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Autore: San e Rachel    28/01/2010    1 recensioni
Alcune persone cercano di vivere la vita senza peccato, per poter raggiungere la perfezione, per assaporare l'eternità e, alla fine di tutto, ritrovarsi in un posto migliore. Ma se la tua intera vita fosse già una dannazione eterna? Se non potessi cambiare le cose e fossi costretto ad un perpetuo tormento, vivendo sulla terra un inferno perenne?
Una guerra aperta da secoli, un nuovo nemico comune che mina le fondamenta di entrambe le razze, due gemelle che si troveranno a dover fare i conti con sentimenti proibiti ed un ragazzo che detiene la chiave della risoluzione della vicenda... ma saprà utilizzarla? Scontri, sangue, passioni, creature e leggende, perché questa canzone, intrisa di amore e morte, continui ad echeggiare per l'eternità.
«La guardò con terrore, gli occhi ora rossi di lei lo guardavano spietati, intanto che si passava la lingua sulle labbra e sui denti, due canini bianchissimi ed affilati spuntavano minacciosi, mentre la sua espressione indicava che stava già pregustando il banchetto: fu così che, probabilmente per la prima volta nella storia proprio sotto agli occhi di un cacciatore, un vampiro si era rivelato in ogni sua forma negativa.»
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5
A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 5




Il viaggio in macchina con il padre durò un istante, o almeno così parve ad Himiko che, assalita continuamente da pensieri angoscianti e piangendo per tutto il percorso con la testa appoggiata al finestrino appannato dell'auto, non si accorse minimamente del tempo trascorso. La macchina si fermò dinnanzi al cancelletto della loro bella villetta in un quartiere residenziale di periferia, e la ragazza fu ripescata dalla propria testa da una carezza sui capelli di Kojiro, che le fece cenno di scendere così da poterla posare in garage. Lei annuì ed uscì sotto la pioggia battente. Senza ombrello, né nulla, alzò lo sguardo al cielo e si chiese quand'è che aveva iniziato a piovere. Le sembrò quasi uno scherzo del destino. Varcò il portoncino, percorse il vialetto che la condusse sotto il porticato bianco e rimase immobile dinnanzi alla porta. Con che coraggio avrebbe affrontato Shin che si era appena svegliato dal coma per essere stato morso da un mostro? Oggi il mostro era lei. Kojiro la raggiunse dopo pochi minuti, ma non disse nulla, rispettando la sua voglia riflettere. Inserì la chiave nella serratura ed aprì, subito una Ai tutta trafelata si mostrò all'ingresso, correndo incontro alla figlia ed abbracciandola. «Tesoro mio, non piangere… » le disse solamente, ben conscia dello stato mentale della figlia in quel momento. Lei lo sapeva sempre quando le sue piccine stavano male e poi, dopo la telefonata di suo marito che gli aveva spiegato la situazione, la sua sensazione, che da qualche ora la assillava, si era spiegata. Non appena si era ripresa Hagumi, con il risveglio di Shin, era successo qualcosa ad Himiko. Si domandò se le due ragazze avrebbero mai potuto trovare un po’ di serenità. «Sei fradicia, entra su… » le intimò in modo dolce. Himiko annuì e fece come detto, subito fu raggiunta da Hagumi, che percepita la sorella era accorsa per comunicarle la buona notizia, inciampando nel penultimo scalino e facendo uno dei suoi soliti poco aggraziati ruzzoloni. Si rialzò nel giro di un secondo, troppo euforica per pensare al ginocchio ora dolorante, il suo Shin era vivo, sveglio e stava bene, quale miglior fonte di forza interiore!

Poco prima di saltarle addosso, però, frenò la sua corsa ed osservò il suo volto, rigato di lacrime tanto che il trucco si era sciolto fino a darle l'aspetto di un tenero panda e ricordò quando, poche ore prima, mentre imboccava Shin, aveva sentito male al petto e la voglia di trasformarsi ed a casa aveva squillato il telefono per avvertire Kojiro di recarsi subito chissà dove. Il padre era uscito dicendo che era tutto ok, che Himiko aveva avuto un piccolo incidente, ma stava bene e che si apprestava ad andare a prenderla. A quanto pareva, non aveva detto proprio la verità. Raggiunse la sorella con gli ultimi passi un po' lenti e la abbracciò con tutta la tenerezza e l'amore per lei di cui disponeva, un amore fraterno certamente infinito. Himiko sorrise flebilmente e ricambiò l'abbracciò «Fortuna che Shin si é svegliato, eh, Hagu?». La rosa però non rispose. Dopo pochi attimi spuntò a metà scale Shin, che scendeva un gradino alla volta, tenendosi al corrimano. Himiko distolse lo sguardo, si sentiva un verme. «Himiko... stai b... bene... ?» domandò un po' affannato, mentre la mamma con fare amorevole si portò al suo fianco per fargli da appoggio nello scendere gli ultimi gradini.

«Ragazzi, seguitemi tutti in salotto, penso che sia momento di parlare di un paio di cose importanti.» era Kojiro, che invitò i presenti a seguirlo e, mentre Hagumi accompagnava Himiko tenendola per mano, Ai aiutò il figlio ad accomodarsi su uno dei divani, sparendo subito dopo e ricomparendo in seguito con un vassoio di tazze di cioccolato, porgendone una ad ognuno.

«Papà, mi dispiace, se dobbiamo andarcene, lo farò io da sola, in fondo è colpa mia se… » cominciò Himiko, sorseggiando il contenuto della sua tazza, soffiando ogni tanto per raffreddarla, ma fu interrotta dal padre, che prese parola.

«Anche Shin si è rivelato a degli umani, ma per ora ancora non è successo nulla, quindi non saltiamo a conclusioni affrettate.».

«Ma Shin non ha morso nessuno! Non… non si è rivelato un mostro come me… ». Hagumi aguzzò le orecchie, volendo ora più spiegazioni, che diavolo era successo di cui era ora all’oscuro?

Kojiro spiegò velocemente l'accaduto ai tre ignari, sorvolando su cosa avesse fatto Akira per meritarsi il trattamento avuto, a quello ci avrebbe pensato Himiko in un secondo momento se avesse voluto. Nessuno dei tre però la giudicò, Hagumi rimase un po' scossa, ma tutto ciò che fece fu circondare le spalle della sorella con un braccio ed appoggiare la testolina alla sua, per farle capire che non era sola e che nessuno la disprezzava. Shin le appoggiò una mano sulla testa, scompigliandole i capelli affettuosamente, e lei ebbe finalmente il coraggio di guardarlo. Pianse di nuovo, come una bimba, e solo quando si fu calmata Kojiro continuò, seduto sul divanetto di fronte a quello dove sedevano i tre figli.

«Ora, passiamo a ciò che devo spiegare invece a voi, figli miei.» strinse una mano che teneva appoggiata sul ginocchio a pugno ed Ai allungò una sua per appoggiarla su quella del marito. Lui si tranquillizzò, anche se non sapeva da dove partire, e non voleva che venissero a conoscenza di certe cose fin da ora, così giovani ed inesperti. Hiro, per esempio, aveva saputo tutto dopo la laurea, ed era così ormai prassi in tutto il mondo dei vampiri. I vampiri originali venivano lasciati crescere e maturare, prendere un titolo di studi da umano e poi messi dinnanzi alla scelta se far parte della comunità degli eterni o meno.

«Dovete sapere che noi siamo più di quanti voi potreste immaginare. È vero, potete fiutare gli altri vostri compagni e riconoscerli da subito, ma non potete concepire sicuramente quanta potenza possiede la nostra stirpe. Ovviamente, questo comporta la necessità di un governo che gestisca tutto, anche se nel nostro caso rimane celato. Non sono molti a sapere dell’esistenza di questa confraternita, di cui tu Himiko, hai conosciuto chi ne è a capo. Non sottovalutarlo per il suo carattere frivolo, è molto più potente e pericoloso di quanto perfino io possa immaginare. In ogni caso, al momento della loro riunita, decisero che nessuno avrebbe dovuto sapere di loro, se non in età e maturità adeguata e, ovviamente, nel caso che il soggetto a loro interessato possedesse i requisiti necessari, quelli di un purosangue… » qui strinse di più la mano della moglie, cosa che Shin notò, ben conscio che questo comportava il suo argomento di mezzo sangue, di cui non aveva ancora avuto il coraggio di chiedere una spiegazione ben chiara ai genitori, troppo shockato da questa rivelazione quando Hiro lo accusò di essere un cacciatore. Era al nono anno di scuola quando incontrò Hiro, suo senpai che frequentava le scuole superiori, e la sua vita aveva subito un netto cambiamento: Hiro aveva un potere particolare e fiutò subito ciò che di "marcio", così l'aveva definito, c'era in lui. Fu ripescato dai suoi pensieri dal padre, che proseguì il discorso. «Gli originali sono a capo di tutto, quelli che non lo sono invece di nascita possono comunque collaborare, unendosi a loro come sottoposto del tutto rispettati e stimati, ed il semplice motivo per cui non possono entrare a far parte della cerchia degli anziani é che non sono eterni. I vampiri non di nascita muoiono, prima o poi. Non sono "brevi" come gli umani, ma neanche longevi come gli eterni e questa é una debolezza che gli originali ancora non ammettono. Ad ogni modo, come ben sapete, io non sono un originale, ma faccio comunque parte del clan, sono un subordinato ed il mio compito é quello di spalleggiare il capo-anziano». «Okura... » sussurrò Himiko e Kojiro annuì «Esattamente, proprio lui. È un vampiro potentissimo, sapete... ». Ai abbassò lo sguardo, come a volersi estraniare da quel discorso. Hagumi prese parola «Ne fa parte anche Hiro?» ed il padre annuì ancora «Sì, lui però é giovane. Ha ventitré anni e fa parte del gruppo da nemmeno due... ». «E tu da quanto ne fai parte, papà?» chiese Shin. L'uomo alzò gli occhi al cielo, facendosi un paio di conti «Credo che l'anno venturo siano sedici anni, correggimi se mi sbaglio, mia cara... ». Ai scosse la testa, sorridendo in direzione del marito «No, sono sedici tondi tondi.».

«Quindi, poiché noi non siamo vampiri originali, purosangue insomma, non dovremmo essere interessati alla cosa, giusto? A meno di non seguire il tuo esempio.» guardò dritto negli occhi il padre, con un tono di sfida, per fargli capire che aveva compreso, che voleva sapere, ma costui sembrò ignorare la sua domanda, rispondendo furtivamente.

«Non proprio, in un certo senso forse… penso comunque che tutto questo possa tornarvi utile, nel caso vi troviate in difficoltà o abbiate problemi, se io e vostra madre dovessimo mancare per qualsiasi ragione, o foste in una situazione particolare e veniste chiamati al loro cospetto.».

«Sinceramente avrei preferito non scoprirlo… » fece capolino la voce di Himiko, che non riusciva a smettere di tormentarsi di tutto l’accaduto, perseguitata dalla visione di come dava compimento alla trasformazione di Akira.

«Inoltre... » Ai prese parola «... voi siete vampiri di nascita, anche se vostro padre non é un originale, siete considerati anche purosangue in tutto e per tutto, poiché siete stati concepiti comunque da due vampiri.» i due si guardarono però, ed infine fu il momento di Shin. «Per Shin, però, non vale lo stesso discorso.» il ragazzo tremò solo un attimo, prima di deglutire e farsi coraggio. La verità tanto attesa, finalmente era giunta.

