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ELEVEN DAYS
CAPITOLO 9
DISCLAIMER: tutti i personaggi che appartengono al manga Detective Conan sono di Gosho Aoyama.
Dediche:
a tutti coloro che leggono, grazie.
Note:
Amore, mistero… ma anche cultura con questa fanfic!
^__^ Ahaha! Oggi visita dei nostri a Castel Sant’ Angelo! Spero non vi annoierà, comunque
è giusto una paginetta! Ma prima… rechiamoci dal
Mahatma… che forse deve dirci qualcosa di interessante.
_________
GIORNO 8
Baaaaah… altro che
vacanza! Sarebbe stato meglio se ce ne fossimo stati a Tokyo! Secondo me stiamo sprecando i nostri giorni in Italia! – si
lamentava Kogoro, stiracchiandosi sul sedile posteriore del taxi che stava
conducendo lui e il piccolo Conan a casa del Mahatma.
L’avventura della
sera precedente li aveva stancati molto, in particolare Conan, che era stato
quasi stritolato da un esaltato, e che col suo fisico da bambino certo non
poteva permettersi tutti questi sconvolgimenti!
Naturalmente però,
il fuoco del sapere, la voglia quasi innata che animava Shinichi
nel risolvere i casi era tale, che sembrava muovere da sola
quel piccolo corpo da bimbo di sette anni.
Conan ascoltava in
silenzio le lamentele del “collega” mentre, con l’aria ancora assonnata
guardava fuori dal finestrino il paesaggio che gli
scorreva davanti agli occhi…
Tutto era molto
diverso dalla Roma che aveva visto finora… ai palazzi barocchi e rinascimentali
si erano sostituiti grossi agglomerati urbani, palazzi spesso usurati di
svariati piani, abitati da gente che certamente non poteva permettersi un qualsiasi
appartamento al centro dalla città.
Non era però qui
che si trovava il Mahatma.
Come tutte le
persone di una certa età benestanti e con un minimo di buon senso, egli aveva
deciso di non abitare nel caos del centro metropolitano, ma di godersi la pace
e la tranquillità delle campagne.
Così, scivolata
via dai quartieri residenziali, l’auto con a bordo i
due si trovò a percorrere una stradina circondata dal verde dei campi immensi,
colorati a tratti dall’oro delle spighe che ondeggiavano leggiadre al passaggio
della vettura.
Mentre
osservava la natura nella quale era immerso, Conan pensava a cosa potesse star
facendo Ran adesso…;
La sera prima,
quando tornarono dalla loro esperienza nella confraternita, la trovò al letto a
riposare, con il televisore della stanza ancora acceso, sintonizzato sui canali
giapponesi che l’hotel metteva a disposizione dei numerosi turisti del Sol
Levante mediante parabola.
Probabilmente
pensò che stesse cercando di rimanere sveglia in
attesa del suo ritorno, perché non era da lei addormentarsi senza spengere la
TV, e non potendola ringraziare in altro modo le si avvicinò e le tirò il
lenzuolo sino a coprirle le spalle, altrimenti con quell’aria
condizionata si sarebbe buscata sicuramente un gran raffreddore.
Questa mattina invece,
si era dovuto alzare presto per andare a svegliare Kogoro, e lei era ancora lì
che dormiva… sembrava che nel sonno stesse sorridendo,
e Conan si chiese se magari non avesse davvero sognato di lei e Shinichi, come aveva sperato la sera prima.
Prima di
andarsene, le lasciò un biglietto sul comodino, rassicurandola del fatto che
stesse bene, e che avrebbero finalmente passato un altro
pomeriggio tutti insieme.
Ora che ci ripensava, non era più molto sicuro di quella promessa.
Ogni volta, ad
ogni interrogatorio, dopo ogni incontro, veniva a conoscenza
di qualcosa di nuovo, che poteva significare tutto, come poteva essere niente,
e si sentiva così costretto ad altre indagini, togliendo spazio al tempo da
passare con Ran.
“Quando finalmente tornerò grande…” pensò, fissando il
riflesso del suo volto sul finestrino dell’auto “ti prometto che passeremo
tutti i pomeriggi che vuoi insieme, Ran…”
L’auto si fermò di
fronte ad un cancello di una proprietà privata.
I due scesero
pagando la corsa, e soffocati dal grande caldo che
sembrava addirittura triplicato per via della differenza di temperatura tra
l’interno della vettura, che aveva l’aria condizionata, e l’esterno, suonarono
al campanello del signor MARINI ANGELO.
Kogoro: Ah, allora
è così che si chiama…
Eheh! – rise Conan divertito… -
un santone come lui non poteva che chiamarsi Angelo!
Kogoro: Già! Ahah!
