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Autore: Hurrikan    23/01/2010    2 recensioni
Bella è stata abbandonata da Edward ed è affondata in una depressione cupa e profonda che non le permette di vivere. Ma un giorno scopre che le persone non sono ciò che sembrano e che a volte i proprio genitori riservano delle sorprese. Ed è proprio Charlie a svelare a Bella la vera ragione dell'abbandono di Edward. E allora il sentimento di Bella cambia,da depressione a rabbia e cocente desiderio di vendetta. Passano otto lunghi anni.... Bella non ha dimenticato Edward,ma adesso non lo ricorda più con amore,ma con odio. Ma cosa succederebbe se i due si rincontrassero?
Genere: Azione, Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti! Ecco qui il nuovo capitolo della mia ff. Anche se questo,più che un vero capitolo della storia,è una raccolta di flashback che vi aiuteranno a capire quello che Bella ha dovuto passare in agenzia.E' unvero e proprio mattone,ma spero che non vi scoraggiate xD Se vi sembra troppo lungo però non esitate a dirlo,così lo divido in due parti ^^ La vera storia comincerà nel capitolo successivo ^^
Buona lettura ^^                              

                 Ricordi
Ero nella mia piccola stanza in fondo al corridoio del sottolivello 3. Sul lettino stretto era posata la mia valigia aperta e per metà riempita. Il capo mi aveva consigliato di portare con me abiti civili invece delle solite tute nere che uso durante le operazioni,in modo da passare perfettamente inosservata nella scuola che mi toccherà frequentare in modo da avvicinare Cullen.
Aprii l’armadio che si trovava in un angolo e cercai gli abiti della mia vita passata; camice,jeans,maglioni… tutte cose apparse un tempo così necessarie,adesso così inutili,un semplice attrezzo di scena. All’improvviso qualcosa attirò il mio sguardo,un fagotto blu nell’angolo più nascosto dell’armadio. Allungai il braccio e lo tirai fuori alla luce della lampada per osservarlo meglio. Quando riconobbi la mia camicetta blu notte,la mia preferita un tempo,i ricordi mi travolsero e per un attimo davanti a me non c’era più l’armadio mezzo vuoto,bensì le pareti del salotto di casa Swan,Forks,otto anni fa.


