CAPITOLO 26
A step forward,
ten steps back…
-Opporco
Merlino!!!!-
Una
figura balzò via dal letto, alla terza volta che la sveglia
suonò e per
l’impeto dell’azione andò a sbattere
contro il comodino, inciampò in quelle che
sembravano due ciabatte a forma di Snaso e per finire diede una
violenta
spallata contro lo stipite della porta. Seppur piuttosto malconcia,
Beatrice
Venci riuscì a raggiungere la cucina dove si
accasciò su una sedia per
controllare le condizioni del piede che aveva subito un incontro
ravvicinato
con il mobile.
-Tu
proprio non riesci ad alzarti come le persone normali senza rischiare
la vita
ogni mattina, vero?-
Dominique
Weasley, una splendida bellezza bionda di diciotto anni, stava versando
con
cura del caffè per la sua acciaccata amica che le
rifilò un’occhiataccia al di
sotto della frangetta scura che le copriva gli occhi.
Le due
amiche, una volta finita Hogwarts, avevano deciso di affittare un mini
appartamento insieme che fosse abbastanza vicino alla
facoltà di Scienze
Magiche, dato che la bella Weasley aveva deciso di intraprendere la
carriera di
medimaga mentre l’italiana di conseguire un dottorato in
zoomagia.
-Ah,
ah…ti
sembra il caso di inferire?- fece acida Beatrice, massaggiandosi le
dita che
andavano gonfiandosi.
-Beh sai
all’inizio mi facevi troppo ridere, ora posso dedicarmi
tranquillamente
all’ironia…- commentò Nicky divertita.
-Ehi, ti
va di guardare la posta? Ne è arrivata un sacco questa
mattina…- aggiunse poi,
indicandole un fascio di lettere poggiato sul tavolo.
-Ma sono
in ritardo…!- protestò Beatrice, che stava
trangugiando biscotti alla velocità
della luce.
-No che
non lo sei, ti ho messo io la sveglia avanti per farti alzare prima,
sapendo
che ci metti secoli a prepararti…-
spiegò
Dominique, osservando sempre più divertita la sua migliore
amica che
borbottando come una pentola di fagioli aveva agguantato la posta e la
stava
sfogliando.
-Mmh…qualcuno
ci invita ad un matrimonio!! Guarda qui, due inviti…- disse
Beatrice porgendo a
Dominique una pesante busta color vaniglia, decorata con disegni
intrecciati,
di cui lei aveva una copia. All’interno vi era un foglio
nello stesso stile che
recitava:
Teddy
Remus Lupin
Victoire
Gabrielle
Weasley
Sono
lieti di annunciare il loro matrimonio
che si terrà nella chiesa elisabettiana di WestCastle, Somerset,
domenica sei aprile alle ore
12:30
-Tipico di mia sorella, la solita esibizionista…spedisce un
invito formale
persino a me!-
Beatrice
invece fissava la pregiata pergamena confusa, ma non tanto per cosa vi
era
scritto: conosceva l’intera famiglia Weasley da molti anni
ormai e avendo
trascorso molto tempo a Villa Conchiglia per via della sua amicizia con
Nicky,
non era così strano che Victoire l’avesse inclusa
nella lista degli invitati.
Sapeva inoltre che la primogenita di Bill e Fleur aveva la tendenza a
fare
sempre tutto in grande e che dunque non avrebbe mai rinunciato ad una
cerimonia
in grande stile con più di quattrocento ospiti ad
assistervi. A lasciarla
perplessa erano le domande che le erano balenate nella mente leggendo
quelle
parole: lui sarebbe stato presente?
E
se sì, come avrebbe dovuto comportarsi? In caso
contrario…
-Bea,
Bea, alt. Lo so a cosa stai pensando- Dominique interruppe il filo dei
pensieri
dell’italiana, sapendo ormai leggerle nella mente.
-Ti
sbagli-.
