Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: KH4    16/01/2010    5 recensioni
Il mio sogno è trovare un sogno. Cercarlo significa vivere? Non lo so perchè io non so se ho il diritto di questa mia vita o di questo mio desiderio. Non so cosa sia un sogno ma lo desidero così tanto perchè forse può darmi la felicità che non ho. Anche se cammino, respiro, osservo...sto forse vivendo come dovrei fare? Non lo so.Ho paura a trovare la risposta.Ho paura a guardare indietro. Ho paura di quello che sono. Ma io....chi sono?(prologo del cap.14).
La vita di Ace prima ancora che entri a far parte della ciurma di Barbabianca e durante la permanenza sulla nave di quest'ultimo, accompagnato da un dolce ragazza dal passato oscuro e ingiusto. Buona lettura a tutti!(introduzione modificata)
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Barba bianca, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Salve a tutti!Lo so,è sabato è di solito non aggiorno prima di mercoledì ma visto che mi sono portata tanto avanti con i capitoli e lo studio,ho pensato di poter aggiungere un capitoletto per farvi felici!!

 

Yuki 689:cara sono contenta che Hiroya ti sia piaciuto e ancor di più la gelosia che è sorta in Ace,ero davvero tentata di fargli dare fuoco al marine!Il fatto che il marine ti abbia ricordato Sanji mi fa piacere,anche lui è uno dei mie personaggi preferiti (ma dopo Ace!qualcuno si degni di farlo scendere dal patibolo,abbiate un pò di cuore e che accidenti!).Scusa,un attimo di delirio.So che Ace e Sayuri sono carini ma ci vorrà ancora un pochettino prima di vederli in una scena per così dire "sciogli cuore"ma non temere:è molto ma molto vicina!

MBP:avere delle lettrici energiche come te è davvero il massimo!Si,Hiroya è un pò marpione ma ha fatto la sua parte e non lo si rivedrà più(spero).Ti volevo dire 2 cose:la prima è che Sayuri non conosce di persona un membro dela flotta dei sette ma ne ha sentito solo parlare,secondo riguarda la tua fict:appena si scoprirà chi sta drogando la povera Koral farà bene a tenersi pronto perchè gli sarà recapitato un pacco bomba anonimato!Non si può fare questo a una madre e a una figlia tanto carina!Non si può!

 

 

 

La notizia del declino da parte di Pugno di Fuoco a far parte della flotta dei sette si era sparpagliata in tutto il mondo dopo solo una settimana. I giornali avevano divulgato quanto c’era da sapere, con tanto di immagini e citazioni da parte del maresciallo Hiroya, a cui erano state affidate le trattative.

Nel leggere il quotidiano, soffermandosi con particolare interesse su quel articolo, Edward Newgate scoppiò a ridere fragorosamente.

“Guraguragurahh!!! Ma guarda! Gli hanno proposto di entrare a far parte di quella combricola e lui ha detto di no!Guraguragurahhh!!!”

Bevve un gran sorso di sakè dall’inseparabile bisaccia, per poi riporla al fianco del suo enorme trono e riprendere a leggere il seguito. Accanto a lui, le flebo allestite supportavano le cure mediche già ben eseguite dall’equipe personale composto prevalentemente da infermiere. Versava in condizioni delicate ma stare fuori all’aria aperta era dieci volte meglio che rimanere chiuso in una stanza, bloccato a letto e con solo un monotono soffitto da guardare.

“I tempi sono proprio cambiati!” rise tra i baffi “Cercano di tenerli al guinzaglio quando sono ancora in fasce. Che ne dici, Marco?”

Lanciò il giornale a un venticinquenne, con insoliti capelli biondi riuniti in cima alla testa e sguardo socchiuso. Sul mento spiccava un piccolissimo accenno di barba, maggiormente eclissato dalle pelle abbronzata.

La camicia aperta dava in bella vista il tatuaggio stilizzato del vessillo di Barbabianca.

“Sembra un tipo in gamba. Magari strafottente dalla faccia ma in gamba” giudicò il suddetto nel osservare la foto e l’articolo allegato.

La cosa non suscitava in lui alcuno stupore.

