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Autore: Lovy91    13/01/2010    1 recensioni
Jonathan, Euridice, Lucas, Martin e Silvester si conoscono da quando Jonathan, Martin e Lucas facevano i bulletti contro Silvester. All'arrivo di Euridice, Silvester stringe una tenera amicizia con lei e la ragazzina fa capire a tutti e quattro che non bisogna “farsi la guerra”. Tre anni dopo, quei ragazzini non esistono più e degli adolescenti hanno preso il loro posto. Con un futuro da costruire e una vita da scegliere. Euridice ha un padre considerato da tutti uno scienziato pazzo alla ricerca di un sogno impossibile e lei è stata strascinata da lui per ogni parte del mondo, costringendola a una vita di vagabondaggi, decidendosi finalmente di stabilirsi a Mesa, California almeno finché non deciderà di andarsene. Lei non crede per niente in suo padre ed è convinta che presto abbandonerà i suoi propositi. Ma dovrà ricredersi presto, molto presto. In particolare quando coinvolgerà anche i suoi amici. Problemi su problemi nascono e non solo: essere l'unica ragazza in un gruppo di ragazzi non è facile... perché, prima o poi, i bambini crescono...
Genere: Romantico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                Capitolo 7

                                                                Dimmi la verità: io per te cosa sono?

Lilian li aveva rimproverati duramente. Non li aveva schiaffeggiati solo perché era una ragazzina educata. Ma il tempo per le sue tirate non c'era. Prima di tutto erano fuggiti con una corsa per la città impressionate. Si erano rifugiati in un parco, su delle panchine bianche. Era vuoto ed era un posto perfetto dove nascondersi.
Lucas si era buttato sulla panchina, gemendo di dolore.
Silvester e Martin avevano controllato il taglio e sanguinava abbastanza però non era in pericolo. Il proiettile lo aveva sfiorato per colpire poi il muro.
Lilian scappò via per cercare una farmacia che facesse il turno di notte, sfruttando la sua invisibilità e il fatto che ci fossero molte luci per strada, sentendosi al sicuro per un po'.
<< Tornerà presto >>, gli disse Martin.
<< Fa un male cane >>, disse con una smorfia. << Dobbiamo tornare a salvare gli altri due >>, aggiunse e una fitta dolorosa passò sulla spalla e strinse i denti.
<< Appena starai meglio >>, rispose Silvester, seduto al suo fianco.
<< Non c'è tempo. È chiaro che vogliono che torniamo indietro >>.
Lilian tornò, inciampando in una mattonella sconnessa e un paio di rami si allungarono per non farla cadere a terra e sfigurarsi il viso.
Sorrise a Martin e i rami tornarono indietro, al loro posto che occupavano da molti anni. Nella mano destra stringeva una busta bianca di carta, con il logo di una farmacia del Nevada. Si sedette al fianco del ragazzo ferito e rovesciò il contenuto sulla panchina, provocando un leggero rumore che si perse nell'ambiente silenzioso.
<< Possiamo farlo noi >>, disse Martin.
Scosse la testa. << Ho fatto un corso di pronto soccorso >>, li informò, leggendo il retro di un disinfettante e prendendo un tampone.
<< A quindici anni? >>, le chiese scettico Silvester.
<< A dieci >>, lo corresse, versando cinque gocce di disinfettante di un colore trasparente su un tampone bianco.
I tre ragazzi si guardarono alla risposta di Lilian. Lucas deglutì.
<< Di norma brucia ma nel tuo caso credo che non ti farà effetto. Oserei dire che la tua temperatura è sotto i ventitré gradi >>.
<< Lilian, come sai queste cose? >>, domandò Lucas.
<< Voglio diventare medico >>, confessò con fare tenero e un sorrisetto sulle labbra. Appoggiò le mani sul grembo e guardò Lucas. << Togliti la maglia >>.
Lucas sbarrò gli occhi. << Eh? >>.
<< Togliti la maglia >>, ripeté paziente lei.
<< Scordatelo >>.
I due amici si coprivano la bocca per soffocare le risate per l'imbarazzo dell'amico.
Lilian alzò gli occhi al cielo. << Non mi scandalizzo per due addominali, Lucas. Ho quindici anni e per tua informazione, frequentare una scuola femminile non implica non conoscere i ragazzi. Muoviti >>, tagliò corto.
Il ragazzo sbuffò e si sfilò la maglia e la sistemò con cura sullo schienale della panchina.
Lilian ridacchiò e finalmente si decise a medicargli la ferita. Se davvero voleva essere un medico, era sulla buona strada, pensarono tutti. Era brava sul serio. Fu veloce e pratica e prima che Lucas potesse dire qualsiasi cosa che la infastidisse, aveva già bendato la ferita.
<< Ora puoi rimetterti la maglia >>, disse con tono canzonatorio, riponendo il materiale avanzato nella busta. << Potrebbe servici ancora. Meglio tenerlo >>.
<< Che belle prospettive >>, sbuffò Silvester.
Lucas mosse un paio di volte la spalla ed era ancora dolorante.
<< Vacci piano. Non faccio i miracoli >>.
<< Torniamo indietro >>, disse determinato Silvester. L'aria intorno a loro divenne carica di umidità. << Scusate >>.
<< Con un piano però >>, precisò Martin. << Non alla ceca per farci uccidere tutti >>.
<< Concordo >>, disse Lilian. << E vi avverto che verrò con voi. Non mi interessa quello che volete dirmi, obbiettare, questionare. Sono grande abbastanza da badare a me stessa e sono protetta dall'Elemento >>.
<< Non ci proveremo. Tra te e Euridice non saprei chi è più testarda >>, disse Lucas, ricordando le tante prese di posizione dell'amica negli ultimi tre anni.
Silvester divenne pensieroso. << Speriamo stia bene >>.
Martin cercò di consolarlo. << Jonathan è con lei >>.
<< È proprio questo che mi preoccupa >>.