Hagumi era totalmente confusa, così come Himiko, che sembrava però sicuramente meno sconvolta della confettina. Che cosa significava tutto questo? La paura fece capolino nel cuore della rosetta. «Com’è possibile che noi, come vostre figlie, siamo vampiri purosangue e Shin no? Spiegamelo mamma!». Lei, però, spostò lo sguardo da quello della figlia, concentrandosi in quello del marito. «Caro… » disse solo, ma questo annuì in segno di assenso e lei tornò a prestare l’attenzione ai suoi tre adorati figlioletti. «Perdonatemi… » la voce ora rotta, mentre eventi troppo dolorosi del passato facevano capolino nel suo cuore, ricordandole quella profonda ferita. «Shin, io ti voglio bene come fossi mio figlio, ti prego di credermi… ». Fu come se il cuore di Shin si fosse fermato per un tempo lunghissimo, in realtà aveva saltato solo un battito, ma a lui era sembrata un'eternità. «Lo so, mamma. Lo sapevo già... » dichiarò infine, abbassando lo sguardo. «Perlomeno sapevo di non essere figlio di uno dei due, data la mia doppia natura.» continuò a spiegare ed i genitori si guardarono scossi: avevano taciuto a lungo per proteggerlo ed invece si era rivelato tutto un fallimento che forse l'aveva solo ferito di più. Hagumi invece scuoteva la testa incredula. Che diavolo stava succedendo? Strinse una mano della sorella, se la strinsero a vicenda, per farsi forza, mentre Kojiro riprendeva parola: «Shin, prima di conoscere Ai, io ero sposato con un'altra donna. Ero un umano, non sapevo nulla di vampiri, cacciatori e tutte le altre creature. Vivevo la mia vita tranquillamente, ero uno studente universitario di scienze naturali, e tra i banchi del corso conobbi Mayumi. Tua madre. Ci innamorammo e ci sposammo. Io rimasi vittima di un vampiro, mi trasformai, e Mayumi mi spiegò tutto. Lei era una cacciatrice, ma si ritirò dal suo compito per rimanermi accanto. Fu uccisa da altri cacciatori per questo, nel tentativo di difenderci. Di difendere me, suo marito, e te, che eri stato concepito poco dopo la mia trasformazione, ed eri un fagotto di pochi mesi non voluto da entrambe le comunità.». Shin annuì silenzioso, mentre quella verità finalmente faceva capolino e lo sollevava. In un certo senso, questo lo rendeva quasi felice, perché finalmente era libero, libero di essere anche lui un uomo come tanti altri, agli occhi della sua piccola ed adorata Hagumi.

«Capisco, ora è tutto più chiaro… » sorrise sollevato, non rendendosi nemmeno conto dell’espressione distrutta della confettina, che scoppiò in lacrime, cullata dalla sorella, che invece non era certa di cosa pensare. Quel giorno era stato un vortice infinito di sensazioni, tra le dichiarazioni di Natsu e Akira, il bacio di Natsu, che tanto l’aveva scossa e rasserenata allo stesso tempo e poi, quel terribile evento con Akira… in aggiunta ora non aveva nemmeno più un fratello. Spettacolare. Shin si girò verso Hagumi, che stava in mezzo a lui ed Himiko, prendendole una mano fra le sue.

«Hagu, non piangere… se vuoi che io rimanga tuo fratello per il resto della vita, lo farò… voglio solo che tu sia felice, ti supplico, non piangere… » quelle parole gli costarono un certo sforzo, ma in fondo ciò che per lui era veramente più importante al mondo era che la sua amata stesse bene, non gli importava di cos’altro fosse successo, voleva solo che lei fosse felice, anche a costo di dover sacrificare se stesso.

Lei scosse la testa, ripetutamente, e stava male, male da impazzire. Si divincolò dalla sua presa e si alzò, correndo fuori dalla stanza, in corridoio e via, uscì di casa senza neanche prendere una giacca o un ombrello, troppo scossa per pensare a qualsiasi cosa. Shin fece per alzarsi e seguirla, ma lo fermarono «Lasciala andare, ha bisogno di stare da sola. È molto intelligente, sa di non doversi allontanare troppo, né fare sciocchezze. Tornerà... » furono le sagge parole di Himiko. Erano tutti d'accordo con lei.

 

***

 


Fu come un fulmine che gli saettò davanti, tanto veloce che quasi credette di aver avuto un’allucinazione. Chiuse l’ombrello, che gli avrebbe impedito la corsa in quello stato, e proseguì per la stessa strada in cui l’aveva vista sfrecciare. Non fece fatica a raggiungerla, giacché era di gran lunga molto più veloce di lei, che nemmeno in un momento come quello sembrava esser aiutata dalla signora agilità,
poiché barcollava al punto di correre a zig zag. Entrò nel parchetto, dove l’aveva vista sparire, raggiungendo la piccola torretta dello scivolo blu. Si arrampicò salendo giusto un paio di scalini, per vederla lì, davanti a sé, che tremava come una foglia e, raggomitolata su se stessa, piangeva disperatamente. Si levò la giacca, che pur avendo preso l’umidità esterna, dentro era ancora calda ed asciutta, posandogliela sulle spalle. Lei sussultò, rendendosi conto solo in quel momento di non essere sola. Alzò lo sguardo offuscato dalle lacrime sullo sconosciuto, che ora aveva salito gli ultimi gradini, per sedersi accanto a lei, passandole un braccio sulle spalle e tirandola a sé, senza nessuna parola. Se lei avesse avuto bisogno di parlarne, era certo non si sarebbe fatta pregare.

Nello stringerla, comunque, gli giunse al naso un odore di alcool da stendere anche i bevitori più incalliti. La allontanò per guardarla in viso, appoggiandole le mani sulle spalle, stralunato. Da quando la Minamoto rosa beveva? Lei che era sempre così fissata con la salute del corpo?

«Hagumi?» chiese in un misto tra preoccupazione e curiosità, dovette lottare per non ridere quando lei alzò il viso e risultò avere nasino rosso ed occhi lucidi. Sembrava, se possibile, più indifesa del solito, mentre inerme alzava lo sguardo per guardarlo e sorrideva scioccamente.

«Shiki... » biascicò, tuffandosi poi verso di lui e circondandogli la vita con le braccine esili, appoggiando una guancia al suo petto, inebriandosi del suo profumo. «Oggi non puzzi di sigaretta!» esclamò, condendo il tutto con un "Hic" finale, che gli diede la conferma di quanto fosse ubriaca. Lui se la staccò di nuovo di dosso, serrando poi le mani sulle sue spalle per tenerla ferma. «Sta buona e spiegami che ti é successo!». Lei sorrise ancora, non disse nulla, semplicemente allungò il collo, si sporse verso di lui e gli lasciò un casto bacino sulle labbra, prima di ritirarsi e sghignazzare divertita. «Ihihih questo era il mio primo bacio, ladro!».

Shiki era semplicemente rimasto inebetito. «Sarà meglio che ti accompagni a casa, Hagumi. Sei ancora capace di indicarmi la strada per arrivarci?» le domandò alzandosi e tentando di tirarla su a sua volta, ma lei si lasciò cadere come un sacco di patate, facendo il peso morto e scuotendo ripetutamente la testa, dicendo di non volerci tornare. Una venuzza iniziò a pulsare sulla tempia del moro, mentre cercava di far ragionare la rosetta, che sembrava preferire continuare a fare i capricci. «Hagumi, dai ti prego… sei bagnata fradicia, ti prenderai un accidente così… ». La rosetta sorrise arricciando un po' il labbro inferiore, alzò una manina con la quale tirò un lembo dei suoi pantaloni, come per farlo tornare giù. Lui sbuffò ed acconsentì, s’inginocchiò di nuovo al suo fianco e si ritrovò la ragazza completamente spalmata su di sé, le sue braccia attorno al collo e la testolina appoggiata al suo petto.

«Posso venire da te, Shiki? Non voglio tornare a casa.» la voce era seria adesso, non tremava, né singhiozzava a causa di lacrime e forse, pensò Shiki, a causa dell'alcool che sicuramente aveva buttato giù, dato che ne sentiva l'effluvio ovunque ed era certo provenisse da lei, dopotutto c'erano solo loro due lì sopra. «Saranno tutti preoccupati per te… » si ritrovò a pensare, il pensiero ad Himiko e Shin, giungendo poi subito alla conclusione che, in effetti, non era forse la migliore delle idee riportarla a casa in quello stato e poi il suo appartamento era proprio dietro l’angolo. Acconsentì con un cenno del capo, aiutando Hagumi a scendere la scaletta della casa di legno, sollevandola appena arrivati a terra, e portandola a casa sua. Ciò che Hagumi riuscì a notare nonostante la sua mente fosse decisamente brilla, non appena varcò la soglia dell'appartamento di Shiki, fu che era un luogo veramente freddo. Asettico, di una pulizia quasi maniacale, che certamente non proveniva da lui dato quanto fosse pigro e tutto l'arredamento era moderno e in tonalità di bianco e nero. Eppure, nonostante fosse così lontana dai suoi gusti, quella casa le piacque molto, si sentì a suo agio, forse perché in ogni angolo riusciva a notare la presenza di Shiki, come se fosse impregnata in quelle pareti. Anche il profumo che c'era nell'aria era inconfondibile, era il suo. Si chiese come fosse possibile che tutto sapesse o ricordasse lui, quando un'idea balenò nella sua testa: «Shiki, abiti da solo?» chiese incuriosita, mentre il ragazzo toglieva il giubbotto bagnato e lo appoggiava sull'attaccapanni all'ingresso. Certo non si sarebbe aspettata quell'ordine da lui, ma non poté pensare altrimenti, poiché sembrava una casa vuota, come se fosse poco vissuta e nessun altro oltre lui ci mettesse piede da tanto. Lui ebbe un cipiglio, guardandola da tutta la sua altezza, come se le fosse superiore, cosa ormai abituale. Hagumi non ci fece caso. «Ti sorprende la cosa?». Lei ridacchiò un poco, no, in effetti era proprio da lui anche se… un senso di tristezza sembrò avvolgerla, vivere da soli doveva essere anche immensamente triste. Loro a casa erano sempre stati in cinque, tranne l’ultimo periodo in cui Shin si era trasferito, ma anche se ogni tanto le capitavano conflitti in famiglia, non avrebbe mai potuto immaginare la vita senza loro. Stare sempre da sola, consumare i pasti da sola, vivere in un instancabile silenzio, non poter cucinare deliziosi dolcetti per qualcuno e farsi fare i complimenti in modo affettuoso, anche se le uscivano bruciacchiati. No, non avrebbe mai potuto rinunciare al calore di una famiglia.

