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Autore: Tetide    15/01/2010    4 recensioni
D'Artagnan & C. ai giorni nostri: loro sono poliziotti a Parigi, tra di loro c'è Aramis che ha una sorella gemella sensibile e coraggiosa, che sarà capace di portare imprevedibili sviluppi nel dipartimento: sarà lei, infatti, a svelare le losche trame di un giudice corrotto e prepotente, di nome Mansonne.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3- ... E mi bruci! CAPITOLO 3
… E MI BRUCI!


Da circa un’ora, Aramis se ne stava appoggiato allo stipite di una porta chiusa; dietro a quella porta, la camera della sorella.
Si guardò intorno, con aria perplessa; nell’aria sentì risuonare debolmente la voce di Baglioni che intonava Niente più; a parte questo, neanche un respiro, niente.
Erano ormai trascorse cinque settimane da quella triste sera in cui Renée era tornata a casa col cuore spezzato, sfogandosi poi con Francine, e da allora tra lei e François era successo di tutto; alla fine, lei si era decisa a lasciarlo, per il bene di entrambi.
Questo un paio di giorni prima.
Ma adesso, da un paio di giorni se ne stava chiusa in quella camera, senza andare a lavorare né all’Università, e nemmeno a mangiare; a stento, usciva per andare in bagno: Aramis era seriamente preoccupato.
Lo stereo prendeva arditi acuti, con parole che entrambi, avendo studiato l’Italiano, capivano perfettamente.
“Sorella, ci sei? Guarda che quella roba ti farà solo più male, lascia perdere!” il ragazzo bussò lievemente alla porta.
Nessuna risposta.
“Renée! Accidenti! Sono due giorni che stai chiusa lì dentro! Solo perché hai rotto con quello, vuoi fare la monaca di clausura? Non siamo più ai tempi di Luigi XIII!”.
Ancora silenzio.
“Ti decidi ad aprire o no?”.
Finalmente, un suono.
Un singhiozzo soffocato.
O qualcosa di simile.
D’istinto, Aramis si appoggiò alla maniglia, trovando la porta aperta con sorpresa.
Entrò nella stanza; era tutto buio, le uniche luci erano quelle dello stereo acceso.
Premette l’interruttore di una lampada su di una mensola, per non invadere bruscamente il senso di protezione che la sorella si era costruito, e la vide, raggomitolata sul divano-letto tra i cuscini, le braccia intorno alle ginocchia piegate; aveva indosso solo una felpa, un paio di calzoncini corti, ed un collant pesante.
“Piccola…” il giovane si avvicinò alla sorella, che se ne stava con la faccia voltata verso la finestra chiusa.
“… Ci sei?” le accarezzò i capelli.
Lei non rispose, non si mosse.
“Hai fatto bene a scaricarlo, piccola. Quello ti stava distruggendo la vita! Lui e la sua famiglia di boriosi con la puzza sotto al naso!”.
Le si sedette accanto.
“… L’ho fatto perché ho capito di non amarlo più…” fu la prima cosa che disse,
“Ed hai fatto davvero bene!” sbottò il fratello,
“Ma ora, mi sento una merda! Mi sembra di averlo ingannato per tanto tempo, visto che sopportavo le offese di sua madre, fingendo di amarlo; e lui penserà questo di me: che sono stata meschina!”,
“Ma che stai dicendo, piccola? Il meschino è stato lui, se per tanto tempo ha permesso alla sua famiglia di trattarti così male! Si è comportato da immaturo, da bambino viziato che non sa dire di no ai genitori ricchi, e non difende la fidanzata!!”.
Renée abbracciò il fratello, scoppiando a piangere “Hai ragione, fratellone!”.
Lui le accarezzò la testa “Piangi pure, dopo starai meglio; ad ogni modo, hai fatto la cosa giusta, Renée!”.
La ragazza sollevò per un attimo gli occhi lucidi e lo guardò “E’ che lui… ancora… mi brucia!”.

                                          **********

“No, no e poi no!” Aramis era letteralmente fuori di sé,
“Tieni a freno i nervi, ragazzo! E’ un ordine della Corte Suprema!” il commissario De Treville, suo zio, cercava di riportarlo all’ordine,
“Ed io me ne frego!! Il cane da guardia ad uno come quello, io non lo farò mai!!”,
“Non comportarti da ragazzino viziato, Aramis! Qui dentro non sei solo mio nipote, sei un tenente: ed un tenente deve obbedire agli ordini superiori!!”,
“Ma perché proprio io? Non potevano affidare a qualcun altro la sorveglianza e difesa di quel coglione di un Mansonne?”, sbatté una mano sulla scrivania dello zio; l’uomo rimase stranito.
“In effetti, è sembrato strano anche a me. Eppure, quello ha chiesto espressamente che per la propria difesa e sorveglianza fosse chiamato il “giovane tenente biondo del 5° Arrondissement”: non ha voluto sentire ragioni”.
Il ragazzo si lasciò cadere su una sedia “Lo ha fatto per vendicarsi, è chiaro! Non ha mandato giù il fatto di esser stato portato in commissariato!”,
“Comunque sia, Aramis, questi sono gli ordini, e noi ci dobbiamo adeguare. Quindi, da domani prenderai su di te la sorveglianza e protezione del giudice Mansonne, per tutto il tempo che resterà a Parigi. Siamo intesi?”,
“Agli ordini, commissario!” fece stancamente il giovane tenente.
Uscì dall’ufficio dello zio, più nero della pece.
D’Artagnan e Porthos lo videro passare; il primo guardò fisso l’amico.
Mala tempora currunt. E’ meglio non stuzzicarlo, per adesso”,
“Hai proprio ragione” rispose D’Artagnan.
Aramis passò loro davanti, andando a rinchiudersi nel suo ufficio; poco dopo, i due udirono il rumore di qualcosa di pesante che volava attraverso la stanza, per infrangersi poi contro un muro.
“Il posacenere di acciaio” sussurrò D’Artagnan all’orecchio di Porthos “deve essere peggio del previsto!”,
“Mi sa che hai ragione” annuì l’amico “forse è meglio se andiamo a vedere”.
D’Artagnan bussò leggermente, quindi aprì la porta.
“Ehi Ara, tutto a posto? C’è qualcosa che non va?”,
“Tutto! Tutto non va! Renée è ridotta ad un cencio, si è pure presa un congedo dal lavoro, ha smesso di studiare e passa le sue giornate in casa a lacrimare ascoltando quel deprimente cantante straniero; e come se non bastasse, adesso devo fare da cane da guardia a quel bastardo di un giudice!”.
Porthos e D’Artagnan si guardarono negli occhi con aria sbigottita, per poi chiedere all’unisono “Mansonne?”.
Aramis sogghignò con sarcasmo “Proprio così. E dato che siete la mia squadra, la cosa riguarda anche voi e Athos!”.
“Ma… ma… perché proprio noi?” fece Porthos,
“Perché quello vuol farcela pagare per l’offesa che ha subito nella sua dignità di onnipossente giudice da parte nostra, ecco perché!”.
D’Artagnan era rimasto muto, pensando a Costance; sapeva bene quanto quell’uomo la intimorisse, ed ora lui lo avrebbe avuto sempre tra i piedi… non potevano incontrarsi fino ad incarico concluso.
“Che gran figlio di…” Aramis borbottava come una pentola.

                                              **********

Ore 21.30. I fratelli De Treville erano seduti dietro ad un tavolo rotondo, con un piatto di zuppa di cipolle davanti.
Aramis fingeva di mangiare, lo sguardo cupo ed abbassato, ma almeno mangiava; Renée, invece, non mangiava affatto.
Si limitava a fissare il suo piatto di minestra pieno a metà, senza dire nulla.
“Perché non metti qualcosa nello stomaco anche tu?” le chiese ad un tratto il fratello, dissimulando il suo malumore,
“Non ho fame”,
“Non ne avevi nemmeno ieri sera, se è per questo; ma devi sforzarti di mangiare, o ti ammalerai”.
Lei tacque.
Il ragazzo posò il cucchiaio dentro al proprio piatto “Stai ancora pensandoci, vero?”.
Lei fece cenno di sì con la testa.
“Ma tra voi è finita! Possibile che quell’idiota continui a tormentarti come quando stavate insieme?”.
Gli occhi di lei si colmarono di lacrime “Sono una stupida” disse,
“E perché saresti una stupida?”,
“Non lo dovevo fare. Lui mi amava. Ora lui sta soffrendo, ed io sono sola”,
“Che sciocchezze vai dicendo!” Aramis si alzò bruscamente dalla sedia “Primo, lui non ti amava affatto, se permetteva alla sua famiglia di trattarti a quel modo; secondo, lui non sta affatto soffrendo, se non nel suo orgoglio di bambino viziato che nella vita ha sempre avuto tutto e troppo facilmente; ed infine, meglio soli che male accompagnati!”.
Renée si alzò, dirigendosi verso la lavastoviglie; Aramis le andò dietro.
“Devi tornare al lavoro e riprendere a studiare”,
“Non me la sento, ora”,
“Sono stufo di vedere una mummia per casa!  Torna a vivere, Renée! Devi farlo!” la girò strattonandola un poco.
Lei iniziò a lacrimare.
“Renée… non fare così…”, le parole restarono in sospeso sulla bocca del giovane gendarme.
Bussarono alla porta.
“Vado io” fece Aramis.
Poco dopo, rientrò in cucina, allegro “Ehi, sorella, guarda chi è venuto a trovarti?”.
Athos entrò nella stanza “Buonasera, Renée”.
Immediatamente, lei si asciugò le lacrime “Ciao, Athos. A che devo il piacere?”,
“Beh, dato che è quasi Natale, sono venuto a portarvi un regalo” l’uomo estrasse da una busta una confezione di dolci; Aramis li prese in mano.
“Alla crema?!? Sai che la odio!”.
Athos rise e riprese in mano la scatola “Vorrà dire che li mangerà Renée! Ti va?”, disse poi, porgendoli alla ragazza.
“Grazie” fece lei, prendendoli.
Fece un debole sorriso.
I due gendarmi si guardarono di sottecchi, e si sorrisero.