La stanza che Euridice aveva usato durante il breve soggiorno in quella villa non le era mai sembrata tanto piccola e somigliante a una prigione. Semmai un luogo dove rifugiarsi quando era stanca della sua nuova natura e dagli sguardi degli amici, un attimo solo per lei.
E invece, ora ,la vedeva come la più triste delle stanze. I suoi occhi vagavano solo in direzione di uno dei due letti presenti nella camera. Jonathan vi era steso, ancora svenuto.
Lei era seduta sul pavimento, sopra il tappeto verde. Si abbracciava le ginocchia e ogni tanto guardava la piccola telecamera installata in fretta e furia per non permettergli di fuggire e avevano sigillato anche la finestra.
L'unica nota positiva era che il ghiaccio secco era svanito da solo, sciogliendosi. Non le aveva fatto male.
Preoccupata per l'amico, si domandava a cosa lo avesse portato ad aiutarla, invece che fuggire con gli amici. Poi scosse la testa.
“Che domande ti fai, stupida? È tanto chiaro, limpido come una goccia d'acqua!. A volte sono proprio una stupida ragazzina. Una di quelle incantate, che non guardano come stanno le cose. Che preferiscono aspettare che tutto passi. Come vorrei che fosse così. Ma non sarà mai come desidero. Jonathan ha una cotta per me e io... cosa?”
Lo guardò e si accorse dei suoi occhi aperti che la fissavano. Arrossì senza capirne il motivo.
<< Eri pensierosa. Ho riconosciuto l'espressione >>.
Scivolò dal letto per sedersi al suo fianco. Euridice non si allontanò.
<< Come ti senti? >>.
<< Un gran mal di testa che mi sta sparando. Ma passerà >>, rise per rincuorarla. << E tu? >>.
<< Io sto benissimo. Non ho presa io la botta in testa. Non mi hanno sfiorata, non preoccuparti. A te la stronza ha dato la botta >>.
<< Che acidità amica mia >>.
<< Forse perché sono sotto tiro e sto per morire. E non posso tentare la fuga >>, indicò la piccola telecamera posta sopra la porta, con la spia rossa accesa.
Jonathan imprecò. << Accidenti. Questo complica le cose >>.
<< Dobbiamo aspettare gli altri. Speriamo vada tutto bene >>.
Jonathan annuì, concordando con lei. La guardò: i suoi occhi verdi erano tristi e arrossati. Pallida, quasi cadaverica. I capelli tinti di recente in un disordine che non le si addiceva. Eppure era sempre bellissima. Per Jonathan era la ragazza più bella mai incontrata in tutta la sua vita.
Ne aveva conosciuto di altre con brevi relazioni, tentativi di togliersela dalla testa. Inutile. Nessuna era come lei, come Euridice.
Euridice arrossì di nuovo alla vista di quello sguardo puntato su di lei. Poco amichevole.
Smise di guardarla, leggendo imbarazzo in quel rossore che le colorava le guance.
<< Cosa credi che ci faranno? >>, chiese Euridice.
Jonathan si strinse nelle spalle. << Ci uccideranno >>. Fu sincero.
Euridice reprimette il singhiozzo, non voleva apparire come una sciocca ragazzina.
<< Farà male? >>.
<< Non lo so. Non sono mai morto. Ma sono certo che non sarà doloroso. Vogliono gli Elementi, non farci soffrire >>.
Sconsolata, Euridice disse: << Non posso credere di morire in questo modo a diciassette anni >>.
<< Prima o poi doveva succedere >>.
<< Meglio dopo che prima. Perderò tante cose >>.
<< Del tipo? >>.
Sospirò e pensò. << Non mi diplomerò, né avrò la laurea. Non diventerò mai madre o moglie. Non ci sarò quando i miei beccheranno Alice in camera loro con un ragazzo >>. Jonathan aggrottò le sopracciglia e la guardò con un sorrisetto a metà, scettico. << Per com'è lei, me lo aspetto. E non avrò il mio primo ragazzo. Per ultimo non farò mai... >>. Non completò la frase e il rossore aumentò.
Quella timidezza faceva parte di lei e lui l'adorava.
Jonathan rise e comprese. << Non essere tanto pessimista. Potremmo anche salvarci >>.
<< Ma non eri tu che mi hai risposto “moriremo”, due minuti fa? >>.
<< Te l'ho detto perché è una possibilità. Ma è anche una possibilità che ci salviamo >>.
Ma Euridice era troppo affranta e negativa per dar retta a quelle parole e Jonathan non la biasimò.
Prese un bel respiro per frenare le lacrime. << Gli altri saranno preoccupatissimi. Lilian avrà fatto il diavolo a quattro e poi... >>.
Il respiro, i polmoni bloccati.
Gli occhi sgranati.
Euridice era sicura di cadere a terra da un secondo all'altro. Si manteneva con una mano sul pavimento e l'altra sospesa a pochi centimetri da esso.
Ma la troppa sorpresa le fece perdere l'equilibrio e un braccio la sostenne per la vita, non lasciandola cadere.
Le labbra di Jonathan premevano con forza sulle sue e lei era immobile, rigida come una statua.