Edward mi ha lasciata. Non riesco a pensare ad altro. E come potrei? Lui era la mia vita,l’unica cosa che avesse dato un senso alla mia monotona esistenza. E adesso lui non c’è più. Ed io non so cosa fare.
Dimenticare? Ne avevo paura. Ricordare? Il dolore mi avrebbe annientata. Continuare ad amarlo? Sempre. E per sempre. Anche se il mio futile tentativo di amarlo aveva portato a conseguenze disastrose,che mi avevano privata anche della misera esistenza che vivevo prima di incontrarlo.
Ma ormai non c’è più tempo per i rimorsi. E anche se provassi tutto ciò che è in mio potere per riportarlo da me,non servirebbe a niente. Anzi,riceverei un’altra pugnala di delusione perché a lui non importa.
Lui non mi vuole. Lui non mi ama. Questa è l’unica certezza della mia vita.
«Bella». La voce di Charlie mi fa per un attimo emergere dai miei cupi pensieri. Alzo la testa e lo vedo,seduto sul bordo del bracciolo della poltrona accanto al divano sul quale sono seduta io. I suoi occhi sono fissi nei miei,un gesto inconsueto da parte sua. La voce è ferma,non timida ed esitante come ogni volta che si è rivolto a me negli ultimi cinque giorni. I cinque giorni dopo la fine. Cerco di scrollarmi dalla mente quel pensiero e di prestare attenzione a Charlie,che continua a fissarmi in attesa di vedere una mia risposta alla sua chiamata.
«Bella,io devo dirti alcune cose. So che questi giorni sono stati difficili per te,ma è ora che tu sappia. Vedi,io so perfettamente quello che è successo tra te ed  Edward». Sussulto al sentir pronunciare il suo nome,ma Charlie non sembra accorgersene e prosegue,implacabile. «Vedi,io so cos‘era Edward. L‘ho sempre saputo,da quando lui e i Cullen si sono trasferiti a Forks. So che erano tutti vampiri».
Chiudo gli occhi,sconvolta. Non riesco a sentire. Non voglio sentire. Non quando la speranza di entrare a far parte di quel mondo sovrannaturale è stata così orribilmente stroncata. Riapro gli occhi,guardando Charlie che non sorride,ma mi fissa. 
«Char….papà… che stai dicendo? Vampiri?! Ma ti rendi conto di ciò che stai dicendo?! A questo punto potrei dirti di essere un lupo mannaro e tu ci crederesti?». La rabbia mi arrossa le guance e sento gli occhi fiammeggiare.
Ma Charlie,invece di scoppiare a ridere e dire che non era altro che una battuta per farmi sorridere - sarebbe stato capace anche di una simile assurdità,per come pensavo che fosse -,mi guarda serio e viene a sedersi accanto a me,cingendomi le spalle con un braccio ma sempre guardandomi negli occhi.
 «Tesoro,io so che tu sai che ciò che ti sto dicendo è vero». Non arrossisce al buffo gioco di parole e nemmeno io. E questo rende il suo discorso sempre più terribile,ma credibile. «Vedi,io non sono quello che tu pensi. Lavoro come poliziotto,certo,ma non è altro che la mia copertura. Io… so che può sembrare impossibile,ma… io sono un agente federale. Ma non di quelli della CIA o dell’FBI. Io sono l’opposto. Un nostro antico parente è il fondatore dell’Associazione e noi da generazioni ci occupiamo di mantenerla segreta e mandarla avanti. Noi non siamo i buoni,Bella. Noi siamo quelli che loro considerano i “cattivi”. Ma sbagliano. I nostri progetti mirano solo ad una miglior…. organizzazione. Non vogliamo conquistare il mondo,vogliamo soltanto farlo funzionare meglio. Però le associazioni dei servizi segreti nazionali non sono della stessa opinione e fanno di tutto per eliminarci. Vedi,Edward era uno di loro. Lui doveva conquistare la tua fiducia per arrivare a me,attuale capo dell’Associazione. Ma quando ha capito che avevo scoperto la sua vera natura,ha rinunciato e ti ha abbandonato. Vedi,molti vampiri lavorano nei servizi segreti. Le loro abilità sono estremamente utili e…. Bella?Bella ?!».
La voce di Charlie mi giunge come da una grande distanza. Davanti ai miei occhi c’è solo una massa confusa di colori che si fondono in una marea scura e terribile,che mi ha protetto dal dolore in questi cinque giorni,ma che adesso mi sta abbandonando. So che Charlie dice la verità. Perché non dovrebbe? Perché dirmi una cosa del genere proprio quando sono più disperata che mai?
Sbatto le palpebre fino a quando la stanza e i colori non tornano al loro posto.
«Ti credo»,mormoro a voce bassa. «Anche se mi sembra una cosa assurda e senza senso io ti credo. Ma solo per un motivo:è stato Edward stesso a dire che non mi amava più. Quindi la tua storia può essere plausibile… Ma io cosa c‘entro in tutto questo? Perché me ne hai parlato proprio adesso?».
Charlie sospira di sollievo. Adesso il suo braccio non è più intorno alle mie spalle,ma i suoi occhi non hanno abbandonato i miei. È strano vederlo così freddo e sicuro di sé,non più impacciato e privo di parole.
«Ti ho svelato adesso il nostro “segreto di famiglia” per due ragioni diverse; innanzitutto,adesso tu hai compiuto 18 anni ed ora che cominci il tuo addestramento. E poi,io so quanto tu sia depressa in questo momento. Ma io posso fare in modo che la tua depressione finisca. Non sarai più costretta a soffrire,ma potrai odiarlo. Odiarlo  per ciò che ti ha fatto e per ciò che continua a fare. Nessun rimpianto,nessun rimorso. Una nuova vita. Il suo amore era fittizio,Bella. Noi spie siamo gli attori migliori del mondo. Ma non devi sentirti usata. Devi sentirti furiosa. Devi desiderare con tutta se stessa di fargliela pagare. Non appena entrerai nell‘Associazione tutto il mondo perderà le tue tracce. E quando sarà finito il tuo addestramento potrai cominciare a lavorare per noi,che sfrutteremo al massimo le tue incredibile capacità. Potrai sentirti speciale,non più goffa e mediocre. E sono sicuro che supererai ben presto tutti gli altri agenti».
Quando Charlie finisce il suo lunghissimo discorso io resto immobile,senza la forza di rispondergli. Quello che mi ha detto ha fatto scattare qualcosa dentro di me,qualcosa che non riesco a seppellire dei meandri della mia mente. Odiare Edward per quello che mi ha fatto. Fino a cinque minuti fa mi sarebbe sembrata una cosa priva di senso,ma adesso,dopo la strabiliante rivelazione di Charlie,sento che è quello che devo fare. Perché io non ho mai sofferto in vita mia come in questi cinque giorni e tutto per colpa di una persona che credevo mi amasse e invece non aveva fatto altro che usarmi.
Chiudo gli occhi e ripercorro i momenti vissuti assieme,i baci,le carezze,tutto… E sento il mio viso farsi rosso di rabbia,la mia depressione che scivola via come una coperta che mi aveva avvolta isolandomi da ciò che mi succedeva intorno. Ma ne sono felice,perché adesso ho preso la mia decisione.
Riapro gli occhi e fisso quelli neri di Charlie.
«Quando comincia l‘addestramento?»,chiedo,la mia voce fredda e controllata,il mio viso una maschera di feroce determinazione.