«Un pochino.» rispose infine alla sua domanda, mentre piegava prima un ginocchio e poi l'altro per sfilarsi le scarpette rosa con movimenti abbastanza fluidi, nonostante la mente decisamente annebbiata. Lasciò le scarpe all'ingresso e, ignorando bellamente le pantofole femminili per ospiti che lui le porse, si addentrò a piedi scalzi, con i lisci e vellutati collant bianchi che avvolgevano i piedini e poco facevano per difenderla dal pavimento gelido. Squittì appena a quel contatto freddo e fu rincuorata nel vedere un divanetto nella sala che era poi un tutt'uno con l'ingresso. Sorrise soddisfatta di questa importante scoperta e corse verso il sofà, gettandovisi sopra senza troppi complimenti. Shiki non ci badò troppo, sapeva che sarebbe stato stupido pretendere un po' di educazione e discrezione da una ragazzina distrutta e mezza brilla ed oltretutto era troppo impegnato a ripensare al contatto caldo che le loro labbra avevano avuto poco prima; un incontro ravvicinato inatteso, quanto piacevole. Assunse un'aria sbalordita e, nello stesso istante in cui faceva quei pensieri, altri presero possesso del suo cervello in modo prepotente: iniziò a chiedersi cosa diavolo fosse tutta quell'accondiscendenza verso i comportamenti liberi di Hagumi, cosa fosse poi quello strano pizzicore avvertito alle guance mentre le lo baciava e, per ultimo ma non ultimo, si fissò sul ricordo del tepore che quelle labbra emanavano. Non sapeva che i vampiri fossero caldi, dopotutto fino ad ora era cacciatore di nome, ma non di fatto, troppo giovane per averne mai cacciato alcuno, non aveva neanche ancora terminato gli studi che lo avrebbero portato ad essere un cacciatore completo, figurarsi quindi se aveva mai avuto modo di toccarne una... baciarla, anzi! Si schiaffò una mano sulla fronte, mentre lei canticchiava soddisfatta, sdraiandosi a pancia in giù sul divano ed affacciandosi verso di lui, braccia posate su un bracciolo e mento abbandonato su di esse: «Shiki-chan!» canticchiò, prima di essere scossa da infantili risatine, mentre arrossiva e si copriva la testa col primo cuscino che riuscì ad acciuffare, tutta imbarazzata per l'ardore dimostrato nel chiamarlo con tanto affetto. Lui rimase basito. E poi capì. «Dio mio… » imprecò mentalmente, mentre la testa iniziò a girargli fortemente e dovette appoggiarsi con la spalla al muro, per non cadere. Lei lo guardò confusa, s’alzò dal divanetto, avvicinandoglisi. «Stai bene Shiki-chan?» domandò, guardandolo dal basso, essendo più piccina di lui, frattanto che appoggiava le mani sul suo petto, il suo corpo che ormai sfiorava quello del moro. «Ti prego Hagumi, se fai così, potrei non rispondere di me… » si morse subito la lingua per ciò che aveva appena detto. Che diavolo gli stava prendendo? Quella era un vampiro!

Lei sbatté le ciglia lunghe, mentre scrutava il suo volto imbarazzato, appoggiandosi quasi a lui ora con tutto il peso del corpo, rimanendo solo sulle punte dei piedi. Sorrise maliziosetta, puntando poi indice e medio della mancina sul suo petto, facendoli camminare in su, alternati in un movimento buffo, fino a raggiungere il suo naso su cui fermò poi le due dita, per circondarlo e tirarlo appena, come si fa con i nasi a patata dei bimbi. Trillò in una risatina, mentre lui tratteneva il respiro e si appuntava mentalmente di ordinare alla gemella rossa di non fare alzare ma più il gomito a sua sorella, perché era pericoloso, così come confermò l'appena vago gonfiore nei suoi pantaloni. «Cazz... ».

Ebbe solo modo di esclamare in modo poco raffinato, prima di alzare una mano e spingerla via, con non troppa forza, ma abbastanza per scollarsela di dosso. Appoggiò poi le mani sulle sue spalle e la guardò dritto negli occhi, tutto serio. «Hagumi, no! Non si fa! Ora ti riaccompagno a casa, maledetta succhiasangue malefica.» a quanto pare, era più turbato del previsto, ancor più di quanto la sua geniale mente riuscisse a rendersene conto. «Ma Shika-chan... AHIO!» fu l'urletto contrariato, mentre lui le afferrava il braccio destro con fermezza ed iniziò a trascinarla via, verso l'ingresso. Non era il caso di rimanere da soli, si stava allegramente fottendo il cervello e per lui ed il suo sommo genio, era assolutamente INACCETTABILE. Lei si portò la mano libera alle labbra, fingendo un singhiozzo, mentre lo guardava sempre con tono malizioso. «Mi trovi così brutta?» gli chiese senza pudore, facendolo voltare nella sua direzione e mollare la presa sul suo braccio. La rosetta prontamente approfittò dell’occasione per levarsi il maglione compreso di canottierina e rimanendo solo con il reggiseno di pizzo rosa. «Anche così sono troppo poco affascinante ai tuoi occhi?». Si passò una mano fra i lunghi capelli, gettandone alcune ciocche all’indietro, mentre con l’altra mano giocava con una ciocca degli stessi. Eh no, quello era veramente troppo anche per lui. Era pur sempre un uomo no? E lei lo stava decisamente provocando.

Tuttavia era troppo intelligente per farsi tentare così. Si voltò altrove con l'ultimo briciolo di senno che gli rimaneva, s’avvicinò al maglioncino di lana rosa che lei aveva gettato per aria e, senza voltarsi a guardarla, glielo porse. «Vestiti.» ordinò gelido, non ammetteva repliche. Era convinto che mostrando indifferenza lei avrebbe cessato quello strano giochino nato da chissà quale parte del suo cervello, che aveva sempre creduto casto, puro, lindo e pinto come neanche il bucato più bianco, ma a quanto pareva si sbagliava, tant'é che se la ritrovò di nuovo sotto il naso. Arrossì violentemente fin dietro le orecchie e non poté trattenersi più. Mollò la maglia sul pavimento, aprendo semplicemente la mano questa cadde al suolo senza indugi, mentre il braccio di lui già si muoveva in direzione del corpicino della diavoletta tentatrice che, si poteva dire, aveva vinto. La afferrò avvolgendole il corpo piccolo e caldo tra le sue braccia, mentre le labbra si congiunsero con quelle di lei passionalmente. Arretrò di qualche passo verso il muro, affondando le mani nei suoi capelli rosa che profumavano di shampoo alla camomilla, e si lasciò scivolare contro la parete contro la quale aveva cozzato nella retromarcia, sedendosi a terra, lei ancora stretta a lui inginocchiata tra le sue gambe, il busto appoggiato sul suo petto e la faccia in fiamme nascosta nei suoi abiti. Per quanto brilla, si rese conto di aver superato il limite con lui, averlo spinto troppo oltre. Eppure... non le importò. Non le importò affatto. Si aggrappò ai suoi vestiti, stringendone i lembi tra le piccole manine pallide, e lasciò che lui iniziasse ad esplorare il suo corpo, ansioso di farla sua, con carezze piene di bramosia che simboleggiavano la distruzione di certi freni inibitori che, tra loro, non avevano vacillato mai, neanche un attimo... o almeno, così era sembrato fino a quel momento.


 

***


 

Uscì dall’appartamento in punta di piedi, chiudendo silenziosamente la porta, ballerine in mano per non fare rumore. Le indossò in fretta e furia e intraprese una corsa in direzione della scuola, totalmente sconvolta da se stessa. Se voleva sorprendersi, con quell’azione ci era riuscita perfettamente. Insomma, non era cosa da tutti passare dal primo bacio alla prima volta nel giro di così poco. Si portò una mano alle labbra, le lacrime pungenti volevano scendere copiose, ma sembravano come bloccate. Si sentiva sporca, si sentiva come una sgualdrina qualunque, ma al contempo stesso non riusciva a pentirsi di quell’azione, se mai in vita sua avesse potuto avvicinarsi al paradiso beh, quella notte sicuramente l’aveva raggiunto. Corse a perdifiato lungo la strada, era molto in anticipo, ma sapeva che anche sua sorella lo era, lo sentiva, perché lei stava correndo esattamente lungo la stessa strada, dalla parte opposta, per raggiungere l'edificio scolastico. Neanche si fossero date appuntamento, s’incontrarono davanti al portone ancora chiuso ed entrambe arrestarono la corsa a pochi metri l'una dall'altra, guardandosi negli occhi completamente sfatte ed affannate.

«Hagu... ti ho... portato... anf... la borsa... ».

Hagumi riuscì a malapena a sorridere con lo stato d'animo in cui versava, ma ci provò comunque. Allungò una mano verso lo zaino, non guardò neanche cosa ci fosse dentro, era già tanto che gliel'aveva preparato, generalmente Himiko non preparava neanche il suo, fu molto grata alla sorella e le sorrise cercando di sembrare convincente, prima che i volti di entrambe si contorcessero dalla tristezza e si tuffassero l'una nelle braccia dell'altra, piangendo all'unisono. In che razza di situazioni si erano andate a cacciare?

Dopotutto, comunque, quando si furono calmate riuscirono persino a trascinarsi lontano da lì, mancava ancora almeno un'ora al suono della campanella, così l'idea di trovare un baretto aperto e fare colazione ad un tavolino per parlare con tranquillità fu la cosa più sensata che riuscirono a pensare. Himiko non chiese nulla su cosa avesse fatto quella notte, perché semplicemente l'aveva capito, aveva sentito le emozioni della sorella, poiché non aveva avuto chiuso occhio a causa dei troppi pensieri che le affollavano la mente. Una domanda però sorse spontanea: «Chi era?».

Hagumi smise di succhiare il frappé alla fragola come stava rumorosamente facendo da qualche minuto e guardò la sorella rossa come un bel pomodoro, mentre allontanava le labbra dalla cannuccia. «Ah, allora hai sentito... » se possibile, arrossì ancora di più. Beh, come avrebbe potuto non avvertire i sentimenti della gemella, se fosse stata sveglia? Sicuramente la sua attenzione era alta perché aspettava un qualsiasi segno che le dicesse dove potesse essersi andata a ficcare, di conseguenza avrebbe dovuto immaginare che tutto ciò che avesse potuto fare, sarebbe stato sentito e bollato da Himiko, troppo sconvolta ed ubriaca per chiudere la propria mente e far si che i propri sentimenti non sgorgassero fino a raggiungere la sorella. Himiko annuì. «Non sei obbligata a parlarne.» le disse solamente, strappando alla rosetta un sorriso di gratitudine. In fin dei conti, alla sua prima volta, neanche lei se l’era sentita di parlarne con Hagumi, l’aveva trovata una cosa troppo imbarazzante, alla fine son pur sempre cose molto intime e personali, anche per una gemella. Sospirò, sorridendole e avvicinandosi un po’, per arrivare a tirarle una gomitatina nelle costole. «Son però contenta di sapere che ti è piaciuto, doveva essere proprio uno stallone… benvenuta nel mondo degli adulti sorellina!» squittì abbracciandola forte, coccolandosela tutta e scompigliandole i capelli.

«Uno sta... CHE?» pigolò guardando la sorella prima che le saltasse addosso per festeggiarla e la osservò in modo così sconvolto che era quasi come se Himiko avesse detto la cosa più indecente del mondo. Arrossì furiosamente fin dietro le orecchie, lasciò che l'altra la spupazzasse un po', perlomeno così facendo poteva nascondere tutto il suo imbarazzo affondando la testa da qualche parte. «... Shiki... » miagolò infine, mentre l'altra la lasciava andare. Non aveva capito bene. «Come?» o almeno sperò di non aver capito bene. «Shi... Shiki... era Shiki... » terminò infine, prima di doversi tuffare con la testolina di lato per evitare un cucchiaino volante diretto in fronte. «Ma sei pazza?!» chiesero all'unisono, la rossa che la guardava scandalizzata, e l'altra che la squadrò di rimando alzandosi dalla sediolina e prendendola tra le mani per alzarla e farsi scudo. «SHIKI?!» ripeté con lo stesso tono Himiko. Cosa diavolo le era saltato in mente di tuffarsi tra le braccia di Shiki, il cugino di colui che aveva assistito all'incidente con Akira del giorno prima? «Beh… non puoi dire che non sia un gran bel pezzo di ragazzo, no?» domandò innocentemente la confettina, nascondendosi meglio dietro la sedia, ben conscia che sarebbe finita sbranata nel giro di pochi istanti. Himiko sembrò fermarsi a riflettere per un istante, poi la guardò come illuminata. «In effetti, come darti torto… » si sedette confusa sulla sua sedia, perdendosi in un silenzio di pochi attimi, al che Hagumi fece capolino dal suo nascondiglio, credendo che il peggio fosse passato, ma proprio in quel momento Himiko riscattò in piedi, picchiando un pugno sul tavolino. «Ma resta sempre SHIKI!» ululò, portandosi le mani nei capelli e ributtandosi a sedere sulla sediolina, riprendendo la degustazione del suo frappé al cioccolato.