-Invece
no. So che ti stai chiedendo se James verrà
perché Teddy è sempre stato
praticamente come un fratello per lui, anche se da quella volta in cui
si sono
presi a botte non si sono mai più parlati…ti
chiedi se sarà presente anche solo
per sua cugina Victoire, della quale onestamente non gli è
mai importato
nulla…e ti chiedi come ti comporterai qualora dovesse
esserci. Sbaglio?- chiese
Dominique retoricamente e, prendendo il silenzio di Beatrice come un
invito a
proseguire, aggiunse:
-Bea,
smettila.
Vi siete baciati quando avevate quattordici anni, avete provato a stare
insieme, poi James ha scoperto che non era pronto per quel tipo di
relazione,
tu l’hai aspettato per due anni –comportandoti da
suora tra l’altro- sino a che
lui non è tornato da te…a quel punto avete di
nuovo tentato di stare insieme,
ma poi tu l’hai beccato a fare sesso nell’aula di
Incantesimi con una
sgualdrina Serpeverde e hai deciso di mollarlo, per poi evitarlo come
la peste
per tutto il resto dell’anno scolastico. Peccato che tu sia
ancora perdutamente
innamorata di lui e sei inconsciamente convinta che prima o poi
metterà la
testa a posto, vi sposerete, farete un sacco di figli e vivrete felici
e
contenti come nelle migliori favole. Ho omesso qualcosa?-
-Mmmmh…fammi
pensare…forse che in tutto questo gli ho donato quanto di
più prezioso avevo e
lui lo ha gettato nella spazzatura come un orsacchiotto rotto?-
concluse
Beatrice, con un’espressione amara sul volto. La
verità era che lei aveva
sempre fatto maledettamente sul serio con James, lui no.
*****
Sangue,
sangue dappertutto.
George Albert
Mackenzie non sapeva
più dove guardare mentre sedeva in un angolo
dell’ampio salone, completamente
sotto shock… ogni cosa era ricoperta dal vitale liquido
vermiglio. Evelyn, la
sua adorata e bellissima bambina, giaceva in una pozza scura, gli occhi
verdi
ormai spenti, il corpo scomposto, come una bambola di pezza lasciata da
parte.
Katherine
Elaine McDonell in
Mackenzie piangeva disperata, il corpo scosso dai singhiozzi. Vorrebbe
avvicinarsi alla sua Evelyn, scuoterla, sentirsi dire che non
è vero, che la
sua bambina sta bene, che si riprenderà. Che la sua bambina
non è stata
barbaramente uccisa, che non sorriderà mai più,
non saltellerà più per casa
portando allegria e gioia ovunque. Non potrà mai andare ad
Hogwarts, la scuola
che aveva sempre desiderato frequentare, non imparerà mai ad
usare la
magia…Evelyn non farà mai nulla di tutto
ciò.
Intorno al
corpo si affannavano
Auror, Medimagi, Investigatori del Corpo speciale, tutti intenti a
esaminare,
analizzare, raccogliere prove. Prove che avrebbero dovuto condurre
all’assassino della piccola Evelyn Mackenzie, rampolla di una
delle famiglie
più in vista dell’intera Scozia.
Tutto
inutile, pensava George, con
lo sguardo ora fisso sui propri pregiati pantaloni, tutto inutile. Non
lo
prenderanno mai, perché io farò in modo che sia
così. Non potrei sopportare di
perdere anche l’unico figlio che mi sia
rimasto…anche se ha ucciso la cosa più
bella che mi sia mai capitata.
Non
è colpa sua…non era in
sé…non
poteva controllarsi…
George
iniziò a tremare
violentemente, preda di questi cupi pensieri. Un medimago gli si
avvicinò, una
pozione incolore fra le mani. Un tranquillante, dice. Ma George non
può
permettersi di riposare. Deve agire, deve trovarlo, deve tutelarlo.
È l’unica
cosa da fare. Insieme a nascondergli la verità. Non potrebbe
mai sopportare di
essere l’assassino di Evelyn, la amava più di
altra cosa al mondo…non deve mai
venire a sapere nulla. E d’altra parte chi potrebbe scoprire
la verità? Io solo
sono a conoscenza del suo segreto. Non Kath, ma io, io che me lo
porterò sin
nella tomba.
