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Autore: Dira_    30/01/2010    12 recensioni
La guerra è ormai finita, Harry è un auror e sta per avere il suo secondo bambino.
Degli strani sogni e la misteriosa comparsa di un neonato decisamente particolare turbano la sua pace, tornando a scuotere la famiglia Potter sedici anni dopo, quando Tom, il bambino-che-è-stato-salvato, scoprirà che Hogwarts non solo nasconde misteri, venduti come leggende, ma anche il suo oscuro passato...
La nuova generazione dovrà affrontare misteri, intrighi, nuove amicizie e infine, l'amore.
“Essere amati ci protegge. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle.”
Può davvero l’amore cambiare le carte che il destino ha messo in tavola?
[Next Generation]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Buongiorno! La sessione impazza ed io sto morendo! Ma non posso esimermi dallo scrivere di questi ragazzacci. Rendete la giornata di Dira felice. Dite ciao con una recensione! ;)
@Altovoltaggio: ahaha, grazie per i complimenti! Alla fine sono riuscita a farteli piacere un po’! Evviva, non sai che soddisfazione mi dai! :D Lo so, Tommy ultimamente non si sta comportando bene. Ma è in piena sturm und drang adolescenziale. Abbi fiducia in me!
@Pinuccia2605: Ciao! Grazie per I complimenti! Spero di farti cambiare idea su Al/Tom. ma credo tu sia una delle prime shipper James/Ted. Diffondiamo il verbo! ;)
@LihyEllesmere: Grazie mille per i complimenti! Vero, Jamie è dolce dolce. Solo, che di solito, non dà il meglio di sé per dimostrarlo. Ma si sa, quando un ragazzo è innamorato…
@Ron1111: Ciao! ^^ Accidenti, paragonarmi alla Row! Non devi, poi mi monto la testa. ;P Accidenti, sai che il paragone Laurie-Scorpius è azzeccato? In effetti, i sentimenti sono più o meno gli stessi. Sy è vissuto in un ambiente austero, sin da bambino. Per questo il caos colorato del Clan Potter-Weasley gli piace moltissimo. XD Teddy si comporterà meglio. Ha promesso. ;P I pensieri di Tom… diciamo che lui è inclinato sicuramente verso il lato oscuro. Ma la vita, eheeh, è fatta di scelte! *sventola davanti a Tom la foto del pulcino*
@Mikyvale: Ciao! Benvenuta! Mi fa piacerissimo che tu abbia lasciato una recensione! Lily, beh, Lily avrà sicuramente un ruolo di primo piano, ma in seguito. Del resto, i miei personaggi preferiti della nuova generazione sono proprio Al e Lily! E promuovi la ship Ted/James! Io la adoro!
@MadWorld: Con questa recensione ti sei fatta ampiamente perdonare, accidenti! *_* Mi riempi di orgoglio se mi dici che il mio Tom è credibile. Voglio dire, io adoro Tom Riddle (e si sarà capito in tutte le salse) ma Thomas non è Tom. se fosse lui, sarebbe già perduto, perché brutto a dirsi, ma Riddle era un psicopatico già da bambino. Io mi ritengo una scrittrice, nel mio piccolo, di originali. Per questo ho preso la nuova generazione. Era un buon compromesso. ;P Se dici poi che questa fic è un seguito del libro, mi riempi di gioia. Davvero, grazie grazie! ^^ Ted… beh, sono felice che ti piaccia, nonostante tutti i suoi difetti. Ho cercato di fare in modo che si capisse, quanto fosse difficile per un ragazzo etero da anni venire a patti con l’attrazione per un ragazzo più giovane, a cui per altro è legato da un sentimento di affetto fortissimo, ma anche fraterno. Non è semplice, rendersene conto e lavorarci su. Che dire, grazie per avermi dato la tua fiducia, e per apprezzare questa storia. Non è solo mia, è anche vostra. ^^
@Pnin: Ciao! Ho letto le tue critiche, e immagazzinate. ;) Mi fa piacere riceverle, non quanto i commenti positivi, certo, sarei un’ipocrita se dicessi così, ma mi aiutano a capire se ci sono cose che non girano bene. Sono ottimi consigli! Per Rose, forse è vero, è ripresa un po’ da Hermione e Ginny, ma diversamente da loro, non è così eroina. Cercherò di darle un po’ di profondità. ^^ James darà di matto già da questo capitolo. Maturato sì, anche perché prima era insopportabile, ma di certo adulto no! XD Al invece beh… mi fa piacere essere riuscita a crearlo come un personaggio con uno spessore. XD
@Hel_Selbstmord: Ehi Hel! Ebbene sì, d’ora in poi Teddy e Jamie avranno la situazione un pochino più facile. Purtroppo così non sarà per l’altra coppietta. :( Ho creato una slasher! Oddiomio! Che onore! XD OT: Sì, ci hai preso, sono toscana, ma naturalizzata romana. ;) La sessione… non ne parliamo. Piango lacrime di sangue. Ma dimmi, mi è parso di aver evinto che sei una metaller. Vero o no? Io sono nata rocker e penso che ormai ci morirò. ;P (con qualche deriva indie-rock)
@Ombra: Ebbene sì, Ted è di nuovo un ragazzo blu. XD Per quanto riguarda Harry e Ron… ceeerto, che si divertono! Quei due sono due bambinoni!
 
****
 
Capitolo XXXI



 

It waits for the day I will let it out. To give it a r
eason, to give it its might.
I fear who I am becoming, I feel that I’m losing the struggle within.
(It’s the fear, Within Temptation)
 
 
1 Novembre 2022
Dormitorio Serpeverde. Domenica mattina.

Tom la mattina dopo fu risvegliato da un gomito di Albus ficcato nello stomaco.