«Sì... beh... » la rosa portò la sedia al suo posto, affondandocisi dentro come se volesse scomparire, mentre appiattiva convulsamente una ciocca di capelli sul volto «... lo so chi é... » un cacciatore, niente di più e niente di meno «... ma ero mezza ubriaca... » la bocca di Himiko si spalancò «... anzi diciamo che ero tutta ubriaca... » e qui se possibile il mento della rossa avrebbe toccato terra «... e lui era così... bello... forte... insomma, dai, come facevo a resistere?» tacque, guardandola imbarazzata. Himiko sospirò: per essersi addirittura ubriacata, Hagumi doveva aver preso davvero una brutta batosta alla rivelazione delle origini di Shin, ben più grande di quanto non avesse sospettato. «Come pensi di comportarti, adesso?» chiese preoccupata. «Non so. Sinceramente... credo che farò finta di nulla. Ed immagino che anche lui farà lo stesso, conoscendolo. E tu invece? Tu cosa farai con Natsu?». Himiko abbassò lo sguardo con espressione sofferente. Avrebbe dovuto spiegare alla sorella per quale motivo aveva fatto tutto quel casino proprio sotto gli occhi del biondo, ma non era propriamente una cosa semplice da raccontare.

«Non lo so… » rispose semplicemente, ripensando a quel momento. Le era sembrato di passare dal paradiso all’inferno nel giro di pochi secondi. Ironico. E pensare che lei non l’aveva nemmeno mai calcolato da quel punto di vista, ma sapere che lui ora la disdegnava le faceva così male, quasi più di quanto la distruggesse ciò che era successo con Akira. La cosa comica, si ritrovò a pensare, era che quando scontavano la punizione, l’ultimo giorno della gita, le aveva proprio detto che non gli avrebbe mai potuto fare schifo, ma come dargli torto, non aveva visto la sua vera natura di mostro. Sorrise tristemente, alzando gli occhi su quelli della sorella. «Dopo quello che ho fatto ad Akira, le cose non potranno mai tornare come prima, mi disprezzerà in eterno e non posso biasimarlo. Sarà più importante concentrarsi su come spiegare tutto ad Akira e calmarlo, una volta che si sarà risvegliato come vampiro.». Un anelito affranto quello che sfuggì ad Hagumi, mentre alle sue orecchie giungeva la campanella che segnava l'inizio delle lezioni. «Uhm, dobbiamo sbrigarci!» borbottò senza troppa attenzione, finendo di bere il suo frappé ed alzandosi in piedi. Sistemò la gonna della divisa che Himiko le aveva portato in un sacchetto assieme alla borsa e che aveva indossato nel bagno del bar prima di sedersi a fare colazione, quindi recuperò lo zaino e fece cenno alla sorella di muoversi. Ad Akira ci avrebbero pensato più tardi.

Uscirono di corsa, arrivando davanti al cancello della scuola proprio al finire del trillare della campanella. Svoltarono l’angolo per entrare nel vialetto che conduceva al portone di entrata, ma la sfortuna sembrava non essere proprio dalla loro. Sbatterono entrambe contro due figure fin troppo bene conosciute, cadendo rovinosamente a terra, lo sguardo inebetito in direzione di Shiki e Natsu, che sembravano attenderle. Le due boccheggiarono per un momento, guardandosi poi a vicenda, piuttosto preoccupate. E ora?

«Vi aspettavamo.» prese parola Shiki, lo sguardo fisso sulla confettina. Le porse una mano per aiutarla a rialzarsi.

«Non si era capito… » borbottò Himiko, alzandosi da terra e spolverandosi la divisa, raccogliendo subito la cartella.

Hagumi arrossì come un semaforo, abbassò lo sguardo portandosi i pugnetti sulle ginocchia e non osò più muoversi da quella posizione, almeno non finché Shiki non ritrasse la mano, un'espressione indecifrabile dipinta in volto. Fu Himiko ad aiutare la sorella che, mancandole almeno il doppio della grazia che mancava alla rossa, nel cadere si era anche slogata una caviglia. Come sempre.

«Allora, cosa volete?» chiese Himiko guardandoli mentre spolverava la divisa della sorella con qualche pacchetta che, anche se tornata in piedi, rifiutava ancora di muovere un solo muscolo, guardando ovunque tranne che Shiki. O perlomeno, ci provava, ma quando lo sguardo cadeva su di lui, non poteva fare a meno di farsi assalire da flash-back della notte precedente, il suo corpo nudo su di lei, i suoi baci appassionati, le sue mani calde che s’infilavano ovunque con un vago dispotismo che... oh no, ci stava ricascando! Distolse di nuovo lo sguardo, mentre Himiko tratteneva a stento le risate, cercando di mantenere un certo decoro ed un po' di serietà. Era anche un po' dispiaciuta, se non ci fosse stato quel problemino tra di loro, sarebbe stata davvero una scena divertente a cui assistere. Come aveva detto in passato, Shiki era proprio il suo tipo, e l’aveva dimostrato riuscendo a rubarle il primo bacio e la prima volta, cosa che nessun altro, ne era convinta, sarebbe stato capace di fare, per di più in un tempo record. Peccato che i loro status li dividessero in partenza.

«Perché sei scappata, stamane? Mi sono preoccupato.» domandò Shiki asciutto, segno che era anche un attimo piuttosto irritato. Hagumi provò ad alzare lo sguardo timidamente su di lui, ma era più forte di lei, non ce la faceva proprio. Provò a balbettare una qualche scusa, ma le parole sembravano non volerle uscire. «Ti sei pentita?» insistette lui, avvicinandosi alla confettina e alzandole il mento, per poterla guardare negli occhietti azzurri.

La ragazza scosse appena il capo e, nel farlo, si liberò anche dalla presa di Shiki sul suo viso. Voltò nuovamente lo sguardo altrove, non aveva il coraggio di guardarlo. «Ero ubriaca... » disse semplicemente, rimanendo sul vago. Già, ubriaca. Ciò però non significava si fosse pentita, no?

Natsu, poco dietro le spalle del cugino, sbuffò contrariato. Che si metteva a fare anche tutto il dolce, ora? Incrociò le braccia e si voltò verso Himiko, con un sorrisetto sghembo. «Spero tu sia venuta sazia stamattina, non vorrei ci scappasse un altro incidente solo perché uno ti chiama come pensa che tu sia.» disse aspro, gelido, malvagio, come Himiko non l'aveva mai sentito. Le si strinse il cuore, mentre lo guardava supplichevole, pregandolo già solo con lo sguardo di smetterla, di non infierire.

«È stato un incidente… » pigolò lei, stringendosi nelle spalle, sentendo quella ferita bruciarle come non mai. Lui però prese a ridere, ironico.

«Certo, è un dato di fatto che i vampiri si cibino di esseri umani per incidenti casuali.» ruggì, tornando subito serio, avvicinandosi a lei e strattonandola per il braccio. «Sai che ti dico? Forse Akira, a pensarci bene, aveva proprio ragione. Se ora t’insulto un po’ anch’io, morderai anche me? Eh, Himiko? Farai anche a me quello che hai fatto a lui?».

«LASCIAMI!» urlò lei, cercando di liberarsi dalla presa, mentre una lacrima le scivolava lungo la pallida guancia.

Stavolta fu Hagumi a perdere il controllo, anche se non del tutto. Uno spintone di una violenza inaudita lo fece sbalzare indietro di parecchi metri, prima che capitombolasse a terra di schiena. Si rialzò a sedere, confuso, e trovò la rosa che faceva scudo alla sorella con il suo corpo, gli occhi lampeggiavano dall'azzurro al rosso, in una trasformazione non ancora totale. «Non toccare mia sorella, Natsu. Per quanto siamo potuti essere amici, non te lo perdonerei... MAI!» l'ultima parola fu un ringhio che suonò fin troppo sfalsato per la tonalità di voce acuta e cinguettante della giovane vampira. Himiko quasi tremava dietro di lei, ma poi si calmò, doveva far rinsavire la sorella prima che anche lei commettesse qualche errore madornale. Le appoggiò una mano sulla spalla ed Hagumi tornò immediatamente alle sembianze umane. «Lascia stare. Va tutto bene, tranquilla. Grazie di avermi difesa... ora... ora ci penso io.» annuì decisa, quindi ignorò il suo sguardo preoccupato e si avvicinò con fierezza al biondo, porgendogli una mano. «Alzati e vieni con me, dobbiamo scambiare due parole... CIVILMENTE... » se non si fosse ricordato che erano ancora in una scuola.

Lui rifiutò l’aiuto, si alzò e le fece segno di seguirla. Himiko assentì con un gesto della testa, girandosi un momento in direzione della sorella e sussurrandole qualcosa all’orecchio. «Cerca di chiarire con Shiki, penso ci sia rimasto male.». Le fece l’occhiolino e si avviò dietro al biondo, ben conscia che non avrebbe passato piacevoli momenti, da quell’istante in poi.

 

 

***

 


Aprì il pesante portone bianco che portava al tetto, uscendo su questo, volgendo per un momento lo sguardo al cielo. Notò piacevolmente che era coperto da nuvoloni neri che sembravano portare un potente temporale estivo, perfetto, non poteva chiedere di meglio. Sorrise cinico, salendo alcuni scalini della scaletta di cemento che portava al pianerottolo superiore, quello sopra la cupola dell’entrata, appoggiandosi alla parete, in fare strafottente. Estrasse una sigaretta dal giubbotto e se l’accese, aspirando ampie boccate, evitando di guardare in direzione della rossa che lo osservava da sotto. Himiko lo lasciò fare, ben conscia che farlo calmare un attimo le sarebbe solo stato d’aiuto, ma dopo cinque minuti buoni di silenzio, si decise a prendere parola.

«Ero sincera, quando ho detto che si è trattato di un incidente.» lo sguardo puntato verso di lui, che però sembrava trovare più interessante guardare in direzione del panorama della città.

Dopo qualche istante sorrise amaro, mentre dava un leggero colpetto alla sigaretta per eliminare un po' di cenere. «Vorrei crederti Minamoto. Dico sul serio... » però non ci riusciva, era troppo difficile accettare ciò che era accaduto sotto i suoi occhi... e sotto il suo cuore che fino a pochi secondi prima era scoppiato d'amore per lei. Che razza d’idiota era stato a credere che, nonostante fosse un vampiro, avrebbe potuto essere diversa. «Se vuoi, puoi farlo!» rimbeccò lei, raggiungendolo e portandosi al suo fianco, speranzosa; perché lui non era stato l'unico a provare quei sentimenti il giorno prima, dopotutto; perché quando l'aveva baciato era cosciente di ciò che stava facendo e in quei pochi istanti aveva sperato di aver finalmente trovato qualcuno che potesse diventare importante, importante davvero; perché semplicemente credeva di aver finalmente riempito un vuoto.

Lui scosse la testa, in segno di diniego, quindi con molta semplicità allungò una mano verso di lei e l'appoggiò sul suo petto, ad altezza del cuore. Lei non capì cosa stesse accadendo, non finché il cuore si strinse fino a farle male e gettò il capo indietro urlando al cielo, disperatamente, in un dolore che non trovava fine, né inizio, sembrò semplicemente eterno. Il suo grido fu coperto da un rombo di tuono a seguito di un fulmine che squarciò il cielo, come se anche quest’ultimo volesse disperarsi assieme a lei. Natsu interruppe per un momento quel contatto, mentre lei scivolava contro la parete di cemento, accasciandosi al suolo, mantenendosi il petto dolorante. S’inginocchiò davanti a lei, afferrandole il mento e alzandole il viso verso il suo, per poterla guardare in tutta la sua sofferenza, per vedere la paura nei suoi occhi.

