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Autore: Shinta    16/10/2003    3 recensioni
Le speranza di Conan di tornare Shinichi, i sentimenti di Ran, una strana uccisione, scienziati e sette sataniche... amore e mistero; tutto questo in questa fic.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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GIORNO 4

11

ELEVEN DAYS

 

CAPITOLO 9

 

 

DISCLAIMER: tutti i personaggi che appartengono al manga Detective Conan sono di Gosho Aoyama.

Dediche: a tutti coloro che leggono, grazie.

Note: Amore, mistero… ma anche cultura con questa fanfic! ^__^ Ahaha! Oggi visita dei nostri a Castel Sant’ Angelo! Spero non vi annoierà, comunque è giusto una paginetta! Ma prima… rechiamoci dal Mahatma… che forse deve dirci qualcosa di interessante.

_________

GIORNO 8

 

 Baaaaah… altro che vacanza! Sarebbe stato meglio se ce ne fossimo stati a Tokyo! Secondo me stiamo sprecando i nostri giorni in Italia! – si lamentava Kogoro, stiracchiandosi sul sedile posteriore del taxi che stava conducendo lui e il piccolo Conan a casa del Mahatma.

 

L’avventura della sera precedente li aveva stancati molto, in particolare Conan, che era stato quasi stritolato da un esaltato, e che col suo fisico da bambino certo non poteva permettersi tutti questi sconvolgimenti!

Naturalmente però, il fuoco del sapere, la voglia quasi innata che animava Shinichi nel risolvere i casi era tale, che sembrava muovere da sola quel piccolo corpo da bimbo di sette anni.

 

Conan ascoltava in silenzio le lamentele del “collega” mentre, con l’aria ancora assonnata guardava fuori dal finestrino il paesaggio che gli scorreva davanti agli occhi…

Tutto era molto diverso dalla Roma che aveva visto finora… ai palazzi barocchi e rinascimentali si erano sostituiti grossi agglomerati urbani, palazzi spesso usurati di svariati piani, abitati da gente che certamente non poteva permettersi un qualsiasi appartamento al centro dalla città.

Non era però qui che si trovava il Mahatma.

Come tutte le persone di una certa età benestanti e con un minimo di buon senso, egli aveva deciso di non abitare nel caos del centro metropolitano, ma di godersi la pace e la tranquillità delle campagne.

Così, scivolata via dai quartieri residenziali, l’auto con a bordo i due si trovò a percorrere una stradina circondata dal verde dei campi immensi, colorati a tratti dall’oro delle spighe che ondeggiavano leggiadre al passaggio della vettura.

Mentre osservava la natura nella quale era immerso, Conan pensava a cosa potesse star facendo Ran adesso…;

La sera prima, quando tornarono dalla loro esperienza nella confraternita, la trovò al letto a riposare, con il televisore della stanza ancora acceso, sintonizzato sui canali giapponesi che l’hotel metteva a disposizione dei numerosi turisti del Sol Levante mediante parabola.

Probabilmente pensò che stesse cercando di rimanere sveglia in attesa del suo ritorno, perché non era da lei addormentarsi senza spengere la TV, e non potendola ringraziare in altro modo le si avvicinò e le tirò il lenzuolo sino a coprirle le spalle, altrimenti con quell’aria condizionata si sarebbe buscata sicuramente un gran raffreddore.

 

Questa mattina invece, si era dovuto alzare presto per andare a svegliare Kogoro, e lei era ancora lì che dormiva… sembrava che nel sonno stesse sorridendo, e Conan si chiese se magari non avesse davvero sognato di lei e Shinichi, come aveva sperato la sera prima.

Prima di andarsene, le lasciò un biglietto sul comodino, rassicurandola del fatto che stesse bene, e che avrebbero finalmente passato un altro pomeriggio tutti insieme.

Ora che ci ripensava, non era più molto sicuro di quella promessa.

Ogni volta, ad ogni interrogatorio, dopo ogni incontro, veniva a conoscenza di qualcosa di nuovo, che poteva significare tutto, come poteva essere niente, e si sentiva così costretto ad altre indagini, togliendo spazio al tempo da passare con Ran.

Quando finalmente tornerò grande…” pensò, fissando il riflesso del suo volto sul finestrino dell’auto “ti prometto che passeremo tutti i pomeriggi che vuoi insieme, Ran…”

 

L’auto si fermò di fronte ad un cancello di una proprietà privata.

I due scesero pagando la corsa, e soffocati dal grande caldo che sembrava addirittura triplicato per via della differenza di temperatura tra l’interno della vettura, che aveva l’aria condizionata, e l’esterno, suonarono al campanello del signor MARINI ANGELO.