Poi la sorpresa svanì per essere sostituita da altro.
Strinse gli occhi a fessura, irritata. Alzò la mano sinistra, tese il palmo della mano al massimo, decisa a dargli uno schiaffo per farlo allontanare. Caricò la mano e stava per colpirlo, pochi centimetri e ci sarebbe riuscita. Ma la mano del ragazzo era sul suo polso e lo stringeva per impedirle di opporre resistenza. E non la lasciò come se fosse la cosa più importante del mondo.
Euridice non voleva ricascarci ed era praticamente inerme.
Il ragazzo portò la mano bloccata tra i suoi capelli e a quel punto Euridice cedette.
L'altro mano accarezzò il braccio del ragazzo e fu lei ad approfondire il bacio per prima. Quell'iniziativa piacque a Jonathan e la strinse di più contro di sé.
Il cuore della ragazza andava a mille e la sua temperatura aumentava e i capelli erano scossi da una leggera brezza che danzava per la stanza. Piccole fiamme si muovevano fluide sulla pelle, quasi invisibili a occhio nudo. Ma dolevano.
Jonathan sciolse l'abbraccio, si stava scottando. Ma non le lasciò le labbra di Euridice, non l'avrebbe fatto per niente al mondo. Considerava quel leggero dolore niente in confronto a quel bacio, un remake di quello della spiaggia con la differenza che Euridice non aveva tentato di schiaffeggiarlo, la prima volta.
E questa volta, non l'avrebbe fatta fuggire come l'estate scorsa. Era bloccata in una camera e doveva parlare.
Fu Euridice a smettere di baciarsi. Si allontanò e non lo guardò, rendendosi conto di cosa aveva fatto. Jonathan si portò una mano alle labbra, mugolando. Erano caldissime.
<< Ti ho fatto male? >>, gli domandò mortificata.
Le sorrise. << Neanche un po'. Le tue labbra e la tua bocca erano un po' bollenti >>.
<< Scusa >>, sussurrò a disagio.
<< Non fa niente >>, disse dolcemente.
Un tocco caldo si posò sulla mano di Jonathan e guardò la chiara mano di Euridice.
<< Perché mi hai baciata? >>.
<< Perché ti amo >>, disse come se niente fosse. Come se Euridice avesse dovuto intuirlo da sola e lo avesse capito e perciò non doveva sorprenderla.
La ragazza lasciò la sua mano ed ebbe la sensazione di andare ancora una volta a fuoco. Portarsi la mano alla bocca fu istintivo.
Jonathan strisciò fino ad essere vicinissimo come quando si erano baciati.
<< Io sono pazzo di te da quando ti conosco. Dal primo giorno. E anche se ho avuto altre ragazze, tu eri sempre nei miei pensieri. Nessuna era come te. Nessuna >>. Sussurrò l'ultima parola. Si sporse per baciarla ancora. Lei si mise una mano sulle labbra e lui si fermò, turbato.
<< Davvero? >>.
<< Non mentirei mai. Non posso mentire con te. Ti amo da almeno due anni e in tutto questo tempo... >>, le toccò una guancia e lei glielo permise, ormai in parte arresa. << … ti ho guardata in silenzio, come amico. Ed ora che sto per morire, voglio che tu lo sappia. Sarò in pace con me stesso >>.
Voleva cedere, Euridice. Cedere a quegli occhi color del cielo, stringergli le mani e baciarlo di nuovo, perdersi nel tempo con lui, perlomeno finché non fossero stati salvati o sarebbero morti.
In tre anni non aveva mai preso in considerazione di stare con Jonathan.
Non si era mai immaginata un futuro con lui. Mai mano nella mano,a passare le feste insieme, trascorrere serate a passeggiare per Mesa e forse anche...
Non fino a quel momento.
Ora vedeva tutto. Si dispiegava davanti a lei come un disegno creato da un disegnatore di talento.
In tutti quegli anni non si era sentita pronta per avere una relazione. Ma quel “ti amo” aveva sciolto le sue paure, liberando il suo cuore e lasciandolo libero di sentire ciò che provava.
Jonathan attendeva una risposta, una qualsiasi risposta.
<< Non ti dirò che ti amo >>, disse finalmente. << Perché sarebbe una bugia >>.
<< Potresti amarmi >>.
<< E se non dovesse accadere? >>, gli chiese timorosa.
Le sorrise teneramente. << Accadrà. So che accadrà. Smettila di essere pessimista >>.
Le prese ancora una volta la mano, incandescente ma non la lasciò ugualmente. La strinse. << Mi amerai, lo so. Dentro di te c'è un sentimento per me che hai messo a tacere dall'anno scorso >>.
Euridice rimase in silenzio, solo a guardarlo negli occhi. Poi smise di farlo. << In conclusione, mi stai chiedendo di mettermi con te? Ora? >>.
<< Che intuito >>, la prese in giro ridendo.
Scosse la testa. << Non ora. Ci devo pensare >>.
Rimase basito. << Non è difficile. Sì o no >>.
<< Ma non so quale risposta darti, Jonathan >>.
Lasciò la sua mano e scosse la testa, gli occhi azzurri tristi. << Okay >>, disse. << Aspetterò >>.