Un anno dopo
la tragica morte di
Evelyn Mackenzie, ciò che restava della famiglia si
trasferì in Inghilterra.
L’assassino non fu mai trovato, il caso chiuso. Katherine,
impazzita per il
dolore, venne internata nel reparto psichiatrico del San Mungo, mentre
suo
marito George portò con sé a Londra
l’unico figlio rimasto, Liam Mackenzie, che
dalla morte della sorella viveva come in uno stato di trance. Solo
l’ingresso
in una delle più prestigiose scuole della Gran Bretagna
parve ridare vita al
giovane Mackenzie…
*****
-Ehilà,
rossa…-
Lily si
sentì appellare in questo modo non appena si fu seduta,
piuttosto stanca, su
uno dei divanetti smeraldini della Sala Comune di Serpeverde. Era stata
una
mattinata piuttosto intensa, considerando l’ora di
Trasfigurazione, le due di
Pozioni e quella di Cura delle Creature Magiche, seguita da un pranzo
piuttosto…interessante. Glorya che fingeva di non star
guardando Liam Mackenzie
mentre in realtà si stava facendo venire il torcicollo a
furia di girarsi verso
il tavolo dei Corvonero, Cassiopea e Scorpius che si sibilavano addosso
rabbiosi –alias stavano litigando- per quella specie di
appuntamento che la
biondina aveva avuto con Shane, mentre era in corso
l’ennesima lite fra Melissa
e Isabelle che tanto per cambiare si erano fatte lo stesso ragazzo.
Così Lily
se n’era stata zitta zitta, guardandosi bene dal mettersi in
mezzo a Cassiopea
e Scorpius…che sembrava evitarla sistematicamente dal famoso
pomeriggio in cui
le aveva tenuto compagnia quando era malata. Onestamente non riusciva a
capire
il suo comportamento: prima andava da lei, faceva tutto il tenero, le
chiedeva
sorrisini e la trattava quasi con dolcezza e poi si comportava come se
non
fosse mai successo nulla? Questo suo modo di agire avrebbe ferito
qualsiasi
ragazza più ingenua di Lily, che da cinica e fredda Vipera
qual era non si era
aspettata certo che Scorpius la chiedesse in sposa. Non che le
interessasse poi
così tanto…solo che amava avere tutto
sottocontrollo, poter definire con
esattezza le persone che la circondavano. Glorya e Cassiopea erano le
sue
migliori amiche, gente come Lizzie Kenneth e Amelia Raynolds utili
conoscenze, Edward
il ragazzo che aveva baciato per primo…ma Scorpius,
cos’era? Un amico?
Assolutamente no! Un conoscente? Non lo si poteva proprio definire
tale…allora
un potenziale fidanzato? Scorpius? Ma andiamo, le veniva da ridere solo
all’idea…
Lily si
stava appunto immaginando un ridicolo pomeriggio smielato fra
fidanzatini –cosa
che lei e Scorpius non si sarebbero mai sognati di fare, neanche nella
lontana
e remota ipotesi che potessero piacersi in quel
senso- quando qualcuno aveva interrotto il filo dei suoi
pensieri.
-Edward…dimmi-
replicò
-Ho
qualcosa da proporti…- disse Edward, accomodandosi accanto a
lei, con le gambe
che decisamente sfioravano troppo quelle di Lily, che la corta gonna
della
divisa (ultra modificata) lasciavano scoperte quel che bastava per
attirare l’attenzione
senza essere volgare.
-Sentiamo-
rispose Lily, sentendo il suo calore, benché si stessero
solo sfiorando…ma come
faceva Edward, ad essere così magnetico?
-Questo
sabato, alla Sirena…c’è una serata
piuttosto interessante. Sai, roba da bere
seria, musica del momento…gente notevole…ti
interessa?- spiegò Edward,
alludendo all’ex Testa di Porco che qualche anno dopo la
guerra era stato
chiuso per essere rimodernato e trasformato in un locale
all’ultimo grido. A
dirigerlo non era più Aberforth Silente, ritiratosi ormai in
campagna, ma una
certa Lady Kalista, misteriosa e quanto mai eccentrica, che aveva
sempre il
locale strapieno.
