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Autore: nous    22/01/2010    0 recensioni
lei fuggiva dai demoni che l'avevano privata della speranza. lui era un figlio abortito ogni giorno da una madre lontana. entrambi cercavano qualcosa. quel qualcosa non era di questo mondo e ciò li rendeva due esistenze inconsapevolmente legate. (titolo tratto dall'omonima canzone dei subsonica)
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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cpa4 LIVIDO AMNIOTICO

 

°°°°°°°

Continuava a scappare cercando riparo nelle isole luminose  dei lampioni. Non sapeva dove andare. Il buio aveva mangiato le forme e lei non riconosceva più nulla. Si sentiva braccata. I demoni erano su di lei. La sua ombra li ospitava ad ogni luce. Non era mai al sicuro, mai. Le era stato tolto tutto e non le era più possibile riaverlo, così correva seguendo le luminarie, che potavano fuori città. Là, c’era solo notte. Nessuna luce artificiale, nessuna zona franca. Solo lei e i suoi fantasmi, che la stringevano, che la spiravano con le loro luride ed informi mani. Si sentiva abbandonata, persa, senza salvezza. Il suo passo rallentò sotto il peso dell’abbandono. Sapeva che non poteva scappare più. Aveva lasciato le mura domestiche per fuggire dal loro morbo e dalla loro ipocrisia, ma gli erano stati sempre dietro.

Improvvisamente la sua ombra tornò. Alzò lo sguardo al cielo e vide una sfera di luce fredda comparire da una nume scura come la notte. Doveva raggiungerla, doveva arrivare alla luce per illudersi di essere in salvo. Continuando a camminare, guardava il cielo. Quel bagliore era troppo bello, troppo eterno, troppo sicuro. Allungò le mani nel tentativo di afferrarlo, ma era troppo lontano. Doveva avvicinarsi. Accelerò il ritmo dei piedi. Cominciò a correre verso la luna, che non si avvicinava mai. Le mancava il fiato, ma sperava di trovare la pace in quel faro freddo, così non decelerò. Poi la sua ombra svanì. Quello squarcio di cielo luminoso era stato inghiottito da un abisso di nubi.

Lei si bloccò: la disperazione fermò i suoi muscoli. Doveva cercare al più presto un luogo illuminato. I demoni l’avrebbero presa anche quella volta e tutta la sua fuga sarebbe stata inutile. Attorno a lei non distingueva nulla. Pregò un dio, che mai l’aveva ascoltata, per un po’ di luce. Lungo la strada non c’era nulla di diverso dalla notte.

In lontananza due punti bianchi. Occhi che si andavano allargando sempre di più. Doveva incontrare quei bagliori sempre più grandi e potenti, ormai talmente vicini da poterli toccare. Si gettò a prenderli.

 

 

°°°°°°°°

Un’altra mattina, un altro aborto. Gli stessi gesti meccanici, questa volta con la certezza che ci sarebbe stata una fine. Sotto lo sguardo inesistente dell’essenza di liquido amniotico e di luce, si preparò per quello che poteva essere il suo ultimo giorno sulla terra. Quell’emissario avrebbe presto condotto dal pezzo mancante della sua collezione. Glielo aveva promesso. Presto avrebbe abbreviato la madre, presto non l’avrebbe cercata più. Una foto per cattura quello che sperava fosse il suo ultimo risveglio, solo un’altra per farlo nascere. Doveva cogliere l’unica e fatale debolezza degli uomini per essere libero dal continuo abbandono. Lasciò il suo appartamento per avventurarsi nel mondo alla ricerca di un agoniato  tassello della parete. Anche quel mattino, l’entità gli si stampò addosso. Consigliandolo e sussurrandogli da dentro, lo portò fuori città. Era già stato in quella via. Lì aveva trovato il suo tesoro: il cinghiale. Forse quella strada gli riservava nuove e meravigliose sorprese. Stringendo la vecchia macchina fotografica scandagliava il paesaggio alla ricerca della sua nascita.

Forse erano passati secondi, forse ore, ma, come era avvenuto tempo fa per la bestia ricoperta da vermi, si trovò davanti ad un corpo disteso in un fosso adiacente all’asfalto.

Le gambe erano piegate in posizione fetale. Il busto compiva una scomoda torsione che portava il petto verso il cielo. Le braccia semipiegate verso l’esterno come in una crocifissione. La maglietta leggermente sollevata mostrava un livido blu, come quello sotto l’occhio destro. Un rivolo si sangue rappreso decorava la tempia sinistra. La testa era leggermente reclinata a destra, appoggiata su un sasso nascosto tra i capelli biondo cenere macchiati di rosso. Quello sguardo vitreo e vacuo, quella bocca dischiuda della labbra cianotiche e secche: tutto gli sapeva di salvezza. Anche la donna avrebbe fatto la fine del cinghiale. Quello sarebbe stato un meraviglioso scatto. Prestò molta attenzione prima di immortalare quel corpo freddo cercando l’angolazione giusta per rendere la bellezza di quel momento. La luce doveva illuminare quel volto di morte. L’entità sorrideva silenziosamente assistendo al rito sacro ed intimo che stava avendo luogo.

Reso eterno quell’istante di fine, non gli rimaneva altro motivo per restare. Lasciò il corpo ai vermi. Ripercorse la strada come in trance per le emozioni in cui il suo animo stava affogando. Tra poco sarebbe nato, ne era certo. Arrivato nella sua stanza all’imbrunire, appese la foto alla parete. A lungo contemplò quelle foto di morti e risvegli. Fu invaso dall’orgoglio: non aveva più bisogno di conversare con il suo liquido amniotico.

Si avvicinò al letto, molto lentamente. Sollevò le lenzuola e ci si nascose sotto. Chiuse gli occhi. Sentiva un calore nuovo, materno. Una nuova energia attraversò le sua membra. Una battito lontano riecheggiando il quella cavità lo faceva sentore protetto, nonostante la pareti andassero contraendosi a ritmi sempre più frenetici.

No si vide più come abortito, era diventato feto e poi sarebbe stato neonato. Tutto il suo viaggio lo aveva reso pronto a essere diverso dagli uomini nello spirito ed ora nella forma. I suoi vent’anni di agoni, lontano dall’abbraccio materno, stavano terminando. Lui era pronto per respirare con i nuovi polmoni il profumo del nuovo mondo, a vederlo con i suoi nuovi occhi e a toccarlo con le sue mani di bimbo. Avrebbe smesso di immaginarli i lineamenti di una madre senza volto, presto avrebbe visto la luce.

 

 

 

 

 

 

 

 

“Fuori è un mondo fragile”

(Incantevole _ SubsOnicA)

 










FINE

Questa è l'ultima parte. Grazie a chi è arrivato a leggere fino a qui. 

Per chi volesse dei chiarimenti sapete come contattarmi....

   
 
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