito ho il divieto di augurarti buon compleanno.-Le sorrisi e le sfiorai il contorno delle labbra con le dita.
Mi guardava e sapevo che stava cercando un modo per respirare normalmente.
- Hai capito benissimo.- Rispose decisa. In silenzio annuii passandomi una mano tra i capelli.
- Speravo avessi cambiato idea, di solito a tutti piace festeggiare il proprio compleanno.- La risata di Alice risuonò nell’aria.
-E’ vero Bella, è un giorno speciale, dove tutti ti stanno intorno e cercano di farti felice. Cosa c’è di così brutto nell’essere felici per un giorno?- La Vidi adombrarsi e i suoi occhi per un attimo perdere quella luce che li caratterizzava.
- Non posso essere felice del fatto che sto invecchiando.- Rispose e quell’affermazione mi procurò un certo fastidio.
Sapevo del desiderio di Bella di entrare a far parte del mio mondo, di diventare come me, me lo aveva già chiesto.
- A diciotto anni una ragazza non dovrebbe farsi di questi problemi.- Rispose Alice.
- Sono più vecchia di Edward- disse e poi rivolgendosi a me - Tu non li farai mai.- Continuava a fissarmi.
Non risposi, sapeva come la pensavo e non volevo rovinare quel giorno con un’inutile discussione che non ci avrebbe portatati da nessuna parte. Non mi avrebbe mai convinto a condannarla a ciò che io ero a qualcosa che detestavo con tutto me stesso. Continuai a tenerle la mano mentre Alice parlava. Da lì a poco le avrebbe detto della festa e sicuramente avrei dovuto intervenire per cercare di convincerla. Forse dare le cose per già decise sarebbe stato un modo per non lasciarle la possibilità di rifiutare.
  
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