«Sai, probabilmente questo è nulla in confronto a quello che ha provato Akira nel momento in cui ti sei cibata di lui, ma non ti preoccupare, alla fine questo era solo un assaggio.» lei strizzò un attimo gli occhi, mentre cercava di rimettere a fuoco la vista. Un cacciatore, Natsu era un cacciatore, e dal potere che le aveva rivelato probabilmente anche uno dei più potenti. Si ritenne già morta, furioso com’era, non l’avrebbe mai risparmiata.

«Uccidimi pure… conosco le mie colpe e non me le perdonerò mai. Se vuoi liberarmi di questo peso, fallo. Mi faresti solo un favore.» sussurrò a fatica, il fiato corto per il forte dolore al cuore.

«MA NON LO FAREI A ME STESSO!» tuonò lui, cogliendola alla sprovvista, tanto da farla sussultare. «Non a me stesso, Himiko! Io ti amo... dannazione... ti amo!» sbatté le mani sul muro, ai lati della testa della ragazza, e si accasciò in avanti, in lacrime. Di rabbia, di tristezza, di colpa... Colpa, sì! Perché se solo l'avesse fermata anziché rimanere pietrificato, ora Akira sarebbe ancora umano, e lui non avrebbe dovuto crogiolarsi nella dolorosa consapevolezza di essersi innamorato di una donna appartenente alla stirpe dei suoi nemici naturali. Himiko non ebbe, però, il tempo di assaporare a pieno quelle parole, scattò in avanti, con le poche forze che le rimanevano dall’attacco di Natsu, mettendosi in posizione di scudo davanti a lui, giusto in tempo per incassare il colpo che volava in loro direzione e la investì in pieno.

«CHE DIAVOLO STAI FACENDO, HIMIKO?! STAVA PER AMMAZZARTI E LO DIFENDI?» la voce di Misa risuonò, intanto che scavalcava la ramina di protezione del tetto su cui era appollaiata poco prima, e correva in direzione della rossa che, accasciata a terra, si manteneva il fianco. La vista le si annebbiò completamente, mentre perdeva velocemente i sensi. «Brutto idiota di un biondo arrapato, chiama Hagumi!!!» urlò infuriata nera, guardandolo in cagnesco. Natsu era totalmente confuso. La velocità di quelle scene si erano susseguite troppo in fretta per lui.

«Misa? Sei anche tu un vam… ». «MUOVITI HO DETTO!».

La guardò incredulo: era un vampiro, gli stava dando degli ordini... e se l'era anche portata a letto. Ma dove diavolo aveva ficcato il suo istinto da cacciatore, il suo sesto senso? E poi possibile che fosse ancora arrabbiata con lui? Dall'espressione disgustata avrebbe detto di sì. Si alzò ancora un po' stordito e guardò il corpo di Himiko tra le braccia dell'amica, forse ancora più pallida del solito, il che era un'impresa non indifferente. Rantolava nonostante fosse priva di sensi, gemeva, gli abiti sul fianco completamente inceneriti, e la pelle al di sotto di questi visibilmente ustionata. Ma era un vampiro, avrebbe dovuto rimarginarsi tutto subito, no?

Poi guardò l'espressione disperata e totalmente colpevole di Misa e capì che il potere vampirico della ragazza era forse letale se colpiva suoi simili. Il perché non riuscì a spiegarselo, ma il cuore s’appesantì d'angoscia: Himiko stava rischiando di morire. Fu con la testa immersa nella più totale confusione e in un cieco terrore, che si allontanò dal tetto, correndo a perdifiato alla ricerca della gemella rosa, perché nonostante tutto, nonostante fosse sua nemica, una vampira ed avesse persino aggredito un essere umano sotto i suoi occhi, non poteva fare a meno di pensare che non lo disgustava per niente, e che anzi ai suoi occhi, seppure fosse contrario a questa cosa, continuava ad apparire come la creatura più bella che avesse mai visto, quella di cui inesorabilmente s’era innamorato, quella che aveva provato ad odiare... invano.

 

 ***

 
«Ti sei pentita?» domandò nuovamente, approfittando ora del fatto di essere soli e che lei non potesse sfuggirgli. La rosetta, alzando finalmente lo sguardo dalle ballerine, lo guardò ora confusa.
«Te l’ho detto, ero ubriaca, e dubito che la cosa ti sia sfuggita.». Lui scosse la testa, avvicinandosi di un passo a lei, arrivando a stare a pochi centimetri dalla sua figura.
«Questo non risponde alla mia domanda e se pensi che ti chiederò scusa per aver approfittato del fatto che non eri in te, sbagli di grosso.». Hagumi lo guardò un po’ offesa, di certo non era ciò che si definitiva un gentiluomo. Lui sembrò cogliere i suoi pensieri da quello sguardo. «Senti, ti sei spogliata davanti a me, hai fatto di tutto per provocarmi e sono pur sempre un uomo. Per me puoi benissimo rifarlo che la cosa non mi offende, ma se ferisce il tuo candido animo, la prossima volta evita di girare ubriaca, la cosa non mi tocca.».

Lei spalancò la boccuccia, scandalizzata. «Sei... sei... osceno!» sputò fuori con rabbia, cercando di dargli un pugnetto sul petto, ma lui fu più veloce e le fermò il polso, con nonchalance. «Eh no, miss ingenuità. Sei tu quella che mi strusciava addosso due tonde protuberanze. Io ho solo accettato l'invito.» rettificò secco, prima di aggiungere uno sbuffatissimo «Che seccatura!» e mollarle il braccio, già stanco di parlare. Lei si massaggiò il polso tenendo lo sguardo basso, seriamente infastidita. La stava trattando come la prima sgualdrina che si era infilata nel suo letto e lei che per un attimo si era persino illusa che c'era stato qualcosa di più di una scopata, tra loro. Ovviamente aveva toppato alla grande. «Allora... » riprese lui, dopo aver guardato un po' in giro per assicurarsi che nessuno passasse, ed essere tornato su di lei spingendola un paio di volte verso il sottoscala, facendola indietreggiare tanto che ci mise poco a cozzare contro il muro alle sue spalle. «Allora che?» incalzò, nascondendo maldestramente l'ansia per ciò che stava facendo. Erano nel sottoscala della rampa che accedeva alle cantine della scuola, qualsiasi cosa fosse successa, nessuno avrebbe visto o sentito nulla provenire da laggiù, era impossibile. «Allora, ti sei pentita?» chiese ulteriormente, appoggiando un braccio al muro, sopra la testa di lei, e di seguito la fronte su questo, piegandosi in avanti e schiacciandola contro la parete, sovrastandola in tutta la sua altezza, tanto che lei dovette reclinare il capo indietro per quel che poté pur di vederlo in viso, scrutare nei suoi occhi e capire dove volesse arrivare. «Non sono pentita.» rispose infine, arrendendosi. L'aveva praticamente messa alle strette e non solo in senso metaforico. Lui non si scompose minimamente. Alzò l'altra mano che teneva abbandonata lungo il fianco e la portò su una guancia di lei, ad accarezzarla. Un tocco freddo, pensò Hagumi, eppure gentile. «Sai quando Natsu mi ha raccontato di cosa avesse fatto tua sorella sono rimasto scosso. Mi sono chiesto se fosse per quello che eri distrutta e ubriaca... ma sono giunto alla conclusione che non poteva essere solo per quello, sei sensibile, ma non abbastanza per distruggerti solo perché tua sorella ha fatto ciò che, dopotutto, tutti i vampiri fanno. Poi mi sono ricordato che non volevi assolutamente tornare a casa e di come poi ti sia appiccicata a me nonostante non avessimo mai avuto contatti... e non eri abbastanza ubriaca per questo, Hagumi, perché eri ancora lucida da capire dov'eri, cosa facevi, e addirittura che la casa era troppo vuota e asettica perché io abitassi con qualcuno... » lei ascoltò attentamente quasi rapita da quel discorso. Come aveva fatto a capire tutto ciò senza che lei gli dicesse niente? Forse non era un caso che tutti lo ritenessero un genio, dopotutto. «Vedi, Hagumi, non é un segreto ciò che tuo fratello prova per te.» lei impallidì, mentre gli occhi si riempivano di lacrime quasi con violenza «... e non é un mistero ciò che tu provi per lui, un affetto fraterno morboso, non amore. Allora semplicemente ho pensato che per aggrapparti ad un altro uomo con tutta te stessa, stessi cercando di scacciare Shin dalla tua testa.» terminò mentre le passava la mano tra i lunghi capelli rosa, appoggiando poi la fronte alla sua «È successo qualcosa con Shin, Hagu?» chiese infine, mentre la vista della ragazza si appannava ed in preda ad un dolore troppo forte da reprimere scoppiava in lacrime, abbandonandosi tra le sue braccia.

«Suppongo che questo risponda alla mia domanda… » disse, lasciando poi che le sue braccia la circondassero e la stringessero a sé. «Sfogati, dopo ti sentirai meglio.» concluse, lasciando che Hagumi piangesse tutte le sue lacrime e buttasse fuori tutto il suo dolore, tutta la sua frustrazione di quello che aveva passato. Non appena la rosetta sembrò calmarsi un po’, portò una mano alla sua fronte, alzandole la frangetta, per guardarla meglio negli occhietti azzurri, un sorriso sincero dipinse il suo volto, mentre notava che tutta l’oscurità che aveva visto in quelle due pozze d’acqua cristallina sembrava essersi dileguata. Ora appariva decisamente più serena. Si abbassò su di lei per posarle un bacio sulla fronte, come a volerla ridestare dallo stato di trance in cui era caduta e, non appena lei alzò lo sguardo su di lui, portò le mani sul suo viso, dandole un leggero bacio a fior di labbra.

«Se hai bisogno di un uomo che continui a fartelo dimenticare, ricordati che son sempre disponibile.» la punzecchiò un attimo, nella speranza di farla reagire.

Lei abbozzò un sorriso, celando la sottile inquietudine che provava nel pensare che non doveva andare così, che non potevano avvicinarsi a quel modo, che erano troppo diversi e sarebbe stato troppo difficile un giorno, allo scoppio di una nuova ipotetica guerra, separarsi e disporsi su due fronti nemici. Strizzò le palpebre e si aggrappò di nuovo a lui, come il giorno precedente, quindi riaprì gli occhi con una decisione rinnovata nello sguardo. Alzò una mano verso il suo viso e lo accarezzò ricambiando il dolce gesto di lui pochi attimi prima, quindi lo spinse oltre, portando la mano sui lucenti capelli neri, e poi ancora verso il nastro che legava quei fili d'ebano in quel buffo codino, che a lei tanto piaceva, ma ora voleva vederlo al naturale. Lo sfilò e lasciò che la lunga chioma cadesse attorno al suo bel volto ed il cuore saltò un battito al ricordo della notte precedente, ancora una volta: lui aveva sciolto i capelli anche in quel frangente. Un brivido attraversò la sua schiena, prima di perdere le dita sottili tra i suoi capelli, giocare appena con quelle ciocche ed infine far scivolare la mano dietro la sua nuca, per spingerlo verso di sé. Fu un bacio piuttosto casto rispetto agli altri innumerevoli che si erano scambiati durante la notte, neanche il tempo alle loro lingue di incontrarsi che si separarono, per guardarsi. Ed il cuore correva, ora, mentre incredula fissava i suoi occhi di pece ed una strana consapevolezza s’insinuò in lei, nella sua mente ed in ogni fibra del suo corpo: Shiki le piaceva così tanto che tutto il resto aveva improvvisamente perso d’importanza.