-Mmh…potrebbe…-
mormorò Lily, pensierosa.
-Naturalmente
prima ti accompagnerei in giro per negozi…Lily Potter non
può certo partire per
San Francisco senza essersi adeguatamente rifornita- aggiunse Edward,
sorridendole
birichino. Anche a Lily venne da sorridere di riflesso: Edward aveva
ormai
imparato a conoscerla e sapeva bene quali fossero i tasti giusti per
addolcirla.
-Mi
tenti, Edward ma…non vorrei dar certo
l’impressione di stare con te-
fu la risposta di Lily, che sottolineò le ultime tre
parole come a metterne in evidenza
l’impossibilità.
Il
sorriso di Edward si incrinò appena: sapeva che Lily non era
come tutte le
altre ragazze…Lily era una categoria a parte, di cui faceva
parte solamente
lei. Ma nonostante questo, si era aspettato una minore
rigidità da parte
sua…errore che, solitamente fanno gli sciocchi innamorati. E
Edward Nott era
totalmente, perdutamente, eternamente innamorato di Lily Potter. Anche
se
faceva di tutto per nasconderlo, ed apparire imperturbabile e libertino
come
era sempre stato.
-Lily,
Lily…non ti ho detto che andremo in giro mano per mano
sbaciucchiandoci ad ogni
angolo…una cosa del genere disgusta persino me! Ti sto solo
offrendo un
pomeriggio di shopping, magari una cena e poi una serata
originale…è troppo
impegnativo per te?- la schernì Edward, dandole ad intendere
che non sarebbe
assolutamente stato un appuntamento in piena regola, cosa che invece
intendeva
fare.
-Se la
metti così…- iniziò a dire Lily e
Edward credette seriamente che stesse per
cedere, -allora non ci sarà nessun problema ad estendere
l’invito a Glorya e
Cassiopea- concluse
-Naturalmente-
convenne Edward, rigido: la conversazione non stava proprio prendendo
la piega
che lui aveva sperato. Lily lo osservò, con i suoi occhi
violetti indagatori,
per poi scoppiare a ridere leggera, come solo lei sapeva fare.
-Andiamo,
Edward! Ti sto prendendo in giro…penso che il tuo programma
sia accettabile-
disse poi, divertita: Edward era la sua cavia preferita.
Lui
evitò
di insultarla e di prorompere in un grosso sospiro di sollievo, mentre
replicava:
-Sei
diabolica, sappilo-.
Lily rise
ancora, poi fece per alzarsi:
-Devo
andare, fra poco ho Divinazione…ci metto secoli per arrivare
lassù con un
aspetto decente- disse, alludendo alle migliaia di gradini che
conducevano alla
Torre. Stava per andarsene, quando Edward la trattenne per un polso,
una
stretta delicata eppure ferma,
attirandola veloce sulle sue ginocchia.
-Quanta
fretta…- sussurrò ad un millimetro dalle sue
labbra. Come per il loro primo
bacio, Lily lo fissava negli occhi, come a sfidarlo. E Edward raccolse
la
sfida: lieve, posò le labbra su quelle di Lily che sapevano
di fragola…per poi
dischiuderle piano con la lingua. Lei lo lasciò fare, ma
quando il bacio si
stava facendo troppo profondo, lo allontanò.
-Edward,
Edward…non dovresti prenderti certe libertà con
me- gli disse, alzandosi e
sistemandosi la gonna che si era lievemente sollevata per
l’impeto della presa
di Edward. Gesto che il bel Nott non mancò di osservare con
la dovuta
attenzione…
-Hai
ragione, Lily…dovrei fare qualcosa in più-
rispose lui malizioso, per nulla
offeso. E velocissimo si alzò e la lasciò
lì sola, con uno strano sorrisino
sulle labbra.