“Sì? Chi è?” – una voce metallica interruppe i due.
Signor Marini, sono l’ispettore Kogoro Mori – fece avvicinando la
bocca al citofono.
“Ah prego, entri pure!”
rispose il Mahatma cordialmente, e subito dopo la serratura
del cancello scattò.
Il
villino del signor Marini
era piuttosto simile a quello della famiglia Ricci, nonostante fosse un po’ più
piccolo.
L’edificio,
circondato dal piccolo giardino, aveva l’ingresso principale dalla parte
opposta a quella del cancello dal quale i due giapponesi erano entrati, così
che il Mahatma si apprestò ad andargli incontro per fargli strada all’interno
di casa.
Sulla facciata
proprio di fronte a loro un delizioso pergolato ombreggiava
un tavolino di legno piuttosto nuovo, con sopra un paio di libri aperti…;
probabilmente il Mahatma, nelle ore meno calde della giornata, passava
lì il suo tempo a leggere e coltivare i propri studi.
“Benvenuti, vi
aspettavo un po’ più tardi… scusate se dentro c’è un po’ di disordine” li
salutò il padrone di casa conducendoli per il giardino verso la parte opposta
dell’edificio.
A prima vista, i
due quasi non credettero che quell’uomo
che li stava accompagnando in casa sua fosse la stessa persona così “luminosa”
e piena di carisma che avevano visto solamente la sera
prima. Il signor Angelo Marini, spoglio delle vesti del Mahatma, appariva come
una semplice persona di una certa età, che vive da solo nella quiete della sua
casa di campagna, per non essere disturbato da tutte quelle che uno come lui avrebbe probabilmente definito “diavolerie
infernali del XXI secolo!”
La stessa sua voce
calma e pacata, che la sera prima era stata intuita da
tutti i presenti come prova di grande bontà e di pace interiore, adesso
appariva a Conan solamente come un segno di introversione e debolezza
dell’uomo.
Marini li fece accomodare nel piccolo salone della sua casa, che era
diviso dalla cucina da un muro piuttosto basso. A differenza di quanto aveva
detto il Mahatma la casa non era affatto in disordine,
ma questi continuava ripetutamente a scusarsi, quasi dando ai nervi!
“Posso offrirvi
del the freddo? Con questo caldo credo ci voglia proprio, non è così?”
“Oh sì, grazie
molte!” risposero i due detective, che avevano effettivamente una gran sete.
Mentre il signor Marini si recava in cucina per prendere bottiglia
e bicchieri, Conan, seduto sulla poltrona, continuava a guardarsi incontro per
capire che tipo di uomo fosse in realtà il Mahatma. Era chiaro che viveva da solo, in quanto si era dimostrato un perfetto
cicerone e, cosa più importante, non compariva nessun altro nome oltre al suo,
sia sul citofono che sulla buca delle lettere, così pensò che
nell’organizzazione del proprio ambiente domestico, si potesse riflettere
almeno una parte della personalità dell’unico inquilino.
Come aveva già
notato, tutto era assurdamente in ordine, nessuna cosa fuori
posto, il pavimento e le finestre erano tirati a lucido, i libri negli
scaffali erano addirittura disposti per grandezza e gradazione di colore!
Non potevano
mancare ovviamente, tutte ben disposte in file regolari, le cornici con le fotografie di lui in versione Mahatma, e dei vari incontri e
celebrazioni con gli altri aderenti la confraternita…
“Accidenti, ma
dove avrò messo i bicchieri più grandi…”
penso ad alta voce il signor Marini mentre rovistava all’interno degli
scaffali e sopra le mensole della sua cucina.
Conan sorrise… un
tipo così ordinato e preciso e non trova nemmeno dei bicchieri in casa sua,
nonostante nessuno possa averglieli spostati, dato che
abita da solo…; e poi quelle foto appese alle pareti…: tanta severità per non
far trapelare l’appartenenza alla confraternita, e lui addirittura ne mette in
bella mostra le prove?
Con un balzo scese
dal divano e si avvicinò ad una di queste foto… la cornice ed il vetro erano stati puliti sicuramente da poco, Conan riusciva a
sentire l’odore dello spray utilizzato…; la carta da parati dalle tinte tenui
era piuttosto vecchia, e inscurita dal tempo e dalla polvere.
Il piccolo spostò
di un tanto la cornice, di nuovo sorrise sicuro e la
rimise dritta.
“Conan, torna qui,
che diavolo stai combinando?” gli disse Kogoro mentre prendeva dal vassoio portato dal signor Marini un bicchiere di the
alla pesca.
“Scusa, arrivo
subito!”. Prese anch’egli un bicchiere e si sedette accanto a Kogoro.