Riaprii gli occhi,trovandomi nuovamente nella mia stanza. Lo scorrere dei ricordi a volte mi riportava alla mente la felicità di passare le giornata con Cullen,ma l’ultima conversazione con Charlie avuta prima che lui diventasse il capo cancellava tutti i rimasugli di amore per quell’essere rendendomi nuovamente fredda e spietata come dev’essere ogni agente dell’Associazione. Durante gli otto anni passati nella nostra base,qui in Alaska,avevo imparato tutto ciò che una persona può apprendere. Sapevo combattere,uccidere,torturare,conoscevo tutte le lingue del mondo,non vi era arte o materia che non sapessi alla perfezione.
Misi la camicetta blu nella valigia e continuai a svuotare il mio armadio,ripercorrendo con la mente gli anni passati alla base. L’addestramento era stato duro,ma io ero sempre riuscita a farcela. Era stato tutto relativamente tranquillo,almeno fino al giorno della mutazione…


La dottoressa Denam mi aspetta nel laboratorio genetico dell’Associazione. Quando scendo le strette scale di ferro che conducono al cuore del laboratorio,che occupa un intero piano,davanti ai miei occhi si parano secoli di scienza e scoperte che solo gli agenti dell’Associazione hanno mai visto. Appoggiate alla parete ci sono gigantesche gabbia con gli animali più disparati:tigri,leoni,lupi e addirittura al centro della sezione adiacente del laboratorio una gigantesca vasca interrata nel quale nuota uno squalo bianco di circa 9 metri.
La dottoressa è al centro del laboratorio,appoggiata accanto ad un bizzarro macchinario simile ad una gigantesca capsula lunga quasi quattro metri. Mi avvicino a lei con passo sicuro. I miei occhi color cioccolato osservano ogni minimo particolare dell’ambiente che mi circonda,cercando di ricordare ogni cosa. Arrivata davanti alla dottoressa osservo il suo viso ovale dalla carnagione pallidissima incorniciato da corti capelli rossi. Il camice da laboratorio è immacolato,mentre alla mano sinistra ha una fasciatura sporca di sangue.
«Benvenuta signorina Swan. È pronta?».La voce della dottoressa è fredda ma melodiosa,mentre i suoi occhi mi scrutano. Nonostante la tentazione sia forte,non abbasso lo sguardo. In questi primi 9 mesi all’Associazione ho imparato che una spia non deve temere nulle e nessuno,deve sapere sempre cosa fare e soprattutto non deve mai perdere il controllo,nemmeno di fronte alla prospettiva di essere il primo essere umano a testare un complicatissimo esperimento di mutazione genetica messo a punto dopo anni e anni di duro lavoro e ricerche.
«Dottoressa,io sono sempre pronta. Ormai dovrebbe saperlo». Un lieve sorriso increspa le mie labbra mentre stringo la mano fasciata della Denam. Lei non smette di sorridere sarcastica,nonostante il dolore che deve provocarle la mia stretta.
«Effettivamente lo so. Mi segua,prego». La dottoressa va accanto alla capsula e la apre. All’interno si trova quello che sembra uno stampo gommoso per fare pasticcini e biscotti. Ma questo ha la forma di un essere umano. La mia forma.
Senza esitare mi accomodo all’interno di quell’enorme stampo e la Denam si affaccia in modo che io possa vedere il suo viso illuminato dalle lampade del soffitto.
«Allora,signorina,lei sa già come funzionano le cose qui. Impiegherò pochi secondi per iniettarle il siero,ma saranno i secondi più lunghi e dolorosi di tutta la sua esistenza. La capsula serve a contenere l‘impulso irrefrenabile di fuggire al dolore. So che è inutile,ma le chiedo di mantenere il controllo».
Poi,senza attendere una mia risposta,abbassa il coperchio della capsula e tutto si fa nero,ma solo per pochi istanti. All’improvviso si accende una luce più o meno all’altezza della mia fronte. Ho appena lo spazio necessario a respirare liberamente e non posso muovere nemmeno un muscolo. Chiudo gli occhi,pensando di essere pronta.
Ma niente può prepararmi a ciò che accadde un istante dopo. Centinaia,migliaia di piccoli aghi si conficcano nel mio corpo,sulle braccia,le gambe,il viso. Urlo disperata,ma so che la Denam non interromperà il processo. Ma non riesco a sopportarlo. Sento il liquido contenuto negli aghi entrare in circolo nel mio sangue a velocità supersonica,proprio come ha detto la dottoressa. Ma è come se ogni millimetro che il liquido percorre nelle mie vene sia una cocente strinatura su un muscolo diverso. Come se migliaia di artigli stiano lacerando non solo il mio corpo,ma il mio stesso essere. Mi dibatto,con il solo risultato di far aumentare il dolore.
Poi,così come è arrivato,il dolore svanisce. Gli aghi si ritraggono nei loro sottilissimi scompartimenti e la capsula viene aperta. Mani abili e veloci slacciano l’imbracatura di ferro che mi aveva tenuta imprigionata e finalmente riesco a tirarmi su. La luce del laboratorio mi acceca,mentre solo pochi istanti prima l’avevo trovata smorta e inutile.
Intorno a me sento voci concitate,tra le quali quella della professoressa che sembra gongolante e soddisfatta. Esco piano dalla capsula e mi stiracchio per controllare di essere tutta intera. Sento i miei arti distendersi e mi sorprendo vedendoli bianchissimi e con riflessi arcobaleno alla luce della lampada.
Nessuno mi aveva informata di questo aspetto della mutazione…. Perché luccicavo come un… come un vampiro?!
«Signorina Swan,ha ufficialmente superato la prova. L‘esperimento è riuscito! D‘ora in avanti potrà disporre degli strumenti di difesa e attacco dei più potenti predatori della Terra. Vuole un paio di ali? In due secondi le spunteranno dalla schiena. Artigli capaci di tagliare il ferro come se fosse burro? In un battito di ciglia se li ritroverà alle mani».
Ecco,ormai è finita. Sono immortale,potente e indistruttibile. Nessuno potrà più mettermi i bastoni fra le ruote.