«HAGUMI!» la voce di Natsu rimbombò nelle loro orecchie, facendo schizzare la rosetta lontana dal moro, totalmente imbarazzata. Accidenti a lui, ma sempre nei momenti sbagliati doveva arrivare? Notò un tono piuttosto preoccupato nella sua voce che la richiamava interrottamente, sembrava piuttosto scosso. Shiki uscì dal loro rifugio, segnalandogli la loro posizione.

«Che è successo?» domandò, avendo notato probabilmente anche lui lo stato di suo cugino. Natsu li raggiunse, poggiando le mani sulle ginocchia, piegato a riprendere fiato per un paio di attimi, Hagumi nel frattempo era uscita anche lei dal sottoscala e ora gli stava di fronte. Il biondo alzò lo sguardo su di lei, per poi afferrarla per il braccio ed iniziare a trascinarla con lui. «È Himiko! Devi venire con me!».

 
***

 
La mano tremò appena mentre l'indice si allungava verso quel piccolo tasto che tanto lo spaventava. Deglutì con parecchio timore, prima di trarre un lungo sospiro e voltarsi verso Shiki, che lo guardava come se fosse un povero fesso.

«Scusa, io non ce la faccio. Fallo tu!».
Shiki scosse il capo, rassegnato all'idea che suo cugino fosse troppo stupido, quindi lo spostò con una manata e pigiò quel dannatissimo tasto del citofono di villa Minamoto.
«E pensare che sei tu ad aver tanto insistito per venire fino a qui! Secondo me ti piace stare in pasto ai leoni!» borbottò, distratto quasi subito da strani rumori provenienti dall’interno dell’abitazione. Una bella signora, decisamente ancora troppo giovane, aprì loro la porta, tutta scomposta, mentre poterono intravedere il corridoio con diversi mobiletti rovesciati a terra. Se quella era la madre delle gemelle, come venne loro naturale pensare, cominciarono a capire come mai Hagumi fosse tanto imbranata. Ai guardò i due giovanotti con un notevole apprezzamento, sorridendo loro melliflua, cercando di darsi un contegno.
«Posso aiutarvi cari?» domandò cordialmente. Shiki annuì, mentre il codino nero sembrò ipnotizzare la donna, come se non fosse ovvio per quale motivo fossero lì.
«Ah, immagino voi siate qui per le mie bambine! Prego accomodatevi!» li invitò ad entrare cordialmente e li indirizzò in salotto, scomparendo come suo solito per qualche minuto in cucina e ricomparendo con un vassoio portante due cioccolate calde ed un piatto di biscottini che sembravano appena sfornati. «Prego, servitevi!» li incitò cordiale, il suo sguardo saettò alla porta del salotto, che dava sul corridoio, dove vide la figura della figlia confetto passare. «Ah Hagumi, ci sono i vostri amici!» la richiamò, gli occhi due cuoricini battenti, mentre faceva strani gesti per indicare alla ragazza quanto apprezzasse l’aspetto e la presenza dei due giovanotti.
Hagumi, che stava ciabattando dalla stanzetta adibita a biblioteca, dove lei potesse divorare spaventosi tomi di medicina, alle scale per salire in camera da sua sorella, tornò sui suoi passi e si affacciò oltre lo stipite della porta del salotto, sbiancando alla vista dei due. «Dio mio... » seppe solo dire, prima di connettere il cervello che lavorò freneticamente. Indossava un pigiamone-scafandro rosa, pantofole a forma di fragola ai piedi, occhiali inforcati sul naso e capelli spettinati in due lunghe treccione... e Shiki era seduto in salotto a bere cioccolata calda con sua madre. «EEEEEK!» fu tutto ciò che riuscì a dire prima di catapultarsi su per le scale, inciampando anche due o tre volte, e scomparire dal pian terreno. I due cugini osservarono il punto in cui la rosetta era scomparsa chiedendosi se fosse impazzita, mentre Ai ridacchiava nervosamente «Ohohoh... non fateci caso, suvvia!» meglio cambiare discorso «Com'è che vi chiamate?».

Natsu si grattò la chioma bionda, presentandosi alla donna, così come fece Shiki. Lei li guardò estasiata. «Natsu, Shiki… ahhh quali bei nomi per due giovanotti così affascinanti.» si portò le mani alle guance, urlettando tutta felice, mentre i due si guardarono fra loro sconvolti. Erano forse finiti in un manicomio? «Comunque… » sembrò riprendersi la donna «Potete trovare le mie bambine al piano di sopra, non è il caso che vi tratteniate ancora con una donna anziana come me… potrei non rispondere di me stessa! Uhuh!!!» ridacchiò, congedandosi dai due, indicando loro la via da seguire. Un brivido percosse la schiena di Natsu, mentre sbiancava visibilmente, attaccandosi alla manica del giubbotto del cugino, decisamente spaventato. Frattanto, al piano di sopra, Himiko guardò divertita l’uragano Hagumi che irrompeva nella piccola lobby fra le loro stanze, dove tenevano scarpe e cappotti, passando nella porta sinistra che conduceva alla sua stanza.
«Ehi Hagu, che succede?» domandò notando la sorella in preda ad una crisi isterica, mentre sporgendosi leggermente dal letto, poteva notare vestiti volare in ogni dove.
«Himiko!» squittì sorpresa di trovare la sorella a letto... ah già, ma lei era a letto da qualche giorno, no? «Himi, devi sbrigarti, assolutamente, alzati, muoviti, lavati, vestiti, renditi presentabile per l'amor del cielo, stanno arrivando!!!». «Chi sta arrivando?» chiese confusa la rossa, mentre la porta della lobby si spalancò, rivelando due figure ben conosciute. Sbiancò come solo pochi attimi prima aveva fatto la gemella, mentre Natsu e Shiki alzavano una mano in cenno di saluto. Si rifugiò con la testa sotto il piumone, non dopo aver lanciato il libro che stava leggendo per passare il tempo verso i due, il quale attraversò senza affanni la porta e la oltrepassò entrando nella stanza di Hagumi, inchiodandosi sulla sua testa, facendola cadere lacrimante al suolo «Ahio... » pigolò la rosa, mentre Himiko urlava, anche questo come poco prima aveva fatto la sorella «EEEK! HAGU SEI UNA... MALEDETTAAA, PERCHÉ NON ME L'HAI DETTO?» piagnucolava da sotto alle coperte, mentre l'altra piagnucolava all'unisono, spalmata sul parquet di legno della sua stanza. Shiki e Natsu stavano seriamente prendendo in considerazione l'idea di fuggire.

«Se è un problema, la nostra presenza, ce ne andiamo… » bofonchiò il moro con un cipiglio, mentre osservava le due nella loro scenata esagerata. Himiko uscì da sotto il piumone, ora i capelli scompigliati, mentre prese a lanciare tutti i manga che aveva sul letto in direzione degli indesiderati nella lobby.
«Tornate fra dieci minuti!!!!» imprecò, non dando ai due neanche il tempo di replicare, che furono sbattuti all’esterno della stanza, che Hagumi si affrettò a chiudere, con l’arrivo di due cuscini di proporzioni giganti diretti sulle loro facce.
«E questa sarebbe una che sta male?» domandò al cugino, cuscino che aveva intercettato in mano, mentre quest’ultimo era intento a massaggiarsi la faccia, non avendo avuto i riflessi di Shiki.
«Ricordami di non fare mai più una visita a sorpresa a casa di una ragazza… » si appuntò mentalmente Natsu, mentre informava anche il moro della sua saggia idea.
Si appoggiarono al muro del corridoio di fronte alla porta e rimasero in silenzio per un po', lasciandosi contagiare dal buon'umore delle due gemelle che, all'interno della lobby, urlacchiavano sul più e sul meno, principalmente riguardo a cosa sarebbe stato più adeguato mettersi. Hagumi, poi, era completamente su di giri, mentre Himiko, più calma, ma entusiasta comunque, non aveva fatto altro che pensare a Natsu e a cosa le avesse detto poco prima che lei perdesse i sensi. "Io ti amo, Himiko!". «Aaaawwww... » mugolò, sentendosi avvampare, nascondendo il visetto nelle mutandine pulite che doveva mettere. Hagumi si fermò ad osservarla, con il reggiseno per metà indossato, l’aria assai preoccupata.
«Sembri una perversa… » le fece notare, al che Himiko arrossì fino alla punta delle orecchie, diventando un tutt’uno con i suoi capelli.
«Non dire sciocchezze!» balbettò, indossando il capo ed il resto della biancheria intima, affrettandosi a mettere anche la gonnellina a pieghe, seguita da un paio di calzini neri lunghi sopra al ginocchio ed una canottierina dello stesso colore, ma ovviamente con una parte della fantasia leopardata. Fece una linguaccia alla rosetta e si sedette davanti allo specchio da trucco, sistemando i capelli con una fascia della sua fantasia preferita e iniziando la fase di make up.
Nel frattempo in corridoio i due iniziavano seriamente a stufarsi. «Dieci minuti eh?» bofonchiò Natsu accovacciandosi a terra, pronto a far fronte ad un'ancora molto lunga attesa. Shiki sospirò, fece per tirare fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca dei jeans neri, ma si bloccò ricordandosi che era in casa altrui. Che seccatura, ora iniziava ad innervosirsi. Pregò per trovare qualcosa per passare il tempo e, guarda caso, le sue preghiere furono esaudite in quattro e quattr'otto, quando un rumore di passi si udì dalle scale alla loro sinistra e dopo poco sbucò la testa di Shinichi, ancora a casa dei genitori per la convalescenza, indebolito, doveva ancora riprendersi del tutto, anche se ormai era più un fantasma in casa e lui ed Hagumi si evitavano accuratamente, o meglio lei evitava lui. Shin stava salendo al primo piano dal garage, dov'era assieme a Kojiro per sistemare una delle macchine che faceva i capricci da un po', e rimase piuttosto sorpreso nel ritrovarsi i due cugini sotto il naso, in cima alle scale.
«E voi due di grazia, si può sapere che diavolo ci fate qui?» domandò accigliato, portandosi le mani sui fianchi. «Ah ho capito, siete così incompetenti come cacciatori che dovete andare diretti nella tana del nemico per stanarlo?».
Salì gli ultimi scalini fino a raggiungerli e si piazzò davanti a loro, l’aria di sfida. Per suo gusto, con quella mossa, avevano decisamente superato il limite.
«Andatevene, prima che vi butti fuori io a calci!» li intimò, indicando loro la via da seguire. I due cugini si guardarono l’un l’altro, tornando poi con lo sguardo sul bruno e scoppiarono in una fragorosa risata.
«AHAHAHAH se questa doveva essere una virile minaccia non ci sei proprio riuscito, Shinichiuccio!» ruggì Natsu, che accovacciato a terra, si manteneva la pancia dal ridere. Il poveretto, infatti, oltre ad essere ricoperto di grasso dalla punta dei piedi a quelli dei capelli, indossava un tenero grembiule rosa con i fiocchettini, probabilmente per proteggere i vestiti dallo sporco durante il lavoro.
«Non hai trovato nulla di più grazioso da mettere? Non sapevo che arrivassi perfino a chiedere in prestito i vestiti ad Hagumi! Sembri proprio la rispettabile sorella maggiore!» lo schernì Shiki, sapendo di colpirlo nel suo punto debole.

