Ultimo capitolo per concludere la prima parte
Cari lettori dato che la mia fan fiction è
tempestata di capitoli e verrebbe lunghissima devo tagliare e dividere in due
parti. Mi dispiace per la lunga assenza ma è stato un periodo doloroso e pieno
di disastri che mi hanno distolto la mente dalla mia amata storia. L’amore per
Michael è intatto e non mi sono certo dimenticata di mia sorella Orsola e mia
figlia Ambra. Un bacio a tutti voi spero mi perdoniate
Oramai erano passati mesi da quando Tarack aveva minacciato di farmi
lasciare con Michael. E aimè c’era riuscito. Gli aveva fatto conoscere una
famosa figlia di nome Lisa Presely che non so per
quali strani meccanismi era riuscita a portare Michael lontano da me. Avevo
lasciato Los Angeles dopo avere avuto la realtà effettiva davanti ai miei
occhi. Mi erano arrivate numerose foto che ritraevano Michael in dolci
effusioni con una donna bellissima, ma non avevo mai voluto credere che fosse
vero fin quando un giorno tornando a casa vidi Michael steso sul divano che la
baciava appassionatamente. Non so per quale motivo non ascoltai le parole di
Michael che mi urlava che non era come sembrava, per la prima volta le mie orecchie
non riuscivano a sentirlo, scappai via di corsa passando per le porte di
servizio del suo ranch che mi avrebbero portata il prima possibile lontano dall’oblio
della realtà promiscua davanti ai miei occhi, quando Michael mi raggiunse ero
già in macchina e spinsi il pedale dell’acceleratore più forte che potevo per
portarmi via da lui, che rimase con le mani attaccate al cancello. I miei occhi
erano troppo pieni di lacrime per riuscire a vedere il suo viso d’angelo
trasformatosi in quell’istante in un demonio che mi aveva strappato via i sogni
dopo avermi lanciato nel loro magico mondo. Tornata a Parigi decisi di chiudere
con la danza e così feci, donai in beneficenza tutti i costumi e gli abiti che
avevo indossato nell’anno passato insieme a Michael, e chiusi tutti gli oggetti
che lo riguardavano in uno scatolone che confinai in soffitta. Per nove
lunghissimi mesi non ebbi altro sfogo che le lacrime, mia sorella Tania
preoccupata per le mie condizioni si era trasferita a casa mia con i suoi due
bambini e suo marito, e anche Meredith mi aveva seguito standomi vicino il più
possibile, Cercarono di fare di tutto per aiutarmi a superare quel difficile
periodo. Poi Mez, mi diede il numero del suo analista e iniziai una terapia di
sei mesi, i più lunghi della mia vita. la cosa che mi gettava di più nelle
fiamme dell’inferno era che la lontananza da Michael era più insopportabile del
suo tradimento e non lo odiavo per ciò che aveva fatto ma perché non era con
me. un anno in sua compagnia non si cancella facilmente, ti resta dentro a
lettere di fuoco il suo nome, la sua voce, le sue calde e dolci labbra, il suo
sorriso e la sua dolcezza. Non riuscivo a capacitarmi di una cosa simile,
Michael non era capace di fare del male eppure a me ne aveva fatto tanto. Mi scrisse
decine di lettere che mia sorella non mi fece mai leggere, ma non le buttò via,
le nascose soltanto per evitare che le vedessi. Avevo l’assoluta necessità di
sentirlo, ma non potevo non dopo così tanto tempo. il periodo di analisi mi
aveva fatto elaborare molti dati, che mi avevano fatto maturare la convinzione che
la colpa fosse mia specialmente perché non avevo ascoltato la sua versione dei
fatti che poi era l’unica che mi sarebbe interessata. Comunque dopo aver
superato non a fatica questo periodo nero ripresi il mio lavoro di maestra,
concentrandomi sui bambini dell’asilo, e da due mesi ero riuscita ad aprire un
asilo tutto mio che andava anche piuttosto bene. Le risate dei bambini
coprivano le grida del mio dolore e mi fecero guardare avanti, pensando ad
Elena. Unica cosa che mi era rimasta era l’assoluta fobia e il rigetto per gli
uomini, che fuggivo per principio.