 

Kogoro: Ah, allora è così che si chiama…

Eheh! – rise Conan divertito… - un santone come lui non poteva che chiamarsi Angelo!

Kogoro: Già! Ahah!

 

“Sì? Chi è?” – una voce metallica interruppe i due.

 

Signor Marini, sono l’ispettore Kogoro Mori – fece avvicinando la bocca al citofono.

 

“Ah prego, entri pure!” rispose il Mahatma cordialmente, e subito dopo la serratura del cancello scattò.

 

Il villino del signor Marini era piuttosto simile a quello della famiglia Ricci, nonostante fosse un po’ più piccolo.

L’edificio, circondato dal piccolo giardino, aveva l’ingresso principale dalla parte opposta a quella del cancello dal quale i due giapponesi erano entrati, così che il Mahatma si apprestò ad andargli incontro per fargli strada all’interno di casa.

Sulla facciata proprio di fronte a loro un delizioso pergolato ombreggiava un tavolino di legno piuttosto nuovo, con sopra un paio di libri aperti…; probabilmente il Mahatma, nelle ore meno calde della giornata, passava lì il suo tempo a leggere e coltivare i propri studi.

 

“Benvenuti, vi aspettavo un po’ più tardi… scusate se dentro c’è un po’ di disordine” li salutò il padrone di casa conducendoli per il giardino verso la parte opposta dell’edificio.

A prima vista, i due quasi non credettero che quell’uomo che li stava accompagnando in casa sua fosse la stessa persona così “luminosa” e piena di carisma che avevano visto solamente la sera prima. Il signor Angelo Marini, spoglio delle vesti del Mahatma, appariva come una semplice persona di una certa età, che vive da solo nella quiete della sua casa di campagna, per non essere disturbato da tutte quelle che uno come lui avrebbe probabilmente definito “diavolerie infernali del XXI secolo!”

La stessa sua voce calma e pacata, che la sera prima era stata intuita da tutti i presenti come prova di grande bontà e di pace interiore, adesso appariva a Conan solamente come un segno di introversione e debolezza dell’uomo.

 

Marini li fece accomodare nel piccolo salone della sua casa, che era diviso dalla cucina da un muro piuttosto basso. A differenza di quanto aveva detto il Mahatma la casa non era affatto in disordine, ma questi continuava ripetutamente a scusarsi, quasi dando ai nervi!

 

“Posso offrirvi del the freddo? Con questo caldo credo ci voglia proprio, non è così?”

“Oh sì, grazie molte!” risposero i due detective, che avevano effettivamente una gran sete.

 

Mentre il signor Marini si recava in cucina per prendere bottiglia e bicchieri, Conan, seduto sulla poltrona, continuava a guardarsi incontro per capire che tipo di uomo fosse in realtà il Mahatma. Era chiaro che viveva da solo, in quanto si era dimostrato un perfetto cicerone e, cosa più importante, non compariva nessun altro nome oltre al suo, sia sul citofono che sulla buca delle lettere, così pensò che nell’organizzazione del proprio ambiente domestico, si potesse riflettere almeno una parte della personalità dell’unico inquilino.

Come aveva già notato, tutto era assurdamente in ordine, nessuna cosa fuori posto, il pavimento e le finestre erano tirati a lucido, i libri negli scaffali erano addirittura disposti per grandezza e gradazione di colore!

Non potevano mancare ovviamente, tutte ben disposte in file regolari, le cornici con le fotografie di lui in versione Mahatma, e dei vari incontri e celebrazioni con gli altri aderenti la confraternita…

 

“Accidenti, ma dove avrò messo i bicchieri più grandi…”  penso ad alta voce il signor Marini mentre rovistava all’interno degli scaffali e sopra le mensole della sua cucina.

Conan sorrise… un tipo così ordinato e preciso e non trova nemmeno dei bicchieri in casa sua, nonostante nessuno possa averglieli spostati, dato che abita da solo…; e poi quelle foto appese alle pareti…: tanta severità per non far trapelare l’appartenenza alla confraternita, e lui addirittura ne mette in bella mostra le prove?

Con un balzo scese dal divano e si avvicinò ad una di queste foto… la cornice ed il vetro erano stati puliti sicuramente da poco, Conan riusciva a sentire l’odore dello spray utilizzato…; la carta da parati dalle tinte tenui era piuttosto vecchia, e inscurita dal tempo e dalla polvere.

Il piccolo spostò di un tanto la cornice, di nuovo sorrise sicuro e la rimise dritta.

 

“Conan, torna qui, che diavolo stai combinando?” gli disse Kogoro mentre prendeva dal vassoio portato dal signor Marini un bicchiere di the alla pesca.