“Fammi un po’ vedere”

Il biondo passò l’insieme di fogli a Jozu, il comandante della terza flotta. La sua stazza era enorme, contenuta in una grossa armatura rossa e nera sbracciata, che lasciava libere le braccia scure e muscolose. Il muso arcigno, incorniciato da una capigliatura nera tirata e bislacca era ulteriomente marcato dai spessi lineamenti che ne definivano il volto. Gli occhi, del medesimo colore, scrutavano la foto con accanto l’articolo senza tralasciare il minimo particolare e a fine analisi, passò il giornale all’ultimo dei tre presenti, borbottando qualcosa di incomprensibile. I suoi grugni rimanevano un mistero, perché non si capiva mai se stesse parlando bene o male di una determinata cosa.

“Secondo me glielo hanno chiesto troppo presto. E’ uno che ha avuto parecchia fortuna, tutto qui” disse con tono rocco e profondo
“Parli in questo modo perché desideri verificare se quel che si dice è vero” lo ammonì la persona di fianco a lui.

L'ultimo dei uomini di Barbabianca non aveva ancora espresso la sua opinione al riguardo. Anch’egli ora stava leggendo quant'era riportato sul giornale ma la sua attenzione era rivolta più in basso, nell’angolo destro della prima pagina, dove c’era una seconda foto, più piccola, a cui era allegata una nota a detta sua molto interessante. Un ampio sorriso gli increspò il volto, rendendo il suo umore ancora più buono. Non era tanto preso dall’articolo riguardante Portuguese D.Ace ma dal fatto che sotto si parlasse, anche se con minor importanza,di un suo nuovo membro nella ciurma, una certa Sayuri.

“E comunque, Jozu” continuò “Se gli hanno fatto la proposta significa che ha del talento e anche la signorina qui sotto deve aver attirato l’attenzione per essersi meritata un posto accanto al suo capitano”

Satch era il comandante della quarta flotta, un eccellente spadaccino apprezzante anche il corpo a corpo, maniera efficace per testare con più adeguatezza le capacità del proprio avversario. Come età era sospeso tra i ventisei e i ventinove anni ma nessuno in realtà poteva affermare specificatamente quanti ne avesse: era una persona socievole, fiduciaria e dall’aria sapiente, contornata da un'immancabile allegria.

Con i suoi capelli biondo chiaro tirati all’insù, un pizzetto nero appuntito sul mento e il classico sorriso da “Ehi, facciamo amicizia?” amava poter dire quello che pensava nel modo più elegante che conosceva.

Jozu, a quella risposta da parte del compare, rispose con un “Tsk!” scocciato. Lui aveva una certa esperienza, navigava da tempo, sicuramente più di quel capitano dei pirati di picche e per quanti cambiamenti ci fossero stati, era convinto che offrire un posto d’alto livello a un moccioso fosse sbagliato ma ciò non toglieva che in quel caso la pensasse in maniera diversa e così anche suo padre e i due amici. Quello sembrava sapere il fatto suo e di talento pareva averne anche parecchio. Ora bisognava solo verificare il tutto di prima persona.

La risata di Barbabianca riecheggiò nuovamente sulla nave con vigore. Trovava divertente vedere come la Marina cercasse nuovi alleati ma lo era ancora di più quando questi rifiutavano, specie se volevano prendersi la sua testa. Non che fosse una novità, in molti volevano ambivano a tale obbiettivo ma era sempre uno spasso vedere i nuovi arrivati che puntavano a spodestarlo dal trono del re dei mari.

I giovani hanno troppa voglia di crescere in fretta. Decisamente troppa.

 

 

Dal giorno della visita della Marina, il tempo era trascorso molto in fretta, trasportato da una marea placida ma silenziosamente veloce nella sua ritirata. Mancava poco ormai per arrivare al nuovo mondo e davanti a quella verità, tutte le battaglie trascorse sembravano essere state totalmente dimenticate.

L’arcipelago Shabondy era vicinissimo.
Una volta superata quella tappa obbligatoria, sarebbero entrati ufficialmente nel seconda metà della rotta maggiore, la più vasta e pericolosa. Non tutti ci arrivavano e non tutti ci tornavano perché era evidente che alcuni non potevano nulla contro quella parte di mondo così ostile. C’era gente che sapeva guardarsi le spalle e gente che invece non sapeva proprio a chi affidarsi e questo poteva fare la differenza il più delle volte.
Quando navigava per conto suo, Sayuri aveva valutato attentamente più di una volta l’ipotesi di spingersi fino all’arcipelago ma sapeva benissimo che doveva essere pronta visto che essendo sola, non poteva che contare sulle proprie forze; il buonsenso che possedeva valeva più di quello di una ciurma intera ma prima di poter arrivare a una meta tanto famosa quanto affollata da marine, pirati e Draghi Celesti, doveva governare il suo haki alla perfezione: lei apparteneva alla tipologia dell’attacco, la più comune ma non per questo la più debole.