Quando raggiunsi più o meno la pace dei sensi, i notiziari cominciarono ad
attaccare pesantemente Michael, settimane indietro era scoppiato lo scandalo
del bacio agli MTV music awards, che aveva generato
in me una leggera ricaduta, ma vedere i
giornalisti che tartassavano Michael come un pungiball
mi dava i nervi, riuscivo a vedere dalle immagini che l’animo di Michael era
estremamente turbato e soffriva moltissimo. Poi cominciò a mettersi le
mascherine per paura dei germi e li compresi che aveva davvero bisogno di
aiuto, sempre più pallido: la malattia stava facendo il suo corso, crisi d’insonnia
… di nuovo. Non era possibile, c’era davvero un problema più grande a monte di
tutto ciò. Spensi il televisore quando gli occhi scuri e intensi di Michael
bucarono lo schermo tuffandosi nei miei. Un fremito poi solo brividi e
tristezza.
Tuttavia era ora di andare a lavoro e non potevo mancare era una giornata
troppo importante. Così presi un bel respiro, mi infilai il giacchino
di jeans e la borsa ed uscii di casa. Parcheggiai l’auto sotto l’asilo, il sole
di maggio risplendeva alto in cielo e non vedevo l’ora di stare con i miei
cuccioli, avevo preparato una grande festa per Teresa che compiva tre anni,
quindi mi recai a lavoro con un’ora d’anticipo rispetto al solito. Cercai le
chiavi nella borsa ed entrai. La testa era ancora con Michael in mezzo alla
folla come spesso accadeva quando uscivamo da Neverland.
Accesi le luci ed alzai le serrande per far entrare i colori della primavera. Dopo
di chè mi misi a cercare i festoni nell’armadio della
cancelleria, usavo sempre gli stessi per tutti i compleanni, per non dare ai
bambini l’impressione che avessi dei prediletti. Mentre cercavo tra gli
innumerevoli oggetti sentii come il rumore di una macchina fermarsi sotto l’asilo
senza spegnere il motore, non ci feci molto caso, appena trovai i festoni mi
affacciai ed era una macchina di gran lusso quella che avevo sotto gli occhi,
ma che non avevo mai visto prima, anche quell’immagine però mi riportò il
pensiero a Michael e alle nostre uscite di gala. Scossi la testa per cacciare via
quel pensiero e dato che cominciavo a sentire in modo più intenso che la mia
testa quella mattina avesse deciso di farsi del male convenni con me stessa che
dovevo tenermi impegnata, così ripresi il mio da fare di gran carriera. Quando ebbi
finito di appendere i festoni il motore dell’auto lussuosa si sentiva ancora
rombare nel parcheggio. Mi diressi in sala mensa per apparecchiare i tavoli con
il buffet, ero di spalle e avevo l’isolita sensazione che qualcuno fosse
entrato. Uscii dal refettorio e andai nella sala nanna per vedere se tutto era
a posto, controllai i bagni e anche le stanze dei lavoretti, nulla, la porta
era aperta come io stupidamente l’avevo lasciata, così la chiusi e mi diressi
di nuovo in sala mensa. A quel punto mi venne un infarto quando lo vidi
bellissimo nella sua camicia bianca nascondere i suoi lineamenti dolci sotto al
cappello, i riccioli neri ribelli erano ancora lì dove mesi e mesi prima li
avevo lasciati, il suo profumo inebriava la stanza e stordiva i miei sensi, non
riuscii a dire una parola ma ci provai se non fosse stato per i suoi occhi che
cercarono e trovarono i miei forse ci sarei anche riuscita, ma mi precedette. “Ciao
Elena.” La sua voce vellutata mi torturava le orecchie e il cervello e sembrava
rotta dall’emozione. Mi coprii la faccia con una mano e abbassai gli occhi, poi
sentii i suoi passi muoversi verso di me con la lentezza e la grazia di una
pantera, come sempre. Vidi i suoi mocassini lucidi davanti alle mie scarpe da
tennis.
“So che non vuoi vedermi, ma io non ce l’ho fatta più e sono dovuto venire
a vederti, se non vuoi più avere nulla a che fare con me basta che me lo dici
guardandomi negli occhi ed io capirò e girerò i tacchi senza dire una parola.”
Era quello il momento, in quel preciso istante dovevo dire basta e chiudere
definitivamente con la sublime tortura che esercitava quell’uomo su di me, ma
non ce la feci. Alzai il viso e lo guardai, le lacrime uscirono senza chiedere
permesso, ma la voce riuscì a liberarsi dalle catene del silenzio. “Perché? Perché
vuoi ancora farmi del male? Non ti è bastato tradirmi? Mandare in pezzi il mio
cuore per un paio di occhi più chiari dei miei?”