*****
È
furioso,
pensò Marìkaa Stewart guardando Scorpius Malfoy
dirigersi alla velocità della
luce verso il suo banco di lavoro, dopo che aveva sbattuto la porta
della serra
numero 4. Lo osservò perplessa, mentre si accomodava di
fronte a lei e
cominciava a tirare fuori la sua roba con gesti rabbiosi. Nonostante il
suo
chiaro umore nero, Marìkaa decise comunque di parlargli.
-Ciao,
Scorpius- azzardò timida, temendo che la sua ira si
riversasse anche su di lei.
Scorpius alzò di scatto gli occhi grigi incazzati, per poi
rispondere con un
tono che rasentava la maleducazione:
-Ciao,
Stewart-.
-Tutto
bene…?- domandò Marìkaa, mentre
iniziava a dissotterrare i Tranquillini,
pacifici semini bianchi che avevano molte proprietà
curative. Fortuna che il
professor Neville non aveva assegnato nessuna pianta ostile che avrebbe
potuto
peggiorare l’umore di Scorpius…
-Non va
bene un cazzo- sbottò Scorpius arrabbiato, lasciando
Marìkaa stupefatta. Non
pensava che Scorpius fosse così…così
bello anche se chiaramente incazzato.
Da parte
sua Scorpius si rese conto di essere stato troppo veemente, forse. Ma
che
diavolo, come poteva essere tranquillo, dopo tutto quello che gli era
successo
quella mattina?
Sua
sorella che se ne usciva fuori dicendo che forse quel dannato Burke non
era
così male, perché ci aveva parlato e
l’aveva trovato tutto sommato
piacevole…uno sporco NatoBabbano, spocchioso Grifondoro piacevole! Il mondo stava proprio girando
al contrario…e quando lo
avrebbe saputo suo padre! Ci sarebbe stato da ridere, e poi sicuramente
da
piangere…per non parlare di Astoria,
E allora
perché ti senti
contorcere le viscere al solo pensiero di lei fra le braccia del tuo
migliore
amico? gli
domandò un’infame vocina interiore. Taci! gli
intimò Scorpius, incazzato
persino con la sua coscienza, sotto lo sguardo perplesso di
Marìkaa che lo
osservava frantumare senza pietà i Tranquillini, che avrebbe
dovuto invece
riporre in un barattolino.
Un
momento…Marìkaa! Ma certo, come aveva fatto a non
pensarci prima…
-Vieni ad
Hogsmade con me il prossimo sabato?- domandò Scorpius a
bruciapelo, senza
curarsi di essere gentile. Sapeva che l’americana era cotta
di lui…ed infatti
la vide arrossire, balbettare un timido sì e pugnalare
involontariamente un innocuo
Tranquillino per l’emozione; il poveretto pigolò
debolmente per protesta, poi
si accartocciò su se stesso.
Scorpius
sorrise soddisfatto: nessuno poteva permettersi di giocare con lui
senza
subirne le conseguenze.
*****
-Bionda!
Ehi, bionda!-
Cassiopea
Sofia Malfoy, pensando giustamente che nessuno avrebbe mai osato
rivolgersi a
lei in modo così poco carino, continuò a
camminare tranquillamente verso l’aula
di Incantesimi, ovvero la seconda ed ultima lezione pomeridiana. Lily
era corsa
a riprendere la bacchetta lasciata a Divinazione, mentre Glorya si era
attardata a parlare con la professoressa Yung, incontrata in corridoio.
-Bionda!
Parlo con te, Cassiopea Sofia Malfoy!-
A questo
punto il richiamo era impossibile da ignorare: Cassiopea si
voltò, seccata, per
poi ritrovarsi davanti Shane Burke che si era distaccato dal suo
gruppetto di
Grifondoro idioti per raggiungerla.
-Bionda?! Bionda?!
Dico, ma con chi pensi di parlare?- sibilò Cassiopea
sprezzante.