Ecco,ancora una volta i ricordi avevano preso il sopravvento. Ricominciai a mettere i vestiti nella valigia,aiutandomi con la lunga e provvisoria coda di serpente che spuntava dai pantaloni della tuta nera in pelle. Ricordavo ancora perfettamente i primi giorni in seguito alla mutazione. Mi ritrovavo ad essere armata di denti e artigli senza neanche averne l’intenzione. Bastava il minimo innocuo pensiero a scatenare una reazione nel mio corpo. Per tre mesi mi era stato vietato l’accesso al laboratorio perché rischiavo di distruggere le centinaia di fialette piene di siero per le mutazioni oppure i computer di ultima generazione che regolavano l’attività di tutti i macchinari del laboratorio con le ali che ad intervalli regolari spuntavano dalla mia schiena. Poi mi ero abituata a quegli strani arti che a volte venivano evocati volontariamente e a volte no. Oramai riuscivo ad assumere le forme più disparate,quelle di qualunque animale sulla Terra e a volte anche di animali inesistenti,generati dalla mia mente.
Quando avevo riavuto accesso al laboratorio avevo scoperto la mia vocazione:chimica,biologia,fisica.
Non avrei mai immaginato che materie del genere potessero essere interessanti,eppure in soli 8 anni di studio ero diventata una scienziata seconda solo alla Denam in fatto a bravura e conoscenze. Il tempo che non passavo nel laboratorio lo dedicavo agli allenamenti per sviluppare le mie capacità.
Ricordavo perfettamente la lezione per me più entusiasmante e allo stesso tempo scioccante…