L’haki era conosciuto come lo spirito vitale, la forza interiore di una persona che si manifestava quando questa possedeva un grande carisma o fosse mosso da ideali così vigorosi da rendere la sua determinazione inarrestabile. Suo nonno le aveva raccontato di tale potere poco prima di morire e gli aveva confidato la sua certezza del fatto che anche lei ne era dotata.

“Non sono solo il coraggio o i sogni a renderci forti e dimostrare la propria superiorità esclusivamente per vanità, è da persone senza morale e spina dorsale. Ogni cosa, persona, pianta a questo mondo possiede uno spirito e lo manifesta nella forma che più preferisce”
“Intendi dire tutti? Anche io, nonno? Ho anch’io uno spirito?”
In quella occasione, lui le aveva sorriso e accarezzato la testa “Chi lo sa. Sta a te il compito di scoprirlo. La tua anima è pura e innocente e rispecchia la tua indole gentile. Non è simbolo di debolezza, questo ricordalo bene. Ci saranno persone che ti vorranno fare del male, persone che non si faranno scrupoli a ferirti ed è allora che dovrai agire seguendo i tuoi principi. La ricerca della forza interiore, di questa ambizione è lunga e difficile ma so per certo, piccola mia, che tu saprai sempre distinguere il bene dal male. Mantieni gli occhi fissi su quello che desideri e vedrai che dopo ogni cosa ti apparirà più chiara”

Quando il suo dolce nonno era venuto a mancare, aveva deciso che per dare fondo alle sue parole doveva andare via dall’isola. Visitò due o tre posti nuovi e su questi si fermò per addestrarsi a sviluppare l’haki. La meditazione si era rivelata essenziale; entrare in contatto con la natura, gli animali, ogni elemento presente e armonizzarli tra di loro, era risultato facile se la mente non era occupata da null'altro che non fossero libertà e silenzio ma Sayuri, matura per carattere, era sempre stata consapevole che durante uno scontro non poteva trovare quei elementi a sua disposizione e quindi aveva imparato a crearsi un proprio spazio nella sua mente, uno spazio dove il panico e la paura non sortivano alcun effetto.

Già dalle sue prime battaglie con alcuni pirati era riuscita a mettere in pratica quei pochi frutti del suo speciale allenamento ma per affrontare veri pirati, quelli che stavano nel nuovo mondo, doveva essere ancora più forte, più di quanto lo fosse stata contro Ace a Rogh Town.

 

 

Avevano fatto sosta su una piccolissima isola disabitata per permettere al log pose di registrare il magnetismo. Ad occhie e croce, occorrevano quasi tre giorni, giusto il lasso di tempo che disponevano per ultimare i preparativi prima di arrivare all’arcipelago. Non ci sarebbe stati per molto visto l’elevato rischio che si presentava. La Marina era in agguato e con i draghi celesti in giro, capaci di chiamare un ammiraglio in caso di bisogno, era bene evitare certi colpi di testa.

Era quasi tutto pronto, mancava solo che il log pose iniziasse a puntare la prossima meta ma ciò che premeva in quel momento ad Ace, era sapere dove fosse finita la sua navigatrice.

Sayuri era sparita, di nuovo. Da quando avevano ormeggiato la nave, la ragazza si era occupata di quel che doveva fare, per poi dirigersi sull’isola, dicendo soltanto che sarebbe tornata verso il tramonto. E così aveva fatto per quei due giorni.

“Bonz, hai visto Sayuri?” domandò il moro.

Il cuoco sbucò da dietro l’armadio della cucina col suo bel faccione rosso. Era occupato a pelare patate a non finire.

“Credo sia andata al solito posto. Se non è sulla nave o lì, allora non lo so”

Il posto inteso era un’ampia radura poco distante dalla spiaggia, dove il verde lussureggiante accerchiava una piccola cascata alla cui base si era creato un lago anch’esso minuscolo.

Ad Ace era quasi sfuggito di mente.
Scese dalla nave e percorse il breve tratto boschivo, fino a raggiungere il luogo designato.