“Vuoi che me ne vada?” chiese con la sua voce da cucciolo indifeso. “No,
non sto dicendo questo, ti sto solo chiedendo perché?” sospirò rassegnato e
prese le mie mani fredde e tremanti tra le sue calde e asciutte. “Ti prego di
ascoltarmi davvero Elena, non correre di nuovo via te lo chiedo dal più
profondo del mio cuore.”
“cosa avrei dovuto fare restare lì a farmi umiliare da te e da quella
donna? Avrei dovuto ascoltare quella bocca che credevo mia e mie soltanto dire
bugie e aggiungere offese ad offese?”
“Shhh Elena, Shhh, ti prego non dire nulla di simile. Non arrabbiarti,
respira. Coraggio respira e ascolta.” Mi dimenai dalla sua stretta ma era
stranamente forte e decisa a non lasciarmi, così mi arresi e le mani tornarono
libere, fu il mio corpo ad essere imprigionato dalle sue braccia. I battiti del
suo cuore erano agitati e frenetici mi stupiva che riuscisse a mantenere la
calma parlandomi con la tranquillità che lo caratterizzava. Per un attimo mi
abbandonai tra le sue braccia ma i flash della pugnalata ricevuta furono troppo
violenti e mi liberai dalla stretta, mi asciugai gli occhi e ripresi il
controllo “Ti prego Michael non rendere le cose più difficili dimmi cosa vuoi e
poi torna al tuo ranch per cortesia.” Si umettò le labbra e prese un respiro “Non
starò qui a dirti che non era come sembrava, non ti dirò che non lo volevo, e
non ti dirò nemmeno che l’ho fatto perché ho smesso di amarti, anche se
probabilmente è ciò che vuoi sentire. È successo all’improvviso ed è stato solo
un bacio … prima che te ne andassi. Non volevo tradirti, non volevo nemmeno
lasciarti sono stato uno sciocco e mi sono lasciato prendere alla sprovvista,
ma non perché ho smesso di amarti, la storia doveva essere diversa doveva
distogliere l’attenzione da noi per stare più tranquilli ed eravamo d’accordo
che non sarebbe accaduto nulla tra noi, poi Lisa testarda come suo padre ha
giocato d’astuzia ed è precipitato tutto in un disastro. Quando te ne sei
andata io ero davvero a pezzi e volevo sparire, lei mi è stata vicino e siamo
stati insieme, senti Elena non ti sto chiedendo di lasciarti tutto alle spalle
e tornare con me, ti sto chiedendo solo di parlarmi e di non lasciarmi solo.
per quanto Lisa mi stia vicino non riesco a parlare con lei come parlo con te e
ho bisogno della tua presenza, ma non per i miei scopi, per evitare impazzire. Non
voglio che lasci tutto e torni a Los Angeles, volevo solo chiarire e voglio
solo che ci pensi, non ti forzerò, smetterò di scriverti e di cercarti, sarai
te a farti viva se vorrai sennò sparirò dalla tua vita e sarà come se non fossi
mai esistito, ma se non dormo di notte
non è per i giornalisti, o per i pettegolezzi è perché non so te cosa fai, se
stai male … se senti freddo se hai bisogno di parlare, se … parli … con
qualcuno se c’è qualcuno che riesca a scaldarti di notte con calore vero e
sincero. Non dormo perché te non sei con me, ma anche se fossi nella stanza
accanto a me starebbe bene, perché sei a casa con me. ti prego non dimenticare
ciò che ti ho detto appena varcherò la porta, pensa davvero alle mie parole
però una cosa devo dirtela … ho bisogno di te sei l’unica capace di tirarmi
fuori dalla mia solitudine e vorrei che potessimo condividere anche un’amicizia,
purchè resti nella mia vita.” mi guardava con occhi
sinceri e imploranti, come un bambino che chiede attenzioni alla mamma, io non
riuscivo a mandarlo via, non volevo che andasse via. Tuttavia era necessario,
avevo bisogno di capire. “D’accordo Michael, ho capito cosa vuoi dirmi, ma non
posso perdonarti per ciò che mi hai fatto e ti dico che non puoi prendermi o
lasciarmi come e quando ti fa comodo, io sono risalita dalla mia rovina a
fatica e lottando con me stessa per riuscire ad accettare la mia stupidità e
non puoi pretendere che mi annulli di nuovo per te che … basta. Ti prego vai,
forse mi sentirai forse no nel dubbio ti dico addio per evitare che piombi qui
di nuovo e mi mandi in confusione ancora una volta con una qualunque scusa. Grazie
del chiarimento.” Non dissi altro e lui abbassato gli occhi si avvicinò, mi
baciò i capelli e mi accarezzò il viso per poi uscire e scomparire per le
scale.