L’agente Langrab mi aspettava all’entrata di un’ala della base nella quale non mi era mai stato permesso di entrare. Mentre attraverso i corridoio bianchi e freddi sento l’eccitazione montare dentro di me. La mia cosa leonina,unica cosa che riesco ad evocare perfettamente a piacimento,si agita sui miei fianchi in risposta al mio nervosismo.
Finalmente arrivo davanti alla porta blindata. L’agante è lì,a braccia conserte,un’espressione sarcastica e nient’affatto amichevole sul viso squadrato. Quando arrivo a pochi passi da lui lo saluto con un cenno,al quale non si degna di rispondere. Schiacciando a velocità incredibile i numeri sulla tastiera che regola l’apertura della porta mi volta le spalle,così io ho il tempo di osservare quel corridoio nel quale,nonostante l’anno e mezzo passato alla base,non mi è mai stato concesso entrare. A guardarlo non sembra molto diverso dagli altri sparsi in tutta l’agenzia,a parte per le paratie in acciaio che si trovano ad intervalli regolari nel muro.
Sentendo uno scatto secco mi volto e vedo la porta spalancata e Langrab che mi fissa con il solito sorrisetto strafottente sulle labbra. Senza degnarlo di una seconda occhiata,lo supero a passi rapidi ed entro nella stanza. Rimango a bocca spalancata. Davanti ai miei occhi si stende una gigantesca vasca,lunga quasi 30 metri e così profonda da apparire blu scuro. Sul perimetro corre una strana intelaiatura di ferro e lungo i due lati,appena fuori il pelo dell’acqua,ci sono due fessure larghe più o meno una trentina di centimetri.
Faccio qualche passo in avanti e mi ritrovo sul bordo della vasca. Sono impegnata ad osservare l’acqua scura quando all’improvviso sento una mano robusta sulla schiena che mi spinge in acqua con forza inaudita. Con un urlo,precipito a capofitto nella piscina. Il contatto con l’acqua è terribile,non pensavo che potesse avere una temperatura così bassa. Annaspo disperata cercando di risalire in superficie. Purtroppo non so nuotare per niente,così mi ritrovo a scendere giù,sempre più giù.
Faccio qualche bracciata disperata verso l’alto,in cerca di un po’ d’aria e finalmente buco la superficie dell’acqua con la testa e aspiro avida un’enorme boccata d’aria. Mi guardo intorno e vengo inondata da un terrore profondo:sono lontana dalla sponda della piscina,ma la cosa più terribile sono le paratie d’acciaio che emergono dalle fessure sul perimetro della piscina,per congiungersi al centro,schiacciandomi se rimango con la testa fuori oppure privandomi della possibilità di prendere aria se torno giù.
Mi giro terrorizzata e vedo l’agente Langrab seduto a gambe incrociate sul bordo della piscina che mi osserva.
«MI AIUTI!!!»,grido più forte che posso. Ma lui rimane perfettamente immobile,nonostante i suoi occhi siano fissi nei miei. E le paratie sono a ormai meno di un metro da me. Non posso rimanere schiacciata. Forse è una specie di prova per vedere quanto tempo riesco a stare senza respirare e quando l’agente vedrà che non ce la faccio più farà ritirare le paratie.
Così prendo un bel respiro e smetto di lottare per rimanere a galla. Un istante dopo le paratie si chiudono con un colpo secco sopra la mia testa. Rimango immobile a galleggiare sull’acqua,consapevole che i movimenti richiederebbero un inutile spreco di ossigeno.
Passano all’incirca una decina di secondi… Comincio a deglutire… Altri cinque secondi… Il bruciore è sempre più intenso… dopo altri quattro secondi dimentico i miei buoni propositi,mi volto e comincio a battere furiosa contro il metallo.
Ma le forze mi abbandonano,non riesco più a trattenere quel poco ossigeno che mi è rimasto,così spalanco la bocca e le bollicine compaiono davanti ai miei occhi per svanire un istante dopo. Al loro posto un fiotto d’acqua salata inonda la mia gola e i miei polmoni ed io non posso fare a meno di lanciare un urlo,che però è muto e inutile. Altra acqua varca senza pietà la soglia delle mie labbra… sento che sto diventando matta,non capisco perché non mi liberano,sto affogando,sto morendo… NO!! Io non morirò!! Non prima di aver ucciso quel vile essere chiamato Edward Cullen che ancora vaga su questa terra. Lui non deve più esserci!! Solo allora potrò andarmene.
Cerco di pensare con lucidità…che cosa posso fare per non morire affogata? Oramai i miei pensieri si fanno sempre più offuscati,il bruciore è diventato insostenibile. E quando sto davvero per smettere di lottare,la soluzione giunge da sola,spontanea.