La villa degli zii di Martin era circondata da uomini vestiti di scuro e dentro la struttura ne giravano altri con torce per non accendere le luci della casa.
E nascoste sotto le giacche, pistole argentate.
Lucas, Martin, Silvester e Lilian erano nascosti in un angolo di una villetta, studiando la strada, decidendo come agire.
<< Ho un'idea >>, disse Martin.
<< Parla >>, lo spronò Lilian, scrutando la strada e gli uomini.
<< Gli uomini al cancello possono darci noi. Credi di farcela a neutralizzarli? >>. Si rivolse alla ragazzina bionda a mezzo metro di distanza da lui.
<< Dovrei spegnere la pila >>, disse seria. << Non posso. La notte non servo granché >>.
<< Attaccali alle spalle: in questo modo non vedranno la luce della pila >>, suggerì Lucas. << Neanche io sarò molto d'aiuto. La spalla fa ancora male >>.
Lilian si concentrò e sparì dalla loro vista. Fissarono il punto in cui si trovavano i due uomini.
Per i primi tre minuti non accade nulla. Poi due botte secche e gli uomini erano sul selciato sporco. Lilian gettò a terra la pistola che era riuscita a sottrarre a uno dei nemici, sfilandogliela dalla cintura, calciandola sotto una macchina.
Tornò visibile e fece segno agli altri di seguirla. Si inoltrò nel giardino, correndo velocissima e si nascose sotto la quercia. Quattro uomini si aggiravano per il perimetro del giardino, parlano fra loro di tanto in tanto. Raggiunsero la bionda in poco tempo e si acquattarono sotto le fronde delle piante.
<< Martin >>, sibilò Lucas.
L'amico cominciò a fissare il terreno...