“Scusa, arrivo subito!”. Prese anch’egli un bicchiere e si sedette accanto a Kogoro.

 

Marini: Allora… di cosa volevate parlarmi? O meglio… so di cosa… ma cosa volete chiedermi, ecco tutto.

Kogoro si schiarì la voce.

“Vede, ci risulta, da alcune testimonianze forniteci, lei ed altri suoi come dire…discepoli, siate entrati in forte contrasto, nell’ultimo periodo con professor Adelmo Ricci, il famoso scienziato, candidato numero uno per vincere il premio delle scienze di quest’anno, che è stato trovato ucciso ultimamente… è vero questo?”

 

Marini rimase un po’ in silenzio, guardando il ghiaccio muoversi nel the, mentre lui faceva roteare lievemente il bicchiere, come fanno i grandi intenditori di whisky. Prese un profondo respiro e posò il bicchiere sul basso tavolinetto di fronte a sé, dopodiché inizio a parlare.

 

“Beh… quel che dice lei, ispettore… è decisamente vero” commentò tranquillo e con semplicità il santone “…non posso certo negare che io ed il signor Ricci su tutti, abbiamo avuto delle piccole divergenze di opinioni riguardo alla gestione della confraternita; come non posso negare che egli è purtroppo, e mi creda ispettore ne sono davvero rammaricato, morto a pochi giorni di distanza da una nostra discussione un po’ forse forte ecco…”

 

Ci è stato riferito che lei avrebbe minacciato di morte il professor Ricci, nel caso avesse tradito la setta, è vero questo?” continuò Kogoro

L’uomo sembrò non perdere la sua calma abituale, abbassò un attimo la testa e subito dopo tornò a fissare i due ospiti…

“Sì, anche questo è vero… ma vede… ho detto così, e sono stato anche appoggiato da gli adepti che da più tempo frequentano la confraternita, solamente perché non voglio che se ne sappia nulla in giro, e se mai si presentasse il caso di dover mandare via qualcuno, lo si impaurisce un po’ per assicurarsi che non parli…non avevo certo intenzione di uccidere il professore per una simile cosa…comunque è vero che ho detto quelle parole…”

 

Conan e Kogoro lo ascoltavano attentamente. Quasi sembrava che fosse tornato a vestire il saio rosso che la sera prima lo aiutava a distinguersi tra la massa di suoi seguaci…; evidentemente era un tipo che con la dialettica e l’arte oratoria ci sapeva ben fare...; proseguì.

 

“Ma è altrettanto vero, e mi perdoni detective se questo può sembrarle mancanza di rispetto nei suoi confronti, non è assolutamente mia intenzione, dicevo… è altrettanto vero, che il signor Ricci è stato sbranato dal suo cane… ed io” abbozzò una risata “per quanto poco affascinante possa essere alla mia età, non posso comunque davvero essere scambiato per un cane. Perciò, chiedo ora a lei… perché sono sospettato detective?”

 

Il vecchio Mori sembrava veramente spiazzato dalle parole dell’uomo! Il signor Ricci era stato trovato sbranato nel giardino di fronte la sua camera da letto dal suo stesso cane, un grosso pastore tedesco di nome Zeus. Punto. Cosa c’entrava quest’uomo?? Cosa c’entravano la moglie, il signor Manara, quel diavolo invisibile di William Cavenaghi… niente! Assolutamente niente!

Ma allora perché dal giorno del funerale non faceva che compiere indagini, interrogare persone, valutare situazioni (in realtà pensava di averlo fatto, ma non lo ha fatto quasi mai…; c’era chi lo faceva in sua vece) invece di godersi la sua vacanza gratuita?

Era lui…sì…si era fatto trascinare nelle indagini da quel piccoletto con gli occhiali, e senza quasi rendersene conto lo seguiva come se i ruoli dei due fossero invertiti… non riusciva assolutamente a crederci.

 

Kogoro: Ecco…io…

Conan: Signor Marini, il detective Kogoro si è preso la briga di far luce sulla strana scomparsa del professore, sul perché tutto a un tratto il suo cane gli si sia rivoltato contro e lo abbia ucciso…; lei sapeva forse che la moglie del professore era in gioventù una molto abile addestratrice di cani?

Marini: No… non lo sapevo, non so molto riguardo le vite private dei miei disc…

 

Conan proseguì incalzante, senza permettere all’uomo di terminare la frase

 

E immagino non sappia nemmeno che per colpa della vostra confraternita, il signor Ricci tornava sempre più spesso a casa tardi la sera e, allo scopo di conservare il segreto che lei ha imposto ai membri dell’associazione, non poteva parlarne alla moglie, che di conseguenza aveva iniziato a diventare sempre più gelosa e ad inasprire i rapporti col consorte?”