Come previsto, la castana era lì ma non ad allenarsi con i sai o col karate come aveva fatto in quei ultimi due giorni, dove lui le aveva fatto anche da avversario, giusto per rendere la cosa ancora più impegnativa; sedeva su delle rocce su cui l’acqua della cascata si infrangeva. Le sue gambe erano incrociate, gli occhi chiusi e le mani raccolte nella classica posizione per meditare, col il viso rilassato e concentrato.
Sayuri meditava senza che il peso dell’acqua la disturbasse, senza che nulla attorno distogliesse la sua attenzione da quel che stava facendo. I capelli aderivano alla pelle della schiena, coperta solo dal reggipetto nero e su di essi, piccole perle d’acqua fredda li facevano risplendere. Gli stivali, la camicetta a maniche corte e il piccolo zaino erano vicini alla riva del laghetto.

Anche se Ace si trovava a distanza, poteva avvertire su di sé e intorno a sé la manifestazione dell’ambizione che si amalgamava con le forze naturali lì attorno. Nell’avanzare, captò che la sorgente era proprio la ragazza: stava provando ad espandere il suo haki nella zona circostante. Era un azione difficile la sua e spesso si sentiva addirittura vibrare il terreno visto che cercava di raccogliere tanto potere e di concentrarlo unicamente dentro di sè.

Il rumore della cascata le impediva di sentire i suoni esterni ma la sua mente era aperta, capace di percepire anche il più piccolo dei cambiamenti nell’equilibrio circostante.

La vedeva così concentrata e presa che non volle disturbarla. Decise di sedersi ai piedi di un albero, aspettando silenziosamente che finisse ma dopo nemmeno mezz'ora di resistenza, cadde appisolato come suo solito.

 


“Ace? Ace, svegliati. Coraggio, Ace”

Qualcuno lo stava chiamando. Era un voce molto gentile e paziente, niente a che vedere coi gli strepiti e le grasse risate degli uomini. Della sua ciurma, conosceva solamente una persona che soleva svegliarlo senza prenderlo a schiaffi o tirandogli addosso un secchio d'acqua; aprì gli occhi e stropicciandoseli un pò, si trovò faccia a faccia con il volto sorridente di Sayuri. I lunghi capelli le ricadevano oltre le spalle ed erano ancora bagnati. Doveva aver smesso di allenarsi da poco.

“Hai dormito bene?” gli domandò lei.
“Come sempre” si diede la spinta e si alzò in piedi stiracchiandosi le braccia “E tu? Col tuo allenamento?”

La castana abbassò lo sguardo per qualche istante, per poi rialzarlo nuovamente verso il capitano. Aveva lavorato sodo ma non era giunta a dove sperava e questo un po’ la deludeva. Anche se riusciva ad ampliare il suo spirito tanto da far vibrare l’acqua e le rocce che la circondavano, il contatto era stato pressa poco latente. Non possedeva l’haki del re e per tale ragione certe tecniche non le erano consentite, eppure era certa di poter ideare qualcosa di suo, di innovativo e allo stesso tempo così potente da lasciare allibita sé stessa, solo che le ci voleva tempo. Tempo e ancora molto allenamento.

“Devo dire che ho ancora molto da perfezionare” rispose infine alzandosi anche lei da terra "Sono parecchio lontana dal livello che vorrei raggiungere"

Era difficile ipotizzare una data precisa, di lavoro ce ne era ancora.

Ace le poggiò una mano su una spalla “Non scoraggiarti. Sei una delle persone più forti che conosca, quindi ce la farai senz’altro” le assicurò certo che sarebbe riuscita a raggiungere il suo obbiettivo.

Le parole del moro sapevano sempre come infondere fiducia in Sayuri. Era ben a conoscenza che doveva farne ancora di strada. Era giovane e per molti aspetti, ancora inesperta ma non aveva fretta. Non intendeva diventare più forte per primeggiare contro qualcuno, no, lei voleva proteggere quella sua libertà, ciò che era, da qualcosa che non poteva essere abbattuto con un pugno o un calcio. Il suo era un nemico invisibile e più infido di qualsiasi mente contorta e sudicia e per quanto lei fosse ponderata e sapesse controllarsi, rimaneva pur sempre un essere umano e presto sarebbe venuto il momento in cui non sarebbe stata più in grado di reggere quel peso.
Dietro a quei occhi color cioccolato, Ace vedeva qualcosa di più che la semplice gentilezza. Sayuri la mascherava bene e si mostrava sempre così serena ma oramai il moro era convinto, anzi era certo al 100%, che l’amica celasse qualcosa. Poteva domandarglielo? Ovvio, ma che cosa avrebbe ottenuto se non il fatto di volersi impicciare della vita altrui? Non ci teneva a essere invadente ma gli aveva promesso che non si creassero situazioni in cui lei soffrisse e adesso, che poteva dimostrare la veridicità delle sue parole, doveva tacere per non dare vita a qualcosa di irreversibile.