Marini: Allora… di
cosa volevate parlarmi? O meglio… so di cosa… ma cosa
volete chiedermi, ecco tutto.
Kogoro si schiarì
la voce.
“Vede, ci risulta,
da alcune testimonianze forniteci, lei ed altri suoi come dire…discepoli, siate
entrati in forte contrasto, nell’ultimo periodo con professor Adelmo Ricci, il
famoso scienziato, candidato numero uno per vincere il
premio delle scienze di quest’anno, che è stato
trovato ucciso ultimamente… è vero questo?”
Marini rimase un
po’ in silenzio, guardando il ghiaccio muoversi nel the, mentre lui faceva
roteare lievemente il bicchiere, come fanno i grandi intenditori di whisky.
Prese un profondo respiro e posò il bicchiere sul basso tavolinetto
di fronte a sé, dopodiché inizio a parlare.
“Beh… quel che
dice lei, ispettore… è decisamente vero” commentò
tranquillo e con semplicità il santone “…non posso certo negare che io ed il
signor Ricci su tutti, abbiamo avuto delle piccole divergenze di opinioni
riguardo alla gestione della confraternita; come non posso negare che egli è
purtroppo, e mi creda ispettore ne sono davvero rammaricato, morto a pochi
giorni di distanza da una nostra discussione un po’ forse forte ecco…”
“Ci è stato riferito che lei avrebbe minacciato di morte il
professor Ricci, nel caso avesse tradito la setta, è vero questo?” continuò
Kogoro
L’uomo sembrò non
perdere la sua calma abituale, abbassò un attimo la testa e subito dopo tornò a
fissare i due ospiti…
“Sì, anche questo
è vero… ma vede… ho detto così, e sono stato anche appoggiato da gli adepti che da più tempo frequentano la confraternita,
solamente perché non voglio che se ne sappia nulla in giro, e se mai si
presentasse il caso di dover mandare via qualcuno, lo si impaurisce un po’ per
assicurarsi che non parli…non avevo certo intenzione di uccidere il professore
per una simile cosa…comunque è vero che ho detto quelle parole…”
Conan e Kogoro lo
ascoltavano attentamente. Quasi sembrava che fosse tornato a vestire il saio
rosso che la sera prima lo aiutava a distinguersi tra la massa di suoi
seguaci…; evidentemente era un tipo che con la dialettica e l’arte oratoria ci
sapeva ben fare...; proseguì.
“Ma è altrettanto
vero, e mi perdoni detective se questo può sembrarle mancanza di rispetto nei
suoi confronti, non è assolutamente mia intenzione, dicevo… è altrettanto vero,
che il signor Ricci è stato sbranato dal suo cane… ed io” abbozzò una risata
“per quanto poco affascinante possa essere alla mia
età, non posso comunque davvero essere scambiato per un cane. Perciò, chiedo ora a lei… perché sono sospettato detective?”
Il
vecchio Mori sembrava
veramente spiazzato dalle parole dell’uomo! Il signor Ricci
era stato trovato sbranato nel giardino di fronte la sua camera da letto dal suo
stesso cane, un grosso pastore tedesco di nome Zeus. Punto. Cosa
c’entrava quest’uomo?? Cosa
c’entravano la moglie, il signor Manara, quel diavolo invisibile di William Cavenaghi… niente! Assolutamente niente!
Ma allora perché dal giorno del funerale non
faceva che compiere indagini, interrogare persone, valutare situazioni (in
realtà pensava di averlo fatto, ma non lo ha fatto quasi mai…; c’era chi lo
faceva in sua vece) invece di godersi la sua vacanza gratuita?
Era lui…sì…si era
fatto trascinare nelle indagini da quel piccoletto con gli occhiali, e senza
quasi rendersene conto lo seguiva come se i ruoli dei due fossero invertiti…
non riusciva assolutamente a crederci.
Kogoro: Ecco…io…
Conan: Signor
Marini, il detective Kogoro si è preso la briga di far luce sulla strana
scomparsa del professore, sul perché tutto a un tratto
il suo cane gli si sia rivoltato contro e lo abbia ucciso…; lei sapeva forse
che la moglie del professore era in gioventù una molto abile addestratrice di
cani?
Marini: No… non lo
sapevo, non so molto riguardo le vite private dei miei
disc…
Conan proseguì
incalzante, senza permettere all’uomo di terminare la frase
“E immagino non sappia nemmeno che per colpa della vostra
confraternita, il signor Ricci tornava sempre più spesso a casa tardi la sera
e, allo scopo di conservare il segreto che lei ha imposto ai membri
dell’associazione, non poteva parlarne alla moglie, che di conseguenza aveva
iniziato a diventare sempre più gelosa e ad inasprire i rapporti col consorte?”