 

“No… ve lo ha detto lei questo?”

 

“Alcune cose…alle altre ci si arriva semplicemente mettendo insieme i pezzi di un puzzle, proprio come ieri sera ha fatto il detective Kogoro in una delle sue famose dormite”.

“Ah sì?” pensò Kogoro perplesso;

“Supponiamo di star costruendo un puzzle, partendo dal un solo pezzo. Questo pezzo, guardandolo ci può sembrare una striscia pedonale, se si inizia a comporlo senza conoscere quale sarà la figura finale; ma piano piano, unendo altri pezzi, ci si accorge che quel piccolo pezzo a strisce verticali bianche e nere non rappresenta delle strisce pedonali, bensì il corpo di una zebra.

E può darsi anche che, aggiungendo altri pezzi al puzzle, nel caso non ci apparisse chiaro e completo, possiamo venire a scoprire che quella zebra non è un animale vero e proprio, ma la stampa su una maglietta di un ragazzo!

Noi abbiamo collezionato tanti piccoli pezzi, alcuni si incastonano tra loro alla perfezione, altri sono poco chiari, altri invece totalmente incongruenti…; ma se trovassimo il pezzo con su disegnato il muso della zebra, capiremmo anche che il pezzo con il quale siamo partiti non rappresenta delle strisce pedonali, ma il corpo dell’animale. Ed è questo “muso di zebra” che noi stiamo cercando da lei… anche se non sappiamo se lo possieda o meno.”

Il Mahatma rimase di stucco.

Un bambino di quell’età era stato capace di un discorso tanto interessante quanto completo, da lasciarlo sbalordito. Pensava di poter avere la situazione dell’interrogatorio in pugno, perché nulla dell’omicidio era attribuibile a lui, e si sarebbe quasi divertito a prendersi gioco dell’investigatore arrivato addirittura dal Giappone!

Invece era stato quasi messo alle corde da un bambino.

Nei suoi pensieri, dopo quella sua uscita nei confronti di Kogoro, il discorso si sarebbe dovuto chiudere lì, ed i due se ne sarebbero presto andati.

A quanto pare, si era sbagliato.

 

“E…credete di sapere qual è ilmuso di zebra’ che cercate”?

“Probabilmente è…” tentò di rispondere Conan, ma le sue parole vennero superate dalla voce più potente di Kogoro

“Probabilmente è conoscere l’identità di un certo William Cavenaghi! Lei lo conosce, Marini? La pregherei di non mentire!”

“Mi dispiace ma… io non ho mai sentito il nome di questo tizio, non so chi sia!”

Ne è sicuro?” lo incalzò il detective

“Ma sì certo…; William Cavenaghi, un nome così particolare… non avrei potuto scordarmelo facilmente! Sa, anche se l’età avanza, il mio cervello continua a trottare come una volta…” e si sforzò questa volta di sorridere.

“Capisco… credo che a questo punto non possiamo chiederle altro…; una sola cosa però... Conan ha raccontato che mentre frugava nell’archivio della sua confraternita, ha notato che la scheda riguardante il signor Ricci mancava… l’ha per caso fatta sparire lei, per nascondere qualcosa?”

“Assolutamente no!” rispose quasi spiazzato dalla domanda il signor Marini, agitando freneticamente le mani di fronte a sé “l’unico motivo per il quale quella scheda non c’era più è perché ero a riordinare l’archivio quando appresi della morte del professore… e siccome ormai non avrebbe potuto essere più tra noi, era normale che togliessi, non senza dolore mi creda, la sua scheda…”

 

A questo punto pareva veramente tutto.

La delusione si leggeva chiaramente sulla faccia di Conan, anche questa visita non si era rivelata altro che un buco nell’acqua, e tutto sembrava così vago e incerto…; cominciò a pensare che forse, anche se il suo istinto che mai lo aveva tradito prima d’ora gli diceva il contrario, forse la morte del professore è stata solamente una tragica, assurda, incredibile fatalità.

Quando si era alzato dal divano, ed era andato a spostare le cornici , notò che la parte di parete sotto di esse, che di solito è quella che si impolvera di meno, era sporca allo stesso modo di tutta la carta da parati; ciò stava a significare che il Mahatma non teneva mai quelle cornici attaccate, ma se ne stava coi muri sempre spogli.