Non era stato uno dei suoi risvegli migliori.
Sbuffò, scostandosi dalla coltre aggrovigliata di lenzuola e cuscini in cui Albus, persino nel suo letto, era riuscito a infilarsi.
Avevano dormito assieme. E  basta. Compagni vacanti o meno, ad un certo punto della notte, Loki era tornato prima di venir cacciato perché in compagnia di due ridacchianti ragazze.
Odio la vita in comune…
Ma Al si era comunque rifiutato di tornare nel suo letto. Con un sorriso che gli era valso la perdita della maglietta, gli aveva fatto notare che dormire abbracciato ad un'altra persona era un ottimo modo per conservare calore, in quei gelidi sotterranei. 
Non era riuscita a prendersela visto che, con lui tra le braccia e parecchio whiskey incendiario nelle vene, aveva dormito benissimo.
Non aveva dimenticato neppure per un secondo il quaderno di appunti che lo aspettava in camera, però.
Lanciò un’occhiata al proprio baule, dove lo aveva nascosto. Dando uno sguardo alla pendola vide che erano solo le sei e mezzo di mattina. Difficilmente la Sala Comune si sarebbe riempita prima delle nove.
Lanciò anche uno sguardo ad Al, che si mosse tra le coperte, rannicchiandosi beatamente contro il suo cuscino, che ovviamente durante la notte aveva pensato bene di rubargli.
Si vestì e, prendendo la bacchetta dal comodino, aprì le serrature del suo baule.
Quando prese in mano il quaderno non poté evitare di fare un mezzo sorriso.
Esecuzione perfetta…
Non sapeva quanto quegli appunti sull’alchimia islamica gli sarebbero serviti. Dubitava che ci fosse altro se non formule astruse in un linguaggio arcaico.
Ma è sempre meglio di niente.
Si diresse verso la Sala Comune, scegliendo la sua poltrona preferita. Aprì il quaderno, cominciando a leggere.
 
[…] Geber è la forma latinizzata con cui era chiamato Jabir Ibn Hayyan, chiamato anche il ‘Padre dell’Alchimia’. Fu il primo alchimista che si allontanò dalla via della pura speculazione per mettere in pratica ciò che aveva studiato per anni. Alchimisti come Nicholas Flamel e Paracelso devono pagare lui tributo, per aver inventato il sistema elementare usato nell’Alchimia medievale. Il sistema consisteva in sette elementi, quattro derivanti dai famosi Cinque Elementi integrati con altri due elementi il metallo e lo Zolfo[…]
 
Stava leggendo l’introduzione. La saltò: non gli interessava la vita di quell’uomo, ma ciò che aveva fatto.
Sfogliò l’indice. Il libro delle Pietre, per sua fortuna, era stato tradotto in inglese, e il linguaggio era stato dovutamente modernizzato.
Era un testo speculativo, non diceva un granché, come sospettava. Poi, qualcosa attirò la sua attenzione.
 
Takwin. Fu questo l’obbiettivo di tutta la mia vita. È la creazione della vita in laboratorio, inclusa quella umana. Per anni ho cercato di trovare la ricetta perfetta per poter creare l’essere umano. Poi, ci sono riuscito. Tremano le mie mani mentre affido le mie memorie all’erosione del tempo. L’essere che ho creato non può essere definito umano. L’essere che ho creato, a cui ho dato questo nome, scioccamente, macchiandomi di peccato d’arroganza, volendomi sostituire ad Allah il Misericordioso: Adam. Come il primo uomo che Allah mise in terra. Troppo tardi mi sono accorto che dando lui l’anima gli ho dato la possibilità di ribellarsi. E lui l’ha fatto.
 
Tom chiuse il quaderno di scatto, sentendosi la bocca secca e il sangue rombare nelle orecchie.
Allora qualcuno è riuscito a dar loro un’anima.
Una nota a piè di pagina rubricava quel breve paragrafo come ‘considerazioni incerte’, nel senso che era state trovate nella pergamena, ma non si era certi fossero davvero state scritte dalla mano di Geber. O se quella mano fosse stata lucida. La nota continuava, asserendo che non si era mai trovata traccia dell’essere di cui Geber parlava.
Homunculi con anima… e capaci di vivere.
Allora io…
La sua attenzione fu distolta da qualcuno che entrò dentro la Sala Comune.
Era Terrance Montague, il loro Caposcuola. Un tipo piuttosto sgradevole, che riassumeva perfettamente le caratteristiche negative di Serpeverde: cattiveria gratuita, stupidità e una certa dose di auto-compiacimento del tutto ingiustificato.

“Dursley, che diavolo ci fai qui a quest’ora?” Lo apostrofò infatti. “Scrivi le tue memorie?”  
“Montague… non ritengo siano affari tuoi.” Replicò quieto. L’aveva sempre disprezzato, ma da lontano, con una certa discrezione.
Solo che quello non era  il momento per infastidirlo con battute idiote.
Il ragazzo gli lanciò un’occhiata indispettita. “Chi ti dà il diritto di parlarmi così, eh? Il mio sangue è di certo più pulito del tuo…” Evidentemente non si era accorto che aveva in mano la bacchetta, o non lo riteneva un dettaglio importante. “Purtroppo ormai non vale niente.”
“Come non darti ragione…” Mormorò, alzandosi in piedi. Montague lo squadrò sospettoso.  
Di solito avrebbe lasciato correre; Tom sapeva, in ogni caso, di essergli superiore.
Però, pensò con voluttà, perché non dimostrarglielo, per una volta?
“Sai, Terrance, ci fu un altro mago, nato da un babbano, che fece letteralmente leccare la suola delle scarpe ai purosangue come te. Scommetto che papà il suo nome te l’ha detto.”
Terrance sembrò improvvisamente molto nervoso.  

“Tom?”
La voce sorprese entrambi. Albus se ne stava sulla porta della Sala a fissarli, semi-assonnato con uno di quegli orribili maglioni Weasley. Aveva un serpente stilizzato sopra, ed era verde.
“Eri qua… ti ho cercato ovunque. Che ci fai alzato?”Borbottò, stropicciandosi un occhio. “È scandalosamente presto.”

Montague ne approfittò per fare qualche passo indietro, mentre Tom nascondeva la bacchetta nella tasca posteriore dei jeans. “Niente.” Esordì pacatamente. “Sono venuto a leggere qui. Non volevo accendere le candele e svegliarti.”  
Al corrugò le sopracciglia. Guardò dall’uno all’altro. Parve intuire l’atmosfera perché divenne lucido di colpo. “Buongiorno Terrance.” Disse con un sorriso tutto gentilezza. “Sveglio anche tu? È successo qualcosa, che sei già in divisa?”
“Mi ha chiamato il professor Lumacorno. Ieri sera c’è stato un incendio nell’ufficio di un professore, e pare che sia stato di origine dolosa.” Spiegò, insolitamente collaborativo. Lanciò un’occhiata a Tom, poi scrollò le spalle. “Hanno interrogato tutti i Caposcuola.”
Al si morse un labbro. “Quale professore? Cioè, l’ufficio di quale professore?”
“Quell’ibrido di Lupin…” Montague probabilmente non era stato smistato a Serpeverde per la furbizia, rifletté Tom, mentre vide il sorriso di Al gelarsi. “Ma i suoi geni da bestia gli hanno salvato la pelle.”
“Oh, capisco.” Annuì Al pensieroso. “I geni di tuo padre invece ti hanno fatto ereditare una certa dose di idiozia, eh Terrance? Del resto non è che ci si possa aspettare molto, dal figlio di uno che è inciampato dentro un armadio svanitore e ci è rimasto per giorni interi.”
Montague si fece paonazzo. “Ce lo spinsero i tuoi parenti, Potter!”
“Sì?” Si fece meditabondo. “Allora chiedo scusa. Perché non riesco a sentirmi in colpa.”
Terrance divenne letteralmente viola, estraendo la bacchetta. Ultimo rifugio degli imbecilli, pensò Al.

Quello che non si aspettava però è che anche Thomas tirasse fuori la sua e la puntasse alla gola di Montague.
“Levagli la bacchetta di dosso.” Sibilò, e il Caposcuola non fu l’unico a sentire un lungo brivido lungo la schiena. “Non darmi motivo per esercitarmi al tiro al bersaglio.”
Tom!” Gli afferrò il braccio, d’istinto. Montague era pallido come un cencio. Non che Tom avesse la fama di un violento, ma proprio perché non l’aveva era ancora più sconvolgente il suo scoppio d’ira. “Lascia perdere, non ne vale la pena!”
Tom gli lanciò un’occhiata, poi abbassò la bacchetta. “Suppongo il professor Lupin sia in infermeria…”

Il ragazzo annuì, lentamente, guardando la mano che ancora reggeva la bacchetta. “Questa… questa te la farò pagare, Dursley! Un lurido nato-babbano…”
“Sta’ zitto Montague.” Lo interruppe Albus. “Il razzismo magico non va più di moda da vent’anni. Questi discorsi falli con gli amici di tuo padre, se non vuoi passare dei guai. Andiamo Tom. Andiamo da Ted.”
Quando furono fuori, Thomas sapeva già cosa aspettarsi. Attese, in silenzio, mentre il muro dietro di loro si richiudeva.

“Sei impazzito? Si può sapere che ti è preso?!” Sbottò infatti Albus, appena passato l’arco di pietra che fungeva da ingresso per la loro Sala Comune. “Perché poi? Terrance è odioso dal primo anno! L’hai sempre ignorato!”
“Ti ha puntato la bacchetta addosso, se non l’avessi notato…” Disse, cercando di calmare la furia che l’aveva assalito. “Probabilmente, vista la sua scarsa attitudine al controllo, l’avrebbe anche usata.”
Perché Al era sempre così maledettamente… debole?
Certe zecche vanno schiacciate. Per fargli capire chi comanda. Se avessi dato una lezione a Montague, la prossima volta non avrebbe osato levare la bacchetta né contro di me, né contro di te.

Fu disgustato lui stesso della piega dei suoi pensieri. Da quando erano così violenti?
“Non è questo il punto.” Continuò Al. “Tu l’avresti usata?”
“Se lui avesse reagito.” Confermò, guardandolo. “Se pensi che là fuori siano tutti come te, Al, ti sbagli di grosso.”
“Già, e se fossero tutti come lui passeremo il giorno a scannarci.” Replicò aspro. “Che diavolo ti sta succedendo, Tom? Non ti sei mai comportato così!”
“Mi aveva infastidito.” Replicò, e suonò inquietante anche a lui. Si morse un labbro, mentre Al lo fissava senza dire niente.

“Devo requisirti la bacchetta?” Gli chiese atono.
“Cosa? Non essere ridicolo…”
“Non lo sono! Perché se vai in giro a minacciare chi ti infastidisce forse davvero, dovrei farlo. La bacchetta serve ad imparare qua dentro, non a minacciare le persone. Mike ci ha provato con me, Montague ti ha infastidito… Quanto ci vorrà prima che…”
“Sta’ zitto!” Sbottò, esasperato. “Non ho tempo per queste idiozie!”
Al si morse un labbro. Tom capì di aver detto, tanto per cambiare, la cosa sbagliata.

Non era vero che le cose si erano risolte tra di loro. L’unica cosa che si era risolta era la tensione sessuale ed emotiva. Lui continuava a mentirgli, e Al continuava ad accorgersene.
E continuo a ferirlo…
“Al…”
“Stai praticamente dicendo che non hai tempo per me.” Gli comunicò. Scartò, quando tento di afferrarlo per un braccio. “Ma l’avevo notato da solo, grazie.”
“Al, non è vero.” Sussurrò, afferrandolo per le spalle, mentre la collera lasciava spazio al panico. “Per favore… Scusa.” Gli impedì di divincolarsi, spingendolo contro il muro. Aveva il terrore che se non l’avesse fatto, gli sarebbe scivolato tra le dita. “Albus, scusami. Non lo faccio più.” Gli sussurrò contro l’orecchio, affrettato. Doveva perdonarlo. Doveva.

Se tu non mi perdoni, io cosa faccio?
Alla fine, lo sentì arrendersi contro di lui. Al non avrebbe mai lottato per allontanarlo. Lo sapeva.  
“Tom… Mi fai preoccupare, lo sai?” Sentì le dita di Al passargli consolatorie lungo la schiena. Aveva le mani calde. Lo tirò giù, per baciarlo, e Tom lo baciò, aggrappandosi come un naufrago ad una scialuppa di salvataggio. Si staccarono, con il fiato corto, per necessità, non per voglia. “Razza di stupido caprone. Smettila di fare il pazzo…”
Non sono pazzo. È che quando ti ha puntato la bacchetta addosso ho pensato che nessuno doveva sfiorarti. Ferirti.

Nessuno.
Tirò un lieve sospiro.
Tranne me.
 
****
 
Hogwarts, Infermeria.
Sei e mezzo di mattina.

 
James si passò una mano sul viso, sbadigliando con molta lena, mentre ritornava nel mondo dei vivi.
Svegliarsi con le ciglia impiastricciate di trucco del giorno prima non era esattamente un risveglio perfetto. Adesso capiva perché le ragazze svernavano in bagno per levarsi quella roba dalla faccia.

Svegliarsi con il viso addormentato di Teddy davanti però era quasi il paradiso.
I capelli erano proprio blu. Quel blu elettrico che conosceva da che aveva memoria. Forse da bambino erano turchesi, ma comunque, blu.
Il mio TeddyBlu.
Da bambino lo chiamava così. Come un grosso orsacchiotto speciale, anche se in realtà Teddy era stato una mezzapippa per anni.
Chissà perché però i muscoli dell’Accademia li ha mantenuti tutti…
Pensò voluttuoso, disegnandogli il profilo della mascella con un dito. Teddy fece un lieve sospiro, ma sembrò gradire il gesto. James ridacchiò.
Devo andarmene prima che arrivi Madama Arpia e ci becchi a farci le coccole come due checche.
Si alzò in piedi e indossò le scarpe, mentre Teddy si muoveva nel letto, con un grugnito ben poco angelico, abbracciando il cuscino ed espandendosi.
James Sirius Potter non aveva rinunciato. Oh, no. Neanche per sogno. Semplicemente…
Ti ho fregato.
Avrebbe aspettato. Paziente, come un… un cobra?
Nah. Serpente. Che orrore. Come un paziente tassorosso, Teddy.
Malfoy aveva ragione. Teddy era solo… lento. Duro di comprendonio. Tardo. Represso.
Lo avrebbe sistemato lui.
Certo, una loro storia era una cosa molto, molto nebulosa nella sua testa. Si immaginava solo di mettergli le mani addosso, sesso a letto e colazioni romantiche in modo francamente imbarazzante. Anche lunghe chiacchierate. Adorava parlare con Teddy. E poi tanto sesso bollente.
Dicono che i mannari su quel lato siano proprio… Beh, lui è un figlio di mannaro, e Vic non si sarebbe tenuto un noioso come lui se non fosse stato in grado di soddisfare le sue voglie francesi.
Sorrise, afferrando un foglio di carta dal bloc-notes che Poppy aveva lasciato sul comodino. Scrisse una breve frase e firmò con uno svolazzo.
Lo guardò dormire. Teddy era bello. Non c’era nessuno bello come quello stupido, per lui. Non solo per i lineamenti regolari e dolci, che aveva ereditato dalla madre (aveva sbirciato le foto) o quei grandi occhi da cagnolino triste … Teddy era bello tutto.
Si chinò, baciandogli le labbra. Teddy sorrise nel sonno.
“Tu aspetta Teddy…” Sogghignò James, prima di raddrizzarsi e uscire, canticchiando. “Aspetta.”

 
****
 
Teddy si svegliò con un braccio addormentato, ossimoro niente male, e un biglietto appiccicato in faccia.
Risveglio curioso, commentò tra sé e sé, staccandolo e leggendo.

Buongiorno Teddy!
Hai i capelli blu!
Baci.
J.
Sorrise, ricordando la sera prima. A dire il vero, non aveva molto da sorridere, considerando che era quasi scampato ad una morte atroce per mano di un aggressore misterioso. Ma per il momento, decise, preferiva risvegliarsi senza pensare alla morte.
James non c’era. Ma era giusto che fosse così. Ignorò una vocetta interiore che esprimeva dissenso e scontento.
Si passò una mano trai capelli colorati, e fu felice per una volta di poter far semplicemente scomparire la barba, invece che doversi rasare. Si affettava sempre come un macellaio.
I miei poteri sono tornati.
La realtà tornò a bussare crudelmente alla sua porta nella persona del Preside e…
… Ovviamente Harry Potter.

Era ovvio che Vitious, dopo un’attenta analisi delle contingenze, avesse preferito chiamare il suo padrino, piuttosto che sua nonna, anziana e sicuramente non d’aiuto in eventuali indagini.
Maledisse la tempra Corvonero del Preside.
“Ciao Teddy.” Lo salutò Harry, con l’aria di essere appena stato tirato giù dal letto e forzato ad una materializzazione. “Come stai?”
“Meglio.” Sorrise, stringendogli la mano. “Davvero, sto bene.”

“Il Preside mi ha raccontato tutto.” Disse, tagliando i convenevoli. “Scusami se sono un po’ brusco, ma…” Esitò, lanciando un’impercettibile occhiata verso Vitious.
“Oh, oh… beh!” Disse l’ometto, capendo al volo. “Vi lascio soli. Sono sicuro che Teddy adesso è in buone mani. Vogliamo tutti che questo episodio venga risolto al più presto.” Soggiunse, facendogli chiaramente capire che qualsiasi cosa fosse uscita da quella conversazione, sarebbe stata la versione definitiva da dare alla scuola.

“Signor Preside, il mio ufficio?” Lo fermò il ragazzo. “Come… è rimasto qualcosa?”
“Non molto, figliolo. Il Signor Malfoy e il Signor Potter hanno domato l’incendio in modo eccellente, ma purtroppo…”
Teddy sentì lo stomaco annodato, pensando a tutti i libri del padre, ai suoi oggetti, divorati dal fuoco. Tutto distrutto.

La rabbia tinse di carminio cupo i suoi capelli. Li mise a tacitare velocemente, forzandosi. “Capisco. Non si è salvato niente…”
Il Grimorio! Quello deve essere ancora integro. Era sotto un incantesimo freddafiamma!
“Mi dispiace davvero Ted...” Scosse la testa il Preside. “Useremo il fondo comune della scuola per ricomprare il necessario.”
“La ringrazio, ma posso pensarci da solo.” Replicò, leggermente indignato.

Certo, tranne i libri di mio padre, i bestiari medioevali
Solo a pensarci gli veniva da rannicchiarsi e piangere. Glissò, con l’abilità di un consumato ventiquattrenne. Quando il Preside li lasciò soli, Harry tirò le tende con un colpo di bacchetta. Sospirò.
“Mi dispiace per i tuoi libri Teddy. So che erano di Remus, e so quanto ci tenessi.”
“Li so a memoria.” Scrollò le spalle, con un sorriso. “E poi… meglio loro, che me.” Disse, con pragmatismo che non sposava affatto.

“Non sono del tutto convinto che tu mi dica la verità, ma…” Sorrise. “Davvero Teddy, stai bene?”
“Ho passato momenti migliori.” Dovette ammettere. “Ma sono vivo.”
“Certo…” Annuì l’uomo. “Naturalmente. Stamattina quando uno dei gufi della scuola mi ha tirato giù dal letto credo di aver perso un paio d’anni di vita. Vitious non è molto bravo a dare notizie di questo genere. Io e Gin abbiamo pensato addirittura che fossi in fin di vita…”
“Mi dispiace!” Mugugnò, sentendosi colpevole a prescindere. “Avrei dovuto mandarvi un gufo io stesso.”
“Merlino, Teddy!” Rise l’uomo. “Sei l’unica persona al mondo che si scusa di essere moribondo!”

Era la stessa cosa che James gli aveva detto la sera prima. Sorrise.
Harry si sedette, incrociando le braccia al petto. “Bene. Sembra che dovrò essere io a farti l’interrogatorio.” Ghignò malandrino. “A quanto pare tutti fraintendono la natura della mia carica. Non che mi spiaccia, si capisce. Amo l’azione.”
Teddy ridacchiò, poi tornò serio. “Harry, qualcuno ieri sera mi ha aggredito.”
L’uomo accolse la notizia senza vacillare. Era chiaro che avesse già ipotizzato una cosa simile. “Riesci a ricordare qualcosa?”

“Non… non del tutto.” Dovette ammettere, sentendosi piuttosto stupido. Era ridicolo il modo in cui si era fatto neutralizzare. “Mi ha preso alle spalle, ed ha utilizzato un incantesimo che mi ha immobilizzato.”
Ed io avrei dovuto essere un auror… Molto meglio come professore, pare.
“Il Petrificus Totalus? La Pastoia Total-Body?” Elencò Harry, un po’ sorpreso. Un allievo Auror era capace di neutralizzare quei semplici incantesimi.
Teddy si sentì arrossire. “Nessuno dei due. Era come se… tutti i muscoli del mio corpo si fossero fatti… di pietra. E mi sentivo schiacciare i polmoni.” Esitò. “È stato come se fosse il peso del mio corpo a schiacciarli.”
“Mai sentito nulla del genere.” Esordì Harry, correggendosi subito dopo. “Con questo non intendo dire che non sia possibile un incantesimo del genere. Solo, non è nel nostro arsenale.”
“Già… in ogni caso, sono riuscito solo a vedere che aveva i capelli neri. Piuttosto alto. Non molto muscoloso, quasi magro direi. Ed era giovane. Un adolescente, credo.”

Harry si morse un labbro, meditabondo. “Adolescente… credi sia stato uno studente quindi?”
“No.” Negò immediatamente. “E non lo dico solo perché sono i miei studenti, ma perché era troppo calmo. Sembrava fingesse di essere un ragazzo. Il modo in cui mi ha parlato, come mi ha aggredito. Ho a che fare con adolescenti tutti i giorni, Harry… e non sono così controllati.” Sospirò. 

“Un camuffamento?”
“Forse.”
“Sai perché era lì?”

Teddy rifletté. “Non lo so. Non era lì per me, comunque. Non si aspettava che tornassi dalla festa, me l’ha… detto. Era piuttosto propenso alle chiacchiere.” Fece una smorfia, al ricordo di quella voce canzonatoria all’orecchio. Se la sarebbe sentita nel sonno a lungo, temeva. “Stava cercando qualcosa. Prima di svenire l’ho visto frugare tra le mie cose. Ma non so cos’ha portato via, o se l’ha fatto.”
Harry annuì, guardando assorto davanti a sé. Sembrava perso in pensieri tutti suoi, ma Teddy sapeva che stava cercando di mettere assieme i pezzi. “Avevi qualcosa di valore? Un libro, uno strumento…”
“Niente che non si possa reperire a Diagon Alley.” Scosse la testa. “I libri, ma non tutti… avevano un valore affettivo, più che altro. Niente che potesse giustificare un furto, veramente.”
“Pensi che possa averlo fatto per spregio allora? Contro di te, magari…”

Ted serrò le labbra: diversamente dal padre non aveva mai avuto problemi di discriminazione. Ma a volte c’era ancora qualcuno che si ricordava che nel suo certificato di nascita c’era appuntato ‘ibrido’. 
“No, lo escludo assolutamente.” Disse però. “Cercava qualcosa Harry. E voleva uccidermi, bruciarmi…” Inspirò lentamente. “… vivo, per evitare che raccontassi a qualcuno di averlo visto lì. Voleva farlo sembrare un incidente. Ero un ostacolo, non un obbiettivo.”
Harry sorrise appena. “Un vero peccato che tu non abbia fatto l’auror, Teddy. Ci servirebbe qualcuno con la tua capacità d’analisi.”
Teddy ricambiò con una smorfia ironica. “Dietro una scrivania forse. Non sono fatto per l’azione. Mi sono fatto fregare come un idiota. James invece… beh, Jamie mi ha salvato la vita.”
“Il Preside me l’ha detto.” Harry stava evidentemente scoppiando di orgoglio. “Se si ricordasse che servono ottimi MAGO per entrare, sarebbe già uno dei miei ragazzi.”
Teddy ridacchiò. “Penserò io a ricordarglielo, non ti preoccupare.” Si sentì appena in colpa, ricordando di cosa con James parlasse ultimamente. Ma fu un attimo. Del resto, al momento, c’era ben altro a cui pensare. “Harry… c’è una cosa.” Doveva dirgli del Grimorio. “Forse so cosa cercava l’aggressore.” Gli fu fatto cenno di andare avanti. “Io… quando è morto Ziel ho fatto l’inventario della sua biblioteca. Ma non ho consegnato tutto al Ministero Tedesco.” Borbottò, sentendosi come un bambino con le mani nella marmellata. “C’era… c’era una cosa che non ho consegnato.”
Harry fece un mezzo sorriso, quasi divertito. “Un libro? Teddy…”
“No, un diario. Cioè. All’inizio sembrava un libro, era trasfigurato. Ho usato il librum reverto ed è diventato un diario. Per la precisione, un grimorio.”

“Ne ho sentito parlare… non sono diari dove i maghi appuntano i propri incantesimi, che poi proteggono con formule o codici?” Aggrottò le sopracciglia: l’unico che avesse mai visto, ad eccezione del libro di ricette culinarie di Molly, era quello di Tom Riddle. Ah, e quello di Piton. Davvero non bei termini di paragone.
“Ziel ne teneva uno, criptato con un codice.” Si morse un labbro. “Non sono riuscito a vincere la curiosità, e l’ho portato nel mio ufficio per lavorarci. Era solo…” I capelli si colorarono di un tenue rosa. “Solo un divertimento innocente. Mi affascinava il codice… Non avevo mai visto niente del genere, e poi non credevo che nessuno avrebbe mai reclamato un diario personale.”
“Curiosità intellettuale, ho capito. Credimi, ci ho convissuto per anni. Hermione.” Spiegò divertito. “Lo sai, mi conosci, non capisco, ma ehm…”
“Accetti.” Sorrise Ted. “In ogni caso, non era un codice. La scrittura era soltanto occultata da un incantesimo freddafiamma.” Davanti all’espressione confusa dell’uomo, si affrettò a spiegare. “Il codice era finto. Non erano che… scarabocchi, non corrispondevano a niente. Ma gettato nel fuoco, le pagine rivelavano ciò che c’era scritto sotto. Ed era in tedesco.”
“Suona complicato.” Ammise Harry, passandosi una mano trai capelli. “Ma è ovvio, Ziel era tedesco, quindi scriveva in tedesco.”
“Esatto. Questa scoperta l’ho fatta ieri sera, poco prima di andare alla festa. Non sono riuscito a leggere molto. Ma c’era il nome di Tom, nel diario.”
“Tom? Il nostro Tom?” Harry sembrò improvvisamente incupirsi. Teddy lo capiva: Tom non era il genere di ragazzo di cui ti preoccupava l’incolumità. Almeno, non solo.

Ma le eventuali implicazioni nella faccenda…
“Thomas Dursley.” Confermò. “Non sono riuscito a leggere altro, perché la professoressa Prynn è venuta a prendermi e…” Fece un gesto stanco. “E poi quando sono tornato…”
“Ti hanno aggredito. Ora il grimorio dov’è?”

Ted scosse la testa. “Deve essersi salvato dall’incendio. Quindi suppongo sia ancora nel mio ufficio.”
“Ma secondo te non c’è, perché l’aggressore cercava quello.”
Teddy annuì, con un lieve sospiro, scrutandolo. Harry aveva solo undici anni quando aveva scoperto che Hogwarts ospitava la Pietra Filosofale. Era abituato sin da bambino a ipotizzare congetture e scoprire connessioni. In quel momento però, gli sembrava confuso quanto lui.

Milly, l’assistente della Chips, si avvicinò a loro con circospezione. Lanciò un’occhiata adorante ad Harry, che si aggiustò gli occhiali, a disagio. “Mi dispiace disturbarvi… ma ci sono visite per lei, professor Lupin.”
“Può dir loro di aspettare?” Chiese Harry, un po’ urtato. Certo, anche lui era un visitatore, ma Morgana Benedetta, non serviva a niente aver sconfitto Voldemort?

“Si tratta di suo figlio e di Dursley, signore. Li ho beccati che gironzolavano attorno all’infermeria.”
“James?” Si bloccò Teddy, schiarendosi poi la voce. “No. Immagino sia Al… Può chiamarli?”
“Saranno quelli mandati in esplorazione.” Rise Harry, mentre l’infermiera tornava indietro.

Poco dopo Al corse dentro. “Teddy!” Esclamò, con occhi grandi di preoccupazione.
Tom arrivò poco dopo. Sembrava assolutamente annoiato da quella faccenda: teneva le braccia incrociate al petto, e se ne stava a minimo due metri di distanza da loro. Teddy si prese la briga di osservarlo, alla luce delle nuove scoperte.

Lo vide guardare Al, insistentemente. Non apertamente, quello no, ma Ted aveva imparato a spiare gli umori altrui, e trarne conclusioni, sin da bambino.
È venuto qui per via di Albus. Non voleva venire qui.
Non gli toglieva gli occhi di dosso. Praticamente non aveva degnato di uno sguardo né lui, né il padrino.
Lo sta sorvegliando. Merlino, perché?
Harry si alzò, stiracchiandosi. “Tom? Ti va di accompagnarmi a fare due passi?”
Il ragazzo si riscosse, quasi sussultò. Per un attimo sembrò che volesse rifiutare. Poi lo vide annuire. “Certo. Ci vediamo a colazione, Al.”
Il ragazzo si voltò, con un mezzo sorriso. “Sicuro. A dopo!”

Quando furono andati via, Al tirò un lieve sospiro, come se si fosse tolto un peso. Almeno, questo sembrò a Ted.
In realtà, Al non si sentiva tranquillo. Tom era nervoso, e non era in grado di sopportare nessuno al momento. Si accorse subito di quanto quel discorso fosse strano.
Non è una specie di psicopatico che va tenuto tranquillo…
Anche se quella mattina aveva avuto degli scatti che, in un certo senso, erano stati preoccupanti.
Parlare con papà gli farà bene. Gli ha sempre fatto bene. Del resto è l’unico che è sempre riuscito a prenderlo per il verso giusto.
Perché allora aveva l’impressione che quella volta non sarebbe stato così?
 
****
 
Il freddo vento ottobrino scompigliava i capelli di entrambi mentre scendevano il crinale, diretti verso la mole lucida e immobile del Lago Nero.
Tom era dimagrito troppo, pensò Harry, guardando il profilo scarno del ragazzo. La camicia che indossava gli stava deplorevolmente larga e le guance scavate avevano un pallore malato.
Era preoccupato: conosceva Thomas da quando era nato. Per anni aveva lottato contro i suoi silenzi e la sua sostanziale incapacità di comunicare disagio.

Da bambini, quando i suoi figli erano scontenti, tristi o semplicemente insoddisfatti, piangevano. Tom si rifugiava in un silenzio ostile, rubando i giocattoli ai fratelli e stringendoseli al petto se tentavano di portarglieli via.
Da ragazzini i suoi figli si imbronciavano o piagnucolavano. Tom spariva da qualche parte, finché, con tanta pazienza da parte sua e di Dudley, non si riusciva a trovarlo.
I suoi figli, adesso, quando non stavano bene, avevano reazioni diverse: Al aveva gli occhi rossi, ma non piangeva. James si infuriava e poi scoppiava in lacrime dentro il proprio cuscino. Lily si scherniva con una battuta e poi crollava in singhiozzi tra le braccia di Ginny.
E in quel momento, Harry sapeva che Tom non stava bene. Lo indovinava dalla piega delle labbra, dal mondo in cui aveva messo distanza tra di loro, mentre camminavano. Dal fatto che non fosse davvero lì con la testa, mentre si sedevano su una panchina, da cui si godeva un’ottima vista della Foresta e della tomba di Silente, che si stagliava candida e immota, nel paesaggio, eterno memento.

“Come va?” Iniziò, piuttosto classicamente.
Tom si strinse nelle spalle. “Bene.” Ci pensò, assottigliando gli occhi. “È stato un periodo movimentato. Lo è stato per tutti.” Concluse.
Harry voleva bene a quel ragazzo magro e silenzioso. E aveva sempre cercato, con la sua goffa emotività da orfano, di dimostrarglielo. Non sapeva se ci fosse riuscito completamente, però.
“Lo è stato per te.” Rispose, togliendosi gli occhiali e pulendoseli distrattamente con il fazzoletto. “Avrei dovuto essere più presente con voi ragazzi, me ne rendo conto. Ma…”
“Ma hai un lavoro, e delle responsabilità.” Tom stirò un sorrisetto. “Non preoccuparti, Harry. Non hai nessuna mancanza per quanto mi riguarda. So cavarmela da solo.”
“Non vuoi parlarmene?” Chiese, gentile, inforcando gli occhiali. Spesso, quando c’era di mezzo Thomas,  pensava, e un po’ se ne vergognava - Cosa avrebbe fatto Silente?