Il ragazzo osservò il proprio vestiario, quindi arrossì un po', balbettando qualcosa d’insensato e se lo sfilò con un leggero imbarazzo «Questo era... » lasciò cadere la frase, non sapendo bene cosa inventarsi, e ringraziò mentalmente Himiko che in quell'istante uscì dalla stanza, dopo aver sentito il vociare e le risate folli di Natsu. «Che succede?» s’intrufolò anche Hagumi, affacciandosi allungando il collo da dietro la sorella, vestita per metà, gonnona rosa al ginocchio, calze e ballerine infilate, mentre il busto era da un lato coperto, con una manica infilata e l'altra ancora no, facendo scorgere così pancia e un po' della base inferiore del reggiseno, giusto un po' di pizzo che però fece arretrare Shin di qualche passo, sembrava addirittura sconvolto. Shiki aggrottò la fronte e si avvicinò alla confettina, quasi indignato «Ti sembra il modo di presentarti, Hagu?» borbottò, mentre le dava un colpettino sulla fronte con un dito, facendola indietreggiare. «Ahio!» protestò lei, ma fu troppo tardi, perché lui si sporse in avanti, sorrise beffardo ed afferrò il pomello della porta, richiudendola dall'esterno. Lei rimase a fissare l'anta un po' contrariata, prima di ridacchiare ed arrossire, nel piegarsi in avanti era così vicino che quasi l'aveva baciata. Lanciò un urletto soddisfatto e riprese a vestirsi, mentre all'esterno Natsu ridacchiava guardando Shiki «Che crudeltà mandarla via così, eh!» disse, mentre si alzava in piedi, era ancora accucciato dalle risate di poco prima. Shiki fece spallucce e si voltò verso gli altri, Himiko si stava avvicinando al fratello e una volta raggiunto gli appoggiò una mano su una guancia, sfregandola per mandar via una macchiolina di grasso, fu un gesto molto affettuoso, al quale Shin sorrise grato ed infinitamente dolce, chiedendosi da dove nascesse quello slancio di bene da parte di Himiko, in genere era Hagumi a riservare certe accortezze verso di lui. Sospirò, raggiungendo la conclusione che probabilmente doveva fargli proprio pena, anche se non si sentiva disperato al punto di dover attirare la sua pietà.
«Sei un disastro, vatti a cambiare! Non vorrai che Hagu ti veda conciato così!» gli sorrise dolcemente, spedendolo in camera sua. Lui però sembrava incerto sul da farsi, certo, da una parte una doccia non gli sarebbe dispiaciuta, ma dall’altra non voleva proprio lasciare le gemelle da sole in compagnia di quei due.

Fu proprio durante il suo dissidio interiore, che una voce in fondo al corridoio spezzò il filo dei suoi pensieri, e fece voltare tutti in quella direzione, con sorpresa.
«Himiko belllaaaa, guarda chi é venuto a trovartiiii!» fu la voce cinguettante di Okura ed Himiko non fece in tempo ad arretrare neanche di qualche passo, che si ritrovò avvinghiata dai tentacoli del biondo capo degli anziani, soffocata a morte dalle sue braccia che le premevano sul visetto. Mosse le braccia convulsamente implorando pietà con qualche gemito, ma fu Natsu a salvarla dal polipo sconosciuto, afferrandogli un polso e strattonandolo via da lei. «Chi diavolo sei?» sbottò stizzito, mentre la ragazza tornava ad un colorito normale, appoggiandosi alla spalla di Shin nel fare profondi respiri per riprendere fiato. Okura sorrise al biondo, mentre Shiki e Shin lo squadravano, immobili e diffidenti.
«Come chi sono? Io sono lo zio Okura!» sorrise mellifluo, congiungendo le mani all’altezza del viso, sprizzando amore da tutti i pori, per poi strizzare le guanciotte di Natsu come si fa con i bimbi. «Quanto sei caaariiiino!».
«Non è vostro zio, vero?» domandò Shiki, sicuro della cosa, al bruno, che scosse la testa piuttosto allarmato. «Mai visto in vita mia… ». Fu però Himiko a prendere parola, liberando il povero Natsu dalla presa dello stravagante uomo.
«Okura… ». «ZIO OKURA!» squittì lui, scuotendo la testa ripetutamente, offeso dal fatto che la ragazza si ostinava a non chiamarlo come di dovere. La rossa però non ci fece caso.
«Sì, sì, come ti pare… cosa ti porta fino a qui?» domandò seriamente curiosa e piuttosto irrequieta, ben conscia che era sicuramente lì per portare notizie riguardanti il risveglio di Akira.
«Uhm? Cosa mi porta? Beh, ovviamente sono venuto a trovare la mia splendida nipotina e... » non terminò di parlare, che sorrise soffiando un "Ecco l'altra", mentre la porta della lobby si apriva e ne usciva una Hagumi finalmente presentabile. «Che sono tutti questi schiamazzi? Cosa mi son per... oh?» anche lei si bloccò ed inclinò la testolina verso l'uomo, guardandolo sorpresa. «Chi... ?». «CHE CARINAAAAAAAAAA!» ed Okura si avventò anche verso la rosetta, che chiuse gli occhi spaventata e portò le braccia davanti al corpo in difesa, spaventata. Quando li riaprì però lui non le stava addosso, ma era spalmato al suolo, Shin con un piede sulla sua schiena e Shiki con un piede sulla sua testa, dopo averlo acchiappato e riempito di pugni. «Ohibò... » disse il biondo anziano, piagnucolando appena.

«Che scena patetica… » una voce conosciuta, che fece sussultare la rossa, fece capolino alle orecchie del gruppetto, frattanto che si avvicinava e si fermava proprio davanti a lei, guardandola con un ghigno sadico. «Ciao Himiko.».
Lei indietreggiò giusto qualche passo, boccheggiando appena, mentre la figura di Akira, ora così pallida, la guardava divertito. Okura si alzò, spolverandosi gli abiti con aria offesa, portandosi poi di fianco al moro e appoggiandogli una mano sulla spalla, l’aria ora seria. «Dovrai tenerlo sotto la tua ala protettiva, Himiko. Kojiro ha già approvato il fatto che vivrà sotto il vostro stesso tetto d’ora in avanti, non può permetterti di lasciarlo troppo a lungo da solo, ora è come un bambino, affamato ed incontrollabile. Ovviamente non è possibile per lui intraprendere da subito una dieta vegetariana, sarà quindi tuo compito offrirti tu come suo pasto, per aiutarlo nella crescita e a convertirsi come tutti noi. ».
«Dai zio, così mi fai sembrare un marmocchio… » sorrise subdolamente in direzione dell’anziano, chiaramente in un palese gesto di arruffianarselo.
Himiko sentì le proprie gambe tremare e cedere sotto il suo stesso peso, se non cadde in ginocchio fu solo grazie a Natsu che, affianco a lei, la prese al volo, sorreggendola. Fare da pasto? Significava concedergli il suo sangue come e quando voleva, ad ogni suo capriccio? E poi... mostrargli tutto di sé, ogni suo tribolamento, ogni minimo e più recondito pensiero? «MAI!» non fu lei a parlare, fu Natsu che aveva prontamente formulato i suoi stessi pensieri. «Himiko non farà da pasto a nessuno. È stato un incidente!» ammise anche lui, mentre aiutava la ragazza a tornare dritta. La rossa era sconvolta, oltre a quell’atroce sorpresa, ora Natsu sembrava crederle ed essere dalla sua parte. Com'era possibile? Come aveva fatto a cambiare opinione in così pochi giorni? L'aveva persino TORTURATA! E ora... ? Non sospettava minimamente, ingenua, ciò che il ragazzo aveva realizzato di provare per lei, quando era sull'orlo di perderla. Shiki sorrise appena alle parole del cugino ed annuì soddisfatto di tanto ardore, mentre Hagumi e Shin continuavano a domandarsi chi diavolo fosse quel tizio e come facesse Himiko a conoscerlo.

Okura sorrise amaro, scuotendo la testa in segno di diniego.
«Mi dispiace ragazzi, questa è la regola.» fu allora la rosetta a prendere parola, che in un lampo momentaneo sembrava aver iniziato a legare il filo del discorso.
«Okura… il capo degli anziani giusto?» pigolò in sua direzione, al che l’uomo la guardò estasiato, annuendo energicamente, gli occhi illuminati di gioia. Hagumi sapeva chi era, cosa poteva chiedere di meglio? Ma se in un attimo si ritrovò alle stelle, nel giro di un istante finì nelle stalle. «Allora le regole sei tu che le detti e puoi cambiarle, no? Puoi evitare a mia sorella questo tormento, vero?».
E lo chiese con una vocina così tenera che fu seriamente tentato di farlo. Ma non poteva, sarebbe andato contro ogni suo principio. «Tua sorella... » iniziò, avvicinandosi a lei e prendendole una manina tra le sue, accarezzandola lentamente con le dita affusolate e un po' fredde «... deve scontare la sua pena. È severamente vietato creare nuovi eterni, é giusto che continuiamo ad esistere solo tramite procreazione. Dovrebbe comunque scontare una pena e, credimi, questa é la meno brutta che possa accaderle. Ha creato un vampiro ed é giusto che ne paghi le conseguenze.» la voce vellutata aveva un tono quasi dolce le parlare, nonostante l'espressione perennemente enigmatica stampata sul suo volto. Shiki non poté fare a meno di pensare che sembrava quasi ci tenesse alle gemelle come fossero molto preziose per lui.