Per preservare la sua immagine di Santone sicuramente non doveva ricevere spesso visite, e quando le riceveva non lo faceva sicuramente in casa, ma di fronte ad un detective non poteva rifiutare… così aveva addobbato le camere di tutte quelle foto che ritraevano la setta e lui stesso, solo per dare anche a quella comunissima casa, una parvenza di spiritualità, un qualcosa di continuativo con la setta insomma…; Era evidentemente un uomo che teneva molto alle apparenze, al contrario di tutta la spiritualità che professava… lo dimostrava anche il fatto che la casa era perfettamente in ordine, ma lui non trovava i bicchieri grandi, nonostante anche la cucina fosse ordinata come le altre stanze.

Poteva dimostrare che quell’ordine “apparente” non era certo l’usanza di quel villino.

Era molto deluso, quasi rassegnato.

Alcuni pezzi del suo puzzle si mettevano assieme, altri combaciavano a fatica, altri ancora invece parevano totalmente estranei alla figura che si voleva scoprire…; rimaneva la curiosità di svelare l’identità di questo Cavenaghi, l’unico che nei racconti, oltre alla moglie del professore, è stato descritto in qualche rapporto con Zeus, quello che i giornali italiani avevano già battezzato “il cane killer”.

Ma probabilmente anche il fatto delle domande di Cavenaghi su Zeus alla signora Ricci non erano altro che una semplice coincidenza, un normale processo dei rapporti umani insomma… d’altronde chi non fa domande al padrone di un cane grande e bello come quello…?;

Probabilmente aveva perso gran parte dei suoi giorni di vacanza dietro qualcosa che non esisteva, ed ora che pareva accorgersene il periodo in Europa stava per finire…

Così decise che nel pomeriggio sarebbero andati tutti assieme in giro per Roma, come non erano mai riusciti a fare sino ad allora.

Salutato e ringraziato il signor Marini per la gentile collaborazione, attesero il taxi che li avrebbe ricondotti all’ Hotel.

Trovarono Ran proprio nei pressi dell’edificio, che reggeva alcune buste della Benetton in mano, mentre osservava divertita l’Onix Store che era di fronte…

 

“Ran, quanto hai ancora intenzione di spendere??” tuonò Kogoro facendola sobbalzare dallo spavento!

Pa…papà, che paura! Ma eccovi finalmente! Dove vi siete cacciati tutto questo tempo, si può sapere?”

Eheh, eravamo andati a far visita a degli amici” intervenne il piccolo

“Questo pomeriggio però voglio che andiamo tutti assieme in qualche bel posto, e non ditemi che avete altri impegni capito!!?”

“No, oggi andremo tutti insieme ovunque vorrai…” e guardandola negli occhi le sorrise.

 

Solo lei sapeva fargli dimenticare i suoi dispiaceri.

 

******

 

Roma, Castel Sant’Angelo , ore 17:00

 

E finalmente, eccoli di nuovo tutti e quattro assieme!

A guardarli, non sembravano di certo due detective, uno scienziato ed il capitano di un club di karate…; no, con gli zaini sulle spalle, muniti ognuno di macchina fotografica e col professor Agasa con gli occhi perennemente fissi sul monitor della sua telecamera, non erano altro che dei normalissimi turisti giapponesi!

Ed in fin dei conti, era proprio ciò che Conan, almeno per questo pomeriggio, voleva apparire, per dimenticarsi un po’ degli ultimi giorni.

Il sole, che li aveva accolti e accompagnati sin dal loro arrivo, questo pomeriggio era oscurato da nuvoloni grigi carichi di pioggia, e finalmente l’aria era un po’ più fresca, quasi frizzante…!

Anche Conan si sentiva un po’ così, quasi libero da un peso.

Scesi dal pullman turistico che li aveva accompagnati da Via del Corso, passando per i colorati giardini di Piazza Venezia, costeggiando l’imponente e marmorea mole dell’Altare della Patria, fino a tuffarsi, come in un incredibile e meraviglioso viaggio nel tempo,  tra le rovine dei Fori imperiali, gli antichi centri della vita cittadina della potente Roma dell’impero, passando quasi impauriti, ma forse è meglio dire con una sorta di “timore reverenziale”, ai piedi di quella incredibile costruzione di archi sovrapposti che era l’Anfiteatro Flavio, meglio conosciuto in tutto il mondo come il Colosseo; arrivarono così sino a quello che oggi viene chiamato Castel Sant’Angelo, dove una guida era ad attenderli.

 

Seguendo la guida, assieme ad altri turisti, attraversarono il ponte che sovrasta il Tevere, fermandosi quasi ogni 2 metri per fotografare le 10 statue di marmo rappresentanti degli angeli che ne adornavano i parapetti in tutta la sua lunghezza.