Sento il familiare dolore che inonda ogni parte del mio corpo ogni volta che questa si tramuta in qualcos’altro e un istante dove prima c’erano le mie gambe,adesso c’è una lunga coda grigia,la pinna sottile e verticale… la coda di uno squalo. Lo stesso dolore caldo e bruciante,ma allo stesso tempo familiare e confortante,mi inonda la gola. Mi tocco il collo e sento degli squarci che pulsano in fretta senza però disperdere sangue. Sono branchie. E all’improvviso capisco perché sono nella vasca. Era l’ennesimo test per vedere fino a dove arrivavano le mie capacità di mutazione.
Infatti dopo i primi tre mesi,assumere forme specifiche era diventato sempre più difficile,così vari agenti avevano ricevuto dalla Denam l’incarico di addestrarmi,in modo da poter permettermi di richiamare a mio piacimento le infinite armi di cui il siero mi aveva dotata.
Test. Era stato solo un test. IO AVEVO RISCHIATO DI MORIRE PER UNO STUPIDO TEST!
In un istante rivivo il ricordo di quegli attimi di terrore folle,l’incapacità di respirare,l’acqua che scorreva nella mia gola e nei polmoni… E so esattamente cosa fare.
Con una mezza capriola,mi giro in modo da tenere la testa rivolta verso il fondo invisibile dell’immensa vasca e la mia enorme coda da squalo di quasi 2 metri verso le paratie d’acciaio. Con uno scatto veloce vado sempre più a fondo nella piscina. È incredibile come adesso l’acqua mi sembri calda e accogliente e come io mi senta perfettamente a mio agio nel muovermi facendo guizzare la lucida coda grigio scuro.
Quando ormai sono arrivata così in fondo che le paratie sono avvolte in un alone scuro e traslucido che rende difficile notarle mi volto,la testa puntata verso la superficie e comincio la mia velocissima risalita.
L’acqua scivola sul mio corpo ed io mi slancio verso l’alto utilizzando la spinta potentissima della coda. Quando ormai sono a meno di due metri sotto le paratie,faccio una capriola e sferro un colpo contro l’acciaio che schiocca e si piega con un gemito. Sulla superficie rimane impressa la sagoma confusa della coda,ma la paratia è ancora sigillata. Così,con la rabbia a fare da impulso,carico un altro colpo,prendo lo slancio e la colpisco nuovamente. Stavolta il metallo oppone solo una vaga resistenza iniziale,poi si separa dall’altra paratia,lasciandomi finalmente una via d’uscita. Ma è solo allora che capisco la seconda parte del test.
Fino a quando ho coda e branchie non posso uscire,rischierei di soffocare. Devo riuscire a tornare normale. Appoggio le mani alla paratia,in modo da potermi tirare fuori non appena le branchie scompariranno. Faccio un respiro profondo e mi concentro sulla sensazione inversa a quella provata poco prima. Infatti se le branchie non spariranno,sarà soffocata. Niente aria nei polmoni,niente. Solo il respiro sempre più affannoso alla ricerca di qualcosa che c’è,ma che non potrò mai assaporare.
Inaspettata,la vampata di dolore mi toglie il fiato,ma mi resta la lucidità necessaria ad afferrare saldamente il ferro e tirarmi su,passando attraverso la breccia aperta a colpi della mia coda adesso scomparsa e sostituita dalle mie solite gambe,rimaste immutate tranne che per un livido sulla caviglia destra,dove devo aver colpito il ferro.
Quando finalmente emergo fredda e gocciolante dall’acqua,vedo Langrab che ride spensierato mentre io mi avvicino tremante,non so se per la rabbia o per il gelo che mi assale senza pietà.
«E brava Bella,ce l‘hai fatta anche stavolta». La sua voce per una volta non è superiore o strafottente,sembra vagamente intimorito. E fa bene ad esserlo,visto quello che lo aspetta.
Quando ormai sono accanto a lui,alzo la testa e lo squadro di sottecchi.
 «Non. Chiamarmi. BELLA!»,ruggisco. Poi,con uno scatto così feroce che quasi non mi accorgo della vampa calda che mi avvolge le mascelle,mordo il braccio di Langrab e lo strattono così forte da mandarlo dritto sulle paratie d’acciaio al centro della piscina. Lui urla di dolore,tenendosi il braccio che sanguina copiosamente dove ho affondato i miei denti leonini.
Mi avvio verso l’uscita,passando la lingua sui denti affilati che tornano alla forma originale con una sferzata di calore rovente. Mentre avanzo lungo il corridoio,pulisco la bocca con un fazzoletto e lo butto in un cestino,eliminando così ogni traccia di sangue di quel torturatore da me.


Sì,all’agenzia non è stato sempre tutto rose e fiori. Anzi,a dir la verità non lo è stato mai. Certo,i momenti esaltanti non mancavano,ma per arrivarci avevo dovuto sopportare le pene dell’inferno e quella del mio quasi annegamento non era che una delle tante. Ma dopo che avevo imparato ad assumere in pochi secondi coda e branchie,eravamo passati alle ali. E lì la cosa era stata ancor più difficile.

Cammino lungo un sentiero nella foresta che circonda l’edificio dell‘Associazione. Al mio fianco c’è la Denam,che non la smette di osservare con aria compiaciuta la lunga coda di tigre che si agita suoi miei fianchi percuotendo l’aria.
Intorno a noi c’è solo silenzio,tranne per il rumore dei nostri passi in parte soffocato dallo strato di neve che ricopre il terreno. Nonostante sia avvolta in un giubbotto sento comunque dei brividi in tutto il corpo. Nessuno è mai riuscito a spiegare la loro origine:tecnicamente non dovrei provare freddo. Eppure ogni tanto non posso fare a meno di raggomitolarmi su me stessa,magari ricoperta dalla soffice pelliccia di un lupo artico o di una tigre siberiana. Anche se basta il bruciore della mutazione a scacciare in fretta il freddo.
Mentre camminiamo muovo intenzionalmente la coda,per acquistare una maggior dimestichezza. Infatti ogni volta che faccio apparire qualcosa di nuovo è come se dovessi nuovamente imparare a camminare. All’inizio la coda mi rendeva completamente squilibrata e non facevo altro che inciampare. Poi,grazie all’aiuto degli scienziati del team della Denam,ero riuscita ad acquistare un perfetto equilibrio.
Oramai,grazie a loro,riesco a far comparire a mio piacimento le cose più disparate:code appartenenti a qualunque animale,pinne o intere code di squalo o delfino,pellicce calde che ricoprono il mio corpo e a volte,quando mi concentro,addirittura riesco a tramutare la mia testa in quella di un lupo,per ora l’animale nel quale riesco a tramutarmi più facilmente.
E adesso la Denam vuole insegnarmi a far comparire un paio di ali,quanto di più difficile ci sia. Per ora niente era stato come l’esperienza del quasi annegamento,ma ho l’impressione che qui sarà ancora peggio.
Finalmente la foresta comincia a diradarsi e io e la Denam ci ritroviamo sul bordo di un precipizio a strapiombo le cui pareti precipitano in un mare di nebbia che impedisce di vederne il fondo. 
Ad aspettarci ci sono cinque uomini completamente vestiti di bianco che in nostra attesa hanno installato una serie di schermi appoggiati a terra a pochi centimetri dal ciglio del burrone. Al momento sono tutti neri,ma una serie di cavi con delle ventose indica che non lo saranno a lungo.
«Ecco qui la stella dei giochi»,annuncia la Denam con voce squillante. «Su,signorina Swan,venga avanti»,mi incita,visto che sono rimasta un po’ indietro,stavolta non più con una coda di tigre,ma di serpente,che produce degli schiocchi secchi quando la faccio scattare per il nervosismo.
Faccio qualche esitante passo avanti,sentendomi addosso gli sguardi degli scienziati. Soprappensiero,non mi accorgo di essere arrivata sul ciglio del burrone. Oramai dovrei essere abituata a quello che accade un istante dopo,ma ogni volta è sempre nuova.
E così non ho il tempo di reagire quando qualcuno mi da una spinta sulla schiena e mi fa precipitare giù. Prima di cadere nel vuoto vedo di sfuggita la Denam che mi attacca una delle ventose collegate ai fili alla caviglia. Poi non riesco a distinguere più nella,perché gli occhi cominciano a lacrimare per via del vento che si infiltra sotto i vestiti gonfiandoli in tutte le direzioni.
Per fortuna questa volta so che è un test e so anche come reagire. Ma per permettere alla mutazione di agire,devo sentirmi un tutt’uno con l’elemento nel quale mi trovo. Così mi concentro sull’aria fredda che mi scorre sul corpo,il vento che fischia nelle orecchie,l’assoluta sensazione di libertà dovuta alla caduta libera….
Poco prima di penetrare nella cortina di nebbia e probabilmente sfracellarmi al suolo,sento una vampata di dolore così acuto,bruciante e improvviso alla schiena che mi inarco con un urlo. E all’improvviso la mia caduta si arresta ed io mi ritrovo due grandi ali d’aquila larghe più o meno 6 metri in tutto. Le batto piano per rimanere in verticale come se fossi in piedi e le osservo meravigliata:sono enormi,semplicemente immense. Le piume sono così bianche e immacolate che non posso fare a meno di sfiorarle con la punta delle dita per vedere se sono davvero così morbide come sembrano. Verso l’altro le ali sono marroni,anzi sono solo le piume alla base ad essere bianche.
Smetto di rimirare le ali e decido di vedere se riesco ad utilizzarle. Punto la testa verso l’alto,cercando di scorgere le sagome degli scienziati che mi osservano e,con un colpo potente dei miei nuovi “arti” scatto verso l’alto. E capisco che è ancora più semplice di ciò che sembra. Per me è naturale sbattere le ali con la giusta forza in modo da dosare la velocità,oppure piegarne leggermente una per svoltare da una parte. Arrivo sopra il burrone in pochissimi secondi ed emergo dalla cresta rocciosa con un urlo di gioia trionfante. Il team della Denam ride del mio entusiasmo e tutti si stringono le mani compiaciuti.
Io continuo a volare sempre più in alto,come se non dovessi fermarmi mai. Niente è paragonabile a quello che sto provando:il vento che gonfia le mie piume arruffandole oppure mi accarezza il viso. E poi l’assoluta gioia di sentirmi completamente libera,capace di andare dove voglio senza l’aiuto di nessuno.
Piegando le ali mi blocco a mezz’aria,poi le ripiego sulla schiena e mi lascio andare in picchiata. Adesso il vento è fortissimo,ho gli occhi pieni di lacrime ma non mi fermo,voglio continuare a cadere…
«Bella,fermati!». L’urlo della Denam mi riscuote all’improvviso e faccio appena in tempo a distendere le ali prima di sfracellarmi al suolo. Sapendo di aver evitato il disastro per un pelo,decido di fermarmi. Salgo un altro po’ e poi mi poso lentamente accanto agli scienziati,che mi osservano con gli occhi fuori dalle orbite. Scuoto un po’ le ali per liberarle dai pezzetti di terra e sporcizia accumulati durante il volo,poi le distendo dietro la schiena,in modo che non intralcino i miei movimenti.
«Signorina,ma è impazzita? Voleva sfracellarsi?»,urla la dottoressa venendomi incontro e agitando furiosamente le lunghe braccia. Faccio qualche passo indietro,intimorita. Da quando mi è stato iniettato il siero le mie reazioni sono diventate più istintive:davanti ad una donna che urla e si agita come un’ossessa mi viene naturale indietreggiare.
«Ok Dakota,calmati»,continuò la Denam,stavolta parlando da sola. Io la osservavo,le ali protese ai lati del mio corpo in modo da tenerle pronte  a volare via nel caso la Denam mi urlasse nuovamente contro.
«Dottoressa,non è successo niente. Volevo solo provare le mie ali. Non era forse questo lo scopo dell‘esperimento? La ringrazio per avermi salvata,ma non deve preoccuparsi tanto. Sono indistruttibile,ricorda?». La dottoressa mi squadra per qualche istante,poi sospira e fa cenno ai suoi colleghi di smontare l’attrezzatura.
«Signorina,veda di far scomparire in fretta quelle ali,non abbiamo tutto il giorno»,mi ingiunge,acida come sempre. Annuisco,poi chiudo gli occhi e cerco di concentrarmi. Ormai far scomparire tutti i miei “arti supplementari” quando li faccio apparire è diventato molto più semplice. Infatti dopo pochi secondi sento nuovamente il dolore atroce invadere la mia schiena e un istante dopo le grandi ali bianche sono scomparse.
Senza rivolgermi uno sguardo,la Denam afferra la sua inseparabile valigetta e si avvia lungo il sentiero. Evidentemente il fatto che fino a due minuti fa fosse preoccupata per me devo essermelo immaginato.