La rossa che tanto sembrava avercela con Jonathan, guardava fuori dalla finestra del salotto, controllando la situazione e attendendo.
Mark aveva un'ottima reputazione di lei e le affidava compiti del genere senza temere un fallimento.
Di colpo, la donna sorrise.
Chiamò un nome e uno degli uomini al suo servizio si avvicinò.
<< Sono qui >>, disse semplicemente.
I quattro uomini che sorvegliavano il giardino erano distesi a terra, svenuti e con un brutto livido sul capo.
Il segno che aspettava.
L'uomo a cui la donna aveva confidato che i ragazzi erano arrivati, uscì dalla porta sul retro con altri cinque armati di grosse pistole.
Senza attendere un comando, spararono.
Ignorando il dolore lancinante, Lucas reagì prontamente con lastre di ghiaccio. Le lastre cedettero e sparirono. Silvester sfruttò l'acqua nell'aria e approfittò del loro attimo di distrazione. Una bolla enorme si abbatté sui nemici. Le pistole erano troppo fradice per sparare.
<< Maledizione sono solo dei ragazzini! >>, strillò quello che pareva il capo, pieno di rabbia. Guardò Lilian. << E questa mocciosa chi è? >>.
Fissandolo molto male, Lilian si sfilò la pila dal collo e puntò la luce sull'erba bruciacchiata. L'altra mano si tese e i raggi si condensarono sulla sua mano libera. Una piccola pallina venne lanciata nell'aria: distese il braccio destro e all'improvviso schioccò le dita. La pallina divenne lucente ed esplose e una luce accecante inondò i presenti e Lilian trascinò gli altri lontano, fino ad entrare in casa.
<< Caspita, Lilian. Non era male >>, si complimentò Silvester, stropicciandosi gli occhi.
<< Oh, una cavolata. Alla faccia della mocciosa >>, fece la modesta lei.
La donna dai rossi capelli si presentò all'ingresso e urlò vari nomi e altri nemici arrivarono. Lilian accese la luce, toccando l'interruttore posto accanto alla porta. Adoperò la luce per colpire le sfere di energia i nemici e la donna.
Un gettò d'acqua mandò al tappeto il più resistente e Silvester ne fu soddisfatto.
<< State imparando >>, disse la ragazzina salendo le scale e si fermò per un fucile puntatole contro il petto, all'altezza del cuore.
<< Un altro Elemento! Come sarà felice Mark! >>.
Un sottile rampicante se la prese con l'aggressore e lo gettò oltre il corrimano. Proseguirono e vennero fermati da altri...