Accanto alla guida c’era il nostro Kogoro, che fiero guardava la sua polaroid appena scattata, dov’era in posa impettita accanto ad un uomo vestito da gladiatore, mentre sullo sfondo si notava Ran con una faccia rassegnata che lo guardava mettendosi le mani tra i capelli.

 

“Non avrei mai pensato che ci fosse un castello da queste parti!” parlò quasi a sé stesso il detective Mori, ma le sue parole furono ascoltate dalla guida, che così e approfittò per iniziare il suo discorso, imponendo lo stop al gruppo di turisti, appena tutti avessero attraversato il ponte.

 

“In realtà, quello che ora viene chiamato Castel Sant’Angelo, non fu costruito con l’intento di fungere da castello, bensì da Mausoleo, da tomba insomma!”

“Da…da tomba?!? O_o” esclamò uno spaventato Kogoro!

“Andiamo papà, di cosa hai paura, che ci siano gli spettri forse?”

“Ran, non si può mai sapere ricordati!”

“Ma piantala…” sospirò il piccolo Conan

 

“Il nome originale infatti,” riprese la guida, una giovane signorina di origini giapponesi, ma che si era trasferita in Italia a soli 7 anni “era il Mausoleo di Adriano, voluto da lo stesso imperatore Adriano e che doveva fungere da tomba per sé e per i suoi successori; pensate che fu eretto nel 76 dopo Cristo, a quasi 2000 anni di distanza!;

“Incredibile!” esclamò il professor Agasa, molto affascinato da discorsi di questo tipo

“Già, tuttavia la forma che vedete adesso non è quella originale. Prima c’era solo una larga base rettangolare, sulla quale si ergeva una costruzione cilindrica, in cima alla quale stava una quadriga bronzea guidata dallo stesso Adriano; fu nel 400 d.C. circa che intorno a questa costruzione venne eretto un muro di cinta, quando già il Mausoleo non aveva più la sua antica funzione di tomba, e fu allora che iniziò a venir chiamato ‘castello’.”

 

Il gruppo di turisti ascoltava attentamente, e tra una pausa e l’altra fotografava la costruzione che gli si presentava di fronte.

 

Ma come mai si chiama Sant’Angelo? Forse per via degli angeli lungo il ponte?” chiese Ran, che da quando aveva rivisto Shinichi, dopo un primo periodo un po’ di preoccupazione e di timore, era di nuovo allegra e piena di iniziativa!

 

“Giusta osservazione,” sorrise la guida, “ma non è proprio così. Il nome di “Sant’Angelo” deriva da una leggenda romana molto antica, risalente all’anno 590 d.C. Si dice infatti che in quell’anno ci fu a Roma una grave pestilenza, ed il nuovo Papa, per scongiurarla, indì una processione penitenziale che avrebbe dovuto attraversare tutta la città.

Quando la processione giunse qui però, si narra che fu visto librarsi in aria l’Arcangelo Michele, che rinfoderava la spada fiammeggiante, simbolo evidente della fine della peste.

In onore a quell’episodio e in ringraziamento all’Arcangelo, al Mausoleo fu dato il nome di Sancti Angeli, e in cima ad esso fu posta la statua di Michele, che poi nel corso degli anni è stata cambiata sette volte per varie ragioni, come l’usura ed addirittura un esplosione causata da un fulmine che fece scoppiare la polveriera e tutto il torrione!”

“E bravo Michelino…” disse Conan a Ran sorridendo, riferendosi all’angelo del fuoco di Angel Sanctuary.

 

“Una polveriera? Ma allora divenne quasi una fortezza!” chiese il professore

“Sì, nel corso degli anni cambiò assai spesso custode, il cosiddetto castellano, iniziando da Adriano e i suoi successori, fino ai vescovi, i Papi e l’esercito, fino ad arrivare ai giorni nostri, dove è diventato un bellissimo museo. Ora se volete seguirmi, possiamo entrare…”

 

Titutitutitutitu!! Titutitutitutitu!!” la melodia quasi sconclusionata di un telefonino interruppe per un attimo la guida. Il professor Agasa, accorgendosi che si trattava del suo, piuttosto imbarazzato cominciò a palparsi il petto e i fianchi in cerca dell’apparecchio finché non lo trovò e completamente rosso in volto rispose!

 

Che campagnolo…” mormorò Kogoro sdegnato

“Ah..? Ah è lei professor Rooney! Sì mi dica? COSA??? Be…bene, benissimo!!! Sì ne sarà felicissimo! Grazie ancora! Ci vediamo presto!”

 

Conan, che sperava di aver intuito le parole del professor Rooney si precipitò verso Agasa, gli occhi che pieni di speranza cercavano in quelli del professore un cenno positivo, rassicurante!

Il professore da parte sua, si chinò un poco e ponendogli le mani sui fianchi lo tirò su per guardarlo faccia a faccia e con gli occhi lucidi gli sorrise bonariamente…

 

A quanto pare sembra che questa sarà una delle ultime volte che avrò bisogno di prenderti in braccio per guardarti dritto negli occhi…”

 

“Grazie professore…” rispose un Conan visibilmente emozionato… quasi non riusciva a trattenersi

 

Hey, vi volete muovere????” Urlò Kogoro ai due, che erano rimasti ovviamente indietro, mentre la gran parte dei turisti era già entrata; Ran invece, li attendeva guardandoli, con le spalle appoggiate sulle pietre antiche delle mura del castello.

 

Ahah, e di che!” rispose Agasa e poi quasi sottovoce… “…ha detto che il composto è quasi pronto, è solo questione di giorni…; domani ci ha invitati in un piccolo studio che ha affittato per il suo soggiorno qui, per fare gli ultimi test…; ma adesso…è meglio goderci questo pomeriggio tutti insieme no? Forza, entriamo!”

 

“Sì, entriamo!” sorrise il piccolo, e dopo che il professore lo ebbe rimesso sulla terra ferma corse verso l’entrata, tenendo da bravo bambino, la mano di Ran stretta nella sua.

 

* * * * * *

 

Era sera, e un tipico acquazzone estivo si stava abbattendo sulla città.

La pioggia tintinnava sui vetri della stanza di Conan, che sdraiato supino sul letto se ne stava ad ascoltare un po’ di radio, in attesa che Ran finisse di cambiarsi per andare a cena.

Fuori, le luci della città parevano sfumate dall’acqua che scendeva copiosa, mentre in lontananza il fragore dei tuoni riempiva l’aria, e il vento sibilava duro.

 

“E’ stata una bella gita, vero Conan?” disse Ran dal bagno, ma la sua voce era quasi totalmente coperta dal rumore del phon

“Come scusa?”

“Dicevo… è stato bello oggi a Castel Sant’Angelo vero?”

“Ah…sì! Molto!”

Che bello se fossimo stati tutti…”

Ma Ran, c’eravamo già tutti…!”

“No, come al solito mancava una persona…” nella sua voce c’era molta malinconia; Conan capì ciò che la ragazza voleva dire, ma non le rispose.

Durante il ritorno tra auto e metro, si era fatto dare dal professor Agasa alcuni resoconti che il professore aveva raccolto tra i suoi colleghi riguardo Ricci. A quanto pare, non riusciva a togliersi la questione dalla mente.

Il professore aveva “scoperto” che Ricci, sebbene fosse sempre considerato una persona poco affidabile, in quanto si continuava a vociferare delle sue cattive compagnie, che poi si era visto non fossero realmente tali, era comunque uno scienziato di tutto rispetto; nell’ultimo premio delle scienze infatti, 5 anni fa, si classificò al secondo posto, ma quest’anno quasi a detta di tutti era il favorito! Assieme al suo gruppo di lavoro, che è quasi indispensabile per questo tipo di attività, aveva architettato qualcosa di assolutamente straordinario! Di più non aveva saputo… o meglio… solo cose di minima importanza, riguardo i suoi inizi ecc…

 

“Povero professore…” pensò Conan.

 

Le nubi, che fuori scaricavano violentemente l’acqua di cui erano pregne, tornavano ancora una volta ad addensarsi nella mente di Conan, che non era riuscito a trovare una spiegazione logica, una soluzione alternativa alla morte del professore.

Aveva con sé tanti, troppi indizi… e forse nessuna prova.

Tra un paio di giorni sarebbero tornati in Giappone, e allora si sarebbe dimenticato di tutto ciò.

No, non ci sarebbe riuscito. Il pensiero che non possa essere stata una morte così casuale lo assillava, soprattutto perché il suo intuito gli diceva che non era così!

Ran canticchiava i motivetti che passavano in radio, mentre ancora si fonava e pettinava i lunghi capelli.

Ok… solo questa volta, solo un’ultima volta…; riordino tutti gli elementi, penso a tutti i possibili sospettati… e poi, se non ne cavo un ragno dal buco, non ci penso più a questa diavolo di faccenda!” pensò Conan, deciso a provare ancora a fare un po’ di luce.

“Sì, credo mi sarà molto utile… è sarà utile anche ai poveri lettori, che a questo punto avranno dimenticato qualche particolare!!”

“il prof. Ricci viene aggredito da quattro sconosciuti mentre si trova all’Elba in vacanza; accusa di essere stato punto da un ago ma le analisi dicono che non ci sono problemi di nessun tipo e le indagini per rivelare l’identità dei quattro tizi finiscono ancor prima di cominciare.