“No… ve lo ha
detto lei questo?”
“Alcune cose…alle
altre ci si arriva semplicemente mettendo insieme i pezzi di un puzzle, proprio
come ieri sera ha fatto il detective Kogoro in una delle sue famose dormite”.
“Ah sì?” pensò
Kogoro perplesso;
“Supponiamo di
star costruendo un puzzle, partendo dal un solo pezzo.
Questo pezzo, guardandolo ci può sembrare una striscia pedonale, se si inizia a comporlo senza conoscere quale sarà la figura
finale; ma piano piano, unendo altri pezzi, ci si
accorge che quel piccolo pezzo a strisce verticali bianche e nere non
rappresenta delle strisce pedonali, bensì il corpo di una zebra.
E può darsi anche
che, aggiungendo altri pezzi al puzzle, nel caso non ci apparisse
chiaro e completo, possiamo venire a scoprire che quella zebra non è un animale
vero e proprio, ma la stampa su una maglietta di un ragazzo!
Noi abbiamo
collezionato tanti piccoli pezzi, alcuni si incastonano
tra loro alla perfezione, altri sono poco chiari, altri invece totalmente
incongruenti…; ma se trovassimo il pezzo con su disegnato il muso della zebra,
capiremmo anche che il pezzo con il quale siamo partiti non rappresenta delle
strisce pedonali, ma il corpo dell’animale. Ed è questo “muso di zebra” che noi
stiamo cercando da lei… anche se non sappiamo se lo possieda o
meno.”
Il Mahatma rimase
di stucco.
Un bambino di quell’età era stato capace di un discorso tanto
interessante quanto completo, da lasciarlo sbalordito. Pensava di poter avere
la situazione dell’interrogatorio in pugno, perché nulla dell’omicidio era
attribuibile a lui, e si sarebbe quasi divertito a
prendersi gioco dell’investigatore arrivato addirittura dal Giappone!
Invece era stato quasi messo alle corde da un
bambino.
Nei suoi pensieri,
dopo quella sua uscita nei confronti di Kogoro, il discorso si sarebbe dovuto
chiudere lì, ed i due se ne sarebbero presto andati.
A
quanto pare, si era
sbagliato.
“E…credete di
sapere qual è il ‘muso di zebra’
che cercate”?
“Probabilmente è…”
tentò di rispondere Conan, ma le sue parole vennero
superate dalla voce più potente di Kogoro
“Probabilmente è
conoscere l’identità di un certo William Cavenaghi!
Lei lo conosce, Marini? La pregherei di non mentire!”
“Mi dispiace ma…
io non ho mai sentito il nome di questo tizio, non so chi sia!”
“Ne è sicuro?” lo incalzò il detective
“Ma sì certo…;
William Cavenaghi, un nome così particolare… non avrei potuto scordarmelo facilmente! Sa, anche se l’età
avanza, il mio cervello continua a trottare come una volta…” e si sforzò questa volta di sorridere.
“Capisco… credo
che a questo punto non possiamo chiederle altro…; una sola cosa però... Conan
ha raccontato che mentre frugava nell’archivio della sua confraternita, ha
notato che la scheda riguardante il signor Ricci
mancava… l’ha per caso fatta sparire lei, per nascondere qualcosa?”
“Assolutamente
no!” rispose quasi spiazzato dalla domanda il signor Marini, agitando
freneticamente le mani di fronte a sé “l’unico motivo per il quale quella
scheda non c’era più è perché ero a riordinare
l’archivio quando appresi della morte del professore… e siccome ormai non
avrebbe potuto essere più tra noi, era normale che togliessi, non senza dolore
mi creda, la sua scheda…”
A questo punto
pareva veramente tutto.
La delusione si
leggeva chiaramente sulla faccia di Conan, anche questa visita non si era rivelata
altro che un buco nell’acqua, e tutto sembrava così vago e incerto…; cominciò a
pensare che forse, anche se il suo istinto che mai lo aveva tradito prima d’ora
gli diceva il contrario, forse la morte del professore è stata solamente una
tragica, assurda, incredibile fatalità.
Quando si era
alzato dal divano, ed era andato a spostare le cornici ,
notò che la parte di parete sotto di esse, che di solito è quella che si
impolvera di meno, era sporca allo stesso modo di tutta la carta da parati; ciò
stava a significare che il Mahatma non teneva mai quelle cornici attaccate, ma
se ne stava coi muri sempre spogli.
Per preservare la
sua immagine di Santone sicuramente non doveva ricevere spesso visite, e quando
le riceveva non lo faceva sicuramente in casa, ma di fronte ad un detective non
poteva rifiutare… così aveva addobbato le camere di tutte quelle foto che
ritraevano la setta e lui stesso, solo per dare anche a quella comunissima
casa, una parvenza di spiritualità, un qualcosa di continuativo
con la setta insomma…; Era evidentemente un uomo che teneva molto alle
apparenze, al contrario di tutta la spiritualità che professava… lo dimostrava
anche il fatto che la casa era perfettamente in ordine, ma lui non trovava i
bicchieri grandi, nonostante anche la cucina fosse ordinata come le altre
stanze.
Poteva dimostrare
che quell’ordine “apparente” non era certo l’usanza
di quel villino.
Era molto deluso,
quasi rassegnato.
Alcuni pezzi del
suo puzzle si mettevano assieme, altri combaciavano a fatica, altri ancora
invece parevano totalmente estranei alla figura che si voleva scoprire…;
rimaneva la curiosità di svelare l’identità di questo Cavenaghi,
l’unico che nei racconti, oltre alla moglie del professore, è stato descritto
in qualche rapporto con Zeus, quello che i giornali italiani avevano già
battezzato “il cane killer”.
Ma probabilmente
anche il fatto delle domande di Cavenaghi su Zeus
alla signora Ricci non erano altro che una semplice
coincidenza, un normale processo dei rapporti umani insomma… d’altronde chi non
fa domande al padrone di un cane grande e bello come quello…?;
Probabilmente
aveva perso gran parte dei suoi giorni di vacanza dietro qualcosa
che non esisteva, ed ora che pareva accorgersene il periodo in Europa stava per
finire…
Così decise che nel
pomeriggio sarebbero andati tutti assieme in giro per Roma, come non erano mai
riusciti a fare sino ad allora.
Salutato e
ringraziato il signor Marini per la gentile
collaborazione, attesero il taxi che li avrebbe ricondotti all’ Hotel.
Trovarono Ran proprio
nei pressi dell’edificio, che reggeva alcune buste della Benetton
in mano, mentre osservava divertita l’Onix Store che era di fronte…
“Ran, quanto hai
ancora intenzione di spendere??” tuonò Kogoro facendola sobbalzare dallo
spavento!
“Pa…papà, che paura! Ma eccovi finalmente! Dove vi siete cacciati tutto questo
tempo, si può sapere?”
“Eheh, eravamo andati a far visita a degli amici” intervenne
il piccolo
“Questo pomeriggio
però voglio che andiamo tutti assieme in qualche bel posto, e non ditemi che avete
altri impegni capito!!?”
“No, oggi andremo tutti insieme ovunque vorrai…” e guardandola negli occhi le
sorrise.
Solo lei sapeva
fargli dimenticare i suoi dispiaceri.
******
Roma, Castel Sant’Angelo , ore 17:00
E finalmente, eccoli
di nuovo tutti e quattro assieme!
A guardarli, non sembravano di certo due detective, uno scienziato ed il capitano di
un club di karate…; no, con gli zaini sulle spalle,
muniti ognuno di macchina fotografica e col professor Agasa
con gli occhi perennemente fissi sul monitor della sua telecamera, non erano
altro che dei normalissimi turisti giapponesi!
Ed in fin dei conti, era proprio ciò che Conan,
almeno per questo pomeriggio, voleva apparire, per dimenticarsi un po’ degli
ultimi giorni.
Il sole, che li
aveva accolti e accompagnati sin dal loro arrivo, questo pomeriggio era
oscurato da nuvoloni grigi carichi di pioggia, e
finalmente l’aria era un po’ più fresca, quasi frizzante…!
Anche Conan si sentiva un po’ così, quasi libero
da un peso.
Scesi dal pullman
turistico che li aveva accompagnati da Via del Corso, passando per i colorati
giardini di Piazza Venezia, costeggiando l’imponente e marmorea mole
dell’Altare della Patria, fino a tuffarsi, come in un incredibile e
meraviglioso viaggio nel tempo, tra le
rovine dei Fori imperiali, gli antichi centri della vita cittadina della
potente Roma dell’impero, passando quasi impauriti, ma forse è meglio dire con
una sorta di “timore reverenziale”, ai piedi di quella incredibile
costruzione di archi sovrapposti che era l’Anfiteatro Flavio, meglio conosciuto
in tutto il mondo come il Colosseo; arrivarono così sino
a quello che oggi viene chiamato Castel Sant’Angelo, dove una guida era ad attenderli.
Seguendo la guida,
assieme ad altri turisti, attraversarono il ponte che sovrasta
il Tevere, fermandosi quasi ogni 2 metri per fotografare le 10 statue di marmo rappresentanti
degli angeli che ne adornavano i parapetti in tutta la sua lunghezza.
Accanto alla guida
c’era il nostro Kogoro, che fiero guardava la sua polaroid appena scattata,
dov’era in posa impettita accanto ad un uomo vestito da gladiatore, mentre
sullo sfondo si notava Ran con una faccia rassegnata che lo guardava mettendosi
le mani tra i capelli.
“Non avrei mai
pensato che ci fosse un castello da queste parti!” parlò quasi a sé stesso il
detective Mori, ma le sue parole furono ascoltate dalla guida, che così e
approfittò per iniziare il suo discorso, imponendo lo stop al gruppo di
turisti, appena tutti avessero attraversato il ponte.
“In realtà, quello
che ora viene chiamato Castel
Sant’Angelo, non fu costruito con l’intento di
fungere da castello, bensì da Mausoleo, da tomba insomma!”
“Da…da tomba?!? O_o” esclamò uno spaventato Kogoro!
“Andiamo papà, di
cosa hai paura, che ci siano gli spettri forse?”
“Ran, non si può mai
sapere ricordati!”
“Ma piantala…” sospirò il piccolo Conan
“Il nome originale infatti,” riprese la guida, una giovane signorina di
origini giapponesi, ma che si era trasferita in Italia a soli 7 anni “era il
Mausoleo di Adriano, voluto da lo stesso imperatore Adriano e che doveva
fungere da tomba per sé e per i suoi successori; pensate che fu eretto nel 76
dopo Cristo, a quasi 2000 anni di distanza!;
“Incredibile!”
esclamò il professor Agasa, molto affascinato da
discorsi di questo tipo
“Già, tuttavia la
forma che vedete adesso non è quella originale. Prima
c’era solo una larga base rettangolare, sulla quale si ergeva una costruzione
cilindrica, in cima alla quale stava una quadriga bronzea guidata dallo stesso
Adriano; fu nel 400 d.C. circa che intorno a questa costruzione venne eretto un muro di cinta, quando già il Mausoleo non
aveva più la sua antica funzione di tomba, e fu allora che iniziò a venir
chiamato ‘castello’.”
Il gruppo di
turisti ascoltava attentamente, e tra una pausa e l’altra fotografava la
costruzione che gli si presentava di fronte.
“Ma come mai si chiama Sant’Angelo?
Forse per via degli angeli lungo il ponte?” chiese Ran, che da quando aveva
rivisto Shinichi, dopo un primo periodo un po’ di
preoccupazione e di timore, era di nuovo allegra e
piena di iniziativa!
“Giusta
osservazione,” sorrise la guida, “ma non è proprio
così. Il nome di “Sant’Angelo” deriva da una leggenda
romana molto antica, risalente all’anno 590 d.C. Si
dice infatti che in quell’anno ci fu a Roma una grave
pestilenza, ed il nuovo Papa, per scongiurarla, indì
una processione penitenziale che avrebbe dovuto attraversare tutta la città.
Quando la
processione giunse qui però, si narra che fu visto
librarsi in aria l’Arcangelo Michele, che rinfoderava la spada fiammeggiante,
simbolo evidente della fine della peste.
In onore a quell’episodio e in ringraziamento all’Arcangelo, al
Mausoleo fu dato il nome di Sancti Angeli, e
in cima ad esso fu posta la statua di Michele, che poi
nel corso degli anni è stata cambiata sette volte per varie ragioni, come
l’usura ed addirittura un esplosione causata da un fulmine che fece scoppiare
la polveriera e tutto il torrione!”
“E bravo
Michelino…” disse Conan a Ran sorridendo, riferendosi all’angelo del fuoco di Angel Sanctuary.
“Una polveriera?
Ma allora divenne quasi una fortezza!” chiese il professore
“Sì, nel corso
degli anni cambiò assai spesso custode, il cosiddetto castellano, iniziando da
Adriano e i suoi successori, fino ai vescovi, i Papi e l’esercito, fino ad
arrivare ai giorni nostri, dove è diventato un
bellissimo museo. Ora se volete seguirmi, possiamo entrare…”
“Titutitutitutitu!! Titutitutitutitu!!” la melodia quasi sconclusionata di un telefonino interruppe per
un attimo la guida. Il professor Agasa,
accorgendosi che si trattava del suo, piuttosto imbarazzato cominciò a palparsi
il petto e i fianchi in cerca dell’apparecchio finché non lo trovò e
completamente rosso in volto rispose!
“Che campagnolo…” mormorò Kogoro sdegnato
“Ah..? Ah è lei
professor Rooney! Sì mi dica? COSA???
Be…bene, benissimo!!! Sì ne sarà felicissimo! Grazie
ancora! Ci vediamo presto!”
Conan, che sperava
di aver intuito le parole del professor Rooney
si precipitò verso Agasa, gli occhi che pieni di
speranza cercavano in quelli del professore un cenno positivo, rassicurante!
Il professore da
parte sua, si chinò un poco e ponendogli le mani sui fianchi lo tirò su per
guardarlo faccia a faccia e con gli occhi lucidi gli sorrise
bonariamente…
“A quanto pare sembra che questa sarà una delle ultime volte
che avrò bisogno di prenderti in braccio per guardarti dritto negli occhi…”
“Grazie
professore…” rispose un Conan visibilmente emozionato… quasi non riusciva a trattenersi
“Hey, vi volete muovere????” Urlò
Kogoro ai due, che erano rimasti ovviamente indietro, mentre la gran parte dei
turisti era già entrata; Ran invece, li attendeva guardandoli, con le spalle
appoggiate sulle pietre antiche delle mura del castello.
“Ahah, e di che!” rispose Agasa e poi
quasi sottovoce… “…ha detto che il composto è quasi pronto, è solo questione di
giorni…; domani ci ha invitati in un piccolo studio che ha affittato per il suo
soggiorno qui, per fare gli ultimi test…; ma adesso…è meglio goderci questo pomeriggio tutti insieme no? Forza, entriamo!”
“Sì, entriamo!”
sorrise il piccolo, e dopo che il professore lo ebbe rimesso sulla
terra ferma corse verso l’entrata, tenendo da bravo bambino, la mano di
Ran stretta nella sua.
* * * * * *
Era sera, e un
tipico acquazzone estivo si stava abbattendo sulla città.
La pioggia tintinnava
sui vetri della stanza di Conan, che sdraiato supino sul letto se ne stava ad
ascoltare un po’ di radio, in attesa che Ran finisse
di cambiarsi per andare a cena.
Fuori, le luci
della città parevano sfumate dall’acqua che scendeva
copiosa, mentre in lontananza il fragore dei tuoni riempiva l’aria, e il vento
sibilava duro.
“E’ stata una
bella gita, vero Conan?” disse Ran dal bagno, ma la sua voce era quasi
totalmente coperta dal rumore del phon
“Come scusa?”
“Dicevo… è stato bello oggi a Castel Sant’Angelo vero?”
“Ah…sì! Molto!”
“Che bello se fossimo stati tutti…”
“Ma Ran, c’eravamo già tutti…!”
“No, come al solito mancava una persona…” nella sua voce c’era molta
malinconia; Conan capì ciò che la ragazza voleva dire, ma non le rispose.
Durante il ritorno
tra auto e metro, si era fatto dare dal professor Agasa
alcuni resoconti che il professore aveva raccolto tra i suoi colleghi riguardo
Ricci. A quanto pare, non riusciva a togliersi la
questione dalla mente.
Il professore
aveva “scoperto” che Ricci, sebbene fosse sempre considerato una persona poco
affidabile, in quanto si continuava a vociferare delle
sue cattive compagnie, che poi si era visto non fossero realmente tali, era
comunque uno scienziato di tutto rispetto; nell’ultimo premio delle scienze
infatti, 5 anni fa, si classificò al secondo posto, ma quest’anno
quasi a detta di tutti era il favorito! Assieme al suo gruppo di lavoro, che è
quasi indispensabile per questo tipo di attività,
aveva architettato qualcosa di assolutamente straordinario! Di più non aveva
saputo… o meglio… solo cose di minima importanza, riguardo i
suoi inizi ecc…
“Povero
professore…” pensò Conan.
Le nubi, che fuori
scaricavano violentemente l’acqua di cui erano pregne, tornavano ancora una
volta ad addensarsi nella mente di Conan, che non era
riuscito a trovare una spiegazione logica, una soluzione alternativa alla morte
del professore.
Aveva con sé
tanti, troppi indizi… e forse nessuna prova.
Tra un paio di
giorni sarebbero tornati in Giappone, e allora si sarebbe dimenticato di tutto
ciò.
No, non ci sarebbe
riuscito. Il pensiero che non possa essere stata una
morte così casuale lo assillava, soprattutto perché il suo intuito gli diceva
che non era così!
Ran canticchiava i
motivetti che passavano in radio, mentre ancora si fonava
e pettinava i lunghi capelli.
“Ok… solo questa volta, solo un’ultima volta…; riordino
tutti gli elementi, penso a tutti i possibili sospettati… e poi, se non ne cavo
un ragno dal buco, non ci penso più a questa diavolo
di faccenda!” pensò Conan, deciso a provare ancora a fare un po’ di luce.
“Sì, credo mi sarà
molto utile… è sarà utile anche ai poveri lettori, che
a questo punto avranno dimenticato qualche particolare!!”