Il
sorrisino di Shane si incrinò appena: sapeva di sbagliare
sempre qualcosa con
-Comunque,
cosa volevi? Avrei lezione, sai- lo incalzò
-Uh,
uh…quanto veleno. Volevo solo chiederti se ti andava di
venire ad Hogsmade con
me, questo sabato- replicò Shane, non riuscendo ad essere
gentile. Lui era
così: sbruffone, allegro e talvolta irritante. Peccato che
questo suo
atteggiamento gli fece guadagnare un bel:
-No!-
Cassiopea
gli voltò le spalle, lasciandoselo dietro perplesso: qualche
sera prima erano
riusciti a chiacchierare tranquillamente, ed ora lei gli volgeva le
spalle dopo
averlo rifiutato seccamente. Cosa c’era di sbagliato in lui,
in lei, in loro?
*****
Liam
Mackenzie stava rimettendo lentamente i libri nella scura
borsa di pelle.
La campanella
era appena suonata, segnalando così la fine
delle lezioni pomeridiane, e tutti i suoi compagni Corvonero si erano
affrettati a lasciare l’aula di Storia della Magia,
desiderosi di farsi una
bella doccia, per togliere ogni rimasuglio della precedente lezione di
Erbologia. Tutti tranne lui, che era rimasto seduto a scrivere, sino a
che il
fantasma Ruf non lo aveva sollecitato –se il suo debole
sussurro poteva essere
considerato come un sollecitamento- a lasciare l’aula.
Si sentiva
osservato, mentre riponeva anche la piuma, ed
era una sensazione che l’aveva accompagnato per tutta la
giornata, come se una
silente figura lo avesse pedinato in ogni suo spostamento. Era
piuttosto
improbabile che qualcuno lo avesse seguito davvero: Liam non era
riuscito a
farsi degli amici durante i sei anni ad Hogwarts, o forse sarebbe
meglio dire
che non voleva avere amici. Era
consapevole che la sua condizione
non
gli consentiva di avere alcuna relazione con altre persone ed aveva
accettato
quasi con rassegnazione questo dato di fatto: quelli come
lui, condannati alla solitudine, finivano con
l’accettarla
come una buona compagna.
Eppure…dopo
tanti anni, quel giorno si era ritrovato a
desiderare che una persona in
particolare gli si avvicinasse. Sapeva che non sarebbe dovuto
succedere, che
non aveva il diritto di sperarci,
ma
per un attimo quella mattina si era ritrovato a desiderare che Glorya
Zabini
andasse da lui. Con una scusa stupida, un qualsiasi motivo idiota, non
aveva
importanza…voleva solo averla vicino per un istante. Erano
pensieri
irrazionali: la mora Glorya era una
ragazza bella, popolare, ambita, con una vita perfetta, non adatta
–come
nessuna lo sarebbe mai stata- a lui, eppure…aveva percepito
in lei una grande
tristezza, che lo aveva indotto a pensare che forse la sua vita non era
poi
così perfetta.
Come evocata
dai suoi pensieri, Glorya passò davanti
all’aula di Storia della Magia –probabilmente
tornando da Incantesimi- e
scorgendolo lì dentro solo soletto, si fermò.
-Liam…?-
lo chiamò, quasi esitante.
-Glorya-
rispose Liam, piuttosto sorpreso. Hogwarts era
davvero un posto magico…
-Non torni a
Corvonero?- chiese Glorya, sentendosi ancora
irrimediabilmente attratta da Liam, che emanava quel senso
di…disperazione, di
muta accettazione, che lo aveva reso diverso ai suoi occhi. Cosa
nascondeva il
bel Ravenclaw? Cos’era quell’alone di sofferenza
intorno a lui? Cosa lo aveva
reso distante dal mondo?
-Sì,
ora vado…- annuì Liam e, messosi la borsa in
spalla,
la raggiunse sullo stipite.
Si
ritrovarono a vagare apparentemente senza meta, nessuno
dei due aveva più l’intenzione di tornare ai
rispettivi dormitori. E
inevitabilmente finirono sul cornicione della Torre di Astronomia,
vicini
eppure lontani anni luce, a scambiarsi brevi stralci d’anima.
Spazio Autrice: