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Autore: Dryas    31/01/2010    2 recensioni
L’odio, la vendetta, i pugni stretti nell’oscurità. Sentimenti che hanno avvolto l’anima e il cuore di Neji Hyuga, diventando la sua ragione di vita. Un’ingiusta condanna, un’esistenza negata, un isolamento forzato, in attesa di ottenere la sua rivincita. E tutto sarebbe andato secondo i suoi piani se non fosse stato per una sconosciuta ninja di Konoha, la senza cognome Tenten. La sua indesiderata presenza, la sua incosciente fiducia, le sue paure riuscirono a riaprire ferite così profonde che Neji pensava di aver messo al sicuro, lontano dallo sguardo di tutti.
Una difficile battaglia tra amore e odio, tra vita e morte. Chi vincerà?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hinata Hyuuga, Neji Hyuuga, Rock Lee, Tenten | Coppie: Neji/TenTen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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NOTE DELL’AUTORE
Dopo millenni, ritorno a pubblicare … dal secondo capitolo. Ho deciso di revisionare la Fanfiction e ho cambiato troppe cose per poter mantenere i vecchi capitoli. Spero che anche la nuova versione vi piaccia, la mia speranza è che sia più scorrevole e chiara.
Buona lettura! 




SECONDO CAPITOLO


 -Prigioniera-










Neji Hyuga. Neji Hyuga. Chi diavolo è Neji Hyuga?”
Parole sussurrate in una stanza fosca, alla luce di una sola forte candela. Vicino ad essa, sul tavolo disordinato di carte e libri, si trovava l’origine di quella voce. Una giovane donna, con gli occhi chiusi e i capelli arruffati, muoveva lentamente la bocca ripetendo quella cantilena.
La sua testa era stancamente appoggiata al tavolo, e il suo corpo completamente sdraiato su di esso.
-il tuo compito è decifrare il sigillo, non dormire-
La voce, fredda e severa, che risuonò alle sue spalle la fece sussultare per la paura. Sollevò il capo con uno scatto e altrettanto velocemente si voltò, trovandosi di fronte un uomo, alto e dal viso irsuto: Neji Hyuga.
-non stavo dormendo- si difese -stavo pensando-
-non vedo la differenza- continuò l’altro con superiorità -il tuo lavoro non lo stavi facendo-
-tanto non ho scoperto nulla di nuovo- rispose debolmente la ragazza, scorgendo una smorfia di fastidio sul suo volto.
-non pensavo che ninja di Konoha fossero così inutili- commentò acido l’uomo -sempre che tu sia di Konoha-
-certo che lo sono- rispose l’altra - ma non passo le mie giornate a decifrare codici. Io combatto e vado in missione con la mia squadra, non faccio il topo di biblioteca, Neji Hyuga-
-hai imparato il mio nome, che brava-
-i miei compagni ti conoscevano. Perché?- domandò la ragazza prendendo coraggio -sei anche tu di Konoha?-
-non sono affari tuoi, donna- rispose irritato Neji.
-mi chiamo Tenten- lo corresse altrettanto infastidita -e vorrei capire che cosa sta succedendo, se non ti dispiace-
-sì che mi dispiace- la fermò l’altro -finiscila di fare domande che non avranno risposta. Così peggiori solo la tua situazione-
-dove sono Gai Rock Lee?- chiese ignorandolo -almeno questo potresti dirmelo-
-sei sorda per caso? Ti ho detto di stare zitta-
Tenten seguì caldamente seguito il consiglio, notando lo sguardo carico d’odio rivolto verso di lei. Si rassegnò così a non avere risposte nemmeno per quel giorno, il settimo da quando si trovava lì, in quel luogo sconosciuto e piuttosto decadente.
Era entrata di sua spontanea volontà, con Gai e Rock Lee per cercare riparo dalla tempesta che li aveva sorpresi. Non avrebbe mai pensato di fare quella fine, prigioniera per un motivo che nemmeno conosceva.
Ed era sola.
-facciamo un patto. Se tu vinci, io ti dirò dei tuoi compagni-
Incuriosita e spaventata da quelle parole, Tenten lo guardò di nuovo.
-per dimostrarmi che sei un vero ninja di Konoha, combatterai contro di me. Nel caso tu vinca, risponderò alle tue domande-
Non che Tenten avesse avuto dei dubbi, ma quell’uomo era certamente un ninja. Lo si vedeva dal modo in cui si guardava attorno, dalla sua attenzione ai dettagli e dalla forza fisica che solo l’aspetto lascia intuire.
Esitò, i suoi occhi, chiari e profondi, le mettevano paura. Vi leggeva il desiderio di sfida, ma anche crudeltà e sicurezza. Non sarebbe stato un avversario facile.
Bisognava poi considerare che nemmeno Gai e Rock erano riusciti a sconfiggerlo, se non erano ancora corsi a liberarla.
-se non l’hai capito è un ordine- insistette Neji di fronte al suo silenzio -quindi alzati e seguimi-
Tenten sospirò, rassegnata ad obbedire. Lo seguì fuori dalla stanza in cui ogni giorno la portava per “svolgere il suo compito”, e si incamminarono per corridoi che non aveva mai percorso.
Si fermarono di fronte a una porta scorrevole in legno. Dopo averle lanciato un’occhiata, Neji l’aprì mostrando la palestra all’interno.
La ragazza salì il gradino che portava sulla piattaforma e si mise di fronte all’uomo che la stava aspettando. Con gli occhi bassi fissava il parquet in legno chiaro che copriva il pavimento.
-se davvero sai combattere, forse per prima cosa ti converrebbe guardarmi-
Tenten alzò lo sguardo aggrottando le sopracciglia. Lo trovò già in posizione di combattimento e i suoi occhi chiari la fissavano intensamente, con sarcasmo. Timidamente anche lei alzò le mani e sistemò i piedi, imitandolo, ma la sua espressione non cambiò. Ad un tratto, però, Neji abbandonò la posizione d'attacco.
-non mi sforzo nemmeno di cominciare- disse -sarebbe inutile-
-sono pronta ora- aggiunse l’altra.
-non è vero- ribatté -la tua faccia dice che non hai un briciolo di combattività. Saresti al tappeto due secondi dopo aver cominciato-
A quel punto anche Tenten rilassò i muscoli, abbassando le braccia.
-se mi ridessi le mie armi potrei impegnarmi di più- lo provocò.
-scordatelo- rispose duro l’altro -è così che fanno ora a Konoha? Insegnano solo una disciplina per studente? Sono caduti davvero in basso-
-non è così- disse Tenten rimettendosi in posizione.
Neji fece altrettanto. A rompere la situazione di calma fu la ragazza che si precipitò correndo a colpire il suo avversario. Il pugno diretto al viso non andò a segno e nemmeno i successivi. Ogni mossa veniva prontamente fermata o evitata.
Cercò di passare ad azioni più elaborate e più efficaci ricordandosi degli insegnamenti di Maito Gai. Tuttavia il suo nemico non sembrava per nulla stupito o quanto meno non mostrava alcuna difficoltà nell’affrontarla. Stanca e ansimante fu allora costretta a fermarsi: il suo corpo non reggeva più.
-hai già finito?- domandò l’uomo a qualche metro di distanza da lei -non mi hai dato una grande dimostrazione-
Risparmiando il fiato, Tenten ripartì all’attacco, ma nel momento di allungare il braccio e caricare di energia il polso, le gambe le diventarono molli, facendola sbilanciare in avanti. Approfittando di quel momento di debolezza, Neji scansò il colpo, ormai morto, diretto al suo viso per caricare il proprio e colpire la ragazza allo stomaco.
Tenten sentì le nocche schiacciarsi contro la sua pelle e premere verso l’interno con tanta forza da farla cadere all’indietro. Stesa a terra, cominciò a tossire stringendosi lo stomaco. Non notò che il suo avversario si stava avvicinando nuovamente e fu presa alla sprovvista quando la sollevò da terra afferrandola per il collo della maglia.
-e questo cos’era?- le domandò irritato -ti stai prendendo gioco di me?-
La ragazza non rispose, né lo guardò negli occhi. Le dita, però, le si strinsero tremanti e arrabbiate, chiudendosi in due impotenti pugni. Con un rapido gesto, poi, le portò di fronte a sé, appoggiandole al petto di Neji e spingendolo lontano. Riuscì così a liberarsi dalla sua presa e ad allontanarsi ad una distanza di sicurezza.
Dopo attimi di silenzio in cui si sentiva solo il respiro pesante di Tenten, l’uomo si mosse verso la porta scorrevole ancora aperta. La ragazza seguì i suoi piedi, domandandosi cosa avesse in mente.
-ti riporto alla tua cella- le disse poi Neji e la ragazza, tranquillizzandosi, lo seguì.
A mano a mano che avanzavano Tenten si domandava se anche all’andata il percorso fosse stato così lungo. Temeva di non farcela, di crollare prima di raggiungere l’unico posto che in quel momento riteneva sicuro. La vista era offuscata e i muscoli già deboli rischiavano di abbandonarla da un momento all’altro.
Quando arrivarono di fronte all’ormai familiare porta smussata agli angoli superiori, evitò di mostrare il viso, immaginando il pallore che lo colorava.
Per quel giorno si era mostrata sufficientemente debole.











   
 
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