«La meno terribile?» domandò Shin, totalmente incredulo, avvicinandosi all’uomo e mettendosi fra lui ed Hagumi. «OK, lei avrà sbagliato, ma è stato un incidente no? Non l’avevate appurato? E quali sarebbero queste cosa così brutte?» Hagumi però lo zittì, tornando a gestire lei la situazione. Sicuramente aggredendolo non avrebbero risolto nulla, era meglio proseguire con più tatto.
«Ma signor Okura… » squittì con occhioni malinconici, cercando nuovamente la mano dell’uomo e stringendola forte. «Sei tu sei il capo, il potente, tu decidi queste cose. Che problema dovrebbe nascere se tu decreterai che è stato un incidente e che non debba scontare nessuna pena? Staranno  tutti al tuo volere, giusto?».
«Basta così, Hagu. Ha ragione lui… » fu Himiko a richiamarla dalla sviolinata, mentre l’espressione di Akira si fece se possibile ancora più subdola.
Hagumi abbassò le manine, sconsolata, mentre Shin le appoggiava una mano sulla spalla per rincuorarla, tuttavia lei si allontanò, non si sentiva ancora di avere contatti con lui, di nessun genere. Akira sorrise trionfante e si avvicinò alla rossa, sovrastandola dalla sua altezza e passandole le mani attorno ai fianchi, la lingua che si leccava lentamente le labbra, bramosa di assaggiare quel nettare di cui già sentiva il profumo. «Posso?» chiese scostandole i capelli con una mano e carezzandole lentamente il collo, facendola rabbrividire. Lei lanciò uno sguardo quasi d'aiuto verso Okura, che però si voltò a guardare altrove, impotente. Non poteva fare nulla per aiutarla e ancora una volta la feriva. Ancora una volta. Akira si piegò su di lei, gustando il suo collo con la punta della lingua, mentre gli altri erano pietrificati a quella visione quasi oscena, RACCAPRICCIANTE.
Natsu, rimasto fino a quel momento impotente a guardare la scena, non poté più frenarsi. Non gli importava di quello a cui sarebbe andato incontro, anziani, non anziani, potere e non, e le loro stupide leggi. Perché i vampiri dovevano essere tanto sadici verso i loro simili? Perché valutavano solo l’errore di Himiko e non le motivazioni di questo? Partì in quarta in direzione del moro, piantandogli un pugno in pieno viso, gesto che ormai agoniava da quando l’aveva conosciuto e l’aveva visto gironzolare intorno alla sua Himiko. Poiché già allora qualcosa dentro di lui palpitava per lei e lo rendeva consapevole del fatto che non avrebbe mai voluto lasciarla nelle mani di un altro uomo.
«Non ci provare nemmeno!» esordì, portandosi davanti alla rossa mentre Akira, ora a terra, si ripuliva il rivolo di sangue che usciva dal labbro spaccato, leccandolo con gusto. Si voltò allora in direzione di Himiko, prendendola per le spalle e scuotendola. «Himi-chan, ti prego, non devi farlo se non vuoi, non devi. Ci deve essere un’altra soluzione, ti prego.» la supplicò, mentre lei, passiva, teneva lo sguardo puntato ai suoi piedi, trattenendo le lacrime.
«Non l’hai capito eh, Natsu? Sei tu quello che ha perso, non io! Lei ha già scelto!» ridacchiò Akira ipocritamente, ricordando la discussione che avevano avuto poco prima della sua creazione, mentre la ferita già si rimarginava e si alzava senza nessuno sforzo da terra, l’aria vittoriosa.
Fu allora che Himiko alzò il viso e si perse per alcuni attimi in quei suoi limpidi e stupendi occhi del colore del cielo, che tanto la facevano sentire viva in quel momento e le portavano una nuova speranza. Si alzò in punta di piedi e circondò il collo del ragazzo, unendo le labbra alle sue in un casto e fugace bacio, che le sembrò però così intenso, così paradisiaco, con quel sapore agrodolce che sembrava accompagnarla in un mondo lontano, stordendola. Fu un attimo che assaporò appieno, come a volerne imprimere il ricordo, ma dovette staccarsi quasi subito da lui. Prese il suo viso fra le mani, spostandogli poi una ciocca di capelli ribelli dal volto, sorridendogli.
«Andrà tutto bene, non ti preoccupare… » era una bugia colossale, era vero, ma in quel momento si ritrovò a pensare che agire come la “forte” della situazione fosse probabilmente la soluzione migliore per non creare ulteriori problemi a se stessa e a tutti i presenti.
Natsu la guardò supplichevole, non poteva arrendersi così, ma prima che riuscisse a dire altro, Akira l'aveva già agguantata per un braccio e senza troppi riguardi la stava trascinando via. Via da lui...

 

***

 
Il corridoio era rimasto semivuoto, se non per la presenza di Hagumi e del biondo anziano accanto a lei. Natsu aveva avuto un crollo psicologico, non appena Himiko era scomparsa con Akira dietro una porta, e Shiki l'aveva portato via, scusandosi e dicendo ad Hagumi che sarebbe tornato da solo un'altra volta. Shin si era appostato dietro la porta dove Himiko ed Akira erano scomparsi, per fare la guardia in caso succedesse qualcosa, se Akira non fosse riuscito ad esempio a fermarsi ed avesse esagerato. La rosa sospirò e si voltò a guardare l'uomo, corrucciata.
«Sa per quale motivo avrei voluto nascere cacciatrice, anziché vampiro, in quest’assurdo conflitto?» buttò lì, seria. Lui la guardò sorridendo ingenuamente come sempre e lei pensò che avesse davvero un'immensa faccia da schiaffi, furbo come una volpe e viscido come un serpente. «I cacciatori hanno mantenuto la loro indole umana. Noi invece... siamo dei mostri... ».
Lui sorrise in direzione della confettina, non distogliendo un momento lo sguardo dai suoi occhi.
«Credi veramente questo?» domandò, appoggiandosi alla parete in modo teatrale, le braccia incrociate, mentre parlava come a saperne una più del diavolo. «Sì, lo credo!».
«Io invece no… » la sua risposta la lasciò letteralmente di stucco, mentre cominciava a sentire un senso di rabbia pervaderla. Come diavolo poteva pensare una cosa del genere? Esseri che si cibavano della linfa vitale di altri per sopravvivere, cosa osava sostenere che loro non erano mostri?
«Sai Hagumi, alla fine non è tutto oro ciò che luccica, devi sapere che… ».
«… Okura… !» una voce alle loro spalle li fece voltare, mentre la figura di Ai si avvicinava ai due, salendo gli ultimi gradini della scalinata.

Se il corridoio non fosse stato in totale penombra, Hagumi avrebbe potuto giurare di aver visto un guizzo di tristezza attraversare solo per un istante lo sguardo di Okura. «Ai... » sorrise l'uomo, mentre la donna si avvicinava. «Com'é andata?» chiese lei senza neanche salutarlo, anche un po' brusca. Mentre loro erano su, al piano di sotto Kojiro spiegava alla moglie cosa fosse tutto quel vociare e le impediva di salire, conscio che non avrebbe mai permesso una cosa simile. Il biondo anziano fece spallucce, prima di allungare le mani verso la donna e tentare di acciuffarla, cinguettando allegro «AIIIICHAAAAN, SEI SEMPRE LA DONNA PIÙ BELLA DEL MONDOOOO!» ma i riflessi di lei furono più veloci, semplicemente si spostò di lato e gli piazzò un pugno in testa mente lui la superava in volo, facendolo finire dritto, dritto spiattellato contro la parete. «Non cambierai mai!» disse irritata, prima di sciogliersi in un sorriso. Dopotutto andava bene così. La donna si voltò poi verso la figlioletta e la abbracciò, cullandola appena. «Himiko?» chiese tristemente, mentre la figlia si aggrappava a lei. «È con Akira... ». Tacquero, non c'era bisogno di aggiungere altro.

A salvare la situazione fu l’arrivo di Kojiro, che interruppe quell’imbarazzante silenzio fra i tre, facendo una carezza amorevole alla figlia.
«Hagu tesoro, forse è il caso che tu vada a riposarti un po’, è stata una giornata pesante e noi adulti abbiamo ancora un paio di cose da discutere.». Le sorrise dolcemente, invitando gli altri due a seguirlo e iniziando a scendere al piano di sotto, precisamente in salotto, dove vi si chiusero.
«Allora, di cosa dovevi parlarci esattamente, Okura?» domandò, ora seduto sul divano, mentre la moglie si premurava si servire loro una tazza di caffè fumante, accomodandosi poi accanto al marito.

Il biondo li guardò con un sorrisetto soave, mentre soffiava nella sua tazzina per freddarne appena il contenuto. «Sono cresciute molto.» disse sinceramente colpito e i due consorti annuirono, sorridendo a loro volta. «Era molto che non le vedevi, no? Saranno almeno quindici anni.».
Già... quindici anni, si ritrovò a pensare Okura; come volava il tempo, anche per loro esseri immortali. «E quei ragazzi vengono spesso a trovarle?». Ai negò col capo «No, é la prima volta.». «Capisco.» smise di soffiare e bevve il suo caffè, prima di riporre la tazzina sul vassoio. «Immagino volessi dirci altro, però!» incalzò Kojiro, che era piuttosto curioso e anche un po' in ansia. «Sì, sì. Si tratta delle nuove creature. Hiro ha potuto fiutare in loro odore di vampiro e cacciatore mischiato.» si fermò quando vide la mano di Kojiro che teneva la tazza, tremare lievemente. «Anche Shin... ?». «No.» si affrettò a rispondere Okura, sicuro «No, Shin é nato di parto naturale da un vampiro e una cacciatrice, se é potuto nascere significa che non é qualcosa di disumano. Non corre alcun pericolo, altrimenti la natura avrebbe vietato la sua fecondazione.» cercò di rassicurare l'amico e subordinato, quindi guardò entrambi «Non so chi ci sia dietro la loro creazione, ma sono in tutto e per tutto degli ibridi creati in modo innaturale. Non so come e non so perché, controlliamo tutti i vampiri esistenti, i nuovi vengono subito portati da noi per essere addestrati, e quelli che decidono di non essere "vegetariani", sanno comunque di non dover mordere cacciatori perché nessuno conosce le conseguenze di questo. O almeno, così credono tutti.» sospirò, pronto a buttare fuori la verità. «Io, Oda e un'altra persona in realtà sappiamo che così non é. C'è un caso nella documentazione vastissima delle nostre biblioteche secolari, un solo, unico caso... Ma c'é. Ed é esattamente descritto come quelle cose che stanno seminando il panico tra la gente. Altri quindici morti solo questa settimana... qualcuno sta creando un esercito... un esercito di IBRIDI. Cacciatori morsi da vampiri, un connubio non fattibile. Il cacciatore dovrebbe morire al primo contatto con il veleno di vampiro, ma se questo non accade, avviene una mutazione... una mutazione immonda e ripugnante. Ecco cosa sono quelle bestie, ecco cos'è che ha attaccato Shin!». Ai non voleva più sentire, terrorizzata. Si portò il viso tra le mani e si rifugiò tra le braccia del marito, che cercò di cullarla, nonostante fosse sconvolto anche lui.

«Non c’è nessun modo per fermare queste mutazioni?» domandò Kojiro al biondo, ben sicuro di quale fosse la risposta, ma fu qualcun altro a rispondere.
«Per il momento sfortunatamente non abbiamo trovato nulla di concreto, siamo solo sicuri che se continueranno così dovremmo batterci, altrimenti finiranno per uccidere tutta la nostra stirpe.».
«Oh, Hiro, Oda, finalmente!» canticchiò Okura, improvvisando un balletto felice intorno ai due, manco fosse un cagnolino che fa la festa al nuovo arrivato.
Oda rise appena, mentre Hiro raggelò Okura con uno sguardo di ghiaccio, ignorandolo bellamente ed avvicinandosi ai padroni di casa. «Kojiro, il garage é aperto, siamo entrati da lì...  state attenti, potrebbe intrufolarsi chiunque!» disse, mentre Okura piangeva su una spalla di Oda, lamentando qualcosa circa il poco amore di Hiro nei suoi confronti. Kojiro ringraziò per aver chiuso il garage, quindi si rivolse ad Okura, facendo tornare l'atmosfera seria e pesante di pochi istanti prima che i due arrivassero. «Dovremmo parlarne con il resto del consiglio... » disse cauto ed il biondo annuì, tornando a sedersi, dopo aver tentato di scoccare un bacio affettuoso ad Oda, che lo aveva respinto disgustato. «Sicuramente, ma avevo bisogno di confrontarmi prima con voi, siete i miei uomini più fidati, dopotutto.».

Il silenzio calò nuovamente nella stanza e nessuno osava proferir parola, in fin dei conti stava tutto nel trovare una soluzione che faticava ad arrivare. «A costo di giungere a mezzi drastici, dovremmo in ogni modo evitare una guerra. Per le bambine, per Shin, per noi e per tutta la nostra stirpe… sarebbe troppo dura ora, siamo appena riusciti a ristabilirci, non possiamo tornare in quella situazione, non di nuovo… » fu Ai a spezzare il silenzio, le lacrime agli occhi al ricordo di eventi passati, mentre cercava di tirare fuori tutto il suo coraggio.
«Non si preoccupi, faremo l’impossibile per risolvere tutto nel modo meno doloroso possibile.» il sorriso e la voce dolce di Oda sembrarono tranquillizzarla, mentre tornava ad abbracciare il marito. Tutti annuirono in segno di assenso.
«Oda, Hiro.» li richiamò Okura «Andate a dare un’occhiata alle ragazze, son sicuro che in questo momento avranno bisogno di una figura amica vicino a loro.» .
Li guardò supplichevole della cosa, sentendosi un verme per non poter essere lui di aiuto alle gemelle, ma purtroppo, quello non era ancora il tempo di rivelare loro ogni cosa.

 


... continua...
  
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