“Ma ti rendo conto Mez, all’asilo, è venuto all’asilo per squarciarmi di
nuovo il petto e dirmi che ha bisogno di me perché sta tanto male, ma chi se ne
frega e a Elena chi ci pensa è? cosa crede che io sto bene che non ho avuto
bisogno di aiuto? Ma figurati è solo un ragazzino viziato che vuole la sua casa
piena di giocattoli, ma poi si stufa e li getta via per poi riprenderli come e
quando gli pare a lui. Se lo scorda io non voglio più vederlo, mai più!” Mez mi
guardava allibita seduta sul divano ad ascoltare i miei deliri che si
contraddicevano l’uno con l’altro, poi affondai nel divano vicino a lei e a
braccia conserte fissai la televisione spenta. Dopo un attimo di silenzio
durante il quale Meredith mi guardava con aria piena di ironica compassione si
decise a parlare.
“è successo un mese fa Elena, quindi sono precisamente 30 lunghi giorni
che io ascolto questi tuoi deliranti
monologhi perché non sai cosa fare, o meglio lo sai ma non vuoi ammetterlo perché
sei troppo testarda.”
“piantala Mez sono tutte fesserie. Mi è totalmente indifferente.”
“si certo come no, senti bella puoi mentire a tutti ma non a me io so benissimo
come sei fatta e se non fossi troppo orgogliosa per ammettere che vuoi prendere
il primo aereo per andare da lui forse staresti meglio. Ho ragione o no? Pensi solo
a questo, parto o non parto, o meglio voglio partire ma non parto perché? Perché
sono permalosa e viziata. Ma se ha attraversato un continente per parlarti un
motivo ci sarà, se sapeva che lavoravi in un asilo tuo tra l’altro
evidentemente non ha mai smesso di cercarti, se ti dice che ha bisogno di te io
penso che dovresti credergli e conoscendoti te non neghi un aiuto ad una
persona anche se un attimo prima ti ha pugnalato alle spalle, perché te sei
come lui, incapace di provare odio o rancore o peggio restare indifferenti ai
bisogni delle persone. Ergo siete esattamente identici perciò se lui ha avuto
bisogno di cambiare continente per parlarti te hai bisogno di cambiare di nuovo
continente per parlargli e dargli una mano, non ti ha detto di tornare insieme
solo di restare Ely, solo di restare.”
Sospirai rassegnata, Mez aveva ragione, la sua analisi era perfetta era
quella la realtà dei fatti era l’orgoglio a tenermi i piedi piantati a Parigi,
ma cos’è l’orgoglio in confronto a Michael?
Los Angeles ore 10.00 am
DLIN DLON
“Hello?”
“Ehm, there is mr Jackson please?”
“Oh yes who is it?”
“A friend.”
“What’s your name?”
“Elena.”
“oh ms Helena welcome back wait.”
Sei un’emerita cretina Elena gira I tacchi e vattene, torna sul taxi,
riprendi l’aereo, arriva a parigi e restaci, legati
se è necessario, ma non dargli soddisfazione di avere potere su di te. Esattamente
proprio per questo devi andartene, ora.
Nulla la coscienza cattiva parlava ma quella buona fingeva di non sentirla
non dandomi libertà di movimento per tornare da dove ero venuta e proprio
mentre ci stavo riuscendo a tornare a casa…
“Elena, che bello sei qui.” Braccia affettuose intorno al mio collo, aiuto,
era lui e mi stava abbracciando, era finita, oramai aveva vinto e non potevo
farci nulla. si allontanò e mi sorrise, fu a quel punto che compresi che quello
era il mio posto.
Come vi ho già detto affezionate lettrici, mi scuso profondamente per la
mia assenza assolutamente assente. Perdonatemi vi prego ma il 2009 stato un anno da cancellare per mille motivi
il 25 dicembre specialmente come molte di noi è stato un natale con una
ricorrenza ben più dolorosa di una nascita, comunque…
eccomi qui, ho dovuto dividere la storia gente era davvero lunghissima e non
poteva funzionare quindi dato che l’ispirazione su quella linea non accennava
tornare ho deciso di fare una cosa diversa, comunque spero non vi vendichiate
abbandonandomi come io ho abbandonato la storia, e ce questo final chapter sia stato di vostro
gradimento, la seconda parte arriverà prestissimo giuro! Baci a tutte Elena