Jonathan e Euridice non si fissavano, non si guardavano. Il silenzio era il loro compagno.
Poi, i rumori della lotta arrivarono anche ai due. Si alzarono dal freddo pavimento e su cui erano seduti.
<< Sono arrivati e direi che se la stanno cavando >>, disse Jonathan che avrebbe tanto voluto essere con i compagni.
Euridice guardò la porta. < Scappiamo adesso >>. Si alzò in punta di piedi e non arrivava comunque alla telecamera. Creò molto calore per scioglierla. Quella prese a squagliarsi e la plastica argentata si appiccicò sul muro. Annuì tra sé e sé.
Si allontanò e fece un cenno con la mano al ragazzo.
Jonathan si allontanò fino al fondo della stanza per creare un turbine abbastanza forte da scardinare la porta. L'azione fu utile anche agli amici: la porta investì due uomini che caddero oltre la balaustra.
Gli amici si affacciarono, piccole ferite ma niente di grave.
<< Potevano farvela venire prima quest'idea >>, disse Lucas, una mano sulla spalla troppo forzata.
Non volevano dargli il tempo di reagire e corsero giù per le scale ma prima Euridice volle recuperare le ricerche o almeno volle provarci. Le trovò in salotto, un inaspettato colpo di fortuna. Recuperò tutto e scappò fuori con il fiato assente e la razionalità sparita. La paura dominava. Mossi dall'istinto di sopravvivenza, corsero per un sacco prima di fermarsi in un parco verdeggiante, lo stesso dove Lilian aveva curato Lucas.
<< La prossima volta ve la cavate da soli >>, disse Silvester, con difficoltà. Non aveva più ossigeno.
<< Concordo >>, disse Lilian, una mano sul cuore e tutta sudata.
<< Ti hanno vista Lilian >>, fece Lucas, seduto contro un albero.
La ragazzina si strinse nelle spalle, dandoci poco peso. << Pazienza. Tanto mi avrebbero vista comunque >>.
<< State bene? >>, chiese ai due, Martin.
Annuirono.
<< Non ci hanno toccati >>,  aggiunse Euridice, per farli sentire meglio.
<< Ed ora? >>. Jonathan pose una domanda difficoltosa.
<< Riprendiamoci e poi partiamo >>, rispose  Lucas.
<< E con quale auto? E dove? >>, questionò Euridice, riprendendosi poco a poco.
<< La mai macchina... >>, gemette Martin, coprendosi il viso con le mani.
<< Usate una delle nostre >>, disse Lilian. << Non è un problema >>.
<< E le nostre cose? >>. Euridice pensava a tutti gli effetti personali abbandonati nella villa.
<< Dovremmo comprarne di nuovi. I soldi non ci mancano >>.
Una delle poche note positive era che nessuno dei cinque era di famiglia povera.
<< Per stanotte non muoviamoci da qua. Domani mattina andremo a casa di Lilian e andremo... dove? >>, concluse Jonathan.
Non ne avevano la minima idea.
Fu Lilian a rispondere. << E se andassimo a Salt Lake City? >>.
La fissarono come se fosse diventata arancione.
<< Be'? Che avete contro lo Utah? >>.
<< Niente. Credo che la domanda sia: perché? >>, disse Euridice.
<< I miei hanno un paio di case, due villette normalissime >>.
<< Salt Lake City è oltre le montagne e sono seicento chilometri, se non di più. Come facciamo? >>. Martin era preoccupato.
<< Possiamo farci portare con il jet di famiglia >>, disse semplicemente Lilian.
<< Avete un jet? >>, chiese stupita Euridice.
<< Eh sì >>, rispose. << Poi... se non ricordo male, mio padre non ha mai tolto la sua vecchia auto... Coraline... La chiamava così. Sapete mio padre è nato nelle vicinanze di Salt Lake City. È stata la sua prima auto. Pensi funzioni ancora >>.
<< E Salt Lake City sia! >>, esclamarono tutti.
Una meta dove andare, li faceva sentire meglio come se avessero un piano a cui aggrapparsi. Non sapevano per quanto potessero nascondersi lì ma qualche giorno di pace gli era utile per riordinare le idee. Quella giornata li aveva sconvolti e travolti. Ne aveva già abbastanza.
Euridice si era accorta dello sguardo di Jonathan, ma faceva finta di non vedere. Alla fine, non riuscì ad ignorarlo.
Si alzò dalla panchina e con la scusa di voler fare una passeggiata, si allontanò dal gruppo. Dieci minuti dopo, Jonathan la seguì.
Si guardarono e Lilian fissò la coppia. I quindici anni su di lei si facevano sentire male. Era molto più grande della sua età.
Silvester si chiese cosa fosse successo nella stanza. E una tristezza lo invase.

Ferma a fissare la luna e il cielo stellato. Sfioravano il suo viso come una lieve carezza come se volesse consolarla di quella vita che il destino le aveva donato.
Una leggera brezza calda le scompigliò i capelli ma non si voltò.
Jonathan la fissava e attendeva.
Fece qualche respiro calmo e quando si voltò, Jonathan l'aveva raggiunta con un salto leggerissimo e insonorizzato. La vicinanza improvvisa la spaventò e ne fu felice allo stesso tempo.
<< Allora? >>.
Euridice deglutì e cercò di non perdere la lucidità. Non lo fissò negli occhi per essere sicura di non cadere in qualche strana attrazione.
Finalmente lo guardò.
<< Io... >>.


Angolino!


Sì, sono abbastanza cattiva a mollare il capitolo a questo punto. Ma non riuscivo a concluderlo in modo diverso. Insomma, saprete tutto nel prossimo. Ciao ciao!









   
 
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