Chiusi la valigia con un colpo secco,meravigliandomi del poco tempo che avevo impiegato per riempirla. Evidentemente i miei ricordi mi avevano notevolmente distratta. Male,molto male. Una spia non deve mai distrarsi,soprattutto una che ha le mie capacità. Speriamo che in missione non succeda la stessa cosa.
Accarezzai piano la coda di serpente che scomparve con un guizzo e una carezza bollente. Poi afferrai la mia giacca impermeabile nera e mi avviai fuori dalla stanza,verso il laboratorio della Denam.
“E adesso manca solo la prova generale”,pensai scendendo le ripide scalette di ferro.


                                                                ***********



                        Se siete arrivati fin qui vuol dire che avete letto il chap e vi ringrazio già per questo xD
Allora,adesso un po' di ringraziamenti più specifici ^^
X chi recensisce
Giuly_furettomalefico:Eccoti accontentata con il primo chappy,spero ti piaccia ^^ Baciii
alexia__18:In questo capitolo riveverai tutte le risposte alle tue domande ^^ Mi raccomando,continua a                recensire ^^ xxx

X chi ha messo la mia storia tra i preferiti
gegge_cullenina
haylin
mary96twilight
PATRIZIA70

E chi l'ha messa tra le seguite
alexia__18
ValeKikyo

Vi ringrazio tantissimo!!!
Al prossimo chap ^^  
xxx Nessie

   
 
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