“il prof. Ricci viene aggredito da quattro sconosciuti mentre si trova all’Elba in vacanza; accusa di essere stato punto da un ago ma le analisi dicono che non ci sono problemi di nessun tipo e le indagini per rivelare l’identità dei quattro tizi finiscono ancor prima di cominciare.
Torna a casa e la notte viene ucciso dal suo cane mentre era uscito, probabilmente per prendere un po’ di fresco; infatti nonostante il caldo incredibile di questi giorni dormiva con le finestre chiuse e senza condizionatore! E la scientifica ha dichiarato che i suoi vestiti erano bagnati di sudore.
La moglie ha da sempre addestrato i cani e da un po’ c’era maretta tra di loro…mmm… ma è quasi impossibile far cambiare comportamento ad un cane che è stato educato sin da piccolo ad amare e rispettare il proprio padrone…;
Questo William Cavenaghi poi…non sono riuscito a capire chi cavolo sia, e se effettivamente possa essere immischiato nella faccenda! Magari è un semplice appassionato di cani…;
Rimane il Mahatma! Ma, se andiamo ad analizzare le dinamiche dell’assassinio il sospetto su di lui cade clamorosamente! Il movente lo ha pure, ma… nonostante si mostri come un santone è una persona comunissima e non ha mai avuto rapporti “lavorativi” con animali di nessun tipo, né tantomeno con l’ipnosi! Ricci è stato ucciso da Zeus, non da un uomo…;
Il professor Rooney…ma anche lui… il movente della competizione non regge molto, è una cosa tipica di questo campo… e poi non aveva nessun rapporto con Ricci e anche lui non ha dimestichezza coi cani! Anzi, - si ricordò Conan - c’è pure allergico!
E se fosse stato Manara? Non ho indagato a fondo su di lui, magari ci sono moventi che non conosco…ma mi sembra tutto così assurdo…ed anche per lui poi vale lo stesso discorso del Mahatma e di Rooney…chi può ipnotizzare un cane!!
Ho come la sensazione che manchi qualcosa, e c’ho mi fa venire i nervi…!
“Toc toc!” bussarono alla porta, e Conan fu improvvisamente svegliato dai suoi pensieri, con un balzo scese dal letto e andò ad aprire.
“Ah professore salve! State scendendo per mangiare?”
“Sì Conan, vi aspettiamo giù! Intando prendi…” – ed offrì a Conan un bicchiere di aperitivo che stavano servendo nella hall; il professore poi si chinò un poco , per parlare più confidenzialmente col ragazzo
“Conan, potresti avvertire il professor Rooney che domani non possiamo andare in mattinata? Sai, sono molto stanco e vorrei riposare…”
“Certo! Ma scusi, non può dirglielo lei?”
“Non ti ricordi che aveva detto di non chiamarlo sul cellulare, ma di chiamarlo nella sua stanza di hotel? [non vi ricordate? Capitolo 5!] Così ti aveva appuntato su un foglietto il suo numero…
“Ah sì ha ragione!” vado in corridoio e lo chiamo immediatamente!”
“Va bene, allora ti aspetto qui!” e rimase con le braccia conserte di fronte l’uscio, proprio accanto al telefono.
Conan bevve un sorso dell’aperitivo, ed i suoi pensieri tornarono sul caso, e su ciò che mancasse… stranamente sentiva di essere vicino, molto vicino…
“Ma dove ho messo quel foglietto?”
Si ricordò poi che era nella tasca del camice bianco che gli era stato dato quando si era trasformato, frugò un po’ nell’armadio finché non lo trovò…; andò diretto al taschino interno ed estrasse il foglio, ripiegato in più parti.
“Ran, io faccio una chiamata!!”
“Va bene, io intanto scendo, vado alla sala ristorante! Mi raccomando non ci mettere una vita!” gli rispose Ran che aveva appena finito di pettinarsi, e scese di corsa le scale salutando il professore.
“Ma sentila… -_- “
Andò nel piccolo corridoio della sua stanza, e per arrivare alla cornetta fu costretto a prendere uno sgabello. Riprese in mano il bicchiere d’aperitivo e spiegò il foglietto…
CRASH!!!
In mille pezzi.
Conan si era lasciato sfuggire di mano il bicchiere, che ora brillava nella sua moltitudine di vetri a terra, riverso nell’aperitivo rosso fuoco… il ragazzo però pareva non curarsene affatto, e guardava il telefono con gli occhi sbarrati.
Il professor Agasa subito corse verso di lui!
“Conan! Ma si può sapere che cosa combini? Che succede?”
“E’…è terribile…”
“Cosa Conan, cosa stai dicendo?!”
Si voltò verso Agasa con le lacrime agli occhi…
“Questa sera dopo cena faccia quello che le dico. Ho capito…chi è l’assassino.”