Silente era stato un politico, non certo una figura pedagogica a cui aspirare. Eppure era l’unica figura da cui attingere nel caso di Thomas.  
“Di cosa?” Chiese, lanciandogli un’occhiata valutativa. Calcolatrice. “Di cosa dovrei parlarti Harry?”
“Non saprei. Sembri pensieroso.”
Tom fece un breve sorriso. “Penso, quindi sono.” Parve trovarla una frase piuttosto divertente, perché strinse trai denti una risatina.  

“Risparmiami i giochi di parole, Tom.” Disse, più brusco di quanto non volesse. “So di essere un po’ troppo grande per farti da confidente, e comunque, per questo  c’è Al…”
Tom stavolta ebbe una strana reazione. Il sorriso sembrava divertito, ma l’interno corpo era in tensione.

No, decise Harry, Tom aveva qualcosa che non andava.
“Sto bene.” Sembrò riflettere brevemente. “Credo di aver scoperto molte cose di me, in questo periodo. Credo di capirmi meglio.”
Harry non trovava Thomas illuminato dalla luce della consapevolezza interiore. Sembrava, a dirla tutta, piuttosto nervoso. Qualcosa nella piega della bocca era instabile. “Sono contento per te. Ma credo avresti bisogno di riposarti.” Suggerì pacato. “Come ho detto, è stato un periodo di forte stress per tutti. Credo che quest’anno dovresti prendere in considerazione l’idea di non tornare subito al Castello, dopo le feste. Resta un po’ con la tua famiglia.” 
Sta lontano da Hogwarts mentre cerco di capire com’è che tu sei sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato… e perché in ogni cosa che è successa c’è il tuo nome, Tom.
La reazione del ragazzo fu inaspettata. Si alzò di scatto dalla panchina, fulminando con lo sguardo. “Tipico di te, zio Harry. È un consiglio o un ordine?”
Harry batté le palpebre, sorpreso. Era diventato aggressivo di colpo, e certo, non se lo aspettava. Ma era un adolescente, si disse.

Alla sua età l’instabilità emotiva faceva da cornice alle mie giornate…
“Non è un ordine, non sei certo uno dei miei auror!” Sorrise, cercando di suonare comprensivo. “Solo un consiglio. Ehi,  puoi tornare quando vuoi  al castello. Pensavo solo che ai tuoi avrebbe fatto piacere averti a casa.” Cercò il suo sguardo, volutamente. “Mi preoccupo per te. Sono il tuo padrino.”  
Tom non rispose subito. Lo vide contrarre e decontrarre i pugni, come in un riflesso nervoso, mentre probabilmente decideva se parlare.
“Mi sento…” Scollò dal palato alla fine. E sembrava pesare ogni singola parola come un macigno. “Mi sento sempre così arrabbiato...” Sussurrò, senza guardarlo. “Continuamente.” 
Harry sentì prepotente la sensazione di flashback assalirlo. Aveva quindici anni quando aveva detto una cosa simile a Sirius, a Grimmauld Place. Tom aveva il suo stesso sguardo nudo, spaventato.
Fu un attimo però. Tom richiuse violentemente lo spiraglio che aveva aperto. Serrò la mascella, raddrizzandosi. “Ma credo seguirò il tuo suggerimento, Harry.” Disse, pacato. “Rimarrò un po’ di più a casa, quest’anno.”
Lo vide allontanarsi. Non tanto fisicamente, aveva solo fatto qualche passo verso il Castello, ma emotivamente. Stava prendendo le distanze. Harry si alzò, prendendolo per un braccio.
“Tom… sono qui per te.” Una volta sarebbe bastato a frenarlo, calmarlo. 
Si sentì invece fissato con uno sguardo incolore. “Non è vero. Sei qui per Ted. Per l’incendio.”
Harry non riuscì a ribattere. Avrebbe dovuto, ma Harry non era solo Harry. Era anche Harry Potter, purtroppo. “Ti devo chiedere se…”
“Se c’entro qualcosa?” Lo bloccò. Fece un sorriso sottile. “Con l’incendio all’ufficio di Lupin?”
“Merlino, no! Volevo solo sapere se avevi visto qualcosa, se…”
Tom sembrava furioso. E anche, orribile a dirsi, trionfante. Come se avesse avuto la conferma di qualcosa che sospettava già da tempo.

“Sono stato tutta la sera con Al, chiedilo a lui.” Diede uno strattone al braccio, liberandosi. “Mi dispiace, ma devo andare a colazione.”
“Aspetta!” Non era mai stato bravo con gli slanci fisici, si disse. Perché avrebbe dovuto capire che un adolescente infuriato non andava toccato.
Tom gli tirò letteralmente una spinta. “Non toccarmi. Non sono tuo figlio.” Ringhiò. Il suono fu quello. Un basso suono di gola, orribilmente simile a quello di un lupo preso in trappola. Harry pensò che avrebbe potuto persino attaccarlo, se avesse continuato.

Lo guardò risalire per la collina. Pensosamente, si sfregò la cicatrice.
 
 
****
 
Little Hangleton, interno mattina.
 
“Sì signore, ho con me il Grimorio. Certo, Signore, è andato tutto liscio…”
Tranne per qualche trascurabile particolare. Possibile che ci sia sempre qualche discendente dei Potter a mettere i bastoni tra le ruote? La cosa ha francamente del ridicolo.

“Sì, signore. Adesso è in mio possesso. Naturale… sì, naturale signore. Il piano va avanti. Sì, Signore. Adesso inizia la seconda parte del piano.”
 
****
 
Note:
Capitolo di passaggio lo so, non succede granché. Chiedo venia, ma non tutti possono essere farciti di avvenimenti campali. :P
Harry è Rob Lowe. Non sempre, naturalmente. Ma guardate l’immagine. È il mio Harry, perlomeno. ;)
  
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