Come aveva pensato l’altra volta, aspettare era la sola cosa che poteva fare ma più la guardava più provava altro, oltre che a curiosità. Indubbiamente, la sua amica era una bella ragazza, molto graziosa e questo cominciava a essere un fattore piuttosto rilevante. A volte si ritrovava a guardarne i movimenti o a studiarne i più piccoli particolari e nel farlo dimenticava tutto il resto, come se non potesse pensare ad altro, eppure nel farlo rievocava anche un forte senso di gelosia: ricordava ancora bene come Hiroya l’aveva osservata con troppa malizia prima di parlargli e questo l’aveva irritato parecchio. Non c’era niente di strano nel guardare un persona se questa era affascinante ma ad Ace non piaceva affatto che la gente guardasse Sayuri come fosse un oggetto: quel pirata a Rogh Town, per esempio, era la personificazione della superficialità e indubbiamente di gente come lui ce ne era anche fin troppa. Gente che se ne infischiava, gente che non esitava a compiere gesti brutali anche a discapito di altre persone e  lui quelle categorie non poteva sopportarle.

“E’ tardi” disse uscendo dal suo groviglio di pensieri “Meglio tornare alla nave. Domattina salperemo presto”
“D’accordo. Ace”
“Che cosa c’è?” da come lo guardava, il moro sperava che volesse rivelargli qualcosa.
Ancora una volta la ragazza gli rivolse un grande sorriso “Ti volevo ancora ringraziare per i giorni scorsi. Combattere contro qualcuno è sempre il modo migliore per allenarsi e tu mi hai aiutato molto. Grazie mille”

Non era andata come pensava. Quel riflesso blu nei suoi occhi era comparso e scomparso in un solo istante e lui si era ritrovato ancora un volta a dover ignorare l’assillante domanda che cantilecchiava nella sua testa però in fondo era contento perché leggeva nel ringraziamento dell’amica una veridicità dolce e sincera.

“Figurati!” esclamò subito “Quando hai bisogno, sai dove trovarmi. Ma non è che stai tentando di superarmi, vero?” buttò lì con fare divertito guardandola con gli occhi seminascosti dal cappello.
Lei rise “Eh eh! Non credo di potermi paragonare a te. Mi hai già battuto una volta”
“Sbagliato, abbiamo pareggiato” la corresse “Su, adesso andiamo. Sei bagnata e comincia a fare freddo. Non voglio che tu ti ammali”

La premurosità che Ace aveva nei suo confronti la riscaldava più di un bagno bollente. Fu una vera fortuna che gli camminasse a pochi passi di dietro e non di fianco, altrimenti avrebbe notato il suo viso cambiare colore. Anche prima, quando l’aveva guardata da vicino, stava per arrossire ma fortunatamente era riuscita ad uscirne. Ogni giorno, sentiva quella sensazione crescere sempre di più e ogni volta nei suoi pensieri, compariva l’immagine del moro senza che lei lo volesse. Forse le stava capitando quello a cui tante sue coetanee capitava. Forse si stava....affezionando in maniera profonda a lui.

Mirando la schiena del ragazzo, ebbe un balzo al cuore. Le spalle erano larghe, i muscoli ben sviluppati e i contorni del suo corpo erano luminosi per via del tramonto a cui stavano andando incontro.

Se solo ripensava a Rogh Town, a Giungle River e a ogni momento passato sulla nave, il suo cuore galoppava senza ritegno.

Il sentimento che provava nei confronti di Ace cresceva a dismisura e lei si sentiva come persa in una landa sconosciuta, con un che di paura e sicurezza ad assalirla. Desiderava allungare la mano ma anche di rimanere dov’era per evitare di fare qualcosa di sbagliato o insensato e più guardava la sua schiena, più cresceva il desiderio di appoggiarvisi come fosse un rifugio sicuro.

Si provava questo quando si voleva tanto bene a una persona? Succedeva questo quando si era...innamorati?

Innamorata. Io sono..innamorata di Ace?



 
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: KH4