Un paio di giorni prima.
Athos ed Aramis sedevano accanto alla macchinetta del caffè, un bicchiere in mano, i piedi appoggiati su di un tavolo.
“Non ce la faccio più!” stava dicendo il tenente al collega,
“Di che parli?” chiese Athos,
“Di tutto. Quel Mansonne è un bastardo patentato, e non perde occasione per stuzzicarmi. Sai che l’altra volta ha anche provato a corrompermi? Mi ha offerto del denaro in cambio dell’annullamento di alcune contravvenzioni! Che tipo!!”,
“E tu che hai fatto?”,
“Secondo te? Le ho rifiutate, è ovvio! Ma tornerà all’attacco, non temere!”,
“E a casa, come va?”,
“Uno schifo, grazie. Renée è a pezzi. Ormai è più di un mese che lei e quello hanno rotto, ma lei continua a sentirsi male: è fragile, indifesa. Non si rende conto che lui la stava solo usando!”,
“Che bastardo!” fece Athos,
“Già. E la cosa peggiore è che ha smesso di studiare. E’ spenta, ha perduto tutta la gioia di vivere che le ho sempre visto”,
“Vorrei aiutarla. Tua sorella mi piace, Ara, e poi non sopporto di vedere una ragazza in quelle condizioni. Mi permetti di venire a trovarla, qualche volta?”,
“Sei il benvenuto! Se ci riuscissi…”.

E ci era riuscito. O almeno pareva.
I dolci alla crema erano i preferiti di Renée, ed Athos lo sapeva benissimo; ora, la ragazza stava sorridendo, mentre ne ingoiava uno insieme alle sue lacrime di poco prima.
Aramis ringraziò l’amico con lo sguardo.
Il campanello della porta squillò di nuovo.
“Vado io” fece Aramis “tu, intanto accomodati” si rivolse ad Athos.
Percorse di fretta il corridoio ed aprì la porta. Ma non si aspettava la sua visita.
“TU!!! Che accidenti vuoi, ancora???”.
François esitò sulla soglia.
“Vederla… per parlarle”,
“Che faccia tosta!! E di che cosa vorresti parlarle, dopo tutto quello che le hai fatto passare? Lei non ti vuole più vedere, quindi alza i tacchi e sparisci!!”,
“Non mi puoi impedire di vederla! Renée sa decidere da sola!”,
“Ed infatti ha già deciso: non vuole più vederti! Dunque, fuori dai piedi!”.
Insospettito da tutto quel baccano, era giunto Athos.
“Che succede, Ara?”,
“Niente. Questo tizio ha sbagliato indirizzo, e lo sto riportando all’ordine!”.
François riprese “Voglio vederla solo un attimo, accidenti!!”, fece un passo in avanti, subito bloccato da Aramis.
“Non ti azzardare, o chiamo i miei colleghi, e questa notte la passi in cella! Hai capito?”,
“Io la amo!!” gli puntò contro un dito,
“Tu non la ami affatto! Non l’hai mai amata! Per te, era solo un bell’oggetto da mostrare in giro!” Aramis gli afferrò il dito, chiudendolo nel suo pugno,
“Spostati, amico, e lasciami passare!” François gli spintonò una spalla,
“Non se ne parla!” Aramis afferrò la mano dell’ex-cognato con violenza.
A questo punto, Athos decise di intervenire.
“Ehi, ehi, calma!! Renée è dentro, che non sta bene! Se vi sente e viene qui, la cosa non potrà che farle peggio; almeno tu, Ara, cerca di calmarti, e lascia questo imbecille a cantare da solo nel suo brodo!”,
“Come mi hai chiamato?” ruggì letteralmente François,
“Con l’appellativo giusto per un pusillanime come te! Aver paura della famiglia a venticinque anni suonati! Puah!” Athos gli vomitò letteralmente in faccia le parole,
“Ritira subito quello che hai detto!”,
“Niente affatto!”.
Alcuni vicini erano accorsi sul pianerottolo, per capire cosa fosse tutto quel chiasso.
“Ritiralo, o ti rompo quel bel nasino!!”.
“BASTA!!”, una voce alle loro spalle li fece voltare tutti.
Si girarono e videro Renée.
“State dando spettacolo! Abbiate un po’ di dignità!”.
Gli animi dei tre si calmarono un poco.
“Renée… amore…” François era diventato d’improvviso mansueto,
“Non chiamarmi “amore”: è evidente che per te, non ho mai rappresentato l’amore. Ha ragione Aramis: volevi solo una bella statuina, ed io ora l’ho capito; ragion per cui, addio, è finita! E non farti più vedere in questa casa!”.
Detto questo, Renée rientrò nell’appartamento.
Athos ed Aramis la seguirono, chiudendo la porta.
François rimase solo e balbettante.
“Renée… come… è possibile…”.
Si accorse in quel momento che diverse paia di occhi lo stavano guardando sul pianerottolo; pieno di vergogna si girò e se ne andò, sconfitto.

Non appena in casa, Renée era scoppiata in un pianto dirotto, confortata da Athos e dal fratello.
“Sei stata grande! Adoro le donne forti!” le diceva Athos,
“Se l’è meritato!” aggiungeva Aramis.
La ragazza, invece, continuava a singhiozzare.
“Sono sola… sono sola… credevo di amarlo…”.
Athos le si avvicinò, prendendole il viso tra le mani.
“Renée, ascolta: quello non ti meritava! Essere da soli non è poi così brutto, sai? E poi, vedrai che troverai presto qualcun altro che ti voglia bene, e che ti meriti, sei una ragazza adorabile!”.
Detto questo, la baciò in fronte.
Il fratello li guardava, nel cuore una inconfessabile speranza: vederli assieme.


                                        **********

Nei giorni seguenti, Athos tornò molte volte a casa De Treville: aveva sempre una scusa pronta, tipo una sciocchezza che aveva dimenticato di chiedere ad Aramis durante il turno di lavoro, od una cosa che aveva dimenticato la volta precedente, ma in realtà, il vero motivo delle sue visite era Renée.
Adesso che si era liberata di quell’imbecille, doveva solo recuperare l’appetito della vita; e lui, dal canto suo, ce l’avrebbe messa tutta per aiutarla in questo compito arduo.
La portava fuori a prendere da bere nei caffè, andavano in giro in macchina, oppure la accompagnava a fare shopping, che, sotto Natale, è una cosa già di per sé eccitante.
E poco per volta, il sorriso ritornò sulle labbra di Renée.

Strada facendo, vedrai
che non sei più da sola
Strada facendo troverai
un gancio in mezzo al cielo

E sentirai la strada far battere il tuo cuore
vedrai più amore, vedrai…(1)









 
 












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(1)Credits, Strada facendo, Claudio Baglioni. A dir la verità, non era la sola canzone che vedevo bene qui, ma se attacco a fare citazioni dai Pooh non la smetto più: lo sanno bene i miei lettori delle sezioni di Alpen Rose e Lady Oscar!

Ciao a tutti! Ecco il nuovo capitolo! Lo so che è corto, ma ho avuto poco tempo, questa settimana; ad ogni modo, spero che vi piaccia.
Ninfea 306: che gioia trovarti anche in questa sezione!! I tuoi consigli mi sono preziosi, lo sai, e le tue recensioni mi fanno sempre molto piacere!
Bay: benvenuta tra i miei lettori; aspetto anche i tuoi commenti con ansia!
Lady Lina 77: ti ho dedicato la storia, lo sai; quindi, dimmi se ne sei delusa... scherzo!! Dimmi se ti piace anche questo nuovo capitolo!
Pitta: benvenuto di cuore anche a te! Certo, è vero che il mio Aramis è parecchio diverso, caratterialmente parlando, da quello dell'anime; ma come ho scritto nell'introduzione, è un esperimento che volevo proprio tentare di fare. In quanto a D'Artagnan, tranquilla, lo tratterò benissimo, nella mia storia!
  
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