Torna a casa e la notte viene ucciso dal suo cane mentre era uscito, probabilmente per prendere un po’ di fresco; infatti nonostante il caldo incredibile di questi giorni dormiva con le finestre chiuse e  senza condizionatore! E la scientifica ha dichiarato che i suoi vestiti erano bagnati di sudore.

La moglie ha da sempre addestrato i cani e da un po’ c’era maretta tra di loro…mmm… ma è quasi impossibile far cambiare comportamento ad un cane che è stato educato sin da piccolo ad amare e rispettare il proprio padrone…;

Questo William Cavenaghi poi…non sono riuscito a capire chi cavolo sia, e se effettivamente possa essere immischiato nella faccenda! Magari è un semplice appassionato di cani…;

Rimane il Mahatma! Ma, se andiamo ad analizzare le dinamiche dell’assassinio il sospetto su di lui cade clamorosamente! Il movente lo ha pure, ma… nonostante si mostri come un santone è una persona comunissima e non ha mai avuto rapporti “lavorativi” con animali di nessun tipo, né tantomeno con l’ipnosi! Ricci è stato ucciso da Zeus, non da un uomo…;

Il professor Rooney…ma anche lui… il movente della competizione non regge molto, è una cosa tipica di questo campo… e poi non aveva nessun rapporto con Ricci e anche lui non ha dimestichezza coi cani! Anzi, - si ricordò Conan - c’è pure allergico!

E se fosse stato Manara? Non ho indagato a fondo su di lui, magari ci sono moventi che non conosco…ma mi sembra tutto così assurdo…ed anche per lui poi vale lo stesso discorso del Mahatma e di Rooney…chi può ipnotizzare un cane!!

Ho come la sensazione che manchi qualcosa, e c’ho mi fa venire i nervi…!

Toc toc!” bussarono alla porta,  e Conan fu improvvisamente svegliato dai suoi pensieri, con un balzo scese dal letto e andò ad aprire.

“Ah professore salve! State scendendo per mangiare?”

“Sì Conan, vi aspettiamo giù! Intando prendi…” – ed offrì a Conan un bicchiere di aperitivo che stavano servendo nella hall; il professore poi si chinò un poco , per parlare più confidenzialmente col ragazzo

“Conan, potresti avvertire il professor Rooney che domani non possiamo andare in mattinata? Sai, sono molto stanco e vorrei riposare…”

“Certo! Ma scusi, non può dirglielo lei?”

“Non ti ricordi che aveva detto di non chiamarlo sul cellulare, ma di chiamarlo nella sua stanza di hotel? [non vi ricordate? Capitolo 5!] Così ti aveva appuntato su un foglietto il suo numero…

“Ah sì ha ragione!” vado in corridoio e lo chiamo immediatamente!”

“Va bene, allora ti aspetto qui!” e rimase con le braccia conserte di fronte l’uscio, proprio accanto al telefono.

 

Conan bevve un sorso dell’aperitivo, ed i suoi pensieri tornarono sul caso, e su ciò che mancasse… stranamente sentiva di essere vicino, molto vicino…

 

Ma dove ho messo quel foglietto?”

 

Si ricordò poi che era nella tasca del camice bianco che gli era stato dato quando si era trasformato, frugò un po’ nell’armadio finché non lo trovò…; andò diretto al taschino interno ed estrasse il foglio, ripiegato in più parti.

 

“Ran, io faccio una chiamata!!”

“Va bene, io intanto scendo, vado alla sala ristorante! Mi raccomando non ci mettere una vita!” gli rispose Ran che aveva appena finito di pettinarsi, e scese di corsa le scale salutando il professore.

Ma sentila… -_- “

 

Andò nel piccolo corridoio della sua stanza, e per arrivare alla cornetta fu costretto a prendere uno sgabello. Riprese in mano il bicchiere d’aperitivo e spiegò il foglietto…

 

CRASH!!!

 

In mille pezzi.

Conan si era lasciato sfuggire di mano il bicchiere, che ora brillava nella sua moltitudine di vetri a terra, riverso nell’aperitivo rosso fuoco… il ragazzo però pareva non curarsene affatto, e guardava il telefono con gli occhi sbarrati.

Il professor Agasa subito corse verso di lui!

 

“Conan! Ma si può sapere che cosa combini? Che succede?”

E’…è terribile…”

Cosa Conan, cosa stai dicendo?!”

 

Si voltò verso Agasa con le lacrime agli occhi…

 

“Questa sera dopo cena faccia quello che le dico. Ho capito…chi è l